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Autore: AMYpond88    23/11/2022    2 recensioni
Suguru lo sogna ormai ogni notte.
Non ha idea di chi sia lui... anche se dopo così tanti giorni inizia a pensare di conoscerlo.
A volte è un adulto, un suo coetaneo, a volte solo un ragazzino... anche piuttosto petulante.
A volte sembra in pericolo, a volte è Il pericolo.
Ma questa volta il ragazzo con i capelli bianchi pare davvero nei guai...
Genere: Angst, Fantasy, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Geto Suguru, Gojo Satoru, Okkotsu Yuta
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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"Santo cielo, non ti sopporto..."
"Non è che tu sia molto credibile in questo momento".
Solleva una gamba di Iori sulla spalla, sorridendo tra sé quando la donna nel suo letto inarca la schiena, affondando le unghie nelle lenzuola.
"Sei sempre fottutamente pieno di te..."
"Assolutamente..."
"E arrogante!"
"Probabile..."
Rallenta le spinte, quasi si ferma. Prende respiro, godendosi il momento in cui l'espressione di Utahime passa da sgomenta a irritata. Decisamente irritata.
"Cosa diamine stai facendo, Satoru?", sbotta, lanciandogli un'occhiata furiosa.
È paonazza, la vecchia cicatrice che le attraversa la guancia tende al fucsia e la voce è quasi stridula.
È evidente che stia valutando l'ipotesi di tirargli un pugno in faccia.
"Ti lascio il tempo di finire il discorso, sembrava importante".
"Idiota, ti va bene..."
Esce dalla donna, ignorando il gemito di esasperazione e i nuovi, fantasiosi, insulti che comincia a lanciargli.
Con una delicatezza che spesso si dimentica di avere con i partner uomini, la gira, premendo la sua schiena contro il proprio torace, mentre riprende a muoversi.
"Stavi dicendo?", la stuzzica, saggiando le acque ad un ritmo dolorosamente lento.
"... Ti va bene che mi piace come scopi, Satoru".
"Non l'avrei mai detto", soffia, fingendo un tono sorpreso.
"Ma se non ti decidi a fare sul serio potrei ucciderti... ", sbuffa lei, lasciando andare la testa contro la sua spalla.
Gojo ride contro la conchiglia dell'orecchio della donna.
"Allora mi toccherà essere un pochino rude".

Esce sul balcone, due bicchieri in mano. Passa quello di vino ad Utahime e tiene quello d'acqua per sé.
"Lo sai che puoi restare vero? Ti cedo il letto, io dormirò sul divano...", propone.
"Come all'università?", ghigna la ragazza di rimando.
"Però ora cambio le lenzuola", specifica, incredibilmente fiero di sé e dell'espressione stupita di Utahime, "qualcuno ha preso l'abitudine a farmi da sveglia umana, lanciandosi nel lettone alle sette di mattina".
Lei ride, ma scuote la testa, mentre prende una sorso dal bicchiere.
"Non voglio passare la prossima seduta con Megumi ad inventarmi scuse sul perché la sua psicologa fosse a casa sua per la colazione".
"Ehi, chi ha parlato di colazione?"
Il pugno che gli arriva sul braccio non lo sorprende, sa di esserselo meritato.
Iori si appoggia al parapetto, lo sguardo di nuovo perso sulle luci di Tokyo.
"Non l'abbiamo svegliato, vero?"
"Tranquilla, dorme come un sasso...", la rassicura.
La donna gli rivolge un piccolo sorriso, addolcendo lo sguardo.
"Non voglio aggiungere nuovi traumi a quelli che gli procura avere te come tutore", canticchia con il tono più saccente che riesce a tirare fuori.
"Sono un ottimo tutore!", risponde indignato o almeno cercando di sembrarlo.
"Certo. Dimmi quando sarà la prossima seduta, e senza guardare l'agenda!"
Gli ruba di mano il telefono, prima che possa riuscire ad aprire l'app del calendario.
"Mercoledì?", tenta.
Sì, sicuramente. Ne è certo. Forse.
"Giovedì", lo corregge, alzando gli occhi al cielo, ma trattenendo un mezzo sorriso.
"La prossima seduta è giovedì? Bene, potrà raccontarti dei primi giorni nella nuova scuola..."
Annuisce seria, prima di tornare a perdersi nel cielo della metropoli.

È Iori ad interrompere il confortante silenzio tra loro, guardandolo mentre gira tra le mani il bicchiere vuoto.
"Sei preoccupato?"
Inspira, senza togliere lo sguardo dal fondo di vetro.
"È una novità. Sai bene come le novità non lo facciano impazzire..."
"Hai parlato con il nuovo insegnante?"
"No, me lo presenterà domani il preside".
Sente la mano della donna posarsi sulla sua spalla e dare una stretta rassicurante.
"Megumi è un ragazzino speciale, andrà bene..."
Si ferma, come se valutasse quello che sta per dire. Poi, dopo un breve silenzio, aggiunge: "Con lui è veramente impossibile essere professionali e non affezionarsi..."
Gojo si volta stupito verso di lei, non ha mai sentito la donna mettere in dubbio la sua professionalità.
Beh, chiunque penserebbe che già andare a letto con il tutore di un paziente non lo sia molto, ma quello è iniziato molto prima.
Un passatempo dai ritmi altalenanti e innocuo per i momenti in cui entrambi sono single, cosa che capita molto spesso nel suo caso, o con il cuore spezzato, come succede molto più di frequente a Iori.
Non è bravo a rassicurare, o ad avere una qualsiasi reazione normale nel rapporto con il prossimo, o almeno così direbbe la quasi totalità delle sue conoscenze, quindi la risolve come gli viene più naturale: mettendo su il suo sorriso più fastidioso, preparandosi a dire qualcosa di incredibilmente stupido.
"E con me no?"
La donna sbuffa.
"Lui è mio paziente, tu la puttana bisessuale che conosco da un decennio..."
Lo guarda storto, ruotando gli occhi davanti al suo sguardo esageratamente triste e offeso.
Sa di essere poco credibile, ma Utahime ci casca da sempre.
"Certo che sono affezionata a te, sei mio amico..."
Fregata, punto per me, pensa senza smettere di fingersi ferito.
"Mi hai appena definito puttana".
"Perché lo sei!"
"Sì, lo sono", ammette con uno sbuffo che fa ridacchiare la ragazza.
Si stringe il mento tra le dita, fingendosi pensieroso.
"Effettivamente potresti pagarmi..."
"Prego?".
Le lancia un braccio sulla spalla, tirandosela contro e guadagnandosi una gomitata.
"O almeno farmi sconti sulle sedute di Megumi... "
"Gojo!"

Il cielo sopra di lui è tinto delle tonalità dell'alba. La prima luce si posa sulle macerie della scuola, nel silenzio pieno di pace di quella mattina di fine dicembre.
Questo posto...
Lui non è mai stato qui, eppure si muove tra i vicoli devastati come se fosse a casa sua.
Lo ricorda. Sa anche che lo ricostruiranno.
Anche io ho sanguinato su questo selciato, con la gola tagliata e il petto squarciato. Eppure sono ancora qui .
È un pensiero illogico, è un pensiero che non capisce, quindi lo accantona.
Hanno vinto, lo sa.
Sia a Tokyo che a Kyoto le maledizioni sguinzagliate sono state esorcizzate. Gli stregoni feriti, dove possibile, curati.
Nessun civile è stato coinvolto.
Maledizioni, stregoni? Non fa tempo a chiedersi il senso di quelle parole nella sua testa che sente, sente lui.
È vicino ed è debole, molto.
Probabilmente è in fin di vita.
Di colpo i suoi piedi sono come macigni, vorrebbe andare via, ma una determinazione, forse la più forte provata in vita sua, lo spinge a fare un passo e un altro ancora.
Sa che lo dovrà uccidere e che questa volta non potrà evitarlo.
Non deve camminare molto per trovare Suguru Geto.

"Sei arrivato tardi, Satoru"

"Satoru..."

"Ehi! Satoru!"

"Svegliati Satoru!"
L'ossigeno viene strappato via di colpo dai suoi polmoni.
Cerca di prendere fiato, ma un peso sul torace glielo impedisce.
Apre un occhio. Un volto pallido, circondato da un'aureola di capelli nerissimi e spettinati, riempie il suo campo visivo.
Sopracciglia agrottate, occhi stretti, espressione aggressiva. Troppo aggressiva per qualcuno che ha addosso un pigiama de Il mio amico Totoro e sa da sì e no due mesi allacciarsi le scarpe.
"Buongiorno Megumi", sputa fuori, per quanto il sonno e la mancanza di ossigeno gli permettano di parlare.
Gira la testa verso l'orologio abbandonato sul comodino. Ovviamente sono le sette precise.
Cosa serve una sveglia quando hai in casa un bambino di sei anni pronto a piantarti le ginocchia nello sterno?
Megumi puntella le mani sul suo torace e fa leva sulle braccia per ripiombargli addosso, finendo per sbilanciarsi.
Di colpo completamente sveglio, Gojo lo afferra prima che possa perdere l'equilibrio e prendere una testata.
Non passa un secondo, che il bambino è di nuovo appollaiato sul suo stomaco.
A quanto pare, aver evitato una gita al pronto soccorso ad entrambi, non lo rende degno di misericordia.
Si chiede quanto può essere poco dignitoso chiedere pietà a qualcuno che non raggiunge il metro e venti.
Prova a richiudere un secondo gli occhi, cercando leve per corrompere quella peste, perché lo lasci dormire ancora cinque minuti.
I modi ci sono, deve solo attivare il cervello e far mente locale, ma immediate le dita cicciotte di Megumi sono sul suo viso, impegnate in un tentativo maldestro di aprirgli la palpebra. Maldestro e terribilmente pericoloso per i suoi occhi.
"Satoru dobbiamo andare a scuola", insiste, spostando le mani sulle sue guance.
"Se non ti alzerai, arriviamo in ritardo..."
Si arrende, non ha senso continuare a tentare. Solleva il ragazzino tra le braccia, mettendosi seduto a gambe incrociate e piazzandolo di fronte a lui.
"Ritenta cucciolo..."
"Arriveremo?", azzarda Megumi, spostandosi sul lato del letto e lasciando ciondolare le gambe dal bordo.
"Meglio... ora perché non cominci ad andare in cucina, ti raggiungo".
Il bambino gli lancia un'occhiata piena di sospetto, valutando le possibilità, davvero? A sei anni? pensa Satoru, concludendo che sì, quel demonietto ne sarebbe capace, che lui torni a dormire ora che ha riacquistato la capacità di respirare normalmente.
A quanto pare decide di potersi fidare, visto che, serio, compito e incredibilmente buffo scende dal letto per trotterellare via.
Recupera il suo peluche a forma di cane, lasciato ad attendere fuori dalla porta della stanza come se fosse vero e Satoru avesse una qualche forma di allergia al pelo di animale.
Solo in quel momento l'uomo realizza: quella mattina Megumi ha scelto il lupetto nero.

Ti prego, no, implora a tutte le divinità che riesce ad elencare nella sua mente.
Ha dormito malissimo, perseguitato dai soliti sogni senza senso.
È lunedì mattina.
Non è davvero pronto per il lupetto nero.
Non se lo merita.
È un pessimo auspicio, segno di cattivo umore, capricci e tragedie da regina del dramma pronte ad esplodere dietro l'angolo.
Sbuffa, lasciandosi ricadere sul letto.
A quanto pare aveva ragione a dire a Iori che Megumi non ama i cambiamenti.
Rimpiange il pupazzo gemello, il cane bianco, abbandonato chissà dove per casa.
Deve ammettere però che lo stratagemma dei peluche si sta rivelato dannatamente utile.
Nè lui nè Megumi sono campioni di comunicazione. È stata Utahime, in una delle sedute iniziate ormai da tre anni, a proporre di utilizzare questo metodo.
Peluche bianco, Megumi felice. Peluche nero, Megumi triste.
Peccato che la donna non abbia aggiunto alla spiegazione "ore da incubo per Gojo".
Affidarsi a lei una volta iniziata l'avventura da tutore è stata una delle scelte più azzeccate della sua vita, non fatica a riconoscere che è fantastica con Megumi.
Si stiracchia, sbadigliando. Iori forse potrebbe dargli una mano anche con i sogni che lo tormentano da un paio di mesi?
No, finirebbe solo per farsi insultare.

Arriva fino in bagno, apre l'acqua della doccia e ci si fionda sotto. Spera serva prima di tutto a svegliarlo, in secondo luogo a fare chiarezza sulla notte precedente.
Lo sogna, ma non lo vede mai direttamente. A volte sente la sua voce, altre sa che è vicino.
Ogni tanto invece, deve trovarlo.
A volte amico, a volte nemico, a volte... non lo saprebbe dire.
La costante di quei sogni è sempre e solo una, quel nome chiaro stampato in mente:
Suguru Geto.
Il problema però è che in trent'anni di vita non ha conosciuto nessun Suguru Geto.
Lo sa per certo, ha controllato.
Dagli annuari di scuola a quelli dell'università, ma non solo.
Nell'ultimo mese ha scorso le rubriche di tre diversi vecchi telefoni, compreso l'esemplare cartaceo di quando era al liceo.
Ha ripassato mentalmente decine e decine di nomi, dai colleghi incontrati durante lavori saltuari ai tempi dell'università, fino agli amici, degli amici, degli amici.
Ha pure chiesto a sua madre se qualche lontano cugino porti quel nome, ma no.
Nulla.
Ma nei suoi sogni esiste, è dannatamente reale, e Satoru sa praticamente tutto di lui.
Sogna di essere solo un liceale? O qualcosa di simile, considerata la divisa nera che indossa.
Bene, sa che le caramelle al limone o allo zenzero le deve tenere da parte per lui. Per il suo stomaco.
Quindi lo conosce abbastanza da sapere che il ragazzo ha problemi di alimentazione.
Se nel sogno si vede un elastico al polso, sa che non è suo, ma di Suguru. Che quindi ha i capelli lunghi.
E a quanto pare almeno in sogno lui tiene abbastanza a questo sconosciuto, da sapere che gli danno fastidio sciolti e da essere pronto in caso si trovi senza.
Sogna una mano che gli accarezza i capelli per calmare le sue emicranie? Sa che è di Geto da quale recondito angolo della mia mente vieni Suguru.
Quello che non conosce è che faccia abbia e tutto ciò sta cominciando a diventare snervante.
Non riesce a ricordarla, ma vorrebbe. Anzi, sente che dovrebbe ricordare.

La cosa peggiora nei sogni in cui è adulto. Come quello della notte precedente.
Perché se è evidente che nei giretti onirici in cui si trasforma in un adolescente, lui sia dannatamente cotto di questo benedetto Suguru, negli altri, in quelli in cui è un adulto, sono distanti. Lontani.
E fa male.
Fa così tanto male da essere un dolore quasi fisico.
Poi ci sono altri sogni, ancora meno chiari, e sono tremendi. Una tortura.
Sono quelli che al risveglio lo lasciano tremante e incapace di riaddormentarsi. La testa sepolta nelle mani, a ripetersi che non è reale.
A differenza degli altri casi, che la mattina gli lasciano il ricordo di nomi di persone sconosciute e assurdità come 'maledizioni' o 'dominio', nulla è chiaro.
Solitudine, buio, pareti strette attorno a lui. La costante sensazione di essere sul punto di impazzire.
Esce dalla doccia, chiedendosi se davvero può essere il caso, almeno per questi, di parlare con il suo di terapista.

"Suguru Geto", chiede allo specchio, passandosi una mano sul viso. "Chi diavolo sei?"




Sarò sincera, più o meno è andata così:
"Potrei iniziare il capitolo con un sogno... "
"Gojo..."
"Cervello, ancora tu? Beh, avevi la mia curiosità, ora hai il mio interesse. Cambiamo pov, scriviamo un momento di riflessione..."
"Nudo".
"...Però non è che possiamo iniziare sempre con..."
"Fallo scopa'..."
"Cervello perché parli come i produttori di Boris?"
"..."
"Così. De botto, senza senso"?
"SI!"

Scherzi a parte, l'idea qui era di contribuire alla caratterizzazione di Gojo, (Ps. Ditemi che non sono l'unica che ha avuto un mancamento quando Gojo se ne è uscito con quella frase, sull'essere un pochino più rude, prima di devastare una foresta con purple), che è un po' il fulcro di questo capitolo.
Detto questo, pensavo di arrivare ad un altro punto con questo capitolo, ovvero il momento in cui incontra Suguru, ma mi sono persa su baby Megumi, quindi ho pensato di dividerlo. Lato positivo: il capitolo quattro è quasi tutto scritto, non dovrebbe uscire tra molto.
Un abbraccio

Sì, il titolo è cambiato. Cambierà ancora, quando la storia prenderà la svolta che deve, ma niente spoiler! 😅
   
 
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