Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Stillathogwarts    06/12/2022    5 recensioni
Cinque anni dopo la fine della guerra, il Wizengamot scavalca il Ministro Shacklebolt e fa approvare una Legge sui Matrimoni, nonostante lo scontento generale.
Hermione si ritrova così a dover sposare un Draco Malfoy che mostra fin da subito uno strano e incomprensibile comportamento, mentre una serie di segreti e omissioni iniziano pian piano a venire a galla.
• Marriage Law trope, ma a modo mio (per favore, leggete il primo n.d.a.).
• DRAMIONE
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The Weight of Us



CAPITOLO 5
Honeymoon





 




Dal momento che l’aveva trascinata in una ‘Luna di Miele’ che non desiderava senza interpellarla, dopo aver fatto trasferire tutte le sue cose nella sua villa senza anticiparle nulla sulle tempistiche del trasloco, e visto lo zelo e la determinazione con cui aveva insistito affinché trascorressero del tempo insieme per ‘conoscersi’ e provare a ‘legare’ in qualche modo, Hermione non si era aspettata di ricevere da parte di Draco la cortesia del rispetto dei suoi spazi.
Si sbagliava.
Se andava in biblioteca a leggere, - sì, ne aveva una anche lì -, e voleva restare sola, bastava che chiudesse la porta; lui si sarebbe limitato a bussare, sporgere dentro il capo, chiedere se andasse tutto bene e poi, nel momento in cui non gli veniva domandato se volesse restare, richiudeva la porta e andava a dedicarsi ad altro.
Stava insegnando a Sirius a suonare il pianoforte, - sì, ne aveva uno anche lì -, nonostante il bambino si fosse sempre rifiutato di lasciarlo fare a lei; Hermione sospettava che il piccolo stesse cercando di creare un legame con Draco e questo la turbava.
Il comportamento di quest’ultimo nei confronti di Sirius, però, la turbava ancora di più.
Non aveva alcun senso. Era premuroso, paziente, gli dedicava più tempo di quanto sarebbe stato normale persino nel caso di un matrimonio d’amore in cui una delle due parti aveva avuto un figlio da una relazione precedente e non sembrava neanche che gli pesasse, anzi, pareva quasi che ci tenesse a costruire un rapporto positivo con lui.
Si era premurata di avvisare Draco che se lo avesse beccato a lasciargli fare magie prima dei diciassette anni solo perché essendo entrambi maghi non sarebbe stato rintracciato dal Ministero, lo avrebbe trasformato in un furetto e lasciato in quelle sembianze per un mese. Lui le aveva giurato che avrebbe favorito il rispetto totale del Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i Minorenni.
Una settimana e mezza dopo il loro arrivo allo chalet, Hermione aveva scoperto che Draco stava facendo scegliere a Sirius tutti i loro pasti a seconda delle proprie preferenze e gli aveva fatto una ramanzina lunga un’ora per spiegargli che il bambino doveva abituarsi a mangiare di tutto e che doveva provare altre cose oltre ai suoi cibi preferiti.
«Ma anche a Hogwarts potrà avere ciò che vorrà, gli basterà chiedere agli elfi!» aveva obiettato lui e non era finito appeso per la caviglia solo per una frazione di secondo.
«E non lo deve sapere!»
Ci mancava solo che Malfoy viziasse suo figlio!
Cercava di ritagliarsi almeno tre o quattro ore nell’arco della giornata per le ricerche necessarie a sovvertire la Marriage Law. Draco aveva proibito la menzione della pozione, ma non aveva idea che Hermione stesse ancora cercando una via d’uscita dagli obblighi di quella Legge, né che stesse utilizzando i libri nella sua biblioteca a tale fine. La giovane era certa che avrebbe apprezzato anche lui il suo sforzo, qualora ci fosse riuscita realmente e prima che le cose tra loro diventassero più complicate.
Il resto del suo tempo, lo spendeva dormendo, giocando con Sirius o parlando veramente con Malfoy.
Si erano più volte lasciati andare a confidenze piuttosto intime e private, personali, - cose che Hermione sospettava che il biondino non avesse mai detto a nessuno prima, soprattutto in merito al periodo della guerra o della sua infanzia -, e quelle nuove informazioni avevano spesso mandato in tilt il suo cervello razionale.
Non riusciva più a guardarlo con gli stessi occhi di prima e c’era una parte di lei che si sentiva un po’ in difetto per aver pensato che Draco fosse esattamente ciò che appariva, per aver superficialmente dato per scontato che non ci fosse niente più di quello che mostrava in lui; nonostante il beneficio del dubbio che gli aveva concesso al sesto anno, - e per un momento dubitò persino di averlo fatto per lui, ricordando di aver detto a Harry che Voldemort non avrebbe avuto alcun motivo di servirsi di un sedicenne quando aveva una sfilza di Mangiamorte adulti, spietati e sicuramente più preparati di Malfoy ad eseguire ogni suo ordine -, aveva realizzato che, allo stesso modo in cui lui aveva fatto di lei una definizione, - “la Sanguemarcio Granger”-, lei aveva fatto di lui uno stereotipo, - “Malfoy, il ragazzino ricco, stronzo, snob e viziato, senza cuore” -, e la cosa l’aveva fatta sentire incredibilmente superficiale. Ci aveva messo un po’ a rammentare a sé stessa che, da parte lesa della situazione, in passato non spettava a lei vedere che ci fosse qualcosa di più in Malfoy.
Le cose erano un po’ diverse ora che lui era cambiato, però, per non parlare del fatto che era recentemente diventato suo marito. Adesso che sapeva tante cose, riusciva a scorgere il suo tormento per i suoi errori passati, il suo rimorso, la sua voglia di riscattarsi e di redimersi agli occhi della comunità magica, il suo desiderio di dissociarsi dal resto della sua famiglia. E riusciva a farlo nonostante la sua Occlumanzia.
Non sapeva se fosse giusto che soffrisse tanto, ma a un certo punto si era ritrovata a desiderare che potesse trovare la pace, che riuscisse a perdonare sé stesso. Si stava impegnando e quello era evidente.
Capiva finalmente cosa avesse spinto Harry a dargli una seconda possibilità e ad accoglierlo come consulente nel suo team, motivazioni che, ancora troppo ferita dalla guerra e dagli eventi traumatici che l’avevano segnata nel corso della sua esperienza a Hogwarts, Hermione aveva fallito di comprendere in un primo momento.
Draco non le aveva detto il motivo per cui non parlava più con Lucius, ma le aveva fatto capire che avesse un rapporto meno teso con Narcissa.
«Mi ha sorpresa la presenza di tua madre al matrimonio.»
«Sono il suo unico figlio», le aveva risposto in tono distaccato. «Non se lo sarebbe perso mai.»
Hermione, quella sera, si era azzardata per la prima volta a fargli qualche domanda in più. «Parli sempre al plurale, però, quando dici che vuoi stare quanto più possibile lontano dalla tua famiglia.»
«Siete tu e Sirius la mia famiglia, ora», le aveva ribadito con fermezza, poi aveva deglutito e distolto lo sguardo da lei, che nel frattempo era diventata rossa come un peperone. «Mia madre… le voglio bene, ha fatto tanto per me e cerca di essere comprensiva, ma anche lei mantiene ancora degli ideali che io non condivido e non tollero più.»
La ragazza aveva grugnito. «Deve aver sofferto tanto, durante quel ‘lo voglio’, allora.»
Draco non le aveva risposto.
Dopo quella conversazione, Hermione si era più volte chiesta se avesse dovuto inviare un gufo alla Signora Malfoy per ottenere aiuto nella sua crociata contro la Marriage Law. L’avrebbe sicuramente aiutata a ottenere l’annullamento, se le avesse parlato del suo piano… ma la verità era che non avrebbe mai scritto a nessuno dei coniugi Malfoy; Hermione avrebbe volentieri fatto a meno di rivedere chiunque in quella famiglia. Rabbrividiva ogni volta che quel tipo di pensieri le sfioravano la mente e prontamente sentiva la voce del biondino ricordarle che ora anche lei faceva parte della sua famiglia. La sola idea di esserne considerata un membro le faceva venire la nausea e non era neanche per Draco in sé, era il resto dei Malfoy che le faceva storcere maggiormente il naso, lo stigma che ne marchiava il nome.
Se sul piano del conoscersi avevano fatto progressi significativi entrambi, Hermione non ne aveva fatto alcuno in termini di accettazione del loro matrimonio. Continuava a pensare che avrebbe trovato una soluzione, si aggrappava a quell’idea come all’aria che respirava.
Ringraziava costantemente Merlino e Morgana per il fatto che Draco non invadesse quasi mai il suo spazio personale; tocchi e sfioramenti erano ridotti al minimo durante le giornate e non aveva mai cercato, dopo il giorno del loro matrimonio, né di prenderla per mano, né di posare la mano sulla sua schiena, né tantomeno di baciarla.
Hermione ne era estremamente sollevata; il contatto fisico tra di loro la rendeva irrequieta anche solo su una base teorica. Lo avrebbe evitato molto volentieri finché non sarebbe diventato inevitabile, nella terribile eventualità di non riuscire a risolvere tutto per tempo.
Una sera particolarmente noiosa, - ovviamente, Malfoy non aveva neanche un maledetto televisore per passare il tempo -, gli aveva chiesto di parlarle nuovamente della pozione a cui stava lavorando.
«Cos’è tutto questo interesse?» le aveva domandato con circospezione e lei aveva simulato una nonchalance che non possedeva minimamente, arrivando persino a scrollare le spalle.
«Sono solo curiosa», gli aveva detto nel suo migliore tono neutro.
L’aveva studiata con gli occhi socchiusi per un po’, leccandosi lentamente le labbra. Quello sguardo inquisitorio l’aveva fatta arrossire.
Hermione non era mai arrossita così tanto in vita sua prima di diventare sua moglie. Si era ritrovata a chiedersi più volte se ci fosse il rischio di sviluppare un rossore permanente, perché sarebbe stato veramente un disastro in tal caso.
«Hai molta fretta di mettere le mani sulle mie ricerche e di prendervi parte» aveva considerato lui. «Come se avessi un interesse personale nel portare a termine la realizzazione della pozione.»
Si era paralizzata. «No, solo… mi piace aiutare e le cose complicate mi stimolano…»
«Credi di essere stata obliviata?»
C’era stato qualcosa nel suo sguardo mentre le aveva rivolto quella domanda secca e diretta che l’aveva fatta rabbrividire. Non l’aveva mai fissata così intensamente prima, - e lo sguardo di Draco raramente non poteva definirsi intenso, almeno nei suoi confronti -, e sembrava essere particolarmente all’erta, attento ad ogni sua minima reazione, volontaria o meno; aveva visto persino un lampo attraversare i suoi occhi ed era certa di non esserselo immaginato.
Hermione aveva sospirato, le era ormai chiaro che non sarebbe stata in grado di lasciar cadere la conversazione.
«No, io…» aveva mormorato esitante, poi alla fine aveva deciso di gettare la spugna e confessare. Prima o poi, sarebbe comunque finita per parlargli della faccenda. «Ho obliviato qualcuno, in passato. Vorrei rimediare alla cosa.»
Draco era rimasto in silenzio per un po’, forse aspettando che articolasse ulteriormente, ma quando fu chiaro che lei non lo avrebbe fatto, decise di incalzarla. «Ha a che fare con l’assenza dei tuoi genitori al matrimonio?»
Hermione era impallidita, ma qualche momento dopo aveva fatto un cenno del capo quasi impercettibile. «Stavo cercando di proteggerli dalla guerra», gli aveva raccontato, la sua voce poco più di un sussurro flebile. «Non si ricordano di avere una figlia, non sanno che esisto.»
Il biondino l’aveva fissata sgomento.
Hermione immaginava di fargli un po’ paura dalla notte di quelle confidenze dolorose.
«Li ho mandati all’estero. Nuove identità, nuove vite, nuovi ricordi.»
«Cazzo», aveva soffiato Draco, passandosi una mano sulle labbra.
«Già», aveva commentato lei. «Cazzo
Non avevano proferito parola per un po’, non si era aspettata parole di conforto da Malfoy, né tantomeno rassicurazioni sulle probabilità di successo della sua ricerca, ma un po’ ci aveva sperato.
«So che hai detto che non pensi ci sia niente che tu possa offrirmi che io possa desiderare» aveva mormorato Hermione, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. «Ma c’è ed è questo. Per favore, non farmi aspettare ancora prima di iniziare a fare qualcosa
Draco aveva deglutito, poi aveva sospirato. «D’accordo», aveva sussurrato, prendendo una bottiglia di Whiskey Incendiario e riempiendo due bicchieri; gliene aveva teso uno, che lei aveva accettato di buon grado, e le si era seduto accanto.
Non sedevano mai sullo stesso divano, quella era una prima volta.
«Ti aggiornerò su quello che ho scoperto finora, appena torneremo a casa, inizieremo subito a lavorarci, sfruttando i tuoi due mesi di ferie ‘matrimoniali’» le aveva detto, breve e conciso.
«Credi che possa funzionare?» gli aveva chiesto ancora lei. «Credi che potremmo riuscire a farlo veramente?»
«Io e te insieme?» aveva ribattuto lui. «Assolutamente sì. Sono già a un buon punto, ma mi sono bloccato su un problema un anno fa. Con il tuo cervello, però…»
Hermione aveva annuito.
«Hermione», l’aveva rassicurata. «Siamo entrambi troppo ostinati nel portare a termine questa impresa per fallire.»

 
*

Due giorni prima di tornare a “casa”, erano arrivati ad avere una discreta lista di attività che gli piaceva fare insieme, - o che comunque non gli dispiaceva fare insieme -, o che non li imbarazzava fare insieme e persino un paio che potevano definirsi un po’ più intime. Tra queste, dei rilassanti bagni in piscina, - il fatto che aveva l’idromassaggio non rendeva facile a Hermione rifiutare gli inviti a raggiungerlo in acqua -, le letture serali sul divano e delle lunghe passeggiate in giardino al calar del sole.
Nell’ultima settimana di “Luna di Miele”, inoltre, Draco aveva iniziato a ricercare un contatto fisico con lei; niente di eccessivo o invadente, era più una questione di sfioramenti o piccoli gesti, come spostare una ciocca di capelli dal suo volto e fissarla dietro l’orecchio o sfiorare la punta delle sue dita con le proprie quando sedevano sul divano ed erano molto vicini. Succedeva spesso, perché ad un certo punto avevano iniziato ad accomodarsi entrambi sullo stesso sofà e nessuno dei due pareva farci mai caso.
Era ritornata anche la mano sulla schiena quando doveva oltrepassarla o le chiedeva di fargli spazio cosicché potesse passare da qualche punto della casa quando lei si trovava in mezzo, ostruendo la via. Hermione si sentiva sempre vagamente a disagio in quei casi, perché avere Draco così vicino in uno spazio ristretto non faceva che accentuare il dislivello tra le loro altezze, tra la prestanza dei loro corpi in generale, rendendola più consapevole della fisicità del biondino di quanto tenesse ad ammettere persino a sé stessa.
In realtà, notò Hermione all’improvviso, Draco non sembrava in fase di adattamento, né tanto meno le era mai parso imbarazzato, - fatta eccezione per quella sua allusione a un altro tipo di attività che avrebbero potuto fare insieme per divertirsi, il loro primo giorno allo chalet -, semmai il contrario: sembrava perfettamente a suo agio con lei, quasi come se tutto quello fosse normale e non la cosa più assurda che gli fosse capitata. Non solo, Hermione aveva spesso avuto la sensazione che sapesse cose di lei che non avrebbe dovuto neanche immaginare o sospettare.
Come prendeva il caffè, per esempio, o che lo preferiva al tè; che nel mondo magico prediligeva le letture accademiche perché credeva ci fosse sempre tanto da imparare, mentre in merito alle letture babbane favoriva i testi letterari; che soffriva il freddo e che un tempo aveva un gatto che si chiamava Grattastinchi… lei non gli aveva mai raccontato quelle cose, ne era quasi certa. Dubitava altamente che potesse essere stato Harry a menzionargliele… o forse sì? Non erano così personali, né difficili da capitolare per caso in una conversazione, in fondo. Forse si era così abituata all’imprevedibilità e all’assurdità della sua vita da aver cominciato a vedere misteri ovunque.
Quello, in particolare, era uno di quei momenti.
Erano a tavola per fare colazione e Draco aveva il volto coperto dalla Gazzetta del Profeta che stava leggendo distrattamente; ogni tanto commentava a voce alta qualcosa che vi trovava scritto sopra e che pensava potesse interessarle.
«Le Sorelle Stravagarie terranno un concerto a Londra, tra due mesi.»
Come facesse a sapere che fosse una fan sfegatata delle Sorelle Stravagarie, non ne aveva idea, così, si azzardò a domandarglielo.
«L’ho dedotto, Hermione», rispose lui, imperturbabile. «Al quarto anno nel castello non si è parlato d’altro se non di come Hermione Granger e Viktor Krum», - pose un particolare accento irritato sul nome del Cercatore della Bulgaria -, «si siano scatenati in pista al Ballo del Ceppo.»
Hermione arrossì e si morse la lingua per trattenersi dal chiedergli quale problema avesse con Viktor, perché non era possibile che tutti gli uomini nella sua vita lo trovassero indisponente. Quando si erano rincontrati due anni prima e aveva chiesto a Sirius il ‘permesso’ figurato di invitarla a cena per un appuntamento, il bambino gli aveva risposto con un asciutto: «No, la mamma sta aspettando il mio papà.»
Non era esattamente vero, ormai se n’era già fatta una ragione a quel punto, aveva capito che nessuno si sarebbe presentato alla sua porta, - supponeva ormai che fosse stata una relazione di poco conto, che si fossero lasciati per la fine dell’anno e che forse non aveva neanche fatto in tempo a dirgli della gravidanza prima che il mondo iniziasse ad andare a rotoli; anche prima della caduta del Ministero era divenuto quasi impossibile comunicare, in fondo -, ma Sirius le aveva comunque fornito una buona scusa per declinare l’invito e uscirne pulita. Infatti, ancor prima del suo ritorno in Bulgaria dopo il Torneo Tremaghi, le era stato subito evidente che per lei e Viktor non ci sarebbe mai potuto essere alcun futuro, romanticamente parlando.
«Ho i biglietti», disse senza pensarci. «Sarei dovuta andare con Ginny.»
«Saresti dovuta andare?» ripeté Draco, abbassando il giornale per guardarla accigliato. «Guarda che non ti tengo al guinzaglio, Hermione. Non ti farei mai storie, né cercherei di impedirti-»
«È per via di Sirius» lo interruppe lei, sbigottita. «Non posso lasciarlo da Andromeda quella sera e Harry il 15 di ogni mese, normalmente, ha il turno di notte.»
Lui sollevò un sopracciglio dopo quelle spiegazioni piccate.
Non avrebbe mai disturbato Molly e non aveva intenzione di precisare perché non poteva lasciarlo da Ron, visto che c’era il rischio che per quel giorno lui fosse il marito di Pansy Parkinson e lei non avrebbe mai permesso a suo figlio di dormire sotto lo stesso tetto di quella serpe velenosa. Era stato già fin troppo difficile arrivare a fidarsi di Draco abbastanza da smettere di dormire nella cameretta di Sirius e ci aveva impiegato due settimane abbondanti per riuscirci. La Parkinson non era affatto cambiata, la voleva il più lontano possibile da suo figlio.
«Non ti avevo neanche preso in considerazione, Draco. “Niente limitazioni alla libertà reciproca” era una delle mie condizioni, ricordi?»
«Una condizione inutile perché non lo avrei fatto ugualmente», sbuffò lui, con fare seccato. «E comunque, l’ho visto da me che non mi hai preso in considerazione, non c’era bisogno di specificare.»
Hermione corrugò la fronte, perplessa. «Se ci vuoi andare tu, puoi usare il mio biglietto.»
«Parlavo di Sirius!» esclamò esasperato il biondino. «Non hai neanche pensato al fatto che Sirius non sarebbe solo, a casa nostra. Ci sono io, posso badare io a lui.»
Hermione sbiancò. «No», disse, forse troppo repentinamente. «Non… te lo chiederei mai» aggiunse poi, cercando di salvarsi in calcio d’angolo, ma non funzionò.
Il giornale gli cadde dalle mani.
«Non ti fidi di me?» chiese lui, con la mascella a terra. «Credi che potrei fargli del male? O solo che non sia abbastanza responsabile da occuparmene? O peggio, che non sia in grado di farlo?»
Lei boccheggiò, aprì la bocca per rispondere, ma non emise alcun suono.
«Rispondimi! Perché pensavo fosse chiaro che tengo a quel bambino!»
«È mio figlio, è una mia responsabilità…» farfugliò Hermione, sempre più confusa da quella conversazione, che iniziava a divenire incomprensibilmente accesa.
«E tu sei mia moglie! Siamo una famiglia!» ribatté lui, alzando leggermente il tono della voce. «Smettila di ostinarti a non riconoscere questo fatto! Sirius è al sicuro con me!»
«Non mi piace disturbare la gente-»
«Non arrampicarti sugli specchi! Viviamo nella stessa casa, maledizione! Quale disturbo? Perché non vuoi neanche prendere in considerazione la possibilità di affidarlo alle mie cure per una sera? Sono solo due ore, tre al massimo, penso di poterlo gestire tranquillamente!»
Il panico iniziò ad assalirla. Come poteva spiegargli che non se la sentiva di lasciarlo con lui senza offenderlo? Ammettere che non nutriva la ben che minima fiducia in lui per quanto riguardava i ruoli di responsabilità, soprattutto quelli che coinvolgevano suo figlio, le sembrava un modo terribile di ripagarlo per la gentilezza che aveva dimostrato fin dall’inizio nei confronti del bambino.
E poi successe l’inimmaginabile e tutte le sue remore sul ferire i sentimenti del biondino andarono in fumo.
Sirius piombò in cucina, probabilmente attirato dai toni e dal volume delle loro voci, e disse una cosa talmente tanto orribile che Hermione si congelò sul posto, con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata.
«Che succede?», chiese innocentemente. «Perché non vuoi che io rimanga da solo con papà
Lo sguardo di Draco saettò in direzione del bambino, indecifrabile, ma al contempo dolce.
Hermione, d’altro canto, divenne bianca come un lenzuolo. «Che cosa…» balbettò scioccata, poi deglutì con forza. «Che cosa hai detto?»
«Hermione…», fece il biondino, cercando di attirare la sua attenzione, ma lei era completamente andata; continuava a fissare il piccolo con aria allucinata, il quale ricambiava lo sguardo della madre con aria confusa.
«Chiedi scusa a Draco, subito», gli disse. «E non farlo mai più.»
«Non deve chiedermi scusa, Hermione», affermò lui, sottolineando la prima parte della sua controbattuta con grande enfasi. «Gli ho detto io che poteva farlo.»
Hermione si voltò finalmente a guardarlo.
Se gli sguardi fossero Avada Kedavra, Draco sarebbe morto sul colpo.
«Tu… Che cosa hai fatto?» chiese lentamente, con tono vagamente minaccioso.
«Mi ha chiesto se potesse chiamarmi papà e io gli ho detto di sì.»
L’impertinenza nella sua voce le fece affluire il sangue al cervello.
Come si permetteva di prendersi una libertà del genere?
Vista la loro posizione, poi! Dargli la speranza di aver trovato qualcosa di simile a un padre, quando sapeva perfettamente che sarebbe durata al massimo cinque anni. Lui non era suo figlio, era certa che per Malfoy, scontati quei cinque anni di pena e convivenza forzata, Sirius avrebbe semplicemente smesso di esistere.
«Vai in camera tua, Sirius», asserì gelida, «Subito.»
«Ma mamma!» protestò il bambino, battendo un piede per terra. «Cos’abbiamo fatto di male?»
«Vai di sopra, subito!» ripeté lei, la voce ora più grossa.
Il bambino strinse le labbra per qualche istante e la fissò offeso, poi corse su per le scale, senza farselo ripetere una seconda volta, ma premurandosi di farle sentire che aveva iniziato a piangere.
Hermione non aveva mai dovuto alzare la voce per farsi rispettare da lui; non aveva mai avuto alcuno screzio con lui. Quella storia doveva finire e sarebbe finita quella mattina.
«Ti ha dato di volta di cervello, Malfoy?» sibilò tra i denti, stringendo i pugni, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.
«Siamo tornati a Malfoy?» ribatté Draco, contrariato.
«SMETTILA!» urlò lei, furente. «Come ti è venuto in mente di arrogarti il diritto di acconsentire a una cosa del genere?»
«Lo ha chiesto a me, mi ha fatto piacere e ho detto di sì! Qual è il problema?» ribatté lui, che stava evidentemente faticando a mantenere il controllo sulla sua Occlumanzia.
«Qual è il problema?» ripeté lei, due volte, in un crescendo di minacciosità. «Lo sai benissimo qual è il problema! Cinque anni al massimo e dovrò spiegargli perché io e te non staremo più insieme! E ti avevo chiesto esplicitamente di non portarlo a considerarti-»
«Tu non vuoi proprio capire, non è così?» ribatté Draco, freddo.
«Non provare a farti la ragione!» lo interruppe Hermione. «Avresti dovuto parlarne prima con me! Quando avevi intenzione di interpellarmi? Sono io sua madre!»
«Te lo stavo per dire, prima che saltasse fuori la storia del concerto!» si difese il giovane.
«Dovevi parlarmene prima di acconsentire!»
«Certo! Lui era lì, con gli occhioni lucidi, a chiedermi se fosse una cosa brutta iniziare a chiamarmi papà e io, che non avevo nulla in contrario, secondo te, avrei dovuto dirgli “aspetta che chiedo alla mamma”?» replicò ancora lui, allibito.
«Sì!» gridò lei, con gli occhi ormai colmi di lacrime. «Questo non è un gioco, Draco! L’assenza di suo padre lo ha fatto soffrire per anni e tu, così facilmente, lo illudi di poterti considerare un degno sostituto, quando sai perfettamente che per te non ha la stessa importanza che ha per lui!»
Draco si alzò di scatto, strinse il bordo del tavolo con le mani e le scoccò un’occhiata truce. «Smettila. Di. Pensare. Di. Sapere. Sempre. Tutto.» sibilò scandendo le parole una ad una, lentamente.
Utilizzò un Incantesimo di Appello e un malloppo di documenti volò tra le sue mani. Li fece scivolare verso di lei con un movimento secco della bacchetta.
«Me li sono fatti mandare una settimana fa, sperando di parlarne prima di tornare a casa» fece una pausa, mentre lei afferrava i fogli e iniziava a dargli uno sguardo con aria circospetta.
«Sperando che tu mi dicessi di sì» mormorò ancora, deglutendo e attendendo impazientemente una sua reazione.
Hermione diede una rapida lettura ai documenti, impallidendo sempre più, pagina dopo pagina; quando ebbe terminato, si sedette sulla sedia, bianca cadaverica, perché era certa che avrebbe avuto un mancamento di lì a poco.
«Vorrei riconoscere Sirius, Hermione.»
La giovane lasciò ricadere i fogli sul tavolo e lentamente, molto lentamente, alzò lo sguardo su di lui.
«Ci tengo», insisté ancora il biondino, risoluto. «Più di quanto tu possa immaginare.»
L’espressione sul viso di Hermione era ormai spaventosamente simile a quella che aveva assunto al terzo anno dopo l’attacco coordinato di un centinaio di Dissennatori.
«Sei pazzo» mormorò sconvolta. «All’inizio di tutta questa faccenda ne avevo il sospetto, ma ora… ne sono assolutamente certa.»
«Hermione, non sono pazzo! Siamo sposati e voglio bene a Sirius… come se fosse mio, perché non dovrei-»
«Ma non lo è!» urlò esasperata lei. «Sirius non è tuo figlio! E noi non… quante volte te lo devo ripetere? Questo non è un vero matrimonio! Non puoi considerarlo tale! Non…» la voce le si ruppe quando i conati di vomito sopraggiunsero a compromettere le sue facoltà.
«A prescindere da quello che succederà, visto che sei sempre così ostinata a non darci una possibilità, credo che quel bambino meriti di avere un padre. E io voglio essere quella figura per lui, anche nel caso in cui dovessimo procedere con l’annullamento del matrimonio tra cinque anni.»
Hermione si prese la testa tra le mani.
Non stava succedendo veramente.
Draco Malfoy voleva… riconoscere suo figlio?
Non aveva alcun senso…
«Hermione, per favore» sussurrò lui. «Ti imploro di sentir ragione.»
Lei scosse lentamente il capo, l’incredulità ancora dipinta sul suo viso. Si sentiva sopraffatta come non mai.
«Andiamo, mi hai visto con lui… sono bravo.»
Era vero, ma lei non capiva come fosse possibile che volesse fare una cosa del genere, dopo solo il primo mese di un matrimonio più finto delle unghie di Rita Skeeter.
«Perché?» riuscì a buttar fuori solo quella flebile domanda.
La gola le faceva male a causa delle urla.
«Te l’ho già spiegato», affermò lui, tornando al suo usuale tono calmo e controllato.
Le si avvicinò e si sedette di fronte a lei.
«Fammi fare questa cosa per Sirius. Lui… non c’entra nulla con noi» c’era una punta di supplica nella sua voce che spiazzò Hermione ancora di più. «Gli voglio bene, Hermione.»
La frase suonava strana uscendo dalla sua bocca; era come se… come se fosse la prima volta che diceva una cosa simile ad alta voce o come se non esprimesse un concetto così significativo da una vita; una delle due opzioni, Hermione non avrebbe saputo definire quale delle due con esattezza.
Malfoy non era il tipo da sentimentalismi o manifestazioni d’affetto… ma abbracciava spesso Sirius, lo assecondava nei suoi folli giochi, mostrando a volte una pazienza infinita… non era da lui ammettere a voce alta di provare qualcosa… qualsiasi cosa per qualsiasi persona nell’universo.
La testa le girava vorticosamente, i suoi pensieri si facevano sempre più incoerenti e frantici.
«N-noccicreerebbennuno…»
«Cosa
«N-non ci c-crederebbe n-nessuno» ripeté lei, cercando invano di mantenere stabile la sua voce. «L’ho avuto durante la guerra. Tu… tu eri…» deglutì forte, «dall’altro lato…»
«Possiamo dire che abbiamo avuto una relazione segreta durante il sesto anno», asserì convinto il biondino.
Hermione emise uno sbuffo simile all’accenno di una risata sardonica smorzata che non aveva le forze per lasciare uscire interamente. «Vuoi che credano che un minuto dopo aver preso il Marchio Nero ed essere diventato un Mangiamorte ti sia scopato una Sanguemarcio
Draco impallidì visibilmente. «Non parlare così», le disse con un singulto. «N-non dire quella parola.»
«Mangiamorte?»
«L-l’altra.»
Il suo sguardo era indecifrabile; i suoi occhi sembravano attraversati da una tempesta violenta.
«Non la dire mai più
«È quello che sono!» berciò lei. «Se ti sei autoconvinto del contrario per poter tollerare l’idea di essere stato costretto a sposarmi e non so neanche come sia possibile dopo tutti gli anni che hai passato a ripetermi-»
«Smettila!» ringhiò Draco. «Smettila, cazzo, Hermione!»
E lei si rese finalmente conto che stava tremando.
Le sue mani tremavano, tutto il suo corpo sembrava scosso da tremiti irrefrenabili.
«Draco?» chiese, all’improvviso preoccupata.
Il biondino si coprì il viso con le mani.
«Smettila…»
Hermione deglutì.
Non sapeva che fare.
Si accorse che qualcosa stava colando dalle sue guance… qualcosa di acquoso.
Lacrime.
«Draco…»
Non si azzardò a toccarlo. Non sapeva dov’erano i limiti tra di loro, non sapeva cosa potesse o non potesse fare senza destare il suo carattere irritabile, se esisteva ancora… non sapeva neanche quello. Di certo non lo aveva visto in quel mese.
«N-non riesco a sentirla», mugugnò con voce strozzata. «Non la sopporto. Non dirla mai più.»
I suoi occhi, ancora grigio tempesta, si soffermarono sul suo avambraccio sinistro e Hermione capì.
Intrecciò le braccia in grembo, proteggendosi dal suo sguardo che le sembrava capace di guardare oltre la stoffa, di vedere quelle orribili lettere incise sulla sua pelle.
Evidentemente Draco era stato più colpito di quanto era successo quella notte al Manor di quanto credesse; non ne avevano mai parlato, ma una parte di lei si chiedeva se non fosse stato l’evento scatenante che lo aveva portato ad abbandonare definitivamente gli ideali marci con cui era cresciuto.
Ma poi ricordò la Stanza delle Necessità, Draco che provava a catturare Harry… ma anche che tremava mentre gli parlava, che non aveva provato a usare alcun incantesimo…
Era così confusa, terribilmente confusa.
Hermione tirò su col naso. «Non sarebbe credibile, Draco» ripeté in un sussurro, sperando di far cadere il discorso Malfoy Manor, che lei non aveva proprio la forza di affrontare, soprattutto in quel momento.
Lui chiuse gli occhi ed espirò sonoramente, impegnandosi per recuperare il proprio contegno.
«Lo renderemo tale.»
«Cosa stai cercando di fare? Perché ti ostini tanto?» mormorò lei, mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo. Era lei a tremare ora. «Vuoi usare me e mio figlio per ripulirti la faccia?»
La barriera di Occlumanzia di Draco venne completamente meno dopo quelle parole, lo vide chiaramente.
Seguì il percorso delle lacrime lungo le sue guance, per poi cadere sulla sua camicia nera, formare un alone leggermente più scuro sulla stoffa… i suoi occhi lampeggiarono di dolore.
«Vorrei solo… che potessimo essere una famiglia
Hermione lo fissò come imbambolata per qualche istante, poi si passò le mani sul volto, completamente sopraffatta dalla sua fragilità, vergognandosi di aver pensato così male di lui. Infatti, le era improvvisamente diventata chiara una cosa: Draco non aveva più una famiglia che sentisse tale, meritevole di affetto; era normale che una parte di lui volesse che questa funzionasse, anche se imposta dall’alto. Era solo e gli era mancata una figura paterna positiva nel corso della sua intera vita, cosa che lo faceva sentire molto vicino a Sirius, che suo padre non lo aveva mai conosciuto.
Avere avuto Lucius come padre non avrebbe reso Draco un cattivo padre a sua volta… lo avrebbe spinto ad essere il migliore padre possibile, perché sapeva tutte quelle cose di cui avrebbe avuto bisogno un ragazzino convinto di non dover mostrare le proprie debolezze al mondo esterno, - e tutti i ragazzini lo diventavano a un certo punto -, e sapendo cosa si provasse a non riceverle, le avrebbe date. Draco voleva dare ai suoi figli, e anche a suo figlio, l’infanzia che lui non aveva mai avuto; voleva essere il padre che lui non aveva mai avuto.
Lucius, per Draco, non era un esempio da seguire da molto tempo, ma poteva ancora usarlo come modello per tenere presente le cose da “non fare, non diventare”.
Aveva cercato di farglielo capire in tutti i modi, ma era stata troppo ottusa, troppo chiusa nel suo dolore e nei suoi timori per farlo appieno.
Ora, però, lo vedeva veramente.
Non aveva alcun piano, non pensava ad alcun vantaggio per sé stesso da tutto quello.
Draco Malfoy era semplicemente rotto, tormentato, più complesso di quello che aveva immaginato, ma non c’era più cattiveria in lui. Cercava solo qualcuno che vedesse al di là dei suoi errori passati e decidesse di stargli vicino ugualmente, di dargli una possibilità. Qualcuno che fosse disposto a curare le sue ferite e colmare i suoi vuoti.
E quel qualcuno, pensò Hermione, forse poteva davvero essere lei.
Perché anche lei era danneggiata, ferita e sola… e forse in due sarebbero potuti diventare un intero.
All’improvviso, Hermione comprese le speranze che il biondino aveva nutrito in merito al loro matrimonio fin dall’inizio.
All’improvviso, per la prima volta, iniziò a vedere quella possibilità di successo a sua volta.
All’improvviso, il suo istinto la stava spingendo irrefrenabilmente verso Draco Malfoy.
«Chiederanno un test del DNA… Non funzionerà» mormorò Hermione, in una resa definitiva. «Potremmo provare con l’adozione…»
Draco non aveva torto.
Se lui non aveva intenzione di abbandonare Sirius, - e lo aveva dimostrato -, e voleva ricoprire quel ruolo per lui, sarebbe stata egoista a non permettergli di farlo; il bambino lo adorava e Hermione era ormai perfettamente conscia del fatto che il suo vero padre, chiunque egli fosse, non si sarebbe mai presentato alla loro porta per riconoscerlo; a lei non importava di sé stessa, era per Sirius che aveva pregato per il suo ritorno per notti e notti di fila, anno dopo anno, da quando la guerra era finita.
«Non mi faranno adottare Sirius», disse lui, alzando leggermente l’avambraccio sinistro, dove la cicatrice di un teschio e di un serpente macchiava la sua pelle diafana. «Ma non mi negheranno il riconoscimento.»
«Draco, non puoi diventare biologicamente suo padre con il pensiero, ne sei consapevole vero?»
Lui le rivolse un debole sorriso. «Non hai idea di quali miracoli possa compiere un sacchetto di galeoni ben assestato.»

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Stillathogwarts