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Autore: Stillathogwarts    17/11/2022    0 recensioni
Raccolta di songfic (ONE SHOT) che prendono spunto dai testi delle canzoni di Taylor Swift. [DRAMIONE]
Indice:
1. All Too Well
2. This Is Me Trying
3. Midnight Rain
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi e il mondo di Harry Potter in generale non mi appartengono. La storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro. La canzone This Is Me Trying appartiene a Taylor Swift.
 
Pov: Draco Malfoy
Contesto: Ottavo anno/post Hogwarts

 
THIS IS ME TRYING



 
 
 
“I've been having a hard time adjusting
I had the shiniest wheels, now they're rusting
I didn't know if you'd care if I came back
I have a lot of regrets about that.”
 
L’obbligo a tornare a Hogwarts dopo la guerra era stata la punizione più brutta che il Wizengamot potesse dargli.
Forse persino quell’anno ad Azkaban o i due di arresti domiciliari al Manor, confinato con suo padre, sarebbero stati meglio.
Avrebbe vissuto nel tormento e nell’agonia per mesi, ma non sarebbe stato costretto a vedere le facce della gente.
Non si preoccupavano di celare il disgusto e la repulsione che provavano nei suoi confronti neanche quando sapevano che stava guardando.
Perché avrebbero dovuto farlo?
Lui non se n’era mai preoccupato, quando credeva veramente di essere superiore a tutti e a tutto.
Aveva sempre sputato su quella scuola, ma la verità, quella che non aveva mai detto a nessuno, era che la considerava la sua casa.
Per quale altro motivo avrebbe dovuto rimanere al castello durante le vacanze, altrimenti? Le volte in cui gli era stato imposto di tornare al Manor, lui, le aveva odiate.
Ora si sentiva quasi un estraneo, in quel luogo.
Un nemico, qualcuno che non apparteneva più a quella scuola, che non avrebbe dovuto avere il diritto, né il permesso di rimetterci piede, perché lui quel castello lo aveva tradito nel più vile dei modi e non una, ma ben due volte.
Lui, che un tempo vagava per i corridoi fiero, a testa alta, con un ghigno stampato sul volto, quello di chi pensava di avere un futuro splendente davanti a sé, di chi aveva tutte le opzioni possibili a propria disposizione, perché era uno studente brillante e avrebbe potuto intraprendere qualsiasi carriera, qualsiasi strada avrebbe voluto seguire.
Aveva imboccato il sentiero sbagliato, alla fine, e di quella varietà di opportunità non gli era rimasto nulla.
Si era bruciato tutte le sue occasioni.
Sapeva che a nessuno importava della sua versione dei fatti, di ascoltare quello che aveva da dire, di fermarsi un attimo per prendere atto di quello che lui aveva vissuto e di come ciò lo avesse segnato e cambiato profondamente.
Allora lui neanche ci provava a dare voce ai suoi pensieri.
La solitudine non era difficile da sopportare e neanche il silenzio, paradossalmente; non era mai solo veramente, aveva i suoi demoni a fargli compagnia e forse dopo tutto il caos degli ultimi anni, l’assenza di rumore, di urla di dolore o terrore, era quasi di conforto.
Erano i bisbigli concitati, le risate e gli insulti mormorati quando passava davanti alle persone che trovava intollerabili, - avrebbe quasi preferito che gli urlassero contro le loro accuse e il loro disprezzo -, erano le occhiatacce che gli venivano lanciate anche quando non stava facendo assolutamente niente se non starsene seduto sotto un albero in giardino a leggere che lo innervosivano profondamente.
Lui, che del parere degli altri se n’era sempre infischiato.
In un certo senso, quello non era cambiato.
Il fatto era che di tutti gli occhi che gli venivano puntati addosso, il paio di cui gli importava non si posava mai su di lui.
Lei non lo guardava mai, lei che era la sintesi perfetta di tutti i suoi sbagli e di tutti i suoi rimorsi; se fosse riuscito a farsi perdonare da Hermione Granger, ne era convinto, tutto sarebbe andato meglio.
Ma per lei, semplicemente, lui non esisteva.
Forse avrebbe preferito sentirla gridargli contro il suo sprezzo all’indifferenza che gli stava mostrando.
Lui, che voleva solo riuscire a chiederle scusa.
Era consapevole di guardarla un po’ troppo, probabilmente se n’era accorta persino lei e si sforzava di fare finta di niente; una parte di lui desiderava che provasse una sorta di compassione nei suoi confronti e andasse a parlargli, come aveva fatto Potter quando si era presentato al suo Processo per testimoniare in suo favore, con grande sorpresa generale, persino sua.
Forse la Granger non pensava che meritasse quella seconda occasione, forse non lo credeva neanche Potter, ma aveva compiuto quel gesto per ripagare sua madre del suo contributo durante la Battaglia finale.
Forse la Granger lo odiava, o forse, semplicemente, non le importava minimamente di lui.
Il Progetto di Cooperazione tra Case promosso dai professori non gli era stato di alcun aiuto, non quando stava ancora lottando con fatica per adattarsi alla sua nuova normalità, alla sua nuova esistenza solitaria ed isolata.
Era finito in gruppo con la Granger e Terry Steeval; lei che durante la guerra l’ultimo anno non aveva potuto frequentarlo, lui che era stato spedito al San Mungo dopo essere stato punito dai Carrow e i M.A.G.O. non aveva potuto sostenerli.
Non parlava molto, si limitava a dare il suo apporto ai lavori di gruppo e a guardare loro due ridere e scherzare nei momenti morti.
La Granger aveva un bel sorriso e una risata contagiosa; non erano mai rivolti a lui, ma a lui piaceva osservarla mentre il suo volto si apriva all’ilarità. Non capiva dove trovasse la forza di sorridere ancora e voleva chiederle delucidazioni in merito, ma non lo faceva mai.
Aveva anche un modo di ragionare molto simile al suo, una maniera di approcciarsi ai problemi per elaborare una soluzione che rassomigliava molto il suo modus operandi, almeno in ambito scolastico e le piaceva discutere dei libri che leggeva, commentarli; Draco si era chiesto spesso come abbia potuto vivere di Potter e Weasley per tutti quegli anni, quando ascoltandola parlare con Steeval aveva notato chiaramente quanto la entusiasmasse quel tipo di interazione ed era sicuro che gli altri due terzi del trio non prendessero in mano un libro neanche per sbaglio.
Ed era in grado di provare compassione senza farla sembrare una cosa stucchevole. L’aveva vista spesso a Hogsmeade, seduta allo stesso tavolo con le sorelle Greengrass, che avevano pubblicamente dichiarato il loro discostamento dalla linea purosanguista e che le avevano porto delle scuse il primo giorno di scuola; ridevano e scherzavano come se fossero sempre state amiche, le difendeva quando la gente rivolgeva loro delle accuse pesanti, mostrando anche una certa dose di comprensione verso quello che avevano passato loro sull’altro lato del fronte e che molti, nel mondo magico, non avevano la minima intenzione di considerare. Ma Daphne e Astoria non avevano fatto il genere di errori che aveva fatto lui, Draco non era sicuro che la benevolenza della Granger si sarebbe potuta estendere anche a lui, semmai avesse trovato il coraggio di parlarle a cuore aperto.
Una delle condizioni del Wizengamot per risparmiarlo dai Dissennatori implicava che iniziasse un percorso con un Magi-Psicologo e un corso per essere reintegrato in società; a scuola, Babbanologia era diventata una materia obbligatoria.
Ne capiva molto di più dei Babbani ora e anche dei Nati Babbani.
Quei fattori lo stavano aiutando a schiarirsi i pensieri.
A volte sentiva l’impulso di andare dalla Granger e chiederle come funzionassero certi oggetti di cui aveva sentito parlare o se potesse indicargli o persino prestargli dei libri di letteratura babbana che aveva sentito menzionare a lezione o durante il corso riformativo e che avevano suscitato il suo interesse.
Non faceva neanche quello. Non era una cosa che qualcuno nella sua posizione poteva permettersi di concedersi con lei, dati i loro trascorsi. Non senza prima aver invocato il suo perdono.
Il suo Magi-Psicologo credeva che fare ammenda con chi aveva ferito fosse un buon punto di partenza per perdonare sé stesso. O anche solo chiedere scusa, senza certezza di ricevere un’assoluzione dall’altro lato.
Lui aveva deciso che l’unica persona a cui voleva dire quella parolina che raramente aveva lasciato le sue labbra fino ad allora era Hermione Granger.
Non ci riusciva mai, ovviamente.
Arrivava al massimo a trovarsi a qualche passo da lei e quando si voltava nella sua direzione, lui si tirava indietro.
Non riusciva neanche a sostenere il suo sguardo, a causa della quantità di vergogna verso sé stesso e verso le sue azioni passate che provava, figurarsi a parlarle.
E poi, senza che se ne accorgesse, l’anno era finito e lui aveva terminato le sue occasioni una seconda volta.

 
“Pulled the car off the road to the lookout
Could've followed my fears all the way down
And maybe I don't quite know what to say
But I'm here in your doorway.”
 
Era sempre stato un codardo, ma arrendersi non era mai stato il suo forte, neanche nelle situazioni più disperate.
Aveva scoperto dove la Granger vivesse e aveva scoperto che conviveva con la Donnola.
Per qualche motivo, la cosa gli provocava un certo fastidio, ma lui cercava di non pensarci.
Ogni sera, si Materializzava sulla via in cui si trovava la villa della Granger e si fermava sotto alla sua finestra, dietro un albero, sul marciapiede opposto.
Dalla sua ricerca era emerso che il posto prima fosse appartenuto ai suoi genitori, probabilmente lei in quelle stanze ci era cresciuta; Draco non sapeva dove si trovassero in quel momento, se fossero sopravvissuti alla guerra magica o se fossero due nomi nella lunga lista delle vittime dei Mangiamorte.
Era solo uno dei pensieri che lo avevano sempre frenato dal suonare a quel campanello, così aveva appreso che si chiamasse l’oggetto babbano che permetteva di far sapere agli abitanti di una proprietà che c’era qualcuno all’esterno che desiderava far loro visita.
Draco lo trovava buffo, ma in un certo senso migliore del sistema di sicurezza del cancello del Manor. I suoi antenati non dovevano aver posseduto un gran concetto di estetica.
Era tornato lì ogni notte per settimane, prima che lei si accorgesse di lui.
Lo aveva notato mentre richiudeva le tende della finestra del salotto ed era rimasta lì, immobile, a sostenere il suo sguardo. Poi si era ritratta e Draco si era Smaterializzato subito, per riapparire in un punto più nascosto e verificare che i suoi timori fossero veri.
E lo erano: la Granger era uscita sull’uscio della porta.
L’aveva vista guardarsi attorno, sfregandosi le mani sulle braccia per contrastare il freddo; non si era neanche presa la briga di mettersi addosso una giacca o il mantello. Poi aveva udito la voce di Weasley e lei era sparita di nuovo.
Avevano ripetuto quella scenetta per un mese abbondante; Hermione non sembrava arrabbiata, solo leggermente turbata, e lui non si sentiva mai veramente pronto ad affrontarla.
Draco si era chiesto più volte se la stesse spaventando, se stesse pensando male di lui, o se avesse capito perché continuava a presentarsi lì, ma senza mai avere il coraggio di portare a termine quello per cui ci era andato.

 
“They told me all of my cages were mental
So I got wasted like all my potential
And my words shoot to kill when I'm mad
I have a lot of regrets about that

I was so ahead of the curve, the curve became a sphere
Fell behind on my classmates, and I ended up here
Pouring out my heart to a stranger
But I didn't pour the whiskey”
 
Dopo diverse sessioni con il suo Magi-Psicologo, Draco era stato finalmente capace di dare un senso alla sua vita.
Aveva realizzato di aver vissuto la sua intera esistenza fino a quel momento intrappolato in una prigione e che suo padre, il suo carceriere, gli aveva sempre dato solo l’illusione di essere libero, per tenerlo sotto controllo; libero, lui, non lo era mai stato davvero.
Non era mai stato libero di pensare quello che gli pareva, di desiderare quello che voleva, di scegliere quale strada intraprendere nel suo presente, né tantomeno nel suo futuro.
Lucius aveva già deciso tutto nell’esatto momento in cui era venuto al mondo.
E poco importava quanto fosse intelligente veramente, lui doveva essere solo obbediente, che tanto il suo nome avrebbe fatto il trucchetto per ogni altra evenienza.
Frequenta solo i Purosangue, Draco.
Disprezza i Nati Babbani, Draco.
Odia i Babbani, Draco.
Biasima i traditori del proprio sangue, Draco.
Non ti curare di sciocchezze come amore e amicizia, Draco.
Sei al di sopra di tutti, Draco.
Sei un Malfoy, Draco.
Sei nobile, ricco, Purosangue e vali più di chiunque altro, Draco, la gente dovrebbe ricordarlo e tu dovresti ricordarlo a loro.
Sei destinato a grandi cose, Draco.
Sei destinato a seguire le mie orme, Draco.
Batti Potter a Quidditch, Draco.
Supera i voti della Granger a scuola, Draco.
Onora la causa dei Mangiamorte, Draco.
Prendi il Marchio, Draco, poni rimedio ai miei errori o moriremo tutti, Draco.
Trova il fegato di torturare la gente, Draco, di non soccombere alle loro urla tu stesso.
Manda a morire i tuoi compagni di classe, Draco.
Cattura Potter, Draco.
Volta le spalle alla tua scuola, Draco.
Erano tutte le nozioni che Lucius gli aveva insegnato, o le imposizioni che gli aveva dato, e che aveva distrutto una ad una nella sua mente, per potersi liberare dalla sua influenza; erano tutti gli errori che aveva commesso a causa sua, il motivo per cui anziché avere un ruolo di rilievo nella società magica ora era un reietto, mentre i suoi compagni godevano di fama e felicità, raccoglievano i frutti dell’aver preso le decisioni giuste da ragazzini, di aver combattuto per le cause veramente nobili; mentre lui era accettato a malapena persino tra le mura della sua stessa casa, perché una volta libero della sua prigione mentale, lui aveva deciso di prendere posizione.
Aveva deciso di abbandonare l’ideologia purosanguista ed era stato chiaro in merito.
I suoi genitori non approvavano la sua scelta.
Libero, ma non abbastanza coraggioso da urlargli contro: «Chi se ne frega della vostra opinione?»
Ma neanche così tanto codardo da assecondarli ugualmente, non più.
Erano ormai due mesi che si presentava di fronte a casa della Granger, ma lei ad uscire non ci provava più.
Lo guardava ancora dalla finestra, però; si affacciava sempre alla stessa ora, come se avessero stabilito un appuntamento, restavano a fissarsi per un po’ e poi, puntualmente, la vedeva sospirare, scuotere il capo lentamente e richiudere le tende, probabilmente per raggiungere Weasley nella loro camera da letto.
Il pensiero gli dava sempre più fastidio, molto più di quanto lo irritasse l’idea che sicuramente per la Donnola lei rideva, un pensiero costante durante l’ultimo anno di scuola.
E poi una notte, lei aveva smesso di affacciarsi anche alla finestra.
Forse era stanca di aspettare che si facesse avanti, che le spiegasse perché continuava a tornare alla sua porta, ma senza bussare mai.
E lui era crollato e prima di rendersene conto era in un pub, a bere Firewhiskey con una ragazza che conosceva dai tempi della scuola, ma con cui non aveva mai parlato prima.
Astoria Greengrass.
Le parole stavano uscendo a fiotti, senza che potesse azionare i freni inibitori, senza che riuscisse a fermarsi. E a un certo punto, forse quando aveva ormai toccato il fondo della bottiglia, aveva iniziato a piangere, perché aveva iniziato a maledirsi per non essere stato capace di dirle alla Granger tutte quelle cose.
Ma Astoria lo capiva, Draco ne era certo.
Perché lei stava passando le stesse cose che stava passando lui, anche se non aveva la sua lunga lista di sbagli ad alimentare i suoi sensi di colpa, a tormentarla continuamente.
Era ritornato al Manor e si era gettato sul suo letto; la stanza girava vorticosamente attorno a lui e nella sua mente, come se qualcuno avesse rotto il tasto replay, si ripeteva in loop il momento in cui aveva sprecato la sua occasione migliore all’ottavo anno.
Da qualche parte tra il terzo e l’ultimo mese di lavori di gruppo, Steeval aveva trascorso qualche giorno in infermeria e loro avevano studiato da soli.
Lei aveva deciso di approfittarne per parlare con lui.
Lei, che per lui non avrebbe dovuto fare proprio un bel niente.
«Perché non ci provi?», gli aveva chiesto esitante. «Noi tentiamo di parlare con te.»
Draco aveva deglutito ed era rimasto impalato a guardarla, mentre la rabbia per essere un maledetto codardo che non riusciva a dire una semplice, stupida, parolina iniziava a montare dentro di lui.
«Non credo tu abbia più problemi con il mio sangue, non hai più quell’espressione schifata che avevi in mia presenza prima», aveva constatato. «Non pensi di essere stato punito abbastanza?»
Aveva arricciato il naso a quella domanda.
Lo sapeva che non era sufficiente.
Solo a lei aveva fatto così tanto male da necessitare di una vita intera per poter veramente meritare il suo perdono. E questo, senza neanche tenere conto degli altri che aveva ferito, o della sua totale incapacità di fare la cosa giusta, di mettersi in gioco quando c’era il rischio di venire ferito.
«Draco… non ti sei lasciato aiutare tre anni fa, ma almeno questa volta fallo.»
E lui non ci aveva visto più. «Non lo voglio il tuo aiuto», le aveva sputato contro. «Smettila di fare la buona samaritana che va in giro a salvare la gente. Non puoi salvarmi. Non vuoi veramente farlo. Non puoi volerlo.»
Lo aveva guardato con un’espressione compassionevole che gli aveva fatto venire il voltastomaco.
Lui non meritava la sua compassione, non meritava il suo aiuto.
Perché glielo stava offrendo dopo il modo in cui l’aveva trattata in passato?
«E se lo volessi ugualmente?»
Draco era arrabbiato e per un momento era tornato a odiarla, perché era intollerabile per lui l’idea di aver fatto del male a qualcuno di così buono da curarsi della sua esistenza, nonostante tutto.
«Saresti una maledetta stupida. E staresti sprecando il tuo tempo.»
Aveva aperto bocca due volte e aveva pronunciato una serie di parole che non pensava veramente, quando tutto ciò che avrebbe voluto fare era urlarle che la sua mano tesa voleva afferrarla con tutte le sue forze, quando tutto ciò che avrebbe dovuto e voluto dire era solo: «Scusa.»
Lei non ci aveva riprovato più ed era stata meticolosa nell’evitare di trovarsi da sola con lui altre volte, perché aveva già fatto abbastanza.
E lui aveva capito di aver mandato all’aria anche quell’occasione troppo tardi, come al solito.
Forse, bere tutto quel Firewhiskey non era stata una buona idea.
Come poteva impedirsi di rivivere quel momento, di rivedere l’impatto del suo ennesimo rifiuto verso di lei nel suo sguardo dopo che per prima aveva messo da parte l’orgoglio, quando non era affatto il suo turno di farlo, di revisionare a ripetizione il suo milionesimo errore, se non riusciva a dormire perché tutto girava e le mura sembravano chiudersi su di lui più del solito, come a tentare di soffocarlo?

 
“I just wanted you to know
That this is me trying
I just wanted you to know
That this is me trying
At least I'm trying”
 
Il giorno dopo era tornato da lei, era riapparso di fronte a Villa Granger, aveva attraversato la strada.
Forse i residui di alcol gli avevano dato un po’ di coraggio o forse era stato crogiolarsi per ore e ore nel rimpianto di quell’occasione sprecata a dargli la forza di fare quel passo avanti.
Era domenica, ma era estate; sapeva che Weasley stava lavorando, perché i Tiri Vispi Weasley durante i periodi di vacanza da Hogwarts erano aperti sette giorni su sette e i loro affari subivano un’impennata, mentre lei, che lavorava al Ministero, doveva sicuramente essere a casa di mattina a quell’ora.
Non si sbagliava. Hermione era seduta in giardino, su un dondolo, a leggere; quando si era accorta della sua presenza, aveva alzato lo sguardo su di lui ed era rimasta in silenzio, in attesa.
«Ci sto provando», le aveva detto solamente. «Almeno, ci sto provando.»
Lei aveva annuito e non aveva provato a fermarlo quando le aveva voltato le spalle, aveva imboccato un vicolo appartato e si era nuovamente Smaterializzato.

 
“And it's hard to be at a party when I feel like an open wound
It's hard to be anywhere these days when all I want is you
You're a flashback in a film reel on the one screen in my town”
 
Il giorno in cui aveva scoperto che Ronald Weasley era stato pizzicato dalle pulci di Rita Skeeter in una gioielleria a Diagon Alley, ipotizzando che fosse alla ricerca di un anello da mettere al dito di Hermione Granger, Draco aveva avuto un momento di epifania.
Non sapeva neanche quanto di quell’articolo fosse vero, ma era stato illuminante.
Aveva finalmente dato un nome a tutte quelle strane e sconosciute sensazioni che aveva avvertito alla bocca dello stomaco fin dal suo ottavo anno a Hogwarts al pensiero di quei due insieme; aveva capito che non era l’idea di lei con la Donnola a fargli così male, ma quella di lei con qualsiasi uomo… che non fosse lui.
Non aveva idea di cosa fosse quel sentimento che provava, il suo Magi-Psicologo gli aveva detto che gli ricordava un qualcosa che andava dall’essere gelosi all’essere innamorati.
Gli aveva chiesto cosa ne pensasse al riguardo e Draco aveva risposto che non aveva la più pallida idea di essere in grado di amare; che lui, l’amore, non l’aveva mai conosciuto e che quindi non era in grado di riconoscerlo.
Lo aveva aiutato a ripercorrere gli eventi degli ultimi due anni a ritroso, per cercare di aiutarlo a comprendere come fosse arrivato a provare un sentimento del genere per Hermione Granger.
E alla fine, aveva scoperto di averla guardata davvero tanto a scuola, quell’ultimo anno; di avere ascoltato più di quanto pensava di ascoltare mentre la sentiva conversare con Steeval durante i loro lavori di gruppo; di essersi aggrappato con tutte le sue forze alle volte in cui aveva cercato di coinvolgerlo e non era stato in grado di afferrare la sua mano e farsi salvare; di aver trovato la luce nei suoi occhi, la musica nella sua risata e la speranza nel suo sorriso; di aver continuato a rifuggire il suo tocco, non più per pregiudizio, ma per timore di quello che avrebbe potuto provare sentendo la loro pelle entrare in contatto; di aver continuato a scappare perché aveva paura di essere respinto; di essersi ostinato a ignorare i suoi sentimenti, il modo in cui la desiderava, per la consapevolezza di non meritarla e di poterla mai avere… e aveva anche ammesso a voce alta che la colpa di tutto ciò era solo sua.
Era stanco di attribuire la responsabilità delle sue azioni ad altri, di cercare sempre qualcun altro da incolpare; c’erano alcune cose di cui lui era l’unico da biasimare.
Il suo comportamento verso Hermione Granger era una di quelle.

 
“And I just wanted you to know
That this is me trying
(And maybe I don't quite know what to say)”
 
Lui a quello stupido ritrovo di ex allievi di Hogwarts non ci voleva andare.
Che senso aveva quel ballo se avevano ultimato gli studi solo l’anno prima?
Ma il suo Magi-Psicologo aveva insistito; gli aveva detto che non poteva fargli altro se non bene, cambiare aria.
Ovviamente gli aveva detto quello, visto che dieci minuti prima Draco gli aveva confessato di trovare il Manor opprimente e angustiante.
Non sapeva neanche perché ci fosse andato veramente… finché non l’aveva vista, avvolta da un meraviglioso abito nero, semplice.
Draco odiava che le sue spalle fossero così scoperte, gli faceva venire in mente immagini che non voleva prefigurarsi, non in mezzo a tutta quella gente.
Non aveva programmato di avvicinarsi così tanto a lei, era solo uscito sul balcone perché aveva bisogno d’aria… e l’aveva trovata lì, da sola.
Deglutì con forza, mente lei si voltava a guardarlo, con le labbra leggermente dischiuse e gli occhi allargati per la sorpresa.
Nessuno dei due avanzò un cenno di saluto verso l’altro, rimasero a fissarsi occhi negli occhi per diversi, lunghi, istanti.
«Scusami.»
Alla fine, Draco lo lasciò uscire così, all’improvviso, senza preamboli o preavvisi.
«Per tutto
Quando due secondi dopo si rese conto di quello che aveva fatto, fu immediatamente certo che lei sarebbe scoppiata a ridergli in faccia.
Poco male, pensava, l’avrebbe fatta ridere almeno una volta nella vita.
Poteva considerarla una vittoria, in un certo senso.
Ma gli angoli delle sue labbra, sorprendentemente, si sollevarono all’insù.
«Ce ne hai messo di tempo.»
Quella risposta lo colse alla sprovvista, cogliendolo impreparato. «Come dici?»
«Credevi sul serio che non avessi capito le tue intenzioni, dannato furetto platinato?»
Draco si accigliò, ma lei rise e per poco non le disse che se la cosa la divertiva così tanto, allora poteva chiamarlo in quel modo tutte le volte che lo desiderava.
«Immagino che questo mi renda veramente la strega più brillante della nostra generazione. Forse è l’ultima volta che ho l’occasione di batterti in qualcosa, Draco Malfoy.»
Gli rivolse un altro accenno di sorriso e poi fece per rientrare.
Qualcosa scattò in lui e le afferrò un polso, per impedirle di andarsene.
Non aveva finito di parlare con lei; ci aveva messo due anni per trovare il coraggio di farlo, adesso non voleva smettere.
Si scrollò di dosso il brivido che lo aveva percorso a quel contatto, scombussolandolo internamente.
«Da quanto tempo lo avevi capito?»
«I tuoi occhi sono pesanti, Draco», disse lei, sospirando. «E li ho sentiti addosso a me per tutto l’ultimo anno. Li avvertivo anche quando eri fuori dalla porta di casa mia, anche quando non ero affacciata alla finestra.»
Lui corrugò la fronte, non stava davvero seguendo il filo di quel discorso.
«Li percepivo anche prima», rivelò in un sussurro, «quando i tuoi sguardi erano carichi d’odio e disprezzo. Credi che non sappia riconoscere la differenza, arrivati a questo punto?»
La sua mano scivolò dal polso di lei lentamente, come se quelle parole lo avessero drenato di tutte le energie.
«Non ero sicuro che tu volessi le mie scuse», ammise alla fine lui. «Non sapevo se ti importasse di riceverle.»
«Credo che il punto fosse un altro», rispose Hermione. «Credo che per te fosse importante farle, solo che non eri pronto a sentirti dire di essere stato perdonato, perché ancora non eri pronto a perdonare te stesso. Sapevi che lo avrei fatto, o non ti avrei offerto il mio sostegno.»
«Non credo di essere pronto tutt’ora», fece il biondino. «Non credo che sarò mai in grado di perdonarmi.»
«Allora cos’è cambiato, Draco?»
Lui non rispose. «Dov’è la Donnola?», chiese invece, dopo una breve pausa di silenzio.
Le sopracciglia della giovane donna scattarono all’insù.
«Non ne ho idea», mormorò perplessa. «Probabilmente in pista con la sua ragazza, ammesso che sia riuscita a convincerlo a ballare.»
Draco esibì un’espressione confusa e lei fece ruotare gli occhi. «Date davvero troppo credito alla Gazzetta del Profeta e al Settimanale delle Streghe
Il biondino deglutì.
Non erano mai stati insieme.
Quindi… erano semplicemente coinquilini?
«Volevi chiedere scusa anche a lui?»
Lo sguardo di Draco saettò su di lei e bruciò nei suoi occhi color cioccolato.
Si chiese se fosse in grado di interpretare il significato anche di quello sguardo.
«Non esagerare.»
Hermione sorrise, scuotendo leggermente il capo. «Immaginavo.»
Il biondino si passò la lingua sul labbro inferiore, poi gli diede un leggero morso, mentre cercava di capire cosa ribattere, ma lei lo anticipò.
«Draco», disse, «lo sai che i tuoi lineamenti sono più dolci quando non ti comporti da stronzo viziato?»
E prima che potesse rispondere in alcun modo, gli voltò le spalle come se niente fosse e si incamminò verso la porta-finestra per rientrare nell’atrio e tornare in Sala Grande.
«Granger», le gridò dietro, facendola voltare nuovamente verso di lui.
«Hermione», si corresse, ingoiando saliva. «Ci sto provando.»
“Ad essere un uomo migliore del ragazzino che sono stato.
Ad essere qualcuno che potrebbe meritare la tua amicizia e magari, un giorno, anche di averti accanto in maniera più intima.
A capire come fare quel passo verso di te.
A capire come amarti nel modo giusto.
A capire come conquistarti, nonostante le pessime premesse.
A perdonarmi, per poter andare avanti.
A non fuggire da quello che provo per te, anche se non lo capisco e mi terrorizza.
A non essere più un codardo, almeno quando si tratta di te.
A rischiare, anche se potrei essere respinto.
A mettermi in gioco, anche se potrei essere ferito.
Ad esserci, per te.”
«Lo so», gli assicurò. «Lo so che ci stai provando, Draco Malfoy.»

 
“I just wanted you to know
That this is me trying
At least I'm trying”
 




________
Salve!
Originariamente questa storia aveva come titolo All Too Well (che ho comunque lasciato come titolo della raccolta), solo che ho deciso di trasformarla in piccolo progetto, ovvero una raccolta di One Shot genere Songfic ispirate ad alcune canzoni di Taylor Swift (proverò a non farle finire tutte in tragedia. Questa seconda OS vuole dimostrare proprio questa mia volontà ahahha). Saranno tutte scollegate e indipendenti (potrebbero capitare di essercene collegate, ma le segnalerò in quanto tali). 
Spero che questa seconda OS vi sia piaciuta, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto :)

 
   
 
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