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Autore: Zobeyde    08/12/2022    2 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ORA PIÙ BUIA – PRIMA PARTE
 
 


 
«È uno scherzo?!» strillò Lucindra. 
«Un altro dei tuoi stupidi trucchi?»
Jim non sapeva cosa rispondere. Continuava a guardare i palmi aperti delle sue mani, come se appartenessero a un estraneo.
In preda all'orrore, la strega scosse lentamente la testa. Indietreggiò, incespicò nell’orlo del vestito, il primo movimento sgraziato che le avesse visto compiere. «No no no, è tutto sbagliato! Dovevamo cambiare il mondo insieme e adesso...adesso sei inutile!»
La sala fu scossa nelle sue fondamenta, le ombre si agitarono come onde in burrasca, mentre la furia e la delusione di Lucindra si trasformavano in qualcos’altro, qualcosa di più potente: un dolore profondo e nero come l’abisso.
Nuvole tempestose tornarono a riempire il cielo e una massa informe fatta di penne, becchi e artigli affilati si diresse a gran velocità verso di loro…
«Lilith» sussurrò Jim, riconoscendo immediatamente il famiglio di Lucindra. «Sta’ giù!»
Si gettò sul pavimento insieme ad Alycia, ma non erano loro l’obiettivo; il demone si abbatté su Lucindra in un delirio di piume color pece. La strega spalancò le braccia, lasciando che l’oscurità l’avvolgesse, che impregnasse la sua carne come inchiostro sulla carta.  Dalla sua schiena si spiegarono sei immense ali nere, dotate di infinite paia di occhi infuocati, e non appena le sbatté generò un turbine di vento e piume.
Gli zeloti rimasti nella sala si unirono a lei trasformandosi in vortici di fumo nero e quando la loro signora si alzò in volo e superò squarcio sul soffitto, la seguirono, scomparendo presto alla loro vista.
«Cosa pensi farà adesso?» chiese Alycia.
«Non ne ho idea» rispose Jim, la gola secca. «Ma dubito che si sia arresa.»
Sentiva su di sé lo sguardo confuso e preoccupato di lei.
«É vero quello che ha detto?» chiese piano. «Che i tuoi poteri sono spariti?»
Jim prese le sue mani, intrecciò le loro dita. Cercò la sua aura, l’oceano tumultuoso delle sue emozioni, la luce intensa e inebriante che scaturiva dal cuore del suo potere…ma ancora una volta non trovò nulla.
«Non è rimasto più niente.»
La voce gli venne meno, mentre veniva sopraffatto dall’angoscia. C’era una ferita dentro di lui, lo sentiva. Come un buco nero scavato al centro del petto, in cui il suo cuore stava precipitando in caduta libera…
«Qualcosa invece è rimasto.» Alycia gli prese il viso tra le mani. «Tu sei rimasto. Il resto non ha importanza.»

Jim tirò su col naso e si sforzò di annuire. Poi, con la coda dell’occhio, percepì qualcuno muoversi alle loro spalle.
Arthur, i gemelli, Rodrigo, O’Malley, Frank e Valdar erano rimessi in piedi, aiutandosi a vicenda.
«Jim!» esclamò Rodrigo, raggiante. «¿Estás bien?»
«Ma certo che sta bene» bofonchiò O’Malley, spazzando via la polvere dalla giacca a falde. «La pellaccia irlandese è dura a morire!»
Jim aprì la bocca, per dare voce alle mille domande che gli affollavano la testa, ma Vanja non gli diede il tempo di dire nulla: «Tu! Idiota che non sei altro!»
Marciò dritta verso di lui, i capelli biondi spettinati, il bel viso coperto di graffi e sudiciume e lo sguardo che sprizzava furore; spinse da parte Alycia senza troppe cerimonie e per un attimo Jim pensò seriamente che volesse tirargli uno schiaffo. Invece, lo abbracciò con tale energia da stritolargli le ossa.
«Non provarci mai più! La prossima volta che ti salta in mente di fare l'eroe del cazzo io ti…ti...»
«Perdonami» disse lui, restituendole l’abbraccio. Non avrebbe mai pensato di poter essere felice di ricevere i suoi insulti. «Non lo faccio più, promesso.»
Di colpo, in quell'enorme sala mezza distrutta, si era scatenato il delirio: Jim fu abbracciato, strizzato, gli furono arruffati i capelli. Rodrigo e Frank non la finivano di riempirlo di domande, Valdar continuava a dargli pacche energiche dietro la schiena per accertarsi che fosse tutto intero e O’Malley a brontolare qualcosa a proposito del lavoro extra che lo attendeva per risarcirlo di tutti i danni che aveva provocato…
Jim era frastornato, sbalordito e immensamente grato al tempo stesso: erano tutti lì per lui, la sua strana e mal assortita famiglia. Stavano bene, erano sani e salvi e tutt’a un tratto, il vuoto lasciato dalla magia fu colmato da un calore indescrivibile. Si voltò in cerca di Arthur, che si teneva un po’ in disparte con un sorriso sghembo sulle labbra.
«Lo so che avevi in mente un'uscita di scena ad effetto, ma sarà per la prossima volta.»
Jim si liberò dalla presa a tenaglia di Valdar. Come gli altri, anche lui era sporco di sangue, pieno di tagli e di lividi e…impugnava una spada luminosa che riconobbe all’istante...
«Ma quella è...?!»
«Excalibur, già. Lo so cosa stai per dire, ma è solo in prestito…»
«Arthur» fece Jim, sentendo un nodo stringergli la gola. «Mi dispiace per tutto: ho trasformato io te e tuo padre in Mannari, con la Magia Vuota!  É successo anni fa, durante la Notte del Disastro…»
Arthur s’incupì per un istante, poi sospirò. «Sì, un vago sospetto ce l’avevo.»
Jim sgranò gli occhi. «Cosa?»
«Ho dei ricordi un po’ confusi di quella notte, ma una cosa di sicuro non la scorderò mai: nel momento in cui ti ho toccato, ho sentito che qualcosa si era trasformato in me. Come...come se le cellule del mio corpo si fossero rimescolate. E poco fa, quando eravamo tutti intorno a te, ho avvertito la stessa identica sensazione.»
«Mi dispiace» disse Jim. Gli sembrava di avere una spugna rinsecchita al posto della lingua.
«Non è stata colpa tua. E poi, sei quasi morto per salvare il mondo: mi sembra che tu abbia fatto abbastanza per rimediare.»  
«Ma sono stato uno stronzo» replicò Jim, mortificato. «Ti ho detto delle cose orribili.»
«Sì, lo sei stato. Ma eri in modalità “delirio di onnipotenza”, immagino che capiti a tutti i maghi, prima o poi.»
A Jim scappò una risata rauca. «Di sicuro non capiterà mai più.»
«Che vuoi dire?»
«Non sono più un mago.» Pronunciare quelle parole gli provocò un dolore atroce, come torcere una lama nella ferita ancora fresca. «Quella parte di me è rimasta nel Vuoto. Per sempre.»
Come c’era da aspettarsi, un silenzio attonito accompagnò la rivelazione.
«Oh, Jim» mormorò Vanja, addolorata.
«Suvvia» gracchiò O’Malley. «Q
ualcosa si potrà fare!Con tutti i libri che ti sei letto...»
«Siamo molto al di là di quello che ho appreso dai libri.» 
Arthur tacque, scrutandolo con attenzione e a Jim parve che nei suoi occhi scuri si agitassero emozioni contraddittorie.
«Mi dispiace» fu ciò che disse alla fine e gli suonò sincero. «So quanto era importante per te.»
Jim ne fu commosso. «Grazie.»
«James Doherty.»
Era Boris Volkov, che lo fissava coi suoi occhi invernali e l’espressione solenne. 
«Ti ho giudicato male
» borbottò. «Ero convinto che fossi un pericolo, ma quello che hai fatto poco fa è stato davvero nobile. E a nome della Corte delle Lame e di tutta Arcanta vorrei dirti…»
«Prego, non c’è di che» lo interruppe Jim, tagliente. «E porga pure i miei ringraziamenti ai suoi amici Decani, per l’aiuto.»
Forse era stato troppo brusco, perché l’espressione dispiaciuta dell'Arcistregone del Nord gli sembrò autentica, ma non poteva dimenticare che se non fosse stato così ossessionato dall’idea di sbatterli dietro le sbarre avrebbe evitato a tutti un bel po’ di problemi.
Spostò invece la sua attenzione su Blake, che era in piedi accanto alla donna in armatura che lo aveva salvato dalle grinfie di Lucindra.
Per la prima volta dopo lo scontro in biblioteca, allievo e maestro si guardarono, si studiarono in silenzio, come se nessuno dei due possedesse parole adatte a quel momento.
«É stata opera sua, vero?» decise di chiedere il ragazzo, senza preamboli. «Ha compiuto lei lo Scambio.»
«C’era una promessa che dovevo mantenere.» Gli occhi azzurri dello stregone indugiarono un attimo su Alycia. «A qualunque costo.»
Jim sentiva il coltello girare piano nella ferita. Ma doveva sapere: «Non c’era un altro modo?»
Solomon scosse il capo. «Sono le regole della magia: è la Corrispondenza alla base di tutto, l’equilibrio deve essere sempre rispettato.»
«Ha detto ad Alycia che aveva trovato un modo per liberarmi dal vincolo con Lucindra» disse Jim. «Devo dedurre che fosse il suo piano fin dall’inizio.»
Ma certo che lo era, avrebbe dovuto rendersene conto molto prima, dal momento in cui aveva scoperto la sua vera natura: lui era un Plasmavuoto, non ci sarebbe mai stata tregua per lui, nessun posto dove nascondersi, dove essere accettato...
«Mi dispiace, Jim» disse Solomon. «Hai dovuto compiere un sacrificio enorme, che ti segnerà per la vita. Sono stato più volte sul punto di dirti la verità, ma...»
«Sapeva che non l’avrei accettata.»
Ammetterlo con se stesso fu forse la parte peggiore. In cuor suo sapeva che non avrebbe mai rinunciato al potere e avrebbe fatto qualunque cosa per tenerselo stretto. Forse, avrebbe perso la testa, finendo per diventare come Lucindra, un altro mostro pieno di rancore e senza controllo…
“Qualcosa invece è rimasto. Tu sei rimasto.”
Lasciò andare le mani aperte lungo i fianchi.
«Va bene così.» Sentì che la rabbia lo stava già abbandonando. «Non è la fine del mondo.»
Un istante dopo, però, gli rivolse uno sguardo obliquo. «Visto che siamo in tema: non è che per caso c’è altro che dovrei sapere?»
Solomon si scambiò un’occhiata con Isabel. «Be’...»
Jim allargò le braccia: quell’uomo era esasperante. «Cosa? Che c’è ancora?»
Si accorse che lo stavano fissando tutti. Poi, Wilhelm raccolse da terra un frammento di specchio abbastanza grande e glielo porse. «Non ci rimanere troppo male, ok?»
Un po’ in ansia, Jim guardò il proprio riflesso. «Ah.»
Addio anche ai suoi capelli rossi; al loro posto trovò una chioma candida come la neve. Jim vi passò in mezzo le dita, faticando a riconoscersi. Persino le sopracciglia erano albine, quasi invisibili. Lasciò andare via un altro profondo sospiro. «Almeno non sono pelato.»
«A me piacciono» disse Alycia in tono convinto. «Ti danno un’aria…»
«Lugubre?»
«Eterea, lunare. Da ragazzo dello spazio.»
Malgrado tutto, riuscì a strappargli una risata, inghiottita subito dopo da una detonazione lontana, nel cielo.
L’oscurità aveva ripreso a turbinare, fagocitando il cielo in un incubo nero in cui serpeggiavano fulmini e risuonavano i raggelanti stridii degli abomini creati dalla Magia Vuota.
In qualche maniera, la Torre Nera stava riguadagnando terreno.
«Non è possibile» fece Jim, sentendo il panico risvegliarsi. «Credevo di averla distrutta…credevo…!»
La risposta giunse dal cielo, sottoforma di una scia oscura: quando si dissolse rivelò Margot, sconvolta e trafelata. I circensi si strinsero gli uni agli altri, guardinghi, e gli stregoni si prepararono allo scontro.
«Zora Sejdić» disse Solomon. «Avrei dovuto immaginare che fossi tu a manovrare i fili: hai cambiato aspetto e identità, ma le vecchie abitudini rimangono.»
Jim però si mise in mezzo: «Va tutto bene, sta con noi!»
«Ma davvero?» grugnì O’Malley, con la pistola in pugno. «Ho l’impressione che la nostra Margot o Zora o come accidenti si chiama stia un po’ dove le convenga!»
«Forse, però mi ha aiutato» replicò Jim. «Se non fosse stato per lei non sarei mai riuscito a ingannare Lucindra…»
Era accaduto dopo che la strega aveva torturato Wilhelm Svanmor e trasformato Sinclair in un mostro: Margot aveva portato Jim nel suo nuovo laboratorio, dove avrebbe dovuto preparare una pozione in grado di cancellare tutti i suoi ricordi.
“Lei è viva” gli aveva sussurrato, approfittando di quel momento da soli. “La figlia di Blake, ho dovuto fare in modo che la credessi morta: era il solo modo per salvarla.”
Jim aveva accolto la notizia con una gioia e una speranza così intensi che si era intestardito affinché Margot comprendesse la vera natura di Lucindra:
“Hai visto che cosa ha fatto a Wilhelm, lei non è quello che credi! Aiutami a fermarla!”
“É troppo tardi, Jimmy, non possiamo fare nulla.”
“Io sì!” aveva insistito lui. “Ma ho bisogno che creda di avermi in pugno, puoi aiutarmi?”
Ma Margot aveva scosso la testa. “Ingannarla non servirà a niente, non si fida più di nessuno. Esaminerà i tuoi ricordi per assicurarsi che io abbia svolto il mio lavoro.”
“Non puoi rimuoverli solo temporaneamente?”
Lei ci aveva riflettuto. “Un modo ci sarebbe…ma avrai bisogno di un transfer.”
Si trattava, gli aveva spiegato, di un qualcosa in grado di suscitare un’emozione legata a un ricordo: una parola, una melodia, un odore, oppure un oggetto.
“Non ho nulla con me” aveva obiettato Jim, ma Margot aveva estratto dalla tasca un anello d’argento a forma di artiglio.
«Mi è bastato toccarlo per ricordare chi fossi» disse Jim, mostrando al suo maestro il Vincolo, di nuovo in suo possesso. «In fondo, si può dire che lo abbia capito grazie a lei.»
Solomon continuò a tener su un'espressione diffidente, ma Jim ebbe l'impressione che il suo sguardo fosse diventato più caldo a quelle parole.
«Bah!» sbottò invece O’Malley. «Avrà anche fatto una buona azione, ma io non mi fido di una doppiogiochista!»
«Non vi sto chiedendo di fidarvi» ribatté Margot. «Né di cancellare ciò che ho fatto…»
«E allora perché dovremmo crederti?» intervenne Solomon, la voce bassa ma minacciosa. «Chi ci garantisce che tu non stia ancora servendo la tua padrona?»
«Non c’è tempo per questo! Morirete tutti se restate qui! Sta chiamando a sé tutto il suo potere per espandere il Vuoto!»
«Non può farlo da sola!» protestò Jim. «Si ucciderà!»
«Lo farà, invece» affermò Isabel, cogliendo tutti di sorpresa. «Se c'è una cosa che ho compreso, mentre eravamo entrambe prigioniere, è che la solitudine la spaventa di più di ogni altra cosa.» Guardò Jim dritto negli occhi. «Perciò, ora che non ha più niente da perdere, porterà a termine il suo progetto a qualunque costo. Anche di morire.»
Jim era pietrificato dall’orrore. Tutto ciò che aveva fatto, tutto quello che aveva sacrificato… non era comunque servito a nulla.
«Allora la uccideremo per primi noi» disse Volkov. «Non potrà difendersi e al tempo stesso pensare alla Torre, servirà un attacco combinato.»
Evocò la sua ascia e guardò Solomon con intensità. «Isabel, Alycia e io possiamo creare un diversivo, ma starà a te fermarla: è tempo di finire quello che hai iniziato diciassette anni fa.»
L'altro inarcò le sopracciglia. «Intendi quando ho infranto ogni legge magica mai esistita?»
«Be', arrivati a questo punto, tanto vale che continui, no?»
In quell’istante, un’ombra calò sulla sala, accompagnata da un furioso battere d’ali. Jim sollevò la testa e impallidì: centinaia di scimmie alate volteggiavano in cerchio sopra di loro, abbassandosi con scarti improvvisi. 
Si riversarono nella fenditura sul soffitto a frotte.
Solomon spinse Jim dietro di sé, mentre evocava una pioggia di saette azzurre contro i mostri, riducendoli in polvere. Al suo fianco, Arthur brandiva maldestramente Excalibur per falciare quante più ali e zampe poteva al fianco di Volkov, che faceva rotolare teste a colpi di ascia; poco più avanti, archi di luce verde segnavano i dardi lanciati dalla magia combinata di Alycia e Isabel, che combattevano schiena contro schiena.
Jim si trovò sballottato da una parte all’altra in un inferno di grida, artigli, spari e scoppi di incantesimi, senza sapere in che modo rendersi utile.
Se solo avessi ancora la magia! pensò con frustrazione. Se solo potessi combattere…
All’improvviso, uno stridio gli spaccò i timpani e sentì degli artigli appuntiti penetrare con forza nel suo braccio.
Jim urlò e pugnalò furiosamente la zampa dell’abominio con il frammento di specchio che aveva ancora in pugno, adesso viscido di sangue. Ma non servì a molto e la creatura schiumò di rabbia, sollevandolo in aria…
Un’esplosione dorata di fiamme squarciò l’oscurità, seguito da un nauseante odore di carne bruciata. La bestia strillò di dolore e mollò la presa.
Il ragazzo si volse, aspettandosi di dover ringraziare Solomon o Alycia o Isabel o Volkov…e invece la fiammata era partita da Rodrigo.
Nella fioca luce, vide il mangiafuoco guardarsi le mani a bocca aperta, sorpreso e confuso quanto lui. Arthur quasi fece cadere Excalibur. «Che cazzo era quello?»
Altri due mostri alati piombarono su di loro con gli artigli protesi.
«Fallo ancora!» gridò Jim. «Qualunque cosa fosse! Ci serve altro fuoco!»
Rodrigo strizzò gli occhi come se stesse sparando per la prima volta in vita sua e sollevò le mani. Un torrente di fiamme increspò l’aria e incenerì le scimmie alate in un’esplosione di stridii terrificanti. Mentre la sorpresa e la paura lasciavano gradualmente posto all’esaltazione, Rodrigo diresse il getto di fuoco contro gli altri abomini, disperdendoli.
Jim era senza parole, ma lo fu ancora di più quando vide Frank sollevare un traliccio di almeno una tonnellata e scaraventarlo contro i nemici come se fosse di gommapiuma, o i gemelli Svanmor librarsi in aria sorretti da ali traslucide che sbattevano producendo un leggero ronzio, le espressioni confuse, sbalordite e spaventate.
«Oddio!» strillava Vanja nel panico, sbracciandosi nel vuoto per tenersi in equilibrio. «Oddio oddio!Come si pilotano questi affari!?»
«Ma che sta succedendo?» chiese Arthur, sbigottito. «Come ci riescono?»
Nella testa di Jim regnava il caos, ma si sforzò di ragionare. Lo Scambio, l'attraversamento dello specchio, la sensazione di strapparsi, l'esplosione di luce e infine la perdita dei poteri…
“Nel momento in cui ti ho toccato, ho sentito che qualcosa si era trasformato in me.” Aveva detto Arthur poco prima. “E quando eravamo tutti intorno a te…ho avvertito la stessa identica sensazione.”
Corrispondenza. La magia di Jim aveva da sempre attinto sia dal Tutto che dal Vuoto, chiamando il potere dei Molti fino a farlo convergere nell’Uno. Ma al momento dello Scambio, il processo doveva essersi invertito: era stato l’Uno a essersi donato ai Molti.
«La mia magia non è sparita» realizzò Jim, incredulo. «Si è trasferita a voi!»
Solomon li raggiunse, con un brutto taglio sanguinante che correva lungo la tempia e il fiato corto.
«Ne stanno arrivando altri» annunciò, rivolendosi ai circensi. «Sono un’infinità. Lasciate questo posto e portate Jim al sicuro.»
«Non ci pensi neanche!» reagì immediatamente il ragazzo.
«Jim, ascoltami…»
«No, mi ascolti lei! Non me ne starò a guardare mentre vi fate uccidere per me, non è per questo che sono tornato dal mondo dei morti, non…»
Non riuscì a finire la frase. Solomon l’aveva abbracciato con una forza tale da togliergli il respiro e Jim si ritrovò a sgranare gli occhi sulla sua spalla.
«Sei un uomo coraggioso, Jim Doherty» disse con voce rauca. «E sei stato un buon amico.»
Jim sentì qualcosa di duro dentro di sé incrinarsi fino a crollare del tutto. E poi, senza dargli modo di ribellarsi o di replicare o di fare qualsiasi altra cosa, lo stregone gli diede una spinta.
«Solomon!» urlò Jim. «Per una volta, ascoltami, cazzo..!»
Ma O’Malley aveva già aperto il portale. Solomon, Alycia, Isabel e Volkov furono risucchiati in un vortice di fiamme dorate e un istante dopo Jim era fuori dalla Torre.
«No!»
Cadde in ginocchio senza fiato e pestò i pugni sul terreno, in preda alla disperazione.
La Torre Nera era a una manciata di miglia da loro e sembrava inaccessibile, mentre si gonfiava e si espandeva, attorniata da sciami di creature mostruose e divorava a una velocità impressionante campi, boschi, abitazioni...
E là, in cima al turbinare furioso della Materia Vuota, un globo di tenebra più oscuro da cui Lucindra stava facendo a pezzi ciò che restava della sua anima.
Tra le nubi tempestose, spiccò il volo una sagoma luminosa e veloce come un razzo, dotata di sei grandi ali piumate.
Jim si tirò subito in piedi. «Solomon!»
Lo stregone si spinse sempre più in alto, per raggiungere il nucleo della Torre e fermare Lucindra, ma uno stormo di mostri volanti lo intercettò e prese a volteggiargli attorno. Lo stregone si tuffò in picchiata. Poi risalì, scartò di lato bruscamente nel tentativo di seminarle, ma le Creature Vuote lo marcavano senza dargli tregua e distribuivano morsi e colpi di artigli scanditi da ampi battiti d’ali.
«Che diamine sta facendo?» domandò O’Malley.
«Improvvisa» rispose il ragazzo. Solomon aveva iniziato a perdere lentamente quota, le penne bianche arruffate e macchiate di sangue e una delle sei ali che pendeva inerte come se si fosse spezzata. «Significa che è nei guai, devo aiutarlo!»
«Ragiona» disse Wilhelm. «Non c’è niente che puoi fare!»
«Sì invece, perché so come fermare Lucindra!»
Tutti lo fissarono, sconcertati.
«Stai dicendo sul serio?» fece Arthur. «Come?»
«Il Codice Oscuro» rispose Jim in fretta. «Quando abbiamo unito i nostri poteri, ho capito che la chiave del suo legame col Vuoto è quel libro: è una specie di…ricettacolo, capite? Ogni sacrificio che lei ha compiuto per ottenere potere è passato attraverso quelle pagine!»
Gli altri si scambiarono occhiate incerte.
«Vuoi tornare là» disse Arthur.
«Devo. È compito mio fermarla.»
«Ma Jim» fece Vanja, accorata. «Senza magia… come farai anche solo ad avvicinarti?»
Il ragazzo sorrise; il suo vecchio, volpesco sorriso da mago. «Non mi serve la magia: ho voi.»
 
  
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