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Autore: drisinil    03/12/2022    1 recensioni
[kurotsuki] [nospoiler] [canonverse] [long: 2 capitoli/settimana]
«Signor è-solo-un-club sei senza parole?» lo provoca Kuroo. «Vuoi che brindi io per te? Però poi bevi tu!»
«Okay, ma solo se il brindisi mi piace» risponde Kei con arroganza, spingendosi gli occhiali sul naso.
Kuroo storce le labbra e si riprende la bottiglia, strappandola a Kei. «E' una sfida?»
«Se vuoi...»
Kuroo distende lentamente il braccio verso Kei, con la bottiglia in mano. Si schiarisce la voce e tenta di scostarsi dalla fronte il ciuffo di capelli, che però ricade subito al suo posto. «Al muro perfetto, che ferma la palla, la devia, la smorza o la costringe. Obbliga le traiettorie, crea pressione e controlla il gioco.»
Kei sorride, gli strappa la bottiglia e beve d'impeto.
E' il vino più buono che abbia mai bevuto, forse il più buono che berrà mai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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36 - Buon Natale


24 dicembre 2012

Festeggiare Natale in un'orgia di addobbi, regali e buonismo è il tipo di stupida deriva occidentalista che Tsukishima Kei, dall'alto dei suoi arroganti sedici anni, giudica esecrabile. Di solito trascorre la vigilia a spegnere gli entusiasmi altrui, a sbuffare e a studiare con accanimento, sforzandosi di renderla una serata qualsiasi.

La parola qualsiasi, però, da quando c'è di mezzo Kuroo, è stata bandita per sempre.

E' un buco nero, Kuroo, una singolarità quadridimensionale che esercita su ogni cosa un'attrazione invincibile; tutto ciò che lo attraversa si trova inevitabilmente costretto al mutamento. Si gonfia, si deforma, acquista significati profondi e insospettabili, esplode di colori nuovi. E questo senso di metamorforsi continua, di irripetibilità che lo scemo infonde a ogni singolo momento, riesce a tenere le corde di Kei in perenne vibrazione, sempre al confine fra la difensiva e lo stupore, fra la negazione e il desiderio.

Voce del verbo sentirsi vivi.

Kei si sente vivo. VIVO, maiuscolo, grassetto.

Più vivo che mai quando sono insieme, anche in due continenti diversi, nelle immagini sempre troppo sgranate di uno schermo, mentre tutt'intorno il mondo palpita e sussurra. Vivo quanto basta il resto del tempo, in un fremito sottile, a bassissima frequenza, che scandisce la misura dell'attesa.

E in questa vigilia di Natale, diversa da ogni altra prima, Kei sta appunto fremendo nell'attesa, frequenza bassa, ma non bassissima. Seduto alla scrivania, con le cuffie in testa e un libro aperto di fronte, sgrana i minuti e lascia passare le ore, un po' studiando e un po' gettando lunghi sguardi obliqui al telefono e ai tre pacchetti infiocchettati lì accanto. Ogni tanto si sorprende a fluttuare in un limbo di immagini melense a metà fra il sogno e il ricordo e allora sbatte la fronte contro la scrivania e si insulta a mezza voce. Ridicolo. Patetico.

Lo scemo è in Francia: con sette ore di fuso, i suoi orari si sono fatti imprevedibili, ma ormai la cavia Tsukishima è perfettamente addestrata: sbava senza pietà, per tutto il tempo.

Il telefono vibra alle 23:16 e Kei risponde al secondo squillo, solo perché al primo gli tremava troppo la mano.

«Ciao Tsukki!»

«Ciao scemo.»

Si guardano, qualche attimo, fingendo che sia per stabilizzare l'immagine, e invece è per godersi i dettagli, scoprire mutamenti impercettibili, sorridere del sorriso dell'altro più che del proprio. E' il volto gentile della nostalgia, l'unico che ancora conoscono.

Tetsurou occhieggia la stanza alle spalle di Kei: solo la luce sulla scrivania è accesa, tutto il resto è scivolato nel buio e nel silenzio. «Movida dalle tue parti, vedo. Facciamo in fretta così poi vai a spassartela!»

Kei mostra il dito medio. Kuroo risponde con una faccia cretina e cuoricini fatti con i pollici e gli indici.

«Come stai, Kei?»

Quando lo chiede lui non è mai una domanda banale. Perché ha tanti livelli e il più profondo non passa dalle parole.

«Come uno che è stato tirato giù dal letto alle otto di mattina in un giorno di vacanza. Per colpa tua.»

Il sorriso obliquo di Tetsurou fa sponda negli occhi e va in buca dritto nello stomaco di Kei. «Mio cugino è mattiniero, forse mi ero dimenticato di dirtelo... vuoi ancora farci amicizia?»

«Ci tieni che faccia amicizia con uno che ha il cellulare pieno di foto del mio culo prese dagli spalti?»

Nello sguardo di Kuroo le emozioni si mischiano come correnti oceaniche, a diversa temperatura. «Cazzo! Non le ha cancellate?»

Kei scuote il capo schioccando la lingua. «Vuole ricattarti. Finalmente ora so chi era lo stalker che hai mandato alle partite di agosto, per poi venire da me a ottobre a fare lo splendido... foto molto tecniche, non c'è che dire...»

«Okay, lo ammazzo. Scusa, Tsukki. Davvero. Aveva promesso di cancellarle.»

«E tu le hai cancellate?»

«Devo farlo?»

La falsa noncuranza è un abito comodo, Kei fa spallucce. «Perché dovrebbe fregarmene qualcosa, è solo un culo. Dentro ai pantaloni della divisa, tra l'altro.»

«Quindi posso metterlo come sfondo sul telefono?»

«Crepa!»

Tetsurou ride, gettando indietro la testa. «Culi a parte, almeno ha fatto il suo dovere, mio cugino?»

Kei orienta la telecamera verso i pacchetti e intanto respira la risata di Kuroo, che è più leggera dell'aria e ha un sapore che in natura non esiste.

«Ci tenevo che ti arrivassero il giorno giusto.»

«Perché sei un consumista filoccidentale?»

«Perché non avresti mai resistito dieci giorni senza aprirli, come ho dovuto fare io. E poi... »

«E poi...?»

«E poi...fra poco lo scopri. Lo vedi che sei pessimo ad aspettare?»

«Vedo solo che sei scemo più del solito. Sei anche vestito da scemo, oggi... »

Nessun altro al mondo potrebbe portare quel maglione natalizio da sfigato e riempire comunque il cervello di Kei di pensieri sconci. Stanotte gli torneranno in mente e sarà un casino come al solito.

«Ti piace?»

«E' orrendo.»

«E questa?» chiede, sollevando maglione e camicia e lasciando intravedere la maglietta con l'haiku.

Un sorriso sovversivo, emozionato e un po' timido, sfugge al controllo di Keì. Se Tetsurou non fosse innamorato da un pezzo, si innamorerebbe in quel momento. Allunga la mano verso lo schermo e Kei si avvicina impercettibilmente, per ricevere quel tocco e lì i diecimila chilometri fanno molto male.

«Stai studiando?» domanda Kei, per allentare la tensione.

«Tsukki...rilassati, è Natale!»

«Natale un cazzo. Stai studiando?»

«Guarda che le felpe della Todai te le puoi comprare anche su internet.»

«E il tizio dentro la felpa che ha passato l'ammissione? Sempre su internet? Perché se non l'hai capito ho voglia di scopare con uno che va alla Todai.»

«Io con uno del Karasuno.»

«Mn. Va bene. Facciamo così: io cerco su internet nel negozio delle felpe, tu puoi provare con Suga-san; per me ci sta, se glielo chiedi a modo.»

E chi mai non ci starebbe? 

Tetsurou solleva un angolo delle labbra. «Tsukishima Kei: sei troppo insolente, per essere un mio kohai. Ti devo insegnare un po' di rispetto.»

Il terreno è minato, Kei se lo sente franare sotto i piedi mentre si rifugia nel sarcasmo. «E come pensi di fare, fantastico senpai?»

«Lo vuoi davvero sapere? Adesso?»

Kei frena la deriva di quella conversazione sbattendo le palpebre e ingoiando saliva. «Piantala di fare il deficiente. Vedi di studiare!»

Tetsurou si avvicina alla videocamera, il suo viso enorme e un po' deformato dalla prospettiva è l'unica cosa che Kei vede. Esiste altro?

«Kei.»

«Sì..?»

«Se non passo la cazzo di ammissione...»

«Ti lascio.»

«Davvero?» La nota d'ansia è debolissima, ma presente.

«No. Scemo.»

«Kei...»

«Che cazzo vuoi?»

«Dimmi una cosa carina... »

Vivo appoggiato ai tuoi occhi.  «Fanculo.»

«Anch'io» replica Tetsurou con un sorriso che uccide.

Per fortuna non ha capito un cazzo. Se davvero gli leggesse nel pensiero, lo scemo annegherebbe in un indegno, pietoso sbraco di sentimenti. E lo mollerebbe per quello, se non per l'inesauribile, variegato repertorio pornografico monotematico sulla sua persona. Kei sospira di compassione per se stesso. E un po' di disgusto.

«Sai una cosa? Mi piace da matti questo fatto che stiamo insieme» prosegue Tetsurou, soddisfatto, passandosi la mano fra i capelli e peggiorando la situazione.

«Almeno a uno di noi piace. A proposito, tuo cugino stamattina me l'ha chiesto due volte se stiamo insieme.»

«E tu che gli hai detto?»

«Secondo te?»

«Di andare a farsi fottere?»

«La prima volta. La seconda di chiedere a te. Ma a quanto pare tu gli avevi detto di chiedere a me. Così ha concluso che siamo due imbecilli e stiamo insieme.»

«Un po' è vero.»

«Sei tu che mi rimbecillisci» sbuffa Kei.

Kuroo non riesce a replicare, perché la porta alle sue spalle si apre. Che qualcuno avesse bussato, non se n'erano neppure accorti. Se crollasse il mondo se ne accorgerebbero? Probabilmente no, si troverebbero lì in mezzo alle macerie a chiedersi che cazzo è successo.

Nel frattempo, si è materializzata intorno a Kuroo una stanza che prima non c'era. E' una specie di studiolo rustico: mobili antichi, boiserie, stampe botaniche alle pareti, una vetrinetta carica di porcellane. La luce dorata del pomeriggio si diffonde da un qualche punto dietro lo schermo. Sull'uscio compare controluce una figura un po' curva; sullo sfondo rumori di risate e di vita.

«Te-chan, sei qui?»

«Nonno! Vieni, c'è Tsukki al telefono!»

Kuroo Tomo si avvicina. Ha il passo incerto di chi non ha ancora fatto pace con l'idea di usare un bastone. Aggrotta le sopracciglia e strizza gli occhi nel fissare lo schermo. «Ma che ore sono a Tokyo?»

«Le undici e quaranta di sera» risponde Kei. «Buonasera Kuroo-sama» aggiunge, con un mezzo inchino.

«Ciao Tsukishima-kun. Come stai? Che stanza buia! Mio nipote continua a infastidirti anche in piena notte, vedo. Sarà perché tu glielo lasci fare?»

Tetsurou sorride abbassando lo sguardo. Kei arrossisce. Arrossisce di botto, come non gli capitava da un secolo. La risata spavalda di Tomo è una replica talmente esatta di quella di Tetsurou, che l'istinto di Kei è quello di uscirsene con una sgradevolezza a caso. Si contiene a fatica.

«Buon Natale, Tsukishima-kun» continua Tomo, sorridendo. Si avvicina ancora di più allo schermo. «Fai gli auguri anche alla tua famiglia.»

«Grazie Kuroo-sama. Tanti auguri a lei, da parte mia» risponde, compito.

«Hai già scartato i tuoi regali?» Sembra una domanda interessata.

«Non ancora. Non prima di mezzanotte» interviene Tetsurou, circondando con il braccio le spalle del nonno. «Vuoi che ti chiami quando li scartiamo? Non manca molto... »

Il nonno si volta a guardarlo. Se l'affetto profondo avesse occhi, sarebbero quelli di Tomo sul nipote, allagati di tenerezza. Il riverbero di quello sguardo investe Kei come un'onda di piena, che travolge gli ostacoli e riempie tutte le crepe; una piena che nutre e che ripara.

«Sono sicuro che potete cavarvela senza di me, Te-chan» risponde Tomo, con un buffetto. «Spero che ti piacerà il mio regalo» aggiunge, rivolto a Kei, con una strizzatina d'occhio assai poco confortante.

Kei fulmina Tetsurou con lo sguardo: un regalo di Kuroo Tomo è un'evenienza del tutto imprevista. «Grazie Kuroo-sama. Non doveva disturbarsi» dice, inchinandosi davanti alla videocamera. «Io non avevo idea...Kuroo-senpai non mi aveva detto...»

«Non lo sapevo neanch'io!» si difende subito Tetsurou, alzando le mani. «Ha dato a Toshiro il suo pacchetto senza dire una parola. L'ho scoperto solo oggi, giuro!»

Tomo ride soddisfatto. «Non ti piacciono le sorprese, Tsukishima-kun? Forse no... beh, mi perdonerai.»

Kei risponde con un sorrisetto nervoso e scontento: le sorprese le odia. E odia sentirsi imbarazzato. E non avere una replica pronta. 

E invece ama vedere quei due vicini e riscoprire le somiglianze, quelle ovvie e quelle molto sottili.

«Te-chan, gli hai detto dove siamo?»

Testurou scuote il capo, con un vago broncio di colpevolezza.

«Siamo a casa dei Perrault, da Elly-chan, i tuoi parenti» spiega Tomo. «Piccolo il mondo, vero?»

Kei si irrigidisce e non apre bocca.

Tetsurou appoggia una mano sulla spalla del nonno, in una stretta leggerissima. Tomo sorride e a quella mano ansiosa dà un colpetto rassicurante. «In questa casa ti vogliono tutti molto bene, Tsukishima-kun» prosegue. «Vorrebbero conoscerti. Te-chan mi ha detto che il tuo francese è eccellente.»

«Decente» corregge Kei, glaciale.

«Meglio o peggio dello shogi?» provoca Tomo.

Un Kuroo è già un cattivo affare, due coalizzati sono un maledetto problema.

«Non devi dire di sì per forza» suggerisce Tetsurou, visibilmente sulle spine.

«Te-chan, smettila: Tsukishima-kun non ha bisogno di un avvocato difensore» interviene Tomo. «Più che altro perché questo non è un processo.»

Kei si sente al muro, una cosa che detesta. Ma non è un codardo e non è uno sfigato e quindi lo sguardo di Kuroo Tomo lo regge. Se non fosse così paterno, sarebbe più facile.

«Sapevi che la nonna di Elly-chan e la tua erano gemelle? Gemelle identiche, ci sono diverse foto di là in salotto» prosegue Tomo.

Gemelle.  Kei non lo sapeva. Non sa praticamente nulla. Una crepa lunga e sottile attraversa la sua indifferenza. «No» dice. La voce però non riesce a tenerla ferma come vorrebbe e non si sa bene cosa stia negando.

La mano di Tetsurou rinforza la stretta sulla spalla del nonno.

«Non vuoi neanche salutarli?»

«No, grazie» ripete Kei, spingendosi in su gli occhiali.

«Va bene» concede Tomo, con un sorriso. Le spalle di Tetsurou si abbassano, rilasciando la tensione. Anche lo sguardo di Kei si abbassa, i pugni serrati, con le nocche bianche per lo sforzo, dallo schermo non si vedono.

«Li saluterò io per te. Che ne pensi?»

Kei annuisce con la testa. Sotto lo sguardo di Kuroo-sama si riscopre adolescente, fragile, bisognoso di riconoscimenti e il desiderio latente che avverte, di essere guidato e approvato, gli fa una paura tremenda.

«Okay, adesso è meglio che torni di là oppure Yu-chan, ansiosa com'è, manderà una squadra di ricerca con i cani» ridacchia, battendo la mano sulla spalla di Tetsurou. «Certo è vero che questa casa è immensa... »

Si volta dopo qualche passo, per rivolgersi a Kei: «Ricordatelo quello che ti ho detto prima, Tsukishima-kun. Qui tutti, proprio tutti, ti vogliono molto bene.»

Le parole si posano piano sul tappeto. Kei rifiuta di raccoglierle.

Tetsurou  va a chiudere la porta alle spalle del nonno; mentre cammina, la videocamera inquadra dettagli casuali in movimento, che si fissano nella memoria di Kei suo malgrado: uno stucco rovinato sul soffitto, la nappa dorata attaccata alla chiave di un cassetto, una bambola kokeshi, completamente fuori contesto.  Kei non vuole vedere altro.

«Kei? Si è spento il video. Lo riaccendi?»

«No.»

«Sei arrabbiato con il nonno?»

«No.»

«Sono sicuro che non voleva... »

«Ho detto che non sono arrabbiato» ringhia Kei.

«Non sembra.»

«Non con lui.»

«Con me? E che cazzo ho fatto?»

Non se ne rende neppure conto. Non ci arriva.  «Che cosa non hai fatto. Non hai tenuto chiusa la bocca. Con quella gente non mi dovevi nemmeno nominare! I cazzi miei devi per forza dirli a chiunque? Digli i tuoi, se ci tieni tanto!»

«Kei! Tu sei i cazzi miei. Più cazzi miei di così non si può. Non so più come fartelo capire!»

In mezzo al turpiloquio, Kei ha colto l'innocenza di una dichiarazione d'amore e lì sotto due felpe, una maglietta e dodici paia di costole, il cuore gli si è stretto in una morsa.
Non risponde. Continua a respirare nel microfono.

Neanche Tetsurou ha voglia di parlare. 

Passano almeno cinque minuti di nulla, in cui, di nuovo, Kei si sente a una gara di trattori americani. E si rende conto che perderà. Questa volta. La prossima. Perderà tutte le volte, tutta la vita.

«Ehi» azzarda Tetsurou.

«Che c'è, scemo?»

«Li apriamo i regali? Mancano sette minuti a mezzanotte.»

«Da te sono le quattro del pomeriggio.»

«Il mio orologio fa sempre la tua ora. Io sono dove sei tu.»

Lo dice così, con naturalezza, lasciando scivolare via le parole senza peso. 

«Piantala di fare il buffone!» risponde acido Kei. Ma è troppo tardi.

«Quindi quello non era un vero sospiro?»

«Crepa!»

Tetsurou ride a briglia sciolta, facendo più rumore possibile, per coprire il battito del cuore.

«Li apriamo o no questi regali, Tsukki?»

«Accendi la videocamera, scemo»

L'immagine di Kuroo si ricompone sullo schermo: i capelli gli piovono sulla fronte, gli occhi brillano, una minuscola fossetta, quasi invisibile si apre all'angolo delle labbra. Kei lo detesta e lo adora con uguale intensità. E' una bugia: lo adora e basta.

«Dai prendi i tuoi» propone entusiasta Tetsurou. «I miei eccoli qui» prosegue, inquadrando due pacchetti. Uno è di forma tubolare, incartato con carta washi piegata su un motivo origami a ventaglio, senza neppure un piccolissimo pezzo di adesivo. L'altro è una busta rossa sottilissima, delle dimensioni di una pagina di quaderno.

Quelli di Kei sono colorati e un po' raffazzonati, pieni di adesivi stupidi. Anche lui ha una busta rossa sottile.

«La busta è del nonno» spiega Tetsurou, lisciandola con le dita. «A quanto pare ci ha fatto lo stesso regalo. Dice che gli chiederemo spiegazioni e forse, se facciamo i bravi, ce le darà. Sto citando testualmente.»

«Inutile che mi chieda da chi hai preso.»

Tetsurou sorride come fosse un complimento. E lo è.

«Inizia tu, Tsukki. Parti da quello piccolo. Sappi però che non è un regalo. Tanto coi regali lo sappiamo che fai schifo.»

«In che senso non è un regalo? Lo incarti, mandi  qui il fotografo di culi a portarmelo e non è un regalo?» protesta Kei, mentre inizia a sciogliere il nastro. Tetsurou lo sta guardando esattamente come faceva Akiteru da bambini: colmo di aspettativa, deliziato.

Dentro il pacco c'è la maglia rossa del capitano nel Nekoma, con il numero uno sottolineato. Kei accarezza la stoffa con i polpastrelli e non sa dove guardare.

«E' un prestito. Fino ai nazionali.»

«E che me ne faccio?» protesta Kei, senza trovare il coraggio di guardare la videocamera.

«Te la infili sotto i vestiti, ci vai a dormire, te la tieni addosso quando sei solo in camera e poi magari mi mandi qualche foto.»

«Quindi è un regalo per te» brontola, sforzandosi di dissimulare l'emozione. Non ci sta riuscendo.

«Guardami negli occhi, Tsukishima Kei, e dimmi che non ti piace portare le mie cose.»

Kei solleva lo sguardo, il riflesso delle lenti nasconde qualcosa della luce di sfida. «Non mi piace... » poi le labbra si incurvano, si spinge in su gli occhiali. «Non farmi dire cazzate. Senti, scemo: i regali sono regali. Questa adesso è mia. Te la presto per i nazionali, finché non vi facciamo il culo, dopodiché te la levi e me la ridai.»

Tetsurou ghigna: «In mezzo al campo? Davanti a tutto lo stadio? Attento a quello che desideri, Tsukishima Kei: potresti ottenerlo.»

Intanto, lui ha ottenuto esattamente la reazione che voleva: il broncio, l'aria offesa, due dita a spingere gli occhiali sull'arcata, un'ombra di rossore sul collo. «Cioè vorresti rifilarmi una schifosa maglietta sudata?»

«...pensaci, Kei, davanti a tutto lo stadio...» sussurra, avvicinandosi all'obiettivo.

«Non ti azzardare... »

Le labbra di Kei sono rosse, curve in una piega indignata che Tetsurou vorrebbe disperatamente baciare. Lo desidera così tanto e così forte che non poterlo fare è un tormento. Ride per non pensarci. Ride perché così è più facile. E gli si posano sul cuore tutti insieme i mille addii che li aspettano, i binari e le sale d'attesa, le mani che si sfiorano sulle maniglie dei trolley, i baci mancati, le spalle piegate dal peso enorme di amarsi, così tanto e così forte, a distanza. E' un'eco del futuro, un'intuizione dolorosa che dura solo un attimo, il tempo di strappare a Kei un mezzo sorriso, di vederlo spogliarsi borbottando, pudico suo malgrado, per infilarsi la maglietta rossa. Sotto la pelle bianca, fra i rilievi di ossa e muscoli, Tsukishima Kei conserva intatti i suoi misteri. Una sola vita per svelarli sembra troppo poco.

***

La sveglia di Kei, puntata alle sette meno dieci, lo sorprende aggrovigliato nelle lenzuola, le braccia che spuntano dalla maglietta del Nekoma, gli occhiali storti sul naso. E' abbracciato a una piantina di fragola in vaso, che ha sversato terriccio sul cuscino. Nel pacco giallo ce n'erano tre, di piantine, altrettante sono già interrate a Tokyo, nel giardino di Tetsurou, fra le peonie della nonna e le fresie profumate di Yu-chan.

Sarebbe un pessimo regalo, per uno che non ha mai amato le piante e non sa come prendersene cura. Ma c'è di mezzo Kuroo Tetsurou, il buco nero. Così adesso quelle piantine spelacchiate contengono il messaggio potente di una fioritura, una crescita, un rinnovamento. Una cosa viva che dura. Come quel fragile plurale che stanno costruendo, a cui Kei riesce a credere a stento con il cuore e con il cervello ancora no.

Tetsurou, invece, è tornato fra i suoi ospiti con una tazza in mano: viola, con una falce gialla di luna calante. E' la tazza di Kei, da tenere a Tokyo, a casa. Non una tazza nuova, comprata apposta per essere un doppione; proprio la tazza di Kei, la sua personale, quella con cui fa colazione da una vita, con una crepa scura sul fondo e una minuscola sbeccatura sulla curva del manico. Come dire che la distanza fra Tokyo e Osaki è provvisoria e insignificante, una cosa sbagliata da correggere, perché uno con la propria tazza deve farci colazione tutti i giorni (e fanculo quella gialla di Kozume!).

Dentro la tazza, c'era un rettangolo di plastica verde e oro: la tessera della tifoseria dei Frogs per la stagione 2013. Prevendita scontata dei biglietti e accesso vip a un assurdo negozio online, dove comprare gadget di pessimo gusto, sciarpe e calzini verde smeraldo e magliette sgargianti di giocatori sconosciuti. Il nome di Kuroo sul retro della tessera è stato scritto a mano da Kei, con un pennarello calligrafico. 

Ma il regalo preferito di Tetsurou era nascosto sul fondo della tazza, un minuscolo foglietto arrotolato, con sopra due parole: le credenziali dell'account di una app, da cui passa tutta la musica che finisce nelle cuffie di Kei, scrupolosamente organizzata in decine di playlist. Non l'aveva mai condivisa con nessuno e Tetsurou lo sa benissimo. Non la condividerà mai con nessun altro, e questo invece Tetsurou non lo sa ancora. Ma già un po' ci spera.

Il cellulare gli vibra in tasca mentre Yu-chan e la sua pancia enorme ballano un lento con il nonno in mezzo alla stanza e gli altri ridono, e mangiano la Galette des Rois cercando il fagiolo nascosto, raccontandosi con la bocca piena cose che già sanno tutti e che vale comunque la pena ascoltare.

E' mezzanotte.

Sullo schermo compare l'immagine di un biglietto dello shinkansen, andata e ritorno Sendai-Tokyo. Un biglietto aperto.

2012/12/25 00:00 [07:00]

Dimmi che date devo scriverci.

Buon Natale, scemo.

La risposta è la foto di un biglietto aereo, partenza da Bordeaux-Merignac il 30 dicembre ore 12:30, arrivo a Tokyo Haneda il 31 dicembre ore 15:50.

2012/12/25 00:00

Scrivici:

Andata 31 dicembre 2012.

Ritorno mai.

Buon Natale, Kei.
 

2012/12/25 00:01

❤️❤️❤️

2012/12/25 00:01 [07:01]

Che cazzo sono quelli?

2012/12/25 00:01

Cuoricini?

Una rappresentazione simbolica dei miei profondi sentimenti per te?

Culi rovesciati? 

Scegli tu...

❤️❤️❤️❤️❤️❤️

2012/12/25 00:02 [07:02]

Mettine un altro e ti lascio

2012/12/25 00:02

Davvero? ❤️
 

2012/12/25 00:03

Kei?
 

2012/12/25 00:05

Kei?
 

2012/12/25 00:09

Kei!!!
 

2012/12/25 00:17

No! Dai Ti prego! Non metto più neanche un ❤️prometto!
 

2012/12/25 00:54

Kei  😢

2012/12/25 00:56 [07:56]

Vai a dormire, scemo! E domani studia!

E abbraccia tuo nonno da parte mia. Digli grazie. 

 

Le buste rosse di Kuroo Tomo le hanno aperte insieme. E insieme sono rimasti sbalorditi, a fissarsi senza parole. Kei è crollato a sedere sul letto, Tetsurou è scoppiato a ridere senza speranza di fermarsi.

C'era, in entrambe le buste, la stessa foto stampata: un po' sfocata, scattata con una vecchia macchina digitale, forse una delle prime in circolazione vista la risoluzione scadente. In primo piano un Tetsurou particolarmente spettinato sfoggia un sorriso enorme. Avrà otto o nove anni, abiti estivi, le mani sui fianchi e la Mikasa ben stretta sotto il gomito sinistro. Sullo sfondo, una stanza ingombra di vetrine e anonimi passanti.

In secondo piano, fuori fuoco ma ben riconoscibile, il profilo corrucciato di un bambino biondo appoggiato di schiena a una parete poco distante. I piedi incrociati che spuntano da due gambette magre e lunghissime. Una maglietta azzurra, un paio di occhiali colorati.

La dedica è sul retro, in larghi caratteri regolari:

Le coincidenze non esistono.

Buon Natale, ragazzi.

 

 

**************
Poiché il prossimo capitolo è breve e strettamente legato a questo, in via del tutto eccezionale uscirà questo weekend :)
Ci avviciniamo alla fine della storia, siete pronti?

 

   
 
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