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Autore: Kameyo    05/12/2022    3 recensioni
Nei sotterranei del museo Avalon, protetto da una bara di vetro, un giovane dai capelli corvini giaceva da secoli su un letto di Agapanto. Nessuno sapeva chi fosse o come il suo corpo avesse fatto a rimanere intatto, ma tutti lo chiamavano Il Principe. Arthur l'aveva visto per la prima volta a dieci anni, e da quel giorno era andato a trovarlo ogni volta che poteva, sperando di riuscire a svelare il mistero della sua morte. Nel profondo del suo cuore però, Arthur sognava di riuscire a svegliarlo, come in una favola.
"Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it"
[FavolaModerna] [Ispirata alla Bella Addormentata]
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Sir Leon | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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[3/3]
Fiori d’Agapanto lo circondarono,
e con lentezza gli anni passarono.
 
 
 
 
Arthur sentì la magia di Merlin sulla pelle prima ancora di raggiungere l’interno della cripta, era fredda, instabile e disperata; gli fece venire i sudori freddi, gli fece desiderare la morte.
No, si disse, scendendo l’ultimo gradino, è Merlin che vuole morire.
Leon rimase alle sue spalle, impassibile. Arthur non sapeva se il cavaliere riuscisse a percepirla come ci riusciva lui, e una piccola parte di sé sperò che non ne fosse capace. Era qualcosa di terribile. Un vuoto enorme all’interno del corpo. Una voragine da cui non si poteva fuggire. Un abisso senza fine.
Era oscurità, pura e fredda. Era la fine del Sole.
Era il dolore di Merlin per la sua morte.
Arthur raggiunse la bara di vetro e guardò il suo amico dormiente. Merlin aveva deciso di indossare i suoi vecchi abiti da principe, la tunica rossa che tante volte aveva dovuto rammendare a causa degli allenamenti, i suoi stivali, che dovevano stargli un po’ larghi. Aveva scelto di addormentarsi con i suoi vestiti addosso, come un amante tormentato. Si chiese se lo avesse fatto per sentire ancora il suo odore intriso nel tessuto, se fosse stato un tentativo disperato di trovare un minimo di pace almeno in quella semi-morte. Toccò il vetro e, come sempre, la sua impronta non lo macchiò.
Arthur.
La voce di Merlin riecheggiò nella sua mente come un sussurro incredulo. Poggiò anche l’altra mano e premette forte.
Arthur.
Arthur.
Arthur!
Arthur premette sul vetro con tutta la sua forza. «Sono qui» disse. «Merlin, sono qui. Sono accanto a te. Puoi sentirmi?»
Arthur!
Arthur!
Arthur!
ARTHUR!
Arthur tolse le mani di scatto, come se si fosse appena scottato, ma il vetro era gelido. Nella cripta il freddo e l’umidità entravano dentro le ossa, ferivano. Come ferivano le urla di Merlin. Sembrava che stesse gridando a squarciagola da un luogo oscuro da cui non riusciva a fuggire.
«Che cosa hai combinato?» mormorò al suo corpo immobile.
Leon fece un paio di passi verso di lui, ma rimase comunque lontano dalla bara, quasi avesse paura di avvicinarsi troppo. «La sua magia ti obbedisce, dalle un ordine.»
«Come fai a esserne sicuro?»
«Me l’ha confidato Merlin prima di addormentarsi. Ha detto... ha detto che tutto di lui ti appartiene.»
Arthur fissò il viso di Merlin e notò che una lacrima era scivolata dall’occhio destro, desiderò asciugarla con un dito, accarezzargli lo zigomo e sussurrargli dolcemente di svegliarsi. Si passò le mani sugli occhi per scacciare le lacrime che avevano iniziato a offuscargli la vista e tirò su con il naso, non poteva permettersi di scoraggiarsi in un momento simile.
«Potresti... Potresti uscire?» chiese a Leon in un sussurro. Non voleva mostrarsi così debole, non voleva che quel momento così intimo fosse visto da qualcun altro, anche se si trattava di un vecchio amico.
Leon annuì. «Quando il vetro scomparirà, l’incantesimo su questo posto verrà spezzato e ti ritroverai nella casa in cui Merlin viveva prima di addormentarsi. Non so bene come funzioni, so solo che non sarete più al museo.»
«Un’altra delle sue assurdità?»
«Non lo so. Forse voleva essere sicuro che foste da soli dopo tanto tempo.»
Arthur si girò a guardare l’amico. «E tu? Tu dove sarai?»
«Mi troverete al museo o nel mio appartamento. Vi aspetterò.»
«Sei davvero sicuro che riuscirò a svegliarlo?»
«Il bacio del vero amore spezza ogni incantesimo» gli rispose Leon alzando le spalle.
Arthur non gli rispose, ma la sua espressione fu abbastanza eloquente. Leon se ne andò via in silenzio, lasciandolo solo ad affrontare la sua prova più importante. Al contrario suo, il cavaliere sembrava davvero convinto che ce l’avrebbe fatta, che sarebbe riuscito a svegliare l’idiota per vivere per sempre felici e contenti.
Arthur.
Arthur si voltò di nuovo verso Merlin, la sua magia continuava a girargli intorno inquieta e la sua voce gli riempiva le orecchie facendogli stringere il cuore. Non poteva nemmeno immaginare come potesse essersi sentito in tutti quei secoli, cosa avesse provato nell’aspettarlo davanti al lago fino a perdere ogni speranza.
Riusciva a vederlo, seduto sulla riva a guardare l’immobilità dell’acqua in attesa di un segno che non sarebbe mai arrivato. I suoi occhi umidi. Il desiderio di morire e raggiungerlo.
Arthur scosse la testa e si asciugò il viso per l’ennesima volta, represse un singhiozzo. Non poteva capire fino in fondo come si fosse sentito, ma riusciva a comprendere quanta devozione ci fosse dietro, quanta lealtà, quanto amore.
O forse c’era sempre stato soltanto l’amore.
Poggiò di nuovo le mani sul vetro e inspirò, non fece alcuna pressione e aspettò che la voce di Merlin lo chiamasse ancora, e quando lo fece, seppe cosa fare.
«Fallo sparire» ordinò. «Togli questo maledetto vetro.»
Ci vollero pochi secondi, una leggerà vibrazione nell’aria, e il vetro sparì. Il profumo dell’Agapanto si disperse all’improvviso, era delicato, dolce, ricordava l’alba nella foresta di Camelot; il silenzio degli alberi, la rugiada sulle foglie, il sorriso di Merlin illuminato dai primi raggi di luce, quando lo svegliava dopo una notte passata accanto al fuoco. Leon gli aveva raccontato che Merlin aveva scoperto quel fiore straniero per caso, vedendolo su un carretto di un venditore ambulante, e ne era rimasto incantato. Ora capiva perché.
Arthur si ritrovò con le mani a toccare il vuoto, così vicine al viso di Merlin da fargli torcere lo stomaco per l’agitazione. Le abbassò d’istinto e le tenne rigide lungo i fianchi, aveva paura anche di sfiorarlo, credeva che se l’avesse fatto Merlin si sarebbe sgretolato davanti ai suoi occhi.
Ma se non lo faccio, non si sveglierà, ricordò a se stesso. E Merlin doveva svegliarsi. Doveva aprire gli occhi. Doveva sorridergli ancora e passargli le mani fra i capelli e abbracciarlo e stringerlo forte per non lasciarlo andare mai più.
Si guardò intorno e si accorse che Leon aveva avuto ragione, non erano più nella cripta, ma in un cottage che sembrava trovarsi nel bel mezzo della campagna, o almeno questo si vedeva dalla finestra. E se quell’incantesimo si era spezzato, c’era ragione di sperare che sarebbe successo anche con il Sonno dei Morti.
Arthur.
Arthur respirò e respirò, tentò di calmare il cuore in subbuglio, di far smettere il tremolio delle mani, ma non ci riuscì. Era impossibile calmarsi in un momento del genere. E allora fece l’unica cosa in cui era sempre stato bravo, smise di pensarci e agì, si piegò in avanti e allungò la mano fino a sfiorare con le punte delle dita lo zigomo di Merlin. Emise un sospiro tremulo, la pelle era inaspettatamente tiepida.
«Merlin» sussurrò. «È meglio per te che funzioni.»
Si leccò le labbra secche e, prima di chiudere gli occhi, guardò un’ultima volta il viso addormentato dell’uomo che aveva amato in entrambe le sue vite, sperando di trovarlo sveglio quando li avrebbe riaperti, poi si abbassò fino a congiungere le loro labbra in un primo dolce bacio.
All’inizio non accadde niente, ma dopo qualche attimo, Arthur percepì un movimento, una risposta; le labbra di Merlin si mossero contro le sue. Si staccò piano e lo guardò strizzare le palpebre.
«Merlin» sussurrò incredulo.
Merlin aprì gli occhi con lentezza, mostrandogli finalmente il blu familiare e caldo delle sue iridi, e lo guardò spaesato, ancora assonnato. Arthur non riuscì a dire più nulla, un enorme nodo di lacrime gli ostruì la gola. Ce l’aveva fatta davvero, aveva spezzato l’incantesimo. Il bacio del vero amore aveva interrotto il Sonno dei Morti.
Si guardarono in silenzio per lunghissimi minuti, finché le labbra di Merlin non iniziarono a tremare e i suoi occhi si fecero sempre più lucidi fino a straripare in un pianto a singhiozzi. Arthur lo sollevò dalle spalle mettendolo seduto e lo abbracciò, lo strinse così forte da sentire ogni suo osso cozzare contro i propri, ma non gli importò, non gli importò più di nulla, nemmeno di singhiozzare come un bambino, perché Merlin era lì, con lui, sveglio e vivo.
Rimasero stretti in quell’abbraccio fino a quando non si sentirono abbastanza sicuri da staccarsi un po’, ma sempre con le braccia ben ancorate al corpo dell’altro. Merlin gli toccò le spalle, il collo, le guance, risalì ai capelli e glieli accarezzò con amore, e poi scese di nuovo con mani tremanti alla mascella, gli toccò le orecchie, le sopracciglia, il naso. Gli sfiorò le labbra con il pollice.
Arthur gli lasciò fare quello che voleva, avere le sue mani addosso era indescrivibile, meraviglioso e doloroso insieme. Aveva atteso vent’anni per quel momento, ma sapeva che erano niente in confronto a quanto aveva aspettato Merlin.
«A-A-Art... A-Arthur» balbettò Merlin con voce roca.
Arthur sorrise e tenne gli occhi puntati su di lui. Il suo nome detto da Merlin... Le mani di Merlin. Il calore di Merlin. La magia di Merlin.
«Merlin» sussurrò pianissimo.
La bocca gli tremò ancora, ma invece che singhiozzare, Merlin sorrise tra le lacrime. «A-Arthur» disse di nuovo, con più sicurezza.
«Sono qui» gli rispose. «Sono qui, Merlin. Sono tornato. Per te.»
Merlin poggiò la fronte sulla sua. «R-Resta.»
«Certo che resto. Non vado da nessuna parte senza di te» gli promise, poi gli prese il viso fra le mani. «Sei il mio vero amore, Merlin. Il bacio ha spezzato l’incantesimo.»
Merlin gli fissò le labbra e gliele toccò di nuovo con il pollice, i suoi occhi erano grandi e pieni di calore, nessuno – nemmeno Gwen – l’aveva mai guardato così.
«E voglio baciarti ancora» gli rivelò con il cuore che sembrava volesse scoppiargli, tanta era la felicità. «Ogni giorno, ogni ora. Sempre. E voglio vivere con te e... fare l’amore. Renderti felice.» Si sporse in avanti lentamente, senza mai smettere di guardarlo. «Qui. Altrove. Non importa. Purché stiamo insieme. E, sai che sono all’antica, se poi tu volessi... Se tu volessi farmi l’onore di... sposarmi...»
Merlin spalancò gli occhi e schiuse le labbra per la sorpresa, ma durò solo un momento, perché poi iniziò ad annuire freneticamente con il sorriso che si allargava sempre di più.
«S-Sì» balbettò. «S-Sì!»
«Sì?» gli chiese Arthur sollevato. «Davvero? Ma giurami che non farai mai più una cosa del genere! Niente più sonno magico, prometti!»
Merlin annuì di nuovo e la sua magia vibrò nell’aria riempiendo la stanza di calore e luce, l’inverno sembrava essere cessato di colpo. Proprio come nelle favole, pensò Arthur sentendosi di nuovo bambino.
Lui non era più un principe e Merlin non era di certo una principessa, ma avevano avuto le loro avventure e le loro sciagure sia in passato che nel presente, e anche la magia, quello che gli mancava era un degno lieto fine.
Merlin prese uno stelo di Agapanto e glielo porse. «A-Amore» spiegò.
Arthur prese il fiore e glielo mise fra i capelli. «Lo so» gli rispose. «In questa vita e a Camelot, è sempre amore. Questa volta però andrà tutto bene.»
Si baciarono circondati dai fiori e da piccole lucciole di magia. Da quel momento in avanti avrebbero vissuto felici e contenti.
 
 
In un giorno d’inverno il suo Re lo trovò,
e con il bacio del Vero Amore l’incantesimo spezzò.
 
 

 
Fine
  
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