Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Brume    03/12/2022    2 recensioni
"…Ho passato anni immersa nella mia missione, nel mio mondo.
Ho sempre guardato avanti e accettato le sfide, combattuto contro nemici in forma umana e verso i miei demoni finché, ad un certo punto della mia vita, mi sono accorta che - come lama il cui filo è rovinato da chissà cosa - anche io ho cominciato ad osservare piccole crepe, pertugi che aprendosi nel cuore e nell’ anima si andavano a dilatare ed allargarsi sempre più, facendosi contaminare da una serie di cose… dal sentimento, dalle passioni…Ecco; per questo motivo, ad un certo punto, non me la sono più sentita di portare avanti la mia missione: stavo cambiando, inesorabilmente.
Ma non ho in ogni caso dimenticato chi sono, né ho mortificato me stessa.
Ho solo accettato alcune cose, ho lasciato che i sentimenti si avvicinassero sempre più al raziocinio. Ho aperto il mio cuore, ho amato, sono stata amata. Ho portato avanti i miei ideali, accettando questo cambiamento, lasciando che la vita mi travolgesse…e ne è uscito un quadro fantastico. "
NB: Aggiornamenti settimanali, compatibilmente con impegni lavorativi.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Sai, c’è stato un istante durante il quale ho pensato che non avrei mai voluto andare via. Avrei voluto restare li ed invecchiare insieme a quei vecchi muri.”
Mi volto e ti osservo, mentre aggiungo legna al fuoco. Fa molto freddo: non vedo l’ ora di tornare sotto le coperte insieme a te.
“Anche per me è stata dura, Oscar;  in fondo, ci sono cresciuto insieme a te…”
 “Dove saranno andati, mai?” chiedi, dopo qualche secondo.
Mi alzo e vado a lavarmi le mani nel bacile.
“Non ne ho idea, Oscar. Vorrei tanto saperlo anche io. ”

Il silenzio cala ancora nella nostra stanza. Possiamo addirittura sentire la pioggia cadere:
per fortuna siamo giunti a Parigi in tempo, penso.

“Non vieni a letto?”
“Arrivo…”
…E torno da te.
Sotto le coperte ti stringo forte,  abbiamo bisogno entrambi di un abbraccio, ci accarezziamo, stretti l’ uno all’ altra.I nostri occhi si cercano come la bocca cerca ossigeno.

“Oscar, ricordi lo scorso Natale?” ti domando, ad un certo punto; questo ricordo mi arriva all’improvviso, senza alcun avviso.Il tuo viso si solleva dal mio petto.
“Come potrei non ricordarlo? Caddi in una sorta di disperazione, non vedendoti…”
“Già, ho rischiato grosso quella volta…!”  rispondo, sorrido.
Tu, invece…ti adombri: una nuvola sembra aver coperto il sole.

“Eravamo felici, ricordi? Mi hai fatto compagnia, abbiamo parlato tanto, mangiato insieme…
Cadeva la neve e nella casa si udivano le voci di mia madre, mio padre…i miei nipoti…la nonna…”


Eravamo felici…eravamo felici!

“Oscar, non sei felice, ora, con me?” ti chiedo, preoccupato dalle tue parole.
Mi fissi con occhi sgranati.Forse, nemmeno ti sei resa conto di ciò che hai detto.

“André, ti chiedo scusa; non intendevo dire…”
Mi avvicino e ti do un bacio.
“Non dire nulla, non pensiamoci più: e comunque, mia amata, felici possiamo esserlo ancora.
Io spero -in un futuro non troppo lontano- di ritrovare la tua famiglia; mia nonna…e mi auguro che altrettanto presto si riesca ad andare ad Arras. Pensaci: cosa facciamo, qui? Che prospettive abbiamo se non quella di nasconderci?”

Ti osservo mentre ti siedi e abbracci le tue ginocchia.
Il tuo viso ora fissa il camino, lo sguardo è vago e lontano.
“Se vogliamo andare via, ci conviene farlo prima che arrivi l’ inverno…il ché avverrà presto, a giudicare dal tempo di questi ultimi giorni. Ma dimmi, André, tu credi che potremo vivere davvero tranquilli, ad Arras?” domandi, ad un certo punto.
Ci rifletto un attimo.
“Robespierre è impegnato qui a Parigi e credo che, se noi dovessimo andarcene,  potrebbe mollare la presa. Sono tempi impegnativi, per lui…” rispondo. E penso anche di non aver granché voglia di nascondermi all’ infinito.
Tu guardi  le lingue di fuoco che si alzano e ci scaldano.

“Sia. Domani…domani chiederò a Luc di mandare a chiamare Rosalie, Bernard ed Alain: sono i nostri amici, sono certa che sapranno indicarci la cosa giusta da fare” dici.
“Va bene, Oscar, allora è deciso?” chiedo.
Annuisci.
Torniamo tra i nostri abbracci: tra un paio d’ ore mi dovrò alzare e andare al lavoro tuttavia ora, cadesse il cielo, sono qui per te.
Solo per te.


***

Alain è passato al solito orario, puntuale: come ogni volta, ha da raccontarmi qualcosa riguardo le sue avventure. Stavolta è il turno di Angelique -la figlia del fornaio-  e devo dire che tra tutte le sue conquiste, è quella che mi appare più papabile come futura Madame De Soisson…ma non mi azzardo a dire nulla. E’ troppo presto e poi lui non sembra esattamente il classico tipo che voglia farsi una famiglia.  Lo lascio parlare, ridiamo insieme, ascolto le sue sconcezze come si fa tra uomini, scherzando e lasciandomi andare a qualche commento anche poco lusinghiero; questo, finché non giungiamo davanti al posto di lavoro dove una decina di persone  riunite sono ferme a parlare davanti al cancello attirando la nostra attenzione.

“Charles, che succede?” chiedo non appena questi mi si avvicina per salutare.
“Monsieur Capechy ci ha riferito, poco fa, che il mattatoio resterà chiuso per qualche tempo” risponde.
E’ ancora sorpreso, incredulo dalla notizia.
“Per quale motivo?” domanda Alain.
Presto intorno a noi arrivano anche Laurent, Jacques, Armand, Michel.
“Il capo dice che non c’è più carne. I fattori tengono quel poco che hanno per sé, per mangiare ed andare avanti” risponde quest’ ultimo “ forse, di qui a poco…saremmo costretti a mangiare i nostri cavalli o perfino i gatti, i topi, se è necessario….”
Io e Alain ci guardiamo. Non voglio pensarci…
“Ed i soldi? La nostra paga?” domanda. Va dritto al punto, come al solito!
Armand interviene.
“Ha detto di passare domattina, ma non ci fidiamo…pensiamo voglia scappare. Per questo ci siamo fermati e stiamo valutando dei turni di guardia” risponde; dietro di lui, arriva un coro di voci che lo sostengono.

No, non credo che Monsieur Capechy sia quel genere di uomo ma, si sa, molte cose possono essere cambiate…

 “Che dici, André? Andiamo a farci una birra? Tanto qui la vedo lunga “ mi chiede dal nulla Alain, quasi non avesse ascoltato quelle parole. Sono indeciso e vorrei capire qualcosa di più ma, passati alcuni minuti, ci guardiamo in giro e  troviamo un posto abbastanza vicino ancora aperto…Orami sono in piedi, sveglio ed infreddolito. Tanto vale fermarsi.
“D’ accordo” dico.
Potrei giusto prendere l’ occasione per anticipargli qualcosa…
Alain  è già andato avanti. Il tempo di raggiungere la locanda ed entriamo; a quest’ ora non c’è molta gente. E’ piacevole stare al caldo.
Ordiniamo due birre.

“Allora, come sta Oscar?” mi domanda non appena ci sediamo.
“Bene, direi. Anche se da quando siamo tornati dopo la visita a palazzo, tre  giorni fa, è comprensibilmente triste” rispondo.
Alain sorseggia un po' della sua birra e si pulisce la bocca con la manica della giacca.
“Lo hai detto tu, è comprensibile. Non deve essere facile per lei, anche se è stata una sua scelta…”
“Già… “.

Alain ed io restiamo in silenzio. Lui ha posato gli occhi su una ragazza dai capelli rossi, più per curiosità che per un reale intento, diciamo così.

“Io ed Oscar abbiamo pensato…di trasferirci ad Arras.”
Le parole mi escono spontanee, senza premeditazioni: il mio inconscio ha preso questa decisione per me. Alain spalanca la bocca per la sorpresa, penso potesse immaginare che prima o poi ce ne saremmo andati ma forse…non se lo aspettava così presto.

“Dove andrete?Avete un posto dove stare?”  

“…ho una casa, laggiù. Ti ho detto della lettera che ho trovato…?”
Annuisce. Io bevo ancora un po' di birra.
“Si.”
“Ecco, vedi… in quella lettera c’è scritto che devo  rivolgermi ad un notaio della città. Mia nonna è stata lungimirante, ha depositato parte della mia paga e fatto in modo che la casa dei miei genitori non cadesse in rovina, così…”
Alain si alza in piedi, a momenti getta la sedia dietro di sé.
“Ma è magnifico! Almeno per te, le cose sembrano mettersi meglio…” risponde.
Gli faccio cenno di sedersi perché non voglio che attiri l’attenzion. Lui si guarda in giro, si gratta la testa, torna a sedere.
“Volevo parlarne con calma a tutti voi, appena sarà possibile…” aggiungo.
Alain beve un altro sorso, si dondola sulla sedia; sembra che – almeno così mi pare – anche lui abbia qualcosa da dire.
“Sai, fratello mio, anche io stavo pensando a qualcosa del genere…”
Ecco, mi pareva: non mi sono sbagliato di molto…

“…ah! Cosa ti ha portato a questa decisione? “

Prendiamo entrambi un altro sorso di birra e poi , il bicchiere ancora in mano, Alain continua il suo discorso.
“Ci penso da tempo, sai? Fin da quando ho capito, qualche giorno prima che si prendesse la Bastiglia, le vere intenzioni di Robespierre ed i suoi…”
Alain parla ad alta voce , gli lancio una occhiataccia, non vorrei qualcuno ci senta; lui si guarda in giro e poi torna a parlarmi. Credo di capire dove voglia andare a parare.
“Tu lo hai visto combattere, André? No, non avresti potuto…non eri qui. Tuttavia io, che c’ero, ero li! E sai cosa ho visto l’ ho solo visto arringare la folla da una finestra. Armiamoci, combattiamo, ora è arrivato il tempo di agire diceva: ma lo hai visto, tu? Hai contato le sue ferite? Zero! Nessuna….”Finisco la birra e  poso sul tavolo il bicchiere.
Alain mi guarda, è serio. Arrabbiato.
“Ecco perché voglio andarmene. Qui, al momento, non c’è nulla per me” conclude.

“…hai già pensato a qualcosa in particolare?” gli domando, allora. Non ho la forza di fare altro. Ha tremendamente ragione.
“Non ne ho idea. Credo che la mia prima tappa sia la più semplice: l’ Inghilterra, Londra, forse…”risponde.

A questo punto  tocca alzarsi: la locanda sta per chiudere; è ora di tornare fuori, ma non troviamo che tre persone: dove sono, tutti? Domando. Armand ci risponde che gli altri avevano sonno e freddo…e sono tornati a casa.Io e Alain ci guardiamo.
Hanno cambiato idea alla svelta, penso.

“Forse è meglio rientrare, André. Vai, ci penserò io alla tua paga, passerò a trovarvi” mi dice.
“Grazie…” rispondo; quindi, dopo un ultimo scambio di battute con i pochi uomini rimasti, me ne torno a casa da te, Oscar.Arrivo che manca poco all’ alba;  nel momento in cui spingo il portone per entrare nel cortile di quella che noi chiamiamo casa, il sole fa capolino tra le nubi grigiastre ed un filo di nebbia. Luc è già in piedi, lo vedo uscire dalla stalla; sono giorni che non riusciamo a incontrarci, per un motivo o per l’ altro; lo raggiungo, mi nota, alza un braccio come saluto.
“Luc, cosa ci fai in piedi così presto? Hai bisogno di qualcosa?”
 Lui fa cenno di no con il capo.
“Sono appena rientrato anche io, ho avuto un’ urgenza…” risponde; è stanco e nonostante si sia lavato le mani, qualche traccia di sangue di nota ancora. Credo non ci si possa mai abituare…

“Era un bambino, questa volta…” dice.

Non oso chiedere come sia andata a finire, ha una espressione che spaventa.
In questo silenzio Luc si abbassa, recupera la borsa lasciata per terra.
“Andiamo a riposare, ora… ci vediamo più tardi” dice chiudendo li il discorso.

 Ci salutiamo, faccio pochi passi ed entro nella stanza.
Il fuoco di sta spegnendo quindi, cercando di fare meno rumore possibile e senza riuscire a staccare gli occhi da te, mi levo di dosso i vestiti e, prima di infilarmi a letto, metto ancora legna sul fuoco.
“André…sei già qui?”
“Si, Oscar. Sono appena arrivato, ora ti raggiungo” rispondo; così poi faccio, ed è bellissimo stare di nuovo tra le tue braccia.
“Sai di birra…” dici dopo avermi baciato “…che avete combinato, tu e Alain?...”
“Stanotte non abbiamo lavorato…il mattatoio rimarrà chiuso, per un po'. Io e Alain ci siamo fermati un poco con gli altri e,
comandante!,  ne abbiamo approfittato per una birra”

Una risata profonda, genuina, esce dalle tue labbra.
Hai gli occhi chiusi.
Sei bellissima.
“Che c’è, ora? “ chiedo  facendo il finto offeso.
Apri gli occhi e due immense pozze azzurre mi circondando, mi sormontano, come acqua fresca.
“Da un po' non mi chiamavi così… e poi, cosa è questo tono, Grandier? “
Adesso sono io a sorridere.
“Sono felice di vederti così di buon umore…”
Mi baci e ti stringi forte a me, sento le tue mani appoggiarsi ai miei fianchi.
“Hai fatto bene a fermarti con Alain… ma dimmi, André: cosa è questa storia del mattatoio?”
“Le poche vacche rimaste non verranno più vendute, anche se la richiesta c’è. Gli allevatori tengono le poche che hanno per il loro sostentamento e …non c’è prezzo di acquisto che tenga. Sono senza lavoro:  ciò non mi sconvolge vista la nostra prossima partenza ma, devo dire, qualche livres in più avrebbe fatto comodo.

Appoggi il viso al mio petto. Aspiro il profumo dei tuoi capelli.

“Ho parlato anche con Alain, sai? Ed ho scoperto che anche lui vuole andarsene…”
“Alain!? “
Faccio un cenno con il capo.
“Si. Gli ho detto che presto ce ne andremo anche noi e lui mi ha espresso le stesse intenzioni; in ogni caso stamane passerà per portarmi la paga e  potremo parlarne un po'…”
Annuisci e non dici null’ altro; mi stringi la mano ed, insieme, fissiamo il soffitto , pensierosi.
 
 
***


Il giorno arriva presto e lo fa accompagnato da una sorpresa: la neve.
Quando esco dalla stanza ti trovo già pronta, coperta da un mantello, intenta ad osservare i grossi fiocchi bianchi scendere lenti.
“Ah, sei sveglio, André! “
 Ti saluto con un bacio sulla fronte.
“Che ore sono?” domando; questa luce grigiastra mi da quasi fastidio alla vista.
“Le campane del vecchio convento hanno suonato le due” rispondi.
“Gli altri?”
“Yvette è di sopra, Luc è nel suo studio. E’ arrivato anche Alain, da poco; mi ha detto lui di lasciarti dormire ancora un po'…”

Restiamo fianco a fianco, quasi incantati, per un attimo. Sono sicuro che stai pensando alla nostra partenza ed alle parole da dire.

“Cosa dici, andiamo?”

Sei tu a prendere l’ iniziativa, io annuisco e ci avviamo verso le scale. Saliamo qualche scalino e la risata di Alain si fa sentire. Quando entriamo in cucina lo troviamo concentrato davanti ad un piatto di zuppa.
Non appena ci vede, si alza in piedi e ci viene incontro.

“Ecco, André: questo è quello che ti spetta” dice porgendomi un sacchetto colmo di monete. Lo ringrazio, ci sediamo.
“Hai avuto altre novità? Tu che farai ora, hai proprio deciso?” chiedo. Yvette porge della zuppa anche a me ed Oscar, poi si siede a sua volta.
“Nessuna nuova. Capechy ha confermato il tutto ed io…si, sono sempre di quella idea… Anzi, stavo pensando che…se vi va, potremmo partire insieme e condividere un po' di strada.”
Io e Oscar ci guardiamo.
“Non sarebbe una cattiva idea” rispondi. Il tuo sguardo vaga lontano.
Yvette posa gli occhi su di noi.
E’ sorpresa: non si aspetta che partiamo così presto.

“Ve ne andate? Quando lo avete deciso?” chiede. Il suo viso si fa triste.

“ Ad essere onesti, non abbiamo ancora valutato come e quando ma, a giudicare dal tempo, non aspetteremo molto.”
La ragazza si alza ed esce, forse sta andando a chiamare suo fratello.
“ Dovremo dirlo anche a Bernard e Rosalie. Se volete possiamo farlo oggi, potrei andarci dopo, insieme” suggerisce Alain.
“André, sei d’ accordo?” mi chiede Oscar.
“Si.”
Luc arriva dopo pochi istanti.
“Yvette mi ha riferito tutto…” dice. Rimane in piedi sulla porta.
“…Perdonaci se non te ne abbiamo mai parlato: è una decisione presa da qualche ora, ancora dobbiamo definire tutto” rispondo; leggo  anche sul suo visto del dispiacere, del resto ci eravamo abituati alla nostra reciproca presenza.
“Sapevo che questo giorno doveva arrivare, del resto è la cosa migliore che possiate fare, lo abbiamo sempre saputo. Cosa vi serve?” domanda.Come al solito è pratico, non perde tempo; tra un cucchiaio di zuppa e l’altro proviamo a mettere insieme un po' di idee, di pensieri.
Tutto scorre così velocemente da lasciarci stravolti e ci fa perdere la cognizione del tempo: nemmeno ci accorgiamo che è giunta quasi sera e, uno ad uno, ci si saluta dandoci appuntamento a domani.
“Restano Bernard e Rosalie…” sussurri.
“Credo ci penserà Alain, così mi ha detto prima di uscire…”
Torniamo a sederci intorno al tavolo e restiamo a parlare con fratello e sorella finchè, stanchi, ci ritiriamo nelle nostre stanze.






 
Tre settimane dopo, 2 dicembre 1789
Dicembre è arrivatoportando con sé ancora un po' di quella neve nemmeno un mese fa era passata a farci visita; il clima è freddo, più del solito, anche le giornate si fanno sempre più buie.

“Dovete sbrigarvi, ci vorranno minimo tre giorni per arrivare ad Arras” dice Bernard, mentre tutti insieme stiamo finendo di sistemare un piccolo carro, recuperato da un Oste in cambio del trasporto di alcune piccole merci destinate ad una locanda sulla via. Oscar non è ancora scesa, è al piano di sopra con Luc che prima di partire vuole sincerarsi che si sia rimessa più o meno del tutto.
Ah, Bernard: non credo che quella povera bestia di ce la farà…Ha una certa età” dico indicando il ronzino già stanco, nascondendo la mia preoccupazione.
Lui mi guarda, ride:  se è per questo nemmeno tu sei più tanto giovane ,dice; scoppiamo a ridere, le battute avanti e si unisce anche Alain, non sia mai…
Tuttavia Bernard torna serio presto.
Come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa d’ importante, infila la mano in tasca.
“Cosa sono?”  domando, anche se un’ idea me la sono fatta.Mi fermo, li prendo, attendendo la sua risposta.
“Qui ci sono  due lasciapassare con nuove identità fittizie. Il nostro amico credo si sia messo momentaneamente il cuore in pace, tuttavia, meglio averli. Mi sento più sicuro così… “
“Capisco. Credi quindi …che possa farci del male?”
Bernard scuote la testa.
“No, non penso; ormai si sta rendendo conto che Oscar non ha alcuna smania e che si è ormai allontanata da quella che una volta era la sua vita. Ma è comunque un personaggio un po' particolare ed ambiguo quindi…non abbasserei la guardia, ecco” risponde.
In quel momento arrivi tu. Sei allegra, buon segno.
“Tutto bene? “ ti chiedo.
Dietro di lei c’è Luc in compagnia della sorella.
“Si, sto bene!” mi rispondi; ed ho la certezza di questa verità da Luc, che sorride.
Mi avvicino a te e ti abbraccio: non avresti potuto darmi notizia migliore!
“Oscar, sono così felice!” ti sussurro; è davvero qualcosa di incontenibile e faccio fatica a trattenermi!
Guardo Oscar, stretta nel suo mantello ; Luc dietro di lei sorride, è sereno. Mano nella mano, ti accompagno accanto al carro; Alain dietro di me , mi mette una mano sulla spalla.

“E’ ora” dice; stringo forte la mano di Oscar e mi guardo ancora una volta attorno.
Luc, Yvette, Bernard, Rosalie…ci rivedremo presto….sussurri e lo stesso faccio io.
Rosalie, la nostra cara Rosalie, si avvicina e ti abbraccia ancora una volta.

Luc va verso il portone, lo apre.

Saliamo sul carro, Alain si mette a cassetta, Oscar vicino a lui.Io mi arrangerò dietro, sul pianale, per il momento.

E’ ora di partire…
E’ ora di partire.


Mi mancheranno i miei amici.
Mancherò Parigi con questi palazzi, la gente, le strade, la Senna ed il suo lento cammino. I ricordi si presentano un dopo l’ altro ed una sensazione di tristezza mi pervade, ho come un groppo in gola.


“Addio, maledetta puttana” sento dire con voce rotta da Alain mentre si guarda intorno.


Non diciamo più nulla: tra sacchi di granaglie e coperti da poco nobili mantelli di pecora, affrontiamo l’ inizio del nostro cammino silenziosi, pensierosi.


 
   
 
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