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Autore: NPC_Stories    20/11/2022    1 recensioni
O come Dora e Rupert Honeycomb sono sopravvissuti alla propria infanzia.
Grossomodo.
Genere: Commedia, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Autore: Dira_
Genere: slice of life




Temporale



Tempio delle Spire del Mattino, Waterdeep, Anno 1364
Tardo autunno.

Dora odiava le notti di pioggia.
Non per la pioggia in sé; Lathander le aveva concesso la fortuna di vivere dove aveva sempre avuto un tetto sopra la testa.
No, il problema di Dora erano gli annessi e connessi della pioggia.
Un tuono squarciò assordante il dormitorio dei Risvegliati al Tempio delle Spire del Mattino di Waterdeep, e la tredicenne si tirò di scatto le lenzuola sopra la testa.
Dora odiava i tuoni ed era l’unica, tra le sue compagne, ad avere quel problema.
Il dormitorio delle nuove adepte contava unicamente una dozzina di ragazzine della sua età… un’età in cui quel genere di fenomeno atmosferico ormai destava più fastidio, che viscerale terrore.
Per questo Dora non aveva detto ad anima viva di quella sua sciocca paura infantile. Non voleva che le nuove compagne pensassero che era strana.
Voleva che pensassero bene di lei, e stava lavorando sodo per quell’obiettivo. Era gentile con tutti i piccoli gruppetti che si erano inevitabilmente formati in una socialità ampia e stratificata come quella del Tempio; ascoltava compunta i figli dei nobili, che non facevano che riempirsi la bocca delle ricchezze e le connessioni dei propri genitori… annuiva ammirata ai racconti dei figli di paladini e chierici avventurieri, che ciarlavano di gesta epiche che un giorno avrebbero imitato… e cercava di tenersi buoni gli orfani, che erano un gruppetto compatto e perennemente sulla difensiva.
Dora sarebbe dovuta appartenere al gruppo di quelli che venivano dalle campagne, da figli di contadini e fattori. Avrebbe dovuto cercare lì degli amici e confidenti.
Solo che, come alla Locanda di Krystel, le riusciva difficile aprirsi con qualcuno che non fosse la sua famiglia. E sua zia Jhessail non era proprio indicata per quel genere di confidenze.
Quindi in quel dormitorio non c’era davvero nessuno a cui potesse chiedere il favore più grosso e ridicolo di tutti.

Dormiresti con me?

Aveva passato l’infanzia a dividere il letto con Rupert e poi, una volta cresciuti, con almeno uno dei suoi fratelli più piccoli e nelle notti di tempesta averli vicino le era sempre stato di conforto.
Però ora era in un dormitorio, zeppo di sconosciuti, a miglia di distanza.
Un ennesimo lampo illuminò a giorno le file di letti e il conseguente rombo fece vibrare le vetrate schizzate di pioggia.
Dora si infilò talmente sotto le coperte che i piedi nudi spuntarono dalla fine del letto.
“…ma che cazzo…” sentì una voce soffocata alla sua sinistra.
Era Kethra Brightraven. Adepta del secondo anno, ma punita per le sue marachelle con una retrocessione nel dormitorio delle novizie.
Kethra una tipa… strana. Sembrava non avere un problema al mondo e saltellava da un gruppo di adepti all’altro, amica di tutti e di nessuno.
Nelle lezioni che frequentavano assieme o se ne stava a dormire nelle ultime file o tempestava i maestri di domande, intelligenti, ma poste in maniera sfacciata.
Quando non era in giro per i fatti suoi.
Seguiva regole tutte sue e per quanto zia Jhessail e gli altri chierici cercassero di imbrigliarla, Kethra marciava su una musica invisibile, diversa da quella di chiunque altro.
E non avendo i genitori non c’era davvero nessuno di cui avesse timore e, temeva, anche rispetto.
Dora, che non era esattamente capace di dire di no, si era ritrovata invischiata in un paio delle sue alzate d’ingegno ma, abituata com’era ai disastri che combinavano i suoi fratelli, non le erano sembrate così terribili.
Non si era fatto male nessuno dopotutto.
La giovane chondatan non era sicura se lei e la compagna potessero definirsi amiche, ma doveva ammettere che la giovane illuskan le era simpatica.
“…ehi Honeycomb, sei sveglia? Ti sento agitarti come se avessi i topi nei pantaloni.”
Dora sospirò, voltandosi verso il letto dell’altra. Kethra era seduta sopra le coperte, in camicia da notte ma sveglia come un gufo.
“I tuoni sono un po’ forti…” minimizzò con un sussurro. “Danno fastidio anche a te?”
“Nah, ci sono abituata. Il Tempio con tutte le sue guglie è uno splendido parafulmini,” indico il soffitto con un dito. “All’orfanotrofio erano così forti che le pareti vibravano.”
Dora deglutì, serrando le dita sulle coperte. “…e non avevi paura?”
“Sono solo tuoni, mica possono farti male. Certo, a meno che tu non sia fuori sotto un albero. O che non siano tuoni naturali, ma lanciati da un chierico della tempesta seguace di Talos…”
Kethra spostò lo sguardo verso le vetrate e poi si voltò, con espressione e tono lugubre. “Sarà mica Talos?”
“Dai…” pigolò Dora mentre il cuore le sprofondava nello stomaco. “Smettila.”
Kethra sghignazzò piano. “Ti stavo prendendo in giro.”
Dora fece per aprire bocca e risponderle per le rime quando l’ennesimo tuono la fece sussultare. Lanciò anche un gridolino, anche se fu svelta a soffocarlo con una mano.
“Ma hai paura sul serio?
“No,” rispose Dora rapidamente. Troppo rapidamente da come l’espressione perplessa della compagna non mutò di una virgola. “…non sono mica una bambina,” borbottò, “mi ha solo colto di sorpresa.”
“Come le ultime trenta volte?”
“Mi fanno paura i tuoni,” ammise sconfitta. “Quando ero a casa era diverso, dormivo con mio fratello gemello, e lui russa e si agita e parla nel sonno… e poi quando siamo cresciuti dovevo comunque dividere il letto con i miei fratelli più piccoli e…”
Kethra sbuffò. “Sembra un fottuto incubo.”
Dora ridacchiò. “Abbastanza, ma c’ero abituata e mi distraeva. O forse era solo dormire accanto a qualcuno.”
“I tuoi fratelli ti devono mancare un botto.”
Dora annuì: forse era per quello che Kethra non la metteva a disagio come facevano il resto delle sue posate e gentili compagne di studi.
Per certi versi l’esuberanza dell’illuskan e la sua propensione a cacciarsi nei guai le ricordavano quelle dei suoi fratelli.
“Lo so che è una paura stupida…”
L’aria da presa in giro della compagna venne sostituita da un’inattesa espressione gentile.
“Ma va’. Sei qui da poco… è questa è la prima vera tempesta della stagione. Ti abituerai.”
Dora annuì, un po’ rinfrancata. Il fatto che una in gamba come Kethra non la giudicasse la faceva sentire meno stupida e spaventata.
“Dai, fammi spazio.”
“…Come?”
“Se per adesso non riesci a dormire senza qualcuno che ti russa affianco, ti concederò la mia compagnia. Tiro anche dei gran bei calci.”
Dora sentì la faccia scottare. Non aveva mai dormito con un’amica… con una ragazza.
L’idea le piaceva.
Un po’ troppo?
Seppellì quel pensiero nel posto in cui aveva seppellito tutti gli altri.
Kethra si mosse per trovare la posizione ideale poi appoggiò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi. “Dormi Honeycomb, dai tuoni brutti e cattivi ti difendo io.”
A quel tono solenne a Dora venne da ridere. Non si era aspettata che proprio Kethra Brightraven facesse un gesto simile per lei, e ne fu commossa.
Era proprio vero che la luce di Lathander splendeva nel cuore dei buoni.
E Kethra era buona.
“Grazie.”
“Prego, prego… buonanotte.”
Dora chiuse gli occhi e quando l’ennesimo tuono squassò le vetrate, la mano di Kethra strinse la sua.
“Sta’ tranquilla. Sei al sicuro,” le mormorò assonnata.
Dora si addormentò.

   
 
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