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Autore: effe_95    08/12/2022    2 recensioni
[Questa raccolta partecipa al Writober2022 indetto da Fanwriter.it ]
***
31 racconti diversi, ambientati in 31 universi alternativi.
Universi in cui Tooru e Wakatoshi si incontreranno - anche in forme e generi diversi - dimostrando che l'amore, se predestinato, sceglie sempre le stesse persone, non importa quanto diverse esse appaiono.
[ Ushijima x Oikawa ]
***
28. Band
-
«Ehi Tooru, aspetta!». La voce di Tobio lo inseguì, ma lui stava correndo via.
Correva davvero, con i polmoni in fiamme. Sentiva dentro una strana tempesta.
Aveva quasi raggiunto l'altro lato della strada, quando sentì il foulard che aveva messo attorno al collo scivolare sulla pelle. Lo toccò automaticamente, sentendolo sfuggire dalle dita. A quel punto si voltò di scatto e Wakatoshi era dietro di lui, con l'affanno a sua volta, e il suo foulard stretto nel pugno della mano piena di anelli.
«Tooru» lo chiamò per la prima volta con una voce profonda e monocorde, facendo muovere quella tempesta dentro di lui come un mare agitato «ti prego, diventa il cantante della mia band!».
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Gender Bender, Mpreg, Tematiche delicate
Capitoli:
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“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”

Prompt: Supernatural

N° parole: 17.522

Note: in questa seconda parte Tooru è davvero un crybaby, oops.
Viene citata la poesia di William Sharp, A Crystal Forest … a quanto pare, la parte finale, quella che ho inserito più spesso nella one-shot, non fa parte del testo originale ma è stata inserita successivamente dalla Disney nel live action della Bella e Bestia … D’altra parte io stessa l’ho sentita pronunciare direttamente da lì …
Buona lettura :)





 
Come, Wake me Up


- Seconda Parte -




Al centro del bosco se ne stava un lago.
Era molto bello e suggestivo. In quel periodo dell'anno cominciava a ghiacciare.
Tooru aveva il fiatone quando lo raggiunse, con il cappotto aperto e la sciarpa che pendeva troppo sul lato destro del collo. Seguì il sentiero e poi intravide il pontile, e lo chalet di legno in cui lui e Wakatoshi si incontravano il pomeriggio.
Una nuova abitudine di pochi giorni.
Lo chalet era del suo padre adottivo, quel James, ma non lo usavano mai.
Tooru spalancò la porta con foga.
Lo accolse il solito ambiente caldo e piccolo.
La cucina di legno, l'isola che la chiudeva, il divano pieno di cuscini con la vetrata che affacciava sul lago suggestivo, il camino acceso e la porta chiusa del bagno e della piccola e unica camera da letto. Wakatoshi era inginocchiato accanto al fuoco quando Tooru aprì la porta come un pazzo, e lo stava ravvivando con un attizzatoio.
Si guardarono e lui doveva essere sconvolto.
Wakatoshi si tirò in piedi, aveva le sopracciglia aggrottate.
« Tooru, cosa - » Gli lanciò lo zaino addosso.
Fu un gesto istintivo. Perché era arrabbiato e faceva male al cuore, un male cane.
E non voleva. Non voleva che finisse. Che quella cosa tra di loro finisse. Mai.
Da quando era stato morso, Tooru aveva avuto sempre la sensazione che qualcosa gli mancasse, di essere fuori posto nel mondo.
Ora sapeva quale fosse il suo pezzo mancante: Wakatoshi. E non voleva perderlo.
Allora era arrabbiato, tanto arrabbiato.
Wakatoshi si accucciò con i riflessi pronti, e la cartella gli volò sulla testa per atterrare dritta sul divano costoso pieno di cuscini.
« Me lo dovevi dire, idiota! » Gridò, gli occhi che si riempivano velocemente di lacrime.
Wakatoshi si raddrizzò e mise su un'espressione neutra. Aveva capito.
« È stato Satori » Indovinò, ma non sembrava particolarmente arrabbiato con l'amico - il fratello - di sempre.
Tooru pestò un piede a terra e si portò le mani ai capelli, stringendoli nel pugno.
« Sei stato cattivo, Wakatoshi. Ed egoista! »
Gli gridò addosso, puntandogli un dito contro.
« Dovevi dirmelo che avevamo le ore contate! Che non avremmo mai potuto - anzi, no. Sai cosa? Non avresti mai dovuto rivolgermi la parola! Avresti fatto meglio a restare lontano e distante. Allora io non avrei mai saputo che tu eri il mio lupo bianco e ora - ora non mi sentirei così, come se il cuore stesse andando in mille pezzi! »
Stava facendo del melodramma, lo sapeva. Hajime lo chiamava drama queen fin da quando erano bambini, per prenderlo in giro, ma era più forte di lui.
Soprattutto in quel momento.
« Sei egoista e cattivo! E non avresti dovuto lasciare che mi innamorassi di te sapendo che non sarebbe mai potuto essere per sempre! » Era senza fiato quando finì di gridare.
Il volto bagnato di lacrime e il petto che si alzava e abbassava per l'affanno.
Aveva gesticolato come un matto.
E Wakatoshi non si era nemmeno mosso mentre gli urlava contro a quel modo.
Incrociò solo le braccia al petto, sulla maglietta di cotone a collo alto nera.
Cadde un silenzio pesante che durò minuti.
« Hai ragione, scusa. Sono stato egoista » Fu infranto da Wakatoshi.
Il suo tono era sincero, schietto e sicuro. Tooru si strinse le braccia attorno al corpo.
Non riusciva a smettere di frignare.
« Volevo stare con te, anche se solo per poco. Non ho pensato ai tuoi sentimenti »
« Hai avuto tutto il tempo per dirmelo! » Lo accusò, aggrappandosi a quella rabbia.
« Lo so. Scusa » Un'altra risposta sincera.
« E che cosa avresti fatto quando sarebbe arrivato il momento? Saresti sparito dalla mia vita all'improvviso? Così, uno schiocco di dita e via?! » Nello chalet faceva freddo.
Tooru aveva lasciato la porta alle sue spalle aperta e il fuoco del camino non riusciva a reggere il confronto con l'aria gelida. Lui però tremava anche per un altro motivo.
« Ho tutto pronto, per quando sarà » La risposta calma di Wakatoshi gli spezzò ancora di più il cuore « Con James ho pensato a tutto. Non è la prima volta che succede. Ma per te avevo in mente una lettera, sai. Alla fine di tutto »
Una lettera. Una misera lettera. Come se a Tooru sarebbe mai potuta bastare.
Bastare per mettersi l'anima in pace.
« Una lettera, certo »
Gli uscì una voce piena di doloroso sarcasmo, fece anche una risatina isterica.
Wakatoshi produsse un respiro profondo.
« Mi dispiace davvero, Tooru »
Nella sua voce percepì chiaramente un pizzico di disperazione e rammarico.
Tooru non riusciva ad immaginare che cosa dovesse star provando Wakatoshi in quel momento, e non ci riusciva perché non sapeva niente fino ad un paio di ore prima.
Perché aveva scelto di non condividere con lui quel fardello fin dal primo istante.
E perché non era un lupo. Non poteva sentire quello che provava né quello che pensava, come tutti i compagni lupi. E quella cosa lo avrebbe fatto impazzire.
« Mi hai fatto male. Qui » Indicò il cuore.
E gli tremò la voce mentre arrivava un'altra ondata di pianto, che soffocò a malapena.
Wakatoshi fece guizzare un muscolo della mascella, unico segno che dimostrava quanto quelle parole avessero affondato.
« Non sei costretto a restare fino alla fine, Tooru. Non te lo avrei mai chiesto »
Ma mi hai chiesto di amarti. Ed è questo che mi sta facendo male: amare.
Parole che si incastrarono tra i denti.
Strinse i pugni delle mani lungo i fianchi, sollevò il mento in un gesto orgoglioso, tirò su con il naso e lottò contro la tentazione di passarsi il dorso delle mani sul volto bagnato.
« Bene » Non riuscì a dire altro.
Sentiva che la voce avrebbe ceduto, altrimenti. Rimase fermo dov'era, davanti alla porta aperta, mentre Wakatoshi si chinava leggermente sul divano per prendere la cartella che gli aveva tirato addosso. Fece un passo avanti e gliela porse.
Tooru lo guardò negli occhi quando la prese.
Quegli occhi grigi che lo avevano accompagnato per molti anni della sua vita, anche quando non conosceva il meraviglioso l'uomo che vi si nascondeva dietro.
« Sii felice » Gli disse Wakatoshi, sincero.
Strinse le dita attorno alla tracolla di pezza con violenza.
Non ebbe la forza di rispondere niente.
Gli diede le spalle e si slanciò verso la porta ancora aperta, afferrò il pomello e mosse un paio di passi, investito dal gelo. Quando arrivò sullo zerbino si fermò.
Guardò lo spettacolare paesaggio invernale che aveva davanti: il lago, le montagne, gli alberi spogli e la brina sul selciato.
Strinse la presa sul pomello fino a far diventare le nocche bianche, chiuse gli occhi, li riaprì. Sapeva di non poter fare un passo oltre se non voleva avere quel rimpianto per tutta la vita. Chiuse la porta con violenza, lasciò cadere la cartella a terra e si voltò.
« Wakatoshi! » Lo chiamò, correndogli in contro senza nemmeno rendersene conto.
L'altro, che non gli aveva staccato gli occhi di dossi, lo prese al volo con i suoi riflessi pronti da lupo. Tooru sentì le sue braccia forti tenerlo sotto le cosce mentre gli avvolgeva le braccia attorno al collo e lo abbracciava con foga, stringendolo a se.
Affondando la faccia nell'incavo del suo collo e affogando nel suo odore di boschi e foglie.
Pesca e legna e camino. Salirono altre lacrime e le lasciò andare.
« Non posso essere felice senza di te » Confessò sul suo collo.
Rimanere era una follia, avrebbe sofferto.
Aveva solo diciotto anni, non aveva idea di che cosa fare. Ma voleva esserci.
Non appena era stato sul punto di lasciarsi quello chalet alle spalle ne era stato certo.
La rabbia era scivolata via, come la delusione. Non poteva lasciare Wakatoshi da solo.
Non poteva lasciarlo solo nel momento in cui avrebbe incontrato il suo terribile destino.
Erano compagni, erano aria l'uno per l'altro ed era come un voto per la vita.
Era come dire: si, lo voglio senza essere necessariamente davanti ad un ministro autorizzato o ad un altare. E Tooru lo voleva, con meravigliosa inconsapevolezza.
« Tooru » Mormorò Wakatoshi, strofinandogli la guancia sulla tempia in un gesto molto lupesco. Tooru uscì dal nascondiglio del suo collo e gli prese il viso tra le mani - lo voleva bene impresso nella mente e nel cuore.
Sapeva che con il tempo l'avrebbe dimenticato. Si protese in avanti e lo baciò.
Prima a timbro, poi con più irruenza. E poi di nuovo, e di nuovo, con intensità e audacia.
Fino a quando Wakatoshi comprese le sue intenzioni. Quello che voleva.
« Ehi, ne sei sicuro? » Mormorò tra un respiro e l'altro di un bacio appassionato.
Tooru non era mai stato tanto sicuro.
« Si » Rispose con impeto « Solo che … » Esitò un istante « ... non so bene che cosa devo fare »
Wakatoshi sorrise e gli baciò la fronte.
« Ti guido io. E poi impareremo insieme » Tooru sentì tutta la tensione lasciarlo.
Impareremo insieme quello che ci piace.
Era fiducioso, innamorato, triste, spaventato, disperato ed emozionato quando Wakatoshi lo fece sedere sul divano pieno di cuscini. Era tutte quelle cose in tumulto nel suo stomaco mentre si stendeva sui cuscini morbidi, trascinandoselo addosso.


Fuori cominciò a cadere la prima neve.


« Non hai paura? »
Fuori dallo chalet era calato il buio pesto.
L'orologio sulla parete segnava le sei di sera precise, ma sembrava già notte inoltrata.
Inoltre, ormai si erano accorti entrambi della neve che era caduta, nonostante fosse poca e non avesse ancora attecchito al terreno.
Il fuoco nel camino scoppiettava vivace, Wakatoshi vi era inginocchiato davanti - con solo un paio di boxer addosso - e lo ravvivava con nuovi ciocchi di legno.
Era la loro unica fonte di luce.
La domanda di Tooru infranse il silenzio.
Era seduto in un angolo del lungo divano ad elle, le ginocchia strette al petto e una coperta avvolta attorno al corpo nudo. Stava al caldo, stava bene.
E ancora si sentiva come intorpidito e scosso.
Si toccò distrattamente i segni dei denti affondati nella pelle della sua spalla - aveva smesso di sanguinare da qualche minuto, poi sarebbe rimasta solamente la cicatrice.
Il morso tra compagni.
Era stato lui a chiederglielo esplicitamente. Wakatoshi lo guardò, restando accovacciato davanti al camino con l'attizzatoio rovente sospeso nel vuoto.
« Ho paura di alcune cose, si » Confessò.
Tooru appoggiò il mento sulle ginocchia, avvolgendo le braccia attorno alla coperta.
« Quali cose? » Sentiva gli occhi ancora gonfi.
Aveva pianto per il morso, ma anche per quello che aveva significato: legarsi a lui per sempre. Nonostante il lupo. Ma era una cosa che aveva voluto intensamente, anche se aveva solo diciotto anni. Perché sapeva che Wakatoshi sarebbe stato l'unico, anche se fossero arrivati altri in futuro, e Tooru desiderava ricordarlo concretamente, con quella cicatrice.
Molte persone lo avrebbero definito un masochista, ma Wakatoshi aveva capito, aveva capito e lo aveva accontentato. E poi anche Tooru lo aveva morso.
Nello stesso identico punto, tra il collo e la spalla. Anche se non era un lupo e non aveva affondato forte, il segno dei suoi denti umani era rimasto inciso come una cicatrice sulla pelle immacolata e priva di segni di Wakatoshi. Allora si era commosso, perché forse non aveva capito quanto fosse speciale quel legame fino a quel momento: mentre se ne stavano seduti davanti al camino sul tappeto, nudi entrambi, stretti in un abbraccio di arti incastrati e petti che si scontravano - con il collo che ancora sanguinava appena - a sincronizzare i loro respiri senza farlo apposta. Wakatoshi appese l'attizzatoio al gancio accanto al camino, insieme agli altri strumenti, e intrecciò le mani nel vuoto.
« Ho paura dei ricordi. E del fatto che non potrò parlarti come faccio adesso »
Tooru non disse niente. Triste.
« Ho paura dell'idea di starti lontano. E di non poterti più toccare così »
Tese una mano verso di lui, Tooru fece intrecciare le loro dita.
« E mi mancherà non poterti stare accanto in un luogo pubblico. E odierò non poterti seguire quando la tua vita andrà avanti anche senza di me » Tooru strinse forte la presa.
Wakatoshi ricambiò la stretta.
Avevano fatto l'amore proprio come due adolescenti. Lui un po' imbranato e confuso.
Lo aveva voluto. E aveva provato tante cose insieme indistinte: imbarazzato, disagio, amore, piacere, dolore, tristezza, gioia. Si era sentito soffocare quando Wakatoshi lo aveva schiacciato con il suo peso, e si era sentito travolto dalla vergogna nello spogliarsi dei suoi vestiti.
A disagio con il suo corpo, gli arti sgraziati, le gambe troppo lunghe, il fisico asciutto e le ossa sporgenti. Le ginocchia ossute che sembravano teschi.
Ma il contatto della loro pelle era bello e piacevole, come la mano di Wakatoshi tra di loro, che si muoveva attento e posato.
Non era stato come nei film o nei libri, forse, molto meno romantico, ma era stato loro.
Un'ora intera in cui erano stati solo loro.
A scoprirsi. Se avessero avuto il tempo, quello di qualunque altro, avrebbero imparato a muoversi meglio, a toccare meglio e ad agire meglio. A farne un'abitudine.
Ma non avevano quel tempo.
« E non hai paura per te? » Gli chiese. Perché in tutto quell'elenco di paure e mancanze e odio, Wakatoshi non aveva parlato di se nemmeno una sola volta.
« Non hai paura di quello che verrà per te? »
« No. Sono venuto a patti con il mio destino molto tempo fa. Ho avuto le mie notti insonni e i miei momenti di crisi. Mi sono arrabbiato e ho pianto. Ora ci sei tu nei miei pensieri »
Tooru strinse con forza le braccia attorno alle gambe. Si sforzò di non piangere ancora.
« Ma siete sicuri che non si possa fare niente? Io non posso fare niente? »
Era una domanda sciocca, lo sapeva.
Ma doveva farla, anche solo per essere in pace con se stesso. Per averci provato.
Voleva sentirsi dire quel no. Wakatoshi si alzò e andò a sedersi al suo fianco sul divano, schiena curva, mentre le loro dita restavano sempre intrecciate.
« Ci sono state persone che hanno tentato, Tooru. Anche nella tua famiglia. Ma non è mai andata bene. Mai »
Tooru raddrizzò la schiena e lo guardò come se avesse appena parlato in arabo.
La sua espressione doveva essere palesemente turbata e perplessa.
« Che cosa c'entra la mia famiglia? » La domanda gli uscì più brusca del previsto.
Wakatoshi rimase calmo. Tooru lo vide allungare una mano verso di lui e per un momento pensò che volesse accarezzarlo, poi le dita di Wakatoshi scesero in basso, agganciandosi al filo della sua collana. La tirò leggermente in avanti e il lupo intagliato nel legno oscillò nel vuoto.
« La collana di tua nonna »
Tooru lo guardò negli occhi confuso.
« La collana? »
Wakatoshi lasciò andare la presa e Tooru la sentì appoggiarsi familiare sul collo.
« Dietro il lupo intagliato ho notato un nome, quando me l'hai data per farla aggiustare »
Wakatoshi cominciò a raccontare e Tooru comprese che vi erano altre cose che gli aveva nascosto. Si indispettì subito. Sfilò via le dita intrecciate delle loro mani e le ritrasse sotto la coperta calda, fissando Wakatoshi negli occhi con espressione seria.
« Joe Meyer. Mio nonno » Puntualizzò.
Sapeva bene di quel nome inciso nel legno.
Possedeva quella collana da dieci anni dopotutto. Inoltre, era stato proprio lui a dare l'informazione a Wakatoshi, la prima volta che si erano rivolti la parola per davvero.
« Era un licantropo, Tooru »
Quella confessione arrivò come un fulmine.
Tooru scosse la testa.
« No. Mio nonno è morto prima che mamma nascesse. La nonna mi raccontò che se ne andò via durante una notte di ... » La voce gli si affievolì mentre lo colpiva la realizzazione.
Fissò il vuoto, poi Wakatoshi.
« Di luna piena » Concluse per lui.
Tooru sgranò i begli occhi, scioccato.
Ricordava la storia che Linda gli raccontava quando era bambino: di questo giovane dagli occhi azzurri - che sua madre aveva ereditato, passandoli ad Allison - di cui si era innamorata quando aveva diciotto anni. Era rimasta incinta di Jennifer due anni dopo.
Poi suo marito era morto prima che nascesse, durante una notte di luna piena, nel bosco che circondava la sua casa. Ecco perché prima che morisse la nonna guardava sempre tra gli alberi. Tooru lo aveva capito solamente crescendo: aspettava Joe.
Lo aveva aspettato tutta la vita.
Ora quella storia cominciava ad avere tutta una nuova prospettiva. Una nuova luce.
« Mio nonno era come te » Mormorò.
Aveva gli occhi sgranati dalla realizzazione.
Wakatoshi annuì, distogliendo lo sguardo.
« Ho fatto delle ricerche quando ho visto la collana che indossavi. La prima volta che mi sono presentato a te sotto forma di lupo » Tooru sbatté le palpebre, sorpreso, poi distolse lo sguardo da lui a sua volta e guardò il tavolino di vetro e il tappeto sotto: la pelliccia di un orso. Wakatoshi gli aveva raccontato che era vera. James l'aveva fatto fabbricare dalla carcassa della prima preda che Wakatoshi aveva abbattuto da cucciolo: un orso bruno.
Tooru non aveva voluto farci l'amore sopra quando l'aveva saputo - pensando a quella povera creatura - e per questo erano scivolati sul pavimento di legno umido e freddo.
Fece una brutta smorfia e sbuffò.
« Perché la cosa non mi stupisce » Mormorò a voce bassa.
Sentì che Wakatoshi tornò a guardarlo.
« Lo so che non ti ho detto tante cose »
« A questo punto, spero solo che non ce ne siano altre. Davvero »
Era stanco. Wakatoshi gli toccò la spalla attraverso la coperta, stringendo con la mano.
Tooru poteva sentire il suo calore naturale anche attraverso la stoffa pesante.
« Ti dirò tutto quello che so, lo prometto. Perché non voglio che tu creda che io non ci abbia provato, Tooru. Perché l'ho fatto. Ho cercato una soluzione, disperatamente. Solo che - »
Non l'ho trovata.
Tooru fece spuntare una mano da sotto la coperta per asciugarsi il viso - alla fine aveva pianto di nuovo. Era un debole. Annuì, tornando a guardare Wakatoshi.
Lui lo scrutò a lungo negli occhi prima di riprendere a raccontare, come per accertarsi che il suo consenso fosse genuino.
« Ho scoperto che quella collana era un simbolo per i branchi di questa zona, in passato. I lupi intagliavano personalmente il ciondolo e lo donavano al proprio compagno o alla propria compagna » Tooru toccò automaticamente il lupo, tanto familiare, con i suoi spigoli grezzi, non sapeva che era stato suo nonno Joe ad intagliarlo personalmente.
« Ora è una cosa che non facciamo più. Ma tuo nonno Joe ha fatto quello per Linda »
Wakatoshi indicò la collana e Tooru provò una strana sensazione nel sentirlo fare i nomi dei suoi nonni come se fossero persone conosciute. Due vecchi amici.
« Mia nonna era umana, come me » Gli fece presente, lasciando andare il ciondolo della collana, che tornò a posarsi nell'incavo tra le clavicole.
« Lei era speciale, Tooru. Anche suo padre era un lupo, il tuo bisnonno. I figli di licantropi e umani non diventano lupi, ma sono come dei simili. Ecco perché Joe ha riconosciuto in lei la sua compagna e viceversa » Tooru provò una strana sensazione nel petto.
Cercò di ricordare sua nonna prima che si ammalasse, anche se era piccolo.
Aveva i capelli castani, striati di bianco, gli occhi grandi e scuri - come i suoi - ed era una donna energica, vitale, felice nonostante i numerosi lutti e dolori che aveva avuto nel corso della vita. Era andata via giovane.
Non devi aver paura dei lupi, Tooru. Non possono farti del male, perché tu sei speciale.
Linda lo sapeva, fin dal principio. Ecco perché gli aveva detto quelle cose.
Ed ecco il motivo per cui Tooru non aveva mai avuto paura dei lupi, nonostante l'aggressione subita quando aveva sette anni. Perché erano fratelli anche per lui.
« Mia madre però è sposata con un uomo normale. Mio padre è ... solo mio padre »
Mormorò, guardando Wakatoshi atterrito. Lui gli si fece vicino sul divano.
« Jennifer ha trovato il suo compagno in un essere umano comune, e questo è normalissimo, Tooru. Anche se non ne sono consapevoli » Wakatoshi gli fece passare il braccio attorno alle spalle. Lo strinse. Tooru appoggiò la testa sul suo petto.
Sua madre non sapeva niente, ne era certo. Non aveva mai mostrato simpatia per i lupi, da quando poi avevano tentato di fargli del male, ne aveva paura e li detestava.
Era una vera ironia, considerato suo padre.
« Tu hai nel tuo sangue i geni di Linda, Tooru. Molto più di tua madre o di Allison »
Tooru tornò a guardare Wakatoshi.
« È per questo che non mi sono trasformato? Il motivo per cui io e te ... »
« Si » Wakatoshi annuì appena « Credo sia questo il motivo. Non potevi trasformarti perché hai già dentro di te un lupo » Ma era un lupo di natura diversa.
Tooru sentì una morsa alla bocca dello stomaco.
« Esattamente come Linda, tua nonna »
Sei speciale, Tooru. L'esile eco della sua voce gli risuonò nella mente.
Non lo aveva mai detto ad Allison, e voleva un gran bene anche a lei.
« Lei ha cercato di portare indietro tuo nonno, Tooru »
Confessò a quel punto Wakatoshi, richiamando la sua attenzione.
« Joe è morto naturalmente, quando io ero un bambino. Il branco lo ha sepolto, ma non sapevo ancora che era lui. L'ho capito dopo. Era un lupo solitario. Sono piuttosto certo che abbia continuato a vedere tua nonna per un po' anche se non poteva tornare nella sua forma umana - o almeno questo è quello che mi ha detto James »
Tooru non ne sapeva niente. Linda non era vissuta abbastanza per raccontargli quelle storie. Ma avrebbe tanto voluto che fosse ancora lì, per poterle parlare.
Forse era l'unica persona sulla faccia della terra che avrebbe potuto capirlo.
« Mia nonna non ci è riuscita, vero? »
Una domanda che aveva già una risposta.
Wakatoshi scosse la testa. Calò il silenzio.
« Credevo la collana c'entrasse qualcosa, per questo ho approfittato del fatto che si fosse rotta per esaminarla. E no, prima che tu faccia quella faccia - la faccia arrabbiata - sappi che non ne avevo idea. Ho solo colto l'opportunità quando mi si è presentata »
Tooru distese le labbra, rivolgendogli una leggera occhiataccia, poi aprì le braccia, invitando Wakatoshi ad infilarsi sotto la coperta insieme a lui. Non si fece pregare.
Gli avvolse la coperta addosso e si strinse al suo fianco, godendosi il calore che emanava.
Inconsciamente, pensieroso, prese a giocherellare con il ciondolo.
Era strano quanto la vita si ripetesse.
Sua nonna aveva tentato di far tornare indietro suo nonno per tutta la vita, ed era morta su quella sedia d'ospedale con lo sguardo rivolto al bosco, in attesa.
Lui avrebbe fatto la stessa fine, lo sapeva.
Fu attraversato da un brivido e Wakatoshi lo strinse a se, fraintendendo.
« Ma la collana non è nient'altro che quello, giusto? Nient'altro che fili, legno e ferro »
Lasciò andare il ciondolo e decise di non pensarci oltre. Avrebbe fatto male ad entrambi continuare con quei discorsi.
« Nient'altro che fili e ferro »
Confermò Wakatoshi e poi rimasero in silenzio tra le quattro pareti di quel piccolo chalet.
Con il crepitio del fuoco come unica compagnia, e la luce calda che si estendeva creando giochi d'ombra ovunque.


Lo scorrere del tempo non aveva mai fatto tanta paura prima.
Come la consapevolezza che non avrebbero potuto far niente per cambiare le cose.


Lasciarono lo chalet che ormai era tutto buio.
Il lago, il bosco e il selciato macchiato di brina e neve. I loro piedi scricchiolavano rumorosamente, la luce della moto di Wakatoshi fendeva il buio del sentiero.
Tooru saltellava sul posto, tentando di scaldare le mani tra di loro.
Wakatoshi gli porse il casco rosa. Tooru lo guardò, accennando un sorriso carico di tristezza, mentre ripensava al loro primo e unico appuntamento in città.
Allora non sapeva che Wakatoshi stava cercando di costruire dei ricordi.
Non lo aveva capito. E avrebbe preferito non farlo.
Prese il casco e lo indossò velocemente, con una manualità da esperto, Wakatoshi fece lo stesso con quello nero e salì sulla moto.
Tooru lo imitò poco dopo, aggrappandosi alla sua vita con estrema naturalezza.
Appoggiò la guancia sulla sua schiena e il palmo di una delle due mani dove poteva sentire battergli il cuore. Era rassicurante.
« Ti riporto a casa » Disse Wakatoshi spingendo la moto per togliere il cavalletto, mentre il motore rombava.
« No, vorrei che tu mi lasciassi in un posto diverso! » Gridò a voce alta per sovrastare il rumore di accelerazione della moto che partiva. Wakatoshi si guardò indietro sulla spalla per un secondo, ma con la visiera scura abbassata davanti agli occhi la sua espressione si vedeva appena e nemmeno le luci sulla strada principale - nel quale spuntarono quasi immediatamente - riuscivano a rendere migliore la visuale, al contrario, si infrangevano come lampi veloci sul vetro.
« Okay, dimmi dove » Gli fisse infine, tornando a guardare la strada davanti a sé.
Tooru si strinse a lui con più forza.


Wakatoshi fermò la moto, ancora accesa, davanti al vialetto di una bifamiliare azzurra e bianca. Tooru la guardò, mentre si sfilava via il casco e scuoteva la testa per ravvivare i capelli schiacciati: la casa di Hajime. Era un po' anche la sua casa, in realtà.
Non gli sarebbe bastata una vita per descrivere tutti i giochi che aveva fatto con il suo migliore amico nel cortile o nel giardino retrostante. Le notti passate lì, le cene di famiglia, i genitori di Hajime - Laura e Ryota - che erano un po' anche i suoi genitori.
Tooru aveva bisogno di quello, quella sera, aveva bisogno del suo migliore amico.
Passò il casco a Wakatoshi, che nel frattempo stava alzando la visiera, scoprendo i suoi meravigliosi occhi grigio tempesta.
« Grazie » Gli disse Tooru, allungando una mano per toccargli il braccio.
Wakatoshi non fu in grado di ricambiare il gesto, perché la moto era accesa e aveva entrambe le mani sui manubri.
« Starai bene? » Domandò di rimando, scrutando la casa alle sue spalle.
Tooru seguì la direzione del suo sguardo.
« Sono da Hajime » Gli spiegò, annuendo.
Wakatoshi sistemò il casco ad un gancio e fece un cenno del capo, comprensivo.
« Capisco » Si limitò a dire.
Si guardarono per qualche secondo, Tooru avrebbe tanto voluto baciarlo.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Wakatoshi lasciò andare uno dei manubri e si sganciò il casco, sfilandolo via mentre scuoteva ferocemente la testa.
Si protese in avanti e Tooru non esitò nemmeno.
Gli avvolse le braccia attorno al collo e lo baciò una volta, due e poi tre.
Si ritrasse appena, poi tornò per un quarto bacio. Fece per staccarsi, ma quella volta fu Wakatoshi a tirarlo indietro per un quinto.
« Ci vediamo domani » Gli sussurrò alla fine, ad un soffio dalle labbra, con il suo respiro caldo di miele che gli accarezzava la pelle. Tooru annuì, facendo un passo indietro.
Wakatoshi voltò la testa di scatto verso la casa, mentre tornava ad infilare il casco.
« Il tuo amico sta scendendo le scale per aprire la porta. Ti ha visto dalla finestra »
Lo informò, allacciando i ganci sotto il mento.
Doveva aver sentito nonostante la distanza.
« Non origliare nelle case degli alti » Lo rimproverò fiaccamente, Wakatoshi sorrise, perché vide i suoi zigomi sollevarsi nella parte della visiera che ancora non aveva abbassato.
« Fai attenzione per strada. Nevica ancora » Gli disse, facendo un altro passo indietro.
Lui annuì, poi calò la visiera sugli occhi. Un istante dopo sfrecciava via lungo la strada.
Tooru lo seguì con lo sguardo, poi si voltò verso la casa, la cui porta era aperta.
Hajime era sotto l'arco, incorniciato dalla luce calda che filtrava da dentro l'abitazione.
Indossava una tuta logora e una vecchia felpa sbottonata, sulla maglietta bianca con Godzilla che distruggeva un grattacielo. Tooru salì gli scalini e raggiunse il portico.
Hajime aveva la sua solita espressione burbera, con quelle sopracciglia aggrottate.
« Non mi hai detto che passavi »
Non appena sentì la sua voce, Tooru provò il violento desiderio di piangere e lo fece.
Iniziò a singhiozzare senza controllo.
Hajime nemmeno si sorprese. Fece un sospiro, un po' come se se lo fosse aspettato.
« Vieni qui, idiota » Gli afferrò un braccio e se lo tirò contro, stringendolo in un abbraccio un po' goffo e impacciato. Tooru si aggrappò con le mani alla sua felpa.
« Dannazione, sei gelato! » Sbottò Hajime, per poi fare un altro sospiro quando vide che lui non accennava a smettere di piangere « Hai litigato con il tuo miracle boyfriend? »
Lo prese in giro, usando un termine che aveva sentito usare da Satori la notte di Halloween.
Tooru lo detestava con tutto il cuore.
Annuì, perché non poteva raccontare la verità al suo migliore amico. O almeno, non ancora.
« Vuoi che gli spacchi il culo? » Tooru rise, passandosi il dorso di una mano sul viso congestionato di lacrime, il respiro che si trasformava in condensa nell'aria.
« Cosa? Credi che non ne sia capace? Che solo perché il tuo fidanzato è grosso come un orso io non possa fargli il culo? Ho una mazza di ferro giusto sul retro »
Tooru rise ancora più forte, stringendosi lo stomaco mentre altre lacrime cadevano.
Ecco perché aveva bisogno di Hajime.
« No, lascia perdere. Non c'è bisogno di arrivare a tanto »
Disse a fatica, asciugandosi gli occhi con entrambe le mani.
Hajime lo scrutò con un cipiglio divertito.
Tooru sapeva che avrebbe davvero preso Wakatoshi a sprangate se glielo avesse chiesto.
Una volta aveva picchiato ferocemente due ragazzini della comunità giappo-americana che lo avevano preso in giro chiamandolo frocio.
Hajime era stato in punizione un mese intero per quel motivo, e Tooru era andato a trovarlo sempre di nascosto portandogli degli insetti raccolti nel bosco in solitudine.
« Vieni dentro, idiota, fa freddo »
Lo trascinò nel caldo della casa tirandolo per la manica del montgomery pesante.
Tooru si chiuse la porta alle spalle e fu subito investito da rumori e odori di cucinato.
Era ora di cena, dopotutto.
Aveva già avvisato sua madre che sarebbe rimasto a dormire da Hajime quella notte.
« La mamma sta preparando le enchiladas. Si è fissata con la cucina messicana »
Lo informò l'amico mentre si toglieva il cappotto e lo appoggiava sul braccio.
Laura lo chiamò a gran voce proprio in quel momento e Tooru entrò in cucina con un saluto allegro, seguito da un Hajime sempre più burbero e imbronciato.
Dimenticò molto presto il motivo per cui non aveva fatto altro che piangere tutto il giorno.
Seduto a tavola con i genitori di Hajime e il suo migliore amico come se fosse uno di famiglia. Rise tanto, tormentò un po' l'amico, aiutò Laura a fare i piatti, fece una partita a scacchi con Ryota - vincendo - e passò buona parte della notte a giocare con la play station insieme ad Hajime, nella sua camera caotica.
Non parlarono di Wakatoshi. Mai.
Tooru comunque non avrebbe saputo che bugia inventare sulla loro presunta litigata.
E di certo non gli avrebbe raccontato di aver perso la verginità proprio quel pomeriggio.
Fu piacevole fin quando non si ritrovò nel letto del suo migliore amico - che russava senza pietà - schiacciato contro una parete a fissare un soffitto nel buio totale.
Allora si rese conto che niente avrebbe potuto funzionare per farlo stare meglio.
Il tempo non avrebbe rallentato la sua corsa.


Prima lo accettava, meno male avrebbe fatto.

 
***


Passarono la settimana restante facendo finta di niente.
Tooru non avrebbe voluto lasciare Wakatoshi da solo nemmeno un solo minuto, ma era decisamente impossibile. Hajime lo prendeva in giro dicendo che stava diventando una cozza sdolcinata, che era meglio non litigassero se poi quello era il risultato, perché gli sarebbe venuto il diabete da sdolcinatezza se avessero continuato in quel modo.
Tooru non riusciva sempre a ridere o ad arrabbiarsi per quelle sciocchezze.
Wakatoshi prese una strana abitudine nel corso dei giorni che precedettero la luna piena.
Si fece prestare una vecchia polaroid da James, nel quale aveva inserito dei riquadri di foto colorati e variopinti.
Scattava foto in continuazione, ovunque andassero e qualunque cosa facessero.
Foto insieme, foto in cui era da solo, foto di Tooru. Un mucchio di foto venute bene e male. Poi un giorno andarono in un posto diverso dal solito, una libreria con bar.
Tooru adorava posti del genere.
La libreria - Camellia - si trovava in un vicolo appartato, per quel motivo Tooru non ci aveva mai fatto caso prima, nonostante conoscesse abbastanza bene la città dove era nato e cresciuto. Si trovava tra due edifici di mattoni rossi, in un posto non proprio invitante, ma la vetrina bastava ad invogliare le persone ad entrare all'interno.
Wakatoshi gli fece varcare la soglia per primo, e sulle loro teste tintinnò una campanella. Tooru fu investito dall'odore di libri usati, carta riciclata, inchiostro nuovo e caffè, cioccolata e pasticceria appena sfornata. Il posto era piccolo, ma grazioso.
Vi erano file e file di scaffali imbottiti di libri di ogni genere, divanetti e tavolini di ottone, piante finte che prendevano dal soffitto o dalle mensole, lampadine appese senza paralume e una scala a chiocciola che portava al piano di sopra, ogni gradino fatto con la costa di un libro diverso.
Al centro se ne stava un piccolo bar, con una ragazza indaffarata dietro il bancone. Era ...
« ... bellissimo » Sussurrò Tooru incantato, dando voce ai suoi pensieri.
Un largo sorriso si fece spazio sul suo volto infreddolito - era caduta altra neve nel corso dei giorni e ormai cominciava ad ammucchiarsi.
Wakatoshi chiuse la porta dietro di loro e gli prese una mano guantata.
« Voglio farti vedere una cosa » Gli disse. Tooru lo guardò, riprendendosi dallo stupore, mentre lo conduceva verso la scala a chiocciola. Il sorriso gli morì sul viso.
Wakatoshi aveva le occhiaie ed era pallido, i primi sintomi quella trasformazione che si avvicinava con fare incalzante. Anche i canini avevano preso ad essere sporgenti.
Tooru gli strinse la mano con forza - era bollente e non indossava guanti come lui - seguendolo sulla scala.
Il piano superiore era identico a quello di sotto, ma vuoto, e senza tavolini o bar.
Solo lunghe file di scaffali, piante, luci e tanti pouf colorati su cui sedersi per leggere comodamente. Wakatoshi lo condusse in fondo alla stanza, dietro uno scaffale appartato e Tooru rimase senza fiato. Vi era una sorta di tenda, creata con tende trasparenti sovrapposte che si andavano a legare ad un gancio nel soffitto, creando una sorta di alcova nascosta.
All'interno di quel nido protetto era stato steso un tappeto morbido, pieno di cuscini comodi, e una spirale di lucine gialle seguiva la forma della tenda rendendo l'atmosfera piacevole e decisamente romantica.
« È ... wow »Disse, molto eloquente.
Wakatoshi rise dietro di lui, spingendolo verso la tenda con entrambe la mani.
« Entraci, prima che arrivi qualcuno e si rubi il posto. È molto quotato, sai? » Lo incitò.
Tooru gli rivolse giusto un'occhiata, poi si inginocchiò sul tappeto e gattonò sotto le tende, mettendosi seduto a gambe incrociate contro i cuscini. Da lì l'atmosfera era surreale.
Guardò Wakatoshi, ancora in piedi fuori la tenda con il suo aspetto da malato.
« Tu non entri? » La domanda suonava un po' apprensiva, ma Tooru aveva paura che se ne stesse lì a fissarlo per imprimersi nella testa la sua immagine. Non voleva.
Tese una mano verso di lui.
« Vieni » Wakatoshi gliela prese, inginocchiandosi davanti a lui.
« Vuoi qualcosa di caldo da bere? » Chiese.
Voglio te, così come sei adesso. Umano. Per sempre. Si limitò a scuotere la testa.
Wakatoshi annuì ed entrò nell'alcova.
In due si stava stretti e diventava sorprendentemente intima.
Tooru fu sopraffatto dalla sua stazza e dal suo odore naturale di boschi e foglie, che era diventato spaventosamente forte.
« Da bambino venivo a nascondermi qui sotto »
Wakatoshi lo strappò all'angoscia che stava prendendo il sopravvento su di lui.
Stava armeggiando con lo zainetto di pelle nero che aveva sulla spalla, e ne estrasse la vecchia polaroid azzurra.
« Non ho molti ricordi dei miei genitori biologici. Mia madre è giapponese, mio padre americano. Rina e Robert Oxford. So che si sono trasferiti in California quando io ... hanno dichiarato che ero morto e poi James ha pensato al resto » Tooru si fece improvvisamente attento. Wakatoshi non parlava con lui di quelle cose « Quando sentivo particolarmente la loro mancanza, venivo qui. Non so dirti il perché. Credevo che questa fosse una tana, una sorta di rifugio, forse » Si portò la polaroid al viso e la puntò nella sua direzione, Tooru accennò un sorriso, lui scattò. La foto uscì qualche istante dopo.
Wakatoshi la estrasse con cura, agitandola.
« Poi ci sono tornato quando ho capito che ero un lupo affetto da trasformazioni collaterali. È stato il mio rifugio anche allora » Sulla foto cominciò ad apparire del colore.
Wakatoshi tenne lo sguardo fisso lì.
Tooru non poteva fare a meno di guardare lui invece. Gli veniva da piangere, di nuovo.
« Volevo venirci anche con te, almeno una volta prima della prossima luna »
Nella piccola cornice apparve Tooru con quel sorriso stentato, particolarmente fotogenico.
« Siamo qui. Io e te » Trovò la forza di dirgli.
Wakatoshi annuì e sollevò la foto.
« Questa posso tenerla? »
Gli chiese, mentre cominciava a frugare con una mano nella tasca della giacca di pelle.
« Ma certo che puoi » Mormorò Tooru, mentre lo osservava estrarre quello che sembrava un plico di minuscole lettere tenuto da un nastro rosso infiocchettato.
Quando Wakatoshi glielo passò, si rese subito conto che erano tutte le foto scattate quella settimana. Una vita intera vissuta in pochi giorni, catturati in istantanee.
Gli tremarono le mani.
« Quelle sono per te. Tienile » Tooru avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma aveva un groppo in gola, sapeva che avrebbe pianto se avesse parlato.
Wakatoshi lo comprese.
Si chinò in avanti e lo baciò appena, accarezzandogli uno zigomo con il pollice.
« Sicuro di non volere niente? Gli odori di questo posto mi stanno facendo impazzire ... pare ci siano dei cornetti in forno »
Tooru accennò un sorriso, scuotendo di nuovo la testa. Aveva lo stomaco chiuso.
« Ma tu vai, se hai fame » Lo incitò.
Wakatoshi fece spallucce, prendendo a sbrogliargli la sciarpa da attorno al collo.
« Fa caldo, prenderai freddo quando usciremo se non togli sciarpa, guanti e cappello, sai?» Mormorò, ammucchiando la sua sciarpa di lana in un angolo.
Tooru si tolse il cappello, poi i guanti e glieli passò, lasciando che li mettesse accanto alla sciarpa. Poi notò la polaroid e la prese.
« Tempo di una foto insieme » Annunciò, cercando di ritrovare l'allegria.
Si mise seduto tra le gambe di Wakatoshi, che gli fece spazio, e si stese sul suo petto, sistemando la polaroid come se volesse scattare un selfie, impresa ardua.
« Sorridi » Lo istruì, premendo il tasto per scattare. Ci fu un click, poi uscì la foto.
La prese, rimanendo steso su Wakatoshi, osservando lo sfondo ancora tutto scuro mentre agitava la pellicola. Nel frattempo, Wakatoshi si era sporto verso le pile di libri sistemate negli angoli dell'alcova. Ne prese uno in particolare, attirando l'attenzione di Tooru, che sollevò lo sguardo. Lesse il titolo al contrario: Poesie di William Sharp.
Non conosceva né il libro né l'autore.
« Mi leggi qualcosa? » Gli chiese distrattamente, tornando a soffermarsi sulla foto, che cominciava a colorarsi. Lo sentiva sfogliare le pagine.
« Non sono un bravo lettore » Si denigrò.
Tooru ridacchiò, tenendo la foto con indice e pollice davanti al viso.
« Hai una voce profonda. Sarà piacevole » Era venuta bene, inaspettatamente.
Wakatoshi continuò a sfogliare, poi si fermò.
« Questa mi piace » Disse, la voce che gli vibrava nella cassa toracica e così anche sulla nuca di Tooru « Si chiama A Crystal Forest » Lo informò.
« Leggi » Tooru era distratto, stava cercando si capire se la foto sarebbe venuta più chiara o rimasta tanto scura.
« L'aria è blu, pungente e fredda, avvolta in un gelido fodero tetro » Cominciò Wakatoshi con tono neutro, Tooru ascoltò a malapena, pensieroso « Ogni ramo, ramoscello o filo d’erba sembra miracolosamente vetro » Ci fu uno strano silenzio, come se l'aria si fosse fermata ad ascoltare « Guarda, guardami » Automaticamente Tooru sollevò lo sguardo, solo per incontrare la copertina alla rovescia del libro retto sulla sua testa. Poi Wakatoshi lo spostò, guardandolo dall'altro, recitando l'ultimo pezzo a memoria « Vieni e destami »
Tooru sentì gli occhi pizzicare.
« Perché io sono ancora qui »
L'ultima frase Wakatoshi la sussurrò, per poi chinarsi in avanti su di lui e dargli un bacio al contrario, proprio mentre cominciava a piangere, singhiozzando.
La foto stretta al petto insieme alle altre.
« Sei davvero un piagnucolone » Lo prese in giro, bloccandogli il mento con una mano per baciarlo di nuovo mentre tirava su con il naso. Anche Hajime glielo diceva.
« Sono emotivamente fragile » Protestò lievemente. Wakatoshi rise e lo lasciò andare, Tooru ne approfittò per asciugarsi il volto con la manica del montgomery.
Poi si voltò per guardarlo male, ma non ci riuscì.
Era lì, con la schiena appoggiata ai cuscini, le ginocchia tirate al petto, ma ancora spalancate, e il libro chiuso con un dito a fare da segno sulla pagina della poesia.
Tooru prese la polaroid e scattò un'altra foto, un senso di tristezza soffocante nel cuore.
Wakatoshi smise di sorridere. Si tirò in avanti con un movimento veloce e incrociò le gambe davanti a sé, afferrando Tooru per i polsi. La foto cadde tra loro.
« Sto per abbracciarti » Lo informò.
« Di solito lo fai senza dirmelo »
Wakatoshi gli avvolse le braccia attorno e lo strinse, trascinandoselo contro.
Tooru sentì un brontolio profondo risuonare nel suo petto, il principio di un ringhio.
Il lupo stava prendendo il sopravvento su di lui. Sentì il suo respiro caldo sul collo e i canini che gli sfioravano la pelle - provocandogli dei brividi - mentre gli posava un bacio sulla giugulare. Erano in quella posizione anche quando si erano scambiati il morso.
« Volevo solo fartelo sapere » Non avrebbe potuto farlo più molto presto. Tooru sollevò le braccia e gliele avvolse attorno alla schiena, aggrappandosi al suo giubbotto di pelle.
« Ti amo anche io, miracle boyfriend » Gli sussurrò all'orecchio.
Risero entrambi per le parole inventate da Satori. Poi Tooru sentì quel groppo ormai familiare formarsi in gola e sapeva che avrebbe pianto ancora una volta.
Era strano, ma pareva che le lacrime non avessero mai una fine dentro di lui.
« Ricordalo sempre, Tooru. Ovunque andrai nella vita. Non lo dimenticare »
« Sei incancellabile tu. Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia ...» Rispose, citando un testo di Charles Bukowski che lo aveva sempre colpito particolarmente.
« Oh, mi attacchi anche tu con una poesia ... come prosegue? »
Lo prese in giro Wakatoshi, sussurrando sul suo collo.
Tooru sorrise tristemente, anche se l'altro non poteva vederlo. Forse proprio per quello.
« Non me lo ricordo » Mentì.


... solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?


Tooru non ne aveva idea.

 
***


Successe silenziosamente, e lui nemmeno se ne accorse.
Dormiva, perché avvenne di notte. Non ebbe incubi, né sogni premonitori.
Non si sentì chiamare, come capitava in quei film d'amore strappalacrime.
Non sentì niente di niente.
La mattina si svegliò alle sei, come sempre.
Aveva nevicato tutta la notte, e probabilmente il giardino, il tetto della casa e le strade sarebbero state impraticabili.
Si era alzato stiracchiandosi, infilando i piedi congelati nelle pantofole pelose.
Ed era andato alla finestra piena di condensa.
Era stato allora che lo aveva visto, il suo lupo bianco: Wakatoshi.
Mentre scendeva le scale di corsa, rischiando di cadere e farsi male, non riusciva a pensare a nient'altro che al fatto di non aver provato o sentito niente.
Nemmeno un piccolo, minuscolo sussulto.
E così come non era in grado di percepire le emozioni o i pensieri di Wakatoshi - nonostante fossero compagni - non aveva provato niente durante la sua trasformazione.
Al contrario, aveva dormito profondamente per tutta la notte, come un angelo.
Wakatoshi era lì seduto nella neve, dove quasi si confondeva, non fosse stato per gli occhi color tempesta. Era composto.
Lui invece cadde nella neve prima di riuscire a raggiungerlo, infermo sulle gambe.
Si inzuppò il cotone leggero del pigiama e anche la pelliccia delle pantofole.
E sentì il dolore causato dal ghiaccio sulla pelle, ma non riusciva a muoversi, a rialzarsi.
Respirava solo violentemente - nuvole di condensa nel gelo - con gli occhi appannati di pianto. Wakatoshi allora si alzò sulle quattro zampe, caricò e con un agile salto oltrepassò la staccionata, finendogli davanti con grazia.
Lo colpì sulla faccia con il muso, come se volesse dirgli: Alzati. Tooru non ci riusciva.
« Non ti ho nemmeno salutato » Mormorò.
Wakatoshi uggiolò lievemente e prese a strusciarglisi addosso con la sua pelliccia calda e candida, facendo il giro del suo corpo.
Poi infilò la testa sotto una delle sue braccia e fece leva sulle zampe, tentando di sollevarlo. Non poteva. Era forte e grosso, ma nella sua forma da lupo non ci riusciva.
Tooru rimase come un peso morto, con le gambe ormai insensibili nella neve, le braccia abbandonate lungo il corpo. Non ottenendo reazione, Wakatoshi gli colpì il mento con il muso e lo costrinse a sollevare lo sguardo.
Tooru non riuscì ad evitare di incrociare i suoi occhi tempestosi.
Riusciva quasi a vedere l'uomo dietro il lupo.
Guarda, guardami, sembrava dirgli, vieni e destami.
« ... perché io sono ancora qui » Sussurrò.
Wakatoshi uggiolò di nuovo - come se stesse piangendo - e gli appoggiò il muso sul collo.
Tooru si asciugò il volto, tirò su con il naso.
Poi lo abbracciò, affondando il viso nella sua pelliccia calda e morbida.
Aveva ancora una speranza.
Una sciocca speranza: che Wakatoshi riuscisse a tornare indietro ancora una volta.
Che quella non fosse davvero la fine.


Il giorno successivo gli salì la febbre alta.
Fu una buona scusa per restare in camera, steso nel letto a non pensare a niente.
Aspettava che sua madre e suo padre lasciassero casa, poi scendeva al piano terra ed apriva la veranda, aspettando. Wakatoshi entrava sempre in silenzio, il ticchettio delle unghie sul pavimento ad annunciare il suo arrivo.
Si stendeva sul tappeto accanto a Tooru, e restavano in silenzio, a vedere qualcosa alla televisione, oppure a fare niente. Tooru si appoggiava su di lui, come fosse un cuscino, e avvolto nella sua coperta restava in silenzio. E in attesa.
Con il cuore spezzato.


La luna piena passò e fece il suo corso.


Tooru tornò a scuola.
Ci era andato da solo, con la sua macchina, perché Hajime - che testardamente era andato a trovarlo tutte le sere - si era mischiato il virus da lui.
Stava attraversando il parcheggio quando li vide: Satori, Eita e Reon.
Sistemò la cartella sulla spalla e accelerò il passo, rischiando di scivolare sul ghiaccio.
« Ehi! Ehi, Satori! »
Il coetaneo si voltò a guardarlo e Tooru rallentò il passo, restando a qualche metro di distanza. Sembrava ancora ... malato. Lo sembravano tutti e tre.
Tooru sapeva che non era una cosa normale.
Con il passare della luna piena riprendevano il possesso del loro corpo senza conseguenze, allora comprese. Erano in lutto per un amico. Un fratello.
« Non è tornato indietro, Tooru »
Lui sentì il labbro inferiore tremare.
Scosse la testa, ostinato.
« Ma l'altra volta - »
« NON TORNERÀ INDIETRO! FATTENE UNA CAZZO DI RAGIONE! »
Tooru non si aspettava la reazione aggressiva di Satori, per quel motivo sussultò vistosamente, tremando tutto.
« Ehi, Satori. Calmo » Mormorò Reon, mettendo una mano sulla spalla dell'amico.
Ma Satori aveva occhi solo per Tooru, e sembrava subito pentito del suo scatto d'ira.
« Tooru, scusami » Fece un passo verso di lui, che indietreggiò automaticamente.
Non perché fosse spaventato, ma perché ... non voleva accettare quelle parole. No.
« Scusa, davvero. Non - non allontanarti da noi. Lui non lo vorrebbe. È che non ci sto con la testa, davvero. Io ... » Tooru smise di ascoltarlo.
Non tornerà indietro. Lo sapeva, ma non ci vide più.
Era qualcosa che non poteva controllare con la razionalità.
Diede le spalle a Satori, Eita e Reon - lasciandoli spiazzati - e tornò di corsa verso la macchina, cercando freneticamente le chiavi all'interno dello zaino.
« Tooru! » Lo chiamò Satori con foga, cercando di raggiungerlo, ma quando ci riuscì lui aveva già ingranato la retromarcia.


Parcheggiò nel vialetto di casa con una brutta sterzata, rischiando di prendere un paletto.
Non si accorse nemmeno del suv di sua madre parcheggiato nel garage aperto.
Non entrò dentro, fece il giro largo.
Raggiunse il giardino sul retro e andò anche oltre, verso il bosco a cui gli era sempre stato proibito di avvicinarsi, fin da quando era solo un bambino. Era inferocito, addolorato.
« Wakatoshi! » Gridò, talmente forte da aver male alle corde vocali.
Fece un respiro, strinse i pugni lungo i fianchi e si fermò a metà strada, con i piedi che affondavano nella neve, gli stivali bagnati e umidi.
Lo chiamò di nuovo, mettendo le mani a coppa attorno alla bocca.
Poi cadde in ginocchio nella neve, come quella mattina terribile. Provò dolore.
E come se lo avesse percepito, come se le sue grida avessero raggiunto tutto il bosco, il lupo bianco arrivò correndo aggraziato. Era di una bellezza dolorosa.
Il suo passo armonioso, la neve che si sollevava e il corpo flessuoso, enorme.
Tooru sapeva che lo avrebbe sentito, se non per via del legame, per il suo udito sviluppato.
Wakatoshi gli arrivò ad un passo dal viso, arrestando la sua corsa. Gli urtò il mento con il muso e prese ad odorarlo senza cura, alla ricerca di qualcosa che non andasse in lui.
Tooru gli affondò le mani nella pelliccia e lo costrinse a guardarlo, occhi negli occhi.
« Trasformati! » Gli ordinò, feroce.
Wakatoshi sbuffò, agitando la coda nel vuoto.
« Non mi interessa, devi trasformarti! »
Tooru sapeva di sembrare folle in quel momento. Solo non voleva accettare la realtà.
Gli altri erano tornati indietro e lui no.
Sapeva che poteva succedere, ma non era stato del tutto reale.
Almeno non fino a quel momento.
Satori, Eita e Reon lo aveva reso dolorosamente vero: Wakatoshi non era lì.
Non ci sarebbero più state lezioni di chimica, trigonometria e inglese insieme.
Ne agguati nei corridoi. Inseguimenti nel cortile, pranzi insieme alla mensa, battute e risatine. Baci dati di nascosto. Appuntamenti o coccole alla luce di un camino.
Tooru aveva solo diciotto anni e nemmeno lo sapeva che cosa fosse l'amore.
Gli era stato detto spesso che era troppo giovane anche solo per fare sesso con qualcuno. Erano cazzate. Nessuno avrebbe potuto convincerlo che quello che stava provando non fosse amore, anche se non aveva idea di che cosa significasse.
Perché era dilaniato dentro e non sapeva che cosa fare per rimettersi insieme.
Wakatoshi tentò di sgusciargli via dalle mani, ma lui scosse la testa, tenendolo fermo.
« Guardami! Guardami, Wakatoshi. Devi fare uno sforzo, come l'ultima volta. Lo devi fare per me, va bene? » Lui uggiolò. Tooru era consapevole di non fare del male solo a sé stesso. Wakatoshi ricordava, sentiva, comprendeva tutto, era solo bloccato nel corpo di un lupo.
Ma era lì.
« Ti prego ... ti prego ... » Mormorò, appoggiandogli la guancia nel pelo candido.
Aveva perso sensibilità alle gambe ormai. Non gliene importava niente.
Wakatoshi gli sfuggì alla presa e fece un salto indietro, fissandolo con i suoi occhi grigi spettacolari. Scosse il capo. Un gesto molto umano. Troppo.
Un netto e fermo "no".
Tooru lo fissò con occhi vacui, distratti.
« Allora mi lascerò morire qui »
Gli disse, tornando a fissarlo con l'espressione di una persona folle.
Non riusciva nemmeno a piangere quella volta.
« Morirò per ipotermia » Wakatoshi iniziò ad agitarsi, gli ringhiò contro in posizione d'attacco, con la coda che si muoveva nel vuoto sempre più frenetica.
« Allora trasformati, coraggio. Fallo e io mi alzerò da terra » Era testardo.
Lo era sempre stato.
Wakatoshi ringhiò più forte, scoprendo le zanne. Lui non fece nemmeno una piega.
« Devi provarci, perché non voglio perderti. Non voglio! Non abbiamo nemmeno iniziato io e te! Perciò provaci! Provaci! »
Gli gridò contro con disperazione, nel suo modo umano di ringhiare senza zanne.
Wakatoshi scosse di nuovo il muso: Non posso. Non ci riesco. Ci ho già provato.
Fu come se quella sequela di pensieri veloci attraversasse la mente di Tooru in maniera del tutto leggibile e lucida. Ma fu solo un attimo. Un istante appena.
Sbatté le palpebre, leggermente stordito. Nel frattempo, Wakatoshi gli aveva azzannato il colletto del montgomery cominciando a tirare con foga perché si alzasse.
Tooru tornò a prestargli la sua attenzione.
« Dovrai trascinarmi via, sai? » Gli disse, sollevando le labbra in un sorriso grottesco carico di disperazione e tristezza. Wakatoshi tirò con più forza, ringhiando.
Non fare il bambino. Alzati, Tooru.
Lo sentì di nuovo, distintamente.
Fece per voltarsi e guardarlo con stupore, ma uno strattone più forte lo fece cadere di schiena nella neve. Gli uscì un piccolo urlo.
Poi si ritrovò a fissare il cielo bianco, come quella volta che aveva sette anni.
Era cominciato tutto in quel momento a ripensarci.
Se solo non fosse stato così sciocco da mettersi a giocare fuori con Hajime ... magari in quel momento sarebbe stato a scuola, senza sapere niente.
Non mi voglio alzare. Voglio restare qui.
Non essere idiota! Alzati, ora. O ti mordo le palle, davvero.
Scoppiò a ridere. Con la voce di Wakatoshi nella testa scoppiò a ridere, senza avere la forza di domandarsi perché ora sentissero uno i pensieri dell'altro.
Rise, steso nella neve come se volesse fare un angelo, ma con la parte posteriore del corpo ormai quasi completamente insensibile. Wakatoshi ringhio, tirando, e riuscì a spostarlo nella neve di qualche centimetro, dieci, forse. Poi si stancò.
Tooru chiuse gli occhi. Non seppe per quanto tempo - solo pochi secondi, forse - poi sentì il muso di Wakatoshi sul petto. Li riaprì.
Lui si era steso nella neve e uggiolava forte, come se stesse piangendo.
Fino a quando non ululò al cielo, affranto.
Ti prego, Tooru. Ti prego.
Sto già soffrendo. Alzati. Non ce la faccio.
E tornarono le lacrime, prepotenti.
Tooru sollevò una mano e lo accarezzò.
Si mise seduto di nuovo con uno sforzo, aveva la nuca completamente zuppa.
Wakatoshi gli si mise steso in grembo e Tooru lo abbracciò, affondando la guancia nella pelliccia morbida della sua schiena.
« Scusa » Sussurrò « Non so che cosa mi sia preso, davvero. Ho visto Satori e gli altri e ... so che stai soffrendo. Non avrei dovuto, scusa. Ma io ... » Non volevo arrendermi.
Lasciò scendere le lacrime, chiudendo gli occhi, senza fare rumore. O singhiozzare.
Nemmeno io volevo arrendermi.
Nella calma dell'accettazione, Tooru si rese conto di quanto tosse bello sentire la sua voce nella testa in quel modo.
« Tooru! Oddio Tooru, ma che fai?! »
Sollevò la testa di scatto quando sentì la voce di sua madre.
Era ancora lontana, affacciata alla staccionata.
Tooru non riusciva nemmeno a vedere la sua faccia, o l'espressione che aveva messo su.
Era sicuro che non avesse visto Wakatoshi, perché si confondeva con la neve.
Ma lo avrebbe fatto se si fosse avvicinata, cosa che stava facendo, perché aveva appena scavalcato la staccionata e correva a fatica, rischiando di cadere mentre affondava ogni passo nella neve alta.
« Va, ora. Va tutto bene, davvero » Gli sussurrò all'orecchio, dandogli un bacio.
Wakatoshi si rizzò a sedere, in allerta, scattò agile verso il bosco, ma quando lo raggiunse si fermò un secondo sul margine. Si fissarono.
Tooru seduto ancora nella neve, totalmente abbandonato al dolore.
Ti amo. Sii forte. Poi sparì nella foresta.
Sua madre lo raggiunse proprio in quel momento, buttandosi in ginocchio accanto a lui.
Gli prese il viso tra le mani, voltandolo verso di lei, ma i suoi occhi rimasero puntati verso il bosco. Li dove era sparito il lupo che non sarebbe mai più tornato ad essere uomo.
« Tooru, sei ghiacciato santo cielo. E sei appena guarito da una brutta febbre! Guardami! Guardami, coraggio! » La violenza nella voce di sua madre lo riportò al presente, a guardarla. Sollevò gli occhi umidi verso di lei, riconoscendo il suo volto familiare, simile al suo.
Non era spaventata, no. Sembrava solo preoccupata per lui.
Gli accarezzò il viso dolcemente, come faceva quando era solo un bambino.
« Se n'è andato » Mormorò allora lui, con un groppo in gola. Jennifer assottigliò le labbra.
« Oh, figlio mio » Gli baciò la fronte.
Tooru cedette. Scoppiando a piangere si aggrappò alle braccia di sua madre, che lo strinse al seno come quando era piccolo, e lasciò andare via tutto il dolore e lo sconforto.
Pianse tanto e a lungo, poi smise.


Smise anche di sorridere o di ridere.


Fu a quel punto che cominciarono le sue lunghe e solitarie notti chiuso nella torre.


Sarebbero durate per sempre, secondo le leggi di quella terra.
Come per sua nonna.

 
***


Riprese ad andare a scuola regolarmente.
Se ne stava per conto suo, con la sola compagnia di Hajime, che ci metteva tutto se stesso per farlo reagire.
« Ti starò attaccato al culo finché non tornerai ad essere il solito fastidioso te stesso »
Lo aveva minacciato, con tanto di dito puntato contro.
Tooru non era nemmeno riuscito a sorridere, anche se avrebbe voluto.
Hajime stava mantenendo la promessa.
Gli stava addosso quasi tutto il tempo - tranne quando avevano lezioni diverse o lavorava - e lo portava in giro per la città a fare cose che adorava fare un tempo.
Lo andava a trovare a casa quasi tutte le sere, con l'approvazione di Jennifer.
Sua madre, che non aveva fatto domande.
Ogni tanto, a scuola, a loro si univano anche Satori, Eita e Reon. Ed era una cosa strana.
Tooru credeva che non sarebbe stato in grado di sopportare la loro vicinanza.
Invece gli dava stranamente conforto averli accanto. Vi erano momenti in cui Satori si chinava verso di lui e lo annusava, poggiando la guancia sulla sua spalla.
Era il suo legame con Wakatoshi, gli avevano spiegato. Persistente nel morso.
Sentivano la mancanza dell'uomo, dell'amico e del fratello, con cui potevano correre e parlare ormai solamente nelle notti di luna piena. A scuola si diffuse presto la notizia che Wakatoshi si era trasferito di fretta in un altro Stato, per motivi di salute personale.
Tooru dovette affrontare gli sguardi curiosi.
Le voci che circolavano: Sarà andato a disintossicarsi da qualche parte, in realtà.
Probabilmente si drogava.
Non è che ha contratto l'HIV?
Non era facile far tacere i pensieri o le voci degli altri.
Per quel motivo se ne stava taciturno per fatti suoi. L'ombra di sé stesso.
Passarono tre lune piene prima che le cose migliorassero. Solo di poco.


Tooru aveva ormai una routine.
Andava a scuola con Hajime e lì passava del tempo anche con i ragazzi del branco.
Una volta a settimana andavano insieme al cinema, o al bowling, o da qualsiasi parte.
Tornato a casa passava buona parte del pomeriggio nel giardino sul retro a studiare con la compagnia di Wakatoshi e Blue, che si era ormai abituato alla sua presenza.
E poi vi erano quelle settimane.
Le settimane in cui Wakatoshi non di presentava, sopraffatto dal lupo che era in lui.
Durante quelle settimane Tooru lo cercava nei luoghi che erano stati loro.


Passava le ore nel bar - libreria in città, sotto la tenda con le lucine, a rileggere a memoria la poesia di William Sharp. Guarda, guardami. Vieni e destami ...
« ... perché io sono ancora qui »
Mormorava nel vuoto, fissando le tende sulla sua testa, il libro aperto a metà sullo stomaco.
Il posto accanto dolorosamente vuoto.


Nella sua stanza aveva piantato sulla parete dove teneva i poster degli alieni - rimossi senza rimpianto - dei chiodi, attorno al quale aveva attorcigliato un filo di ferro.
Con delle mollettine colorate vi aveva appeso tutte le foto scattate con la polaroid.
Ma lo aveva fatto solamente molto tempo dopo il loro incontro nella neve.
Era stato un lavoro semplice, ma lo aveva tenuto occupato abbastanza da muoversi.
Quando aveva finito, mettendosi ai piedi del letto per osservare il lavoro fatto, si era accorto che sua madre era appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto e un dolce sorriso sulle labbra. Tooru l'aveva guardata.
« Ci starebbero bene delle lucine gialle » Gli aveva detto, con voce morbida e stanca.
« Ci stavo pensando » Le aveva risposto. Jennifer aveva sorriso di più ed era entrata nella stanza a passo leggero, come se stesse silenziosamente chiedendo il permesso.
Non aveva mai invaso gli spazi dei suoi figli, nemmeno quando era stato aggredito - almeno non troppo - e Tooru le era grato.
« Ho saputo » Gli disse con dolcezza, affiancandolo « Ne vuoi parlare? »
Fissavano entrambi le foto. Erano belle.
« Te l'ha detto Laura a cui l'ha detto Hajime? » Gli chiese, ma non era arrabbiato.
Non era un bel niente da molto tempo ormai.
Jennifer fece un sospiro.
« Hajime è solo preoccupato per te »
« Lo so » Era stata la sua replica sincera.
Jennifer si era messa seduta sul letto e gli aveva fatto cenno di fare altrettanto.
Tooru aveva eseguito l'ordine in silenzio.
« Non posso capire quello che stai provando, davvero. Io sono stata solo con tuo padre. L'ho scelto dal primo momento ed è sempre stato con me. Quindi non conosco il dolore del distacco » Jennifer parlò a voce bassa, senza nemmeno toccarlo come una sorta di forma di conforto « E non ti dirò che sei giovane e hai tutta la vita davanti per trovare qualcun'altro. Che era solo una cotta. Il dolore va rispettato. Qualunque forma esso abbia, che sia dell'anima o del corpo. E non ti dirò nemmeno che passerà se non ci pensi. È una cosa da insensibili, da chi non conoscere quella forma di sofferenza »
L'attenzione di Tooru si fermò sulla foto che avevano scattato nell'alcova. La sua preferita.
« Sono figlia di tua nonna, Tooru. E sai che lei ha vissuto tutta la sua vita nel rispetto della memoria di mio padre. Quindi sono qui per dirti che va bene. Va bene soffrire ed essere in lutto, anche tutta la vita se serve » Gli prese una mano a quel punto.
Era ruvida, calda e familiare, con la fede e l'anello di fidanzamento che non aveva mai tolto fin da quando si era sposata. Tooru ricambiò la stretta, grato.
« Quindi non capisco, no. Ma so molto più di quanto tu possa immaginare. E sono qui. Sarò sempre qui al tuo fianco » Tooru annuì e le appoggiò la testa sulla spalla. Lei sollevò una mano per accarezzargli il volto, come faceva spesso quando era solo un bambino.
Come aveva fatto anche la sera che gli aveva detto di essere attratto dai maschi.
Sei sempre mio figlio. Il mio bambino.
Erano rimasti in silenzio per un po'.
« Wakatoshi mi piaceva, comunque »
Fu lei a spezzarlo, a voce bassa, persa ad osservare una foto in particolare.
« Anche a me » Mormorò lui, parlando per la prima volta dopo lunghi minuti di silenzio.


Il giorno successivo, Jennifer gli fece trovare una scatola di lucine sulla scrivania.


L'altro posto in cui andava quando Wakatoshi non si presentava, era lo chalet.
Non avrebbe dovuto avere le chiavi, ma Satori gliene aveva procurato un paio.
« Tanto ci andava solo lui » Tooru si metteva seduto davanti al camino freddo, al buio e al gelo - lontano dal tappeto con la pelliccia dell'orso - e fissava il vuoto.
Era lì che cercava disperatamente i ricordi della loro vicinanza fisica, perché era lì che avevano fatto l'amore per la prima volta. Avevano avuto poco tempo anche per quello.
Il contatto fisico di quella natura lo aveva sempre spaventato prima di Wakatoshi.
Poi era stato strano, ma naturale.
Nello chalet passava le sue ore più disperate.


Un giorno lo trovò occupato.
Le luci erano accese, come anche il camino, perché vedeva le fiamme muoversi dietro il vetro delle finestre. Sapeva che non sarebbe dovuto entrare.
Non aveva idea di chi ci fosse dentro. Ma era stata la speranza.
La sciocca speranza a farlo andare avanti.
La follia che, anche dopo tre mesi, anche dopo Natale, il corto Febbraio e l'inizio di Gennaio, Wakatoshi fosse riuscito a tornare indietro. Per qualche forma di miracolo.
L'uomo che vide dietro il bancone della cucina, intento a preparare una tisana calda, non lo aveva mai visto prima. Non lo conosceva, ma intuì immediatamente chi fosse.
Di chi si trattasse. Lui gli sorrise cordiale, come se non fosse appena entrato in una delle sue proprietà senza permesso. Come se lo conoscesse.
« Ciao. Tooru, giusto? » Lo salutò. Aveva una voce profonda.
Doveva essere sulla cinquantina, ma si portava tonico.
Sembrava uno di quegli attori di Hollywood, come Tom Cruise o Brad Pitt.
Era vestito in maniera impeccabile, come se fosse appena uscito dall'ufficio, e sarebbe stato anche attraente se non fosse stato per l'eccessiva differenza d'età che lo rendeva solamente intimidatorio agli occhi di Tooru.
James Smith - l'Alfa del branco. Il "padre" di Wakatoshi.
Lo guardò con espressione neutra.
« Le chiedo scusa. Vado subito via »
Fece per girarsi e tornare sui suoi passi, intenzionato a scappare da quella situazione.
« No, aspetta » Lo fermò l'uomo.
Non lo fece con una voce carica di urgenza, era sereno e tranquillo, eppure Tooru si fermò lo stesso. Gli scese un brivido lungo la schiena. Un brivido freddo.
È l'Alfa, pensò. Era l'Alfa ad attrarlo, perché era stato morso da lui. Quell'uomo.
Tooru non si era mai trasformato per via del sangue che gli scorreva nelle vene, ma era stato morso comunque e portava la cicatrice proprio sulla pelle. Strinse i pugni.
Si voltò a guardarlo con la mascella tesa.
James non lo stava nemmeno più osservando.
Aveva sistemato due tazze sulla mezza isola che faceva da divisorio tra cucina e salotto, una di fronte all'altra, e vi stava versando l'acqua calda del bollitore.
« Accomodati. Prendi un tè con me » Sorrise cordiale e gli indicò lo sgabello.
Tooru fu seriamente tentato di andare via, ma alla fine cedette, prendendo posto mentre continuava a fissarlo con espressione neutra.
« Sai già chi sono, vero? Wakatoshi ti ha parlato di me »
Tooru lo osservò attentamente mentre prendeva una scatola di legno che non aveva mai notato prima e la appoggiava sul bancone.
« Suppongo sia vero anche il contrario » Rispose schietto, con lo sguardo fisso sulla scatola. James gli rivolse un sorrisetto dai canini appuntiti mentre toglieva il coperchio, rivelando una varietà davvero vasta di bustine da tè. Ce n'era di tutti i tipi.
« Non lo posso negare. Wakatoshi mi ha detto molte cose. Ma mi ricordo di te »
Lo guardò, sorridendo in modo tale da non lasciare che il calore gli raggiungesse gli occhi. Tooru strinse i pugni sulle gambe.
« Hai preferenze? » Gli indicò la scatola aperta con il palmo di una mano.
Tooru lo ignorò intenzionalmente.
« Si ricorderà sicuramente la mia caviglia »
Fu veloce come un aspide e diretto. Fermo.
James fece un sospiro e non lasciò che il sorriso sul suo bel volto si incrinasse.
Prese due bustine di tè nero e le aprì, mettendo l'infuso nelle tazze ancora bollenti.
« Tu mi disapprovi » Indovinò « Latte, zucchero? » Gli domandò poi, spingendo il vassoio con le zollette e il liquido verso di lui. Tooru ignorò anche quello.
« Se n'è andato in giro a mordere bambini indifesi per crearsi un branco » Sbottò senza mezzi termini « Sarà comprensivo di fronte la mia totale disapprovazione »
James ridacchiò prima di prendere un sorso di tè grezzo, senza né latte né zucchero.
« Sei il compagno perfetto per Wakatoshi » Scosse la testa e bevve un altro sorso « Anche lui mi rispondeva sempre con quel fare impertinente quando non era d'accordo con me su qualcosa » Tooru sentì lo stomaco contrarsi.
Guardò quell'uomo con disgusto e fece per alzarsi dallo sgabello e andare via, ma James lo afferrò per un polso prima che riuscisse anche solo ad alzarsi in piedi.
« Aspetta, aspetta » Lo fermò « Okay, hai ragione. Ho fatto una cosa spregevole, non ti do torto. Ero giovane, impulsivo, incazzato e ho sbagliato » Tooru lo guardò negli occhi.
Gli sembrava sincero per la prima volta.
Desistette dall'idea di andare via e tornò a sedere, senza tuttavia toccare il suo tè.
« Ma tu e Wakatoshi siete gli unici due bambini che io abbia mai morso, e puoi crederci o meno, ma è così »Tooru si accigliò.
Wakatoshi non gli aveva mai detto niente del genere prima.
« No, non è - »
« Ho accolto Satori, Eita e Reon nel branco dalla strada. Erano licantropi solitari, bambini abbandonati. Puoi chiedere a loro, se proprio vuoi. So che siete amici, ed è naturale »
James incrociò le mani sul bancone, intrecciando le dita davanti a sé.
Si guardarono negli occhi. Tooru con astio.
« In che senso "è naturale"? » Sbottò.
« Perché tu sei il compagno di mio figlio. Sei parte del branco, ormai. Sei come un fratello , soprattutto adesso che sono in lutto »
« Wakatoshi non è morto » James lo guardò negli occhi, Tooru lo sfidò.
« Ma lo hanno perso, in qualche modo » Ribattè « Anche tu lo hai perso »
Tooru sentì la stretta allo stomaco farsi ancora più forte e dolorosa.
Ma lottò per rimanere impassibile.
« Non di meno Wakatoshi è vivo » Replicò. Rimasero in silenzio per qualche secondo, a guardarsi negli occhi mentre si sfidavano a chi avrebbe ceduto prima.
« Lo sapevi che i lupi, una volta perso il proprio compagno o la propria compagna restano da soli per il resto della vita? »
Quel cambio repentino di conversazione lo stordì, si ritrovò a battere le palpebre.
« Si, lo so » Rispose, stranito.
Non aveva idea di dove volesse andare a parare. James fece un cenno della testa.
« Io ho perso la mia compagna e nostro figlio. Molto tempo fa, ormai »
Tooru tacque, totalmente spiazzato da quella confessione inattesa. Inaspettata.
« Mia moglie era un licantropo, come me. Faceva parte del mio vecchio branco. E anche nostro figlio lo era, ovviamente » James tacque, visibilmente perso nei ricordi.
« Cosa accadde? » Mormorò Tooru.
« I cacciatori. Uccisero più della metà del mio branco, compreso mia moglie e mio figlio. Era la sua prima trasformazione »
James tornò a guardarlo e Tooru lesse nei suoi occhi azzurri un profondo tormento, per la prima volta dietro la maschera da uomo d'affari affabile e affascinante.
Lo incolpava e non approvava i suoi modi, ma in realtà non lo conosceva per niente.
« Io ho perso la testa quel giorno. E per molto tempo dopo. Non sono stato più me stesso per ... molto tempo. Non ero l'Alfa, lo sono diventato per diritto di forza quel giorno. Ma non ero all'altezza del ruolo. Non ero nelle condizioni di tenere unito quello che restava del branco e ... alla fine sono rimasto solo. Ho preso delle decisioni sbagliate a causa della solitudine e della disperazione » Tooru strinse le labbra in una linea sottile.
Di fronte al suo sguardo ostinato l'uomo sospirò, per poi scostare lo sguardo a destra.
« Non dovevo mordere Wakatoshi, ma l'ho fatto. Lui ... mi ricordava Oscar. Gli assomigliava » Tooru comprese che si riferiva al figlio biologico che aveva perso.
« E non dovevo mordere te. Ma l'ho fatto. Ovviamente, non sapevo che saresti stato il compagno di Wakatoshi. Eppure ... eppure l'istinto mi ha condotto da te, quel giorno. Oggi dovresti essere nel mio branco, Tooru »
Tooru lo sapeva, ed era quello il motivo per cui provava tanto astio per quell'uomo.
Perché aveva tentato di strapparlo via dalla sua famiglia.
« Ne sono consapevole » Digrignò tra i denti.
James gli rivolse uno sguardo penetrante.
« Puoi trovare tutto questo riprovevole, va bene. Ci sta. Ma devi capire una cosa, Tooru, una cosa molto importante. Wakatoshi è mio figlio. L'ho cresciuto da quando aveva sei anni. Forse sarò un mostro ai tuoi occhi per come l'ho avuto nel mio branco, ma è mio »
Nel pronunciare quel pronome gli uscì un ringhio profondo, Tooru sentì dentro di sé tutta la potenza del richiamo da alfa. Il potere sopito sotto la pelle dell'uomo.
Rabbrividì, restando dov'era.
« Odiami, se la cosa ti fa stare meglio. Disprezzami. Ti ho fatto del male, dopotutto. Ma sei la metà di mio figlio e - e ne ho già perso uno. Per cui ... non stare lontano da noi, dal tuo branco. Non ti chiedo altro »
Tooru non seppe che cosa replicare.


La settimana successiva visitò per la prima volta la villa gialla e gigantesca nel bosco.
Vide il posto dove Wakatoshi era cresciuto.
La famiglia che James aveva costruito.
Passò ore nella sua stanza ancora intatta, steso nel suo letto matrimoniale, a fissare la foto che Wakatoshi gli aveva scattato sotto la tenda e aveva tenuto per sé, sul comodino.


Cercò di essere più vicino al branco a cui avrebbe dovuto appartenere.
Ma non servì a sanare il vuoto nel suo cuore.

 
***


Successe un giorno inaspettato, quattro mesi dopo, a Marzo.
Quando la neve era ormai quasi tutta sciolta e le temperature erano tornate frizzanti, ma non gelide e ingestibili. Successe nel momento meno aspettato.
Era un sabato qualsiasi. Tooru era sulla veranda, se ne stava seduto su una delle sdraio con Blue steso accanto, che si beava di una carezza distratta.
Aveva Risveglio di Primavera di Frank Wedekind in mano, e stava tentando di leggerlo - sebbene fosse un'opera teatrale - senza dare di matto.
Satori era appena andato via, così come Hajime, dopo una brutale partita ad Uno che lo aveva visto vincitore, ma a un caro prezzo.
Tooru aveva provato per tutto il tempo la sensazione di stare bene.
La sensazione di poter andare avanti.
Era un pensiero che lo raggiungeva ogni tanto.
Forse solo nei giorni migliori, che non erano molti a dire il vero.
Il problema era la sopravvivenza.
Tooru si svegliava ogni mattina, e doveva alzarsi e andare avanti: sopravvivere, appunto.
Nella sopravvivenza ci viveva la quotidianità.
Nella quotidianità sarebbe subentrata l'abitudine.
Era così che si sopravviveva di fronte una devastante perdita, gli aveva detto James.
Tooru aveva iniziato ad apprezzarlo, sebbene continuasse a disprezzare le sue azioni.
Una volta, a cena da lui, gli aveva urlato contro che non avrebbe dovuto morderlo perché in quel modo non avrebbe mai saputo niente dei licantropi e forse Wakatoshi non si sarebbe interessato a lui per avvicinarlo.
James aveva ribattuto sfidandolo ad una partita a Mario Kart - accettata.
Il loro rapporto era così. E Tooru ormai lo aveva capito: nella villa gialla lui era l'eredità di Wakatoshi. Prima della sua ultima luna piena, doveva aver chiesto alla sua famiglia che si prendesse cura di lui, e loro lo stavano facendo, anche quando era esasperante.
Tooru non se la prendeva per quello.
Anche lui ne approfittava.
Erano di quanto più vicino vi fosse ancora di umano in Wakatoshi e lui ne aveva bisogno.
Non lo vedeva da un mese.
E non aveva importanza quanto avesse gridato per chiamarlo.
Wakatoshi non era mai arrivato da lui.
Era da un mese che non dormiva bene, o non mangiava decentemente, divorato dall'ansia.
James gli aveva spiegato che vi erano momenti - nei lupi permanentemente trasformati - in cui l'animale prendeva il sopravvento sull'uomo, annichilendolo.
Era puro istinto predatorio e di sopravvivenza.
In quei periodi dell'uomo restava poco.
Tooru però non poteva fare a meno di pensare anche ai cacciatori illegali.
Wakatoshi aveva rischiato di essere ucciso già una volta e se ... chiuse il libro di scatto.
Gli era venuta una brutta nausea.
Smise di accarezzare Blue - che rizzò la testa contrariato - e si prese il ponte del naso tra le mani, massaggiando gli occhi stanchi.
Fece anche un respiro profondo, ma l'immagine della veranda sporca di sangue che aveva ripulito personalmente arrivò a tradimento come un fulmine.
Scattò in piedi come un lampo, ma non fece in tempo a raggiungere casa.
Vomitò nel vaso di foglie variegate di sua madre. Jennifer si affacciò sulla veranda proprio in quel momento, con uno strofinaccio in mano.
« Tooru! » Strillò, precipitandosi al suo fianco.
Lui si pulì la bocca con il dorso della mano e scosse la testa.
« Scusa » Gracchiò con la gola in fiamme e l'acido nella bocca che rendeva tutto amaro.
Jennifer fece un verso esasperato.
« Adesso basta. Basta davvero » Mormorò. Tooru la guardò con occhi pieni di afflizione, era convinto che la mamma non potesse più sopportare i suoi atteggiamenti.
« Tuo padre non vorrebbe ma ... alzati, vieni con me Tooru. Adesso »
Lui non disse niente, frastornato. Lasciò che sua madre lo prendesse per un polso e lo portasse dentro casa, senza capire bene che cosa significassero le sue parole.
Era un po' spaventato, a dire il vero.
Gli venne in mente che forse avevano deciso di mandarlo via da qualche parte.
Tooru non voleva. Aveva già deciso anche di frequentare l'università vicina. Ma rimase in silenzio, mentre sua madre lo spingeva a sedersi sul divano senza delicatezza alcuna.
« Aspetta qui e non muoverti. Vado a chiamare tuo padre e tua sorella »
Tooru si mise seduto buono, in attesa.
In bocca aveva ancora un saporaccio, non avendo mangiato comunque molto.
Sua madre tornò qualche istante dopo, seguita da suo padre - accigliato - e da sua sorella Allison, tornata per il weekend insieme al suo ragazzo - Derrik - solo per comunicare a tutti che si sarebbe sposata l'anno seguente. Era stato emozionante.
Derrik non era con loro, per fortuna.
Tooru gli voleva bene, ma non aveva con lui tutta quella confidenza, motivo per cui non voleva che fosse coinvolto in quella conversazione, qualunque cosa volesse dire.
« Jenni, che succede? » Domandò suo padre, fissando la moglie con fare nervoso.
Lei si mise seduta accanto a Tooru, stringendo le mani a pugni chiusi sulle gambe.
Si morse il labbro inferiore.
« Sei incinta, mamma? » Intervenne Allison, provando a sdrammatizzare la situazione.
Non funzionò. Jennifer la guardò male.
« Ho deciso che Tooru deve sapere la verità. Adesso. Perché non ne posso più »
Cadde un silenzio pesante.
Tooru sbatté le palpebre, totalmente scioccato. Forse aveva sentito male.
« Jenni, non mi sembra il caso di - »
« No Renji! Abbiamo taciuto per troppo tempo e sapevamo .... sapevamo che sarebbe successo. Mia madre ce lo aveva detto. E poi lui è il mio bambino »
Jennifer parlò con fermezza, guardando il marito negli occhi determinata.
« Non posso più vederlo in questo stato »
Ci fu ancora silenzio. Minuti interi in cui Tooru guardò la sua famiglia come se fossero degli estranei, come se stessero parlando di lui dimenticandosi che era lì, presente.
« Di quale verità state parlando?! » Sbottò.
Jennifer e Renji lo fissarono preoccupati e, forse, anche un po' colpevoli.
« Devi ascoltarmi, Tooru » Cominciò sua madre, prendendogli una mano nella sua, e lui fu seriamente tentato di sfilarla via, ma non lo fece « Ascoltami fino la fine, poi arrabbiati, se vuoi. Ma ascoltami, okay? »
Lo guardò negli occhi con fermezza, così simili ai suoi, e Tooru si limitò solo ad annuire.
Non fece o disse altro.
« Noi sapevamo tutto, amore mio. Ogni cosa. Io sapevo. Di mio padre, di mia madre, dei ... dei lupi » Fu come ricevere un pugno dritto nello stomaco, ma come promesso, non parlò. Anche se avrebbe voluto urlare.
« Quando sei nato ... tua nonna l'ha capito subito, sai? Che avevi ereditato il suo sangue, a differenza di Allison » Tooru la guardò.
Sua sorella gli accennò un sorriso triste.
Sapevi tutto, fu il pensiero che gli attraversò la mente. Ma non lo esternò.
« Io provavo molto rancore verso mio padre, Tooru » Continuò sua madre « Non sopportavo l'idea che avesse fatto soffrire tanto mia madre, né che fosse lì nel bosco ... da qualche parte, incapace di parlare e di crescermi come avrebbe dovuto »
Sollevò lo sguardo e guardo verso il bosco oltre le porta-finestre della veranda.
Tooru si chiese quante volte lo avesse fatto, proprio come lui, domandandosi che cosa stesse facendo suo padre. L'uomo che non aveva mai conosciuto.
Tooru era arrabbiato, molto, ma la capiva.
« Tua nonna non ha mai parlato male di lui, sia chiaro. Ma io volevo solo il mio papà e non capivo. Non capivo perché non fosse lì con me. Mi ci è voluto del tempo »
Jennifer tornò a guardarlo e gli strinse la mano con forza e calore familiare.
« Quando ti hanno attaccato io ... io credevo di averti perso per sempre, Tooru. Io e tuo padre - noi avevamo paura che fossero venuti per portarti via, perché sapevano che eri speciale. Che dovevi stare con loro » Tooru la guardò negli occhi e li vide pieni di lacrime trattenute a malapena. Sua madre era una piagnucolona come lui.
« Non avevo paura dei lupi, io li odiavo »
« Per questo eravate tutti paranoici » Indovinò, parlando per la prima volta.
Il suo tono di voce era calmo, sereno, anche se avrebbe tanto voluto accusare ognuno di loro puntandogli un dito addosso: Sapevate tutto e non me l'avete detto!
« Non perché temevate che io potessi aver sviluppato un trauma, ma perché avevate paura che mi trasformassi o mi portassero via da voi all'improvviso »
Né sua madre, né suo padre, e nemmeno Allison parlarono subito, rivolgendosi uno sguardo complice che gli fece mordere violentemente il labbro inferiore di rabbia.
« Non puoi trasformarti, Tooru »
Parlò suo padre, incrociando le braccia al petto. Tooru lo guardò male.
« Lo so. E non grazie a voi » Sbottò, senza riuscire più a trattenersi, astioso.
« Come immaginavo » Mormorò sua madre.
Tooru tornò a guardarla, ma non fu lei a parlare di nuovo.
« Ma non lo è stato, vero? » Allison si era sporta in avanti e lo guardava sorridendo.
Tooru avrebbe tanto voluto tirarle un calcio.
« Cosa? » Chiese, nervoso e furioso.
« Un trauma. Il morso alla caviglia » Non se le aspettava quelle parole.
Sbatté le palpebre, sorpreso da quell'osservazione.
Non credeva che la sua famiglia se ne fosse mai resa conto.
« No, non lo è stato. I lupi non mi hanno mai spaventato » Ammise, sincero.
Vide suo padre fare un sospiro, chiudere gli occhi e massaggiarsi il ponte del naso.
Allison accentuò il sorriso. Su madre annuì.
« Perché è successo qualcosa quel giorno. Una cosa che non hai mai voluto raccontare, non è vero? » Gli domandò dolce, con calma.
Tooru ripensò a Mr Mizoguchi, al suo studio accogliente, che assomigliava tanto ad una stanza dei giochi. E alla sua domanda.
Aveva sempre creduto che anche quello fosse finito nel dimenticatoio per i suoi.
Sfilò la mano da sotto quella di sua madre e fissò il vecchio tappeto consumato.
« Un cucciolo di lupo mi salvò » Confessò allora per la prima volta, a voce alta.
Non lo aveva mai detto a nessuno che non fosse stato Wakatoshi, la persona interessata.
« Mi salvò, perché ... perché io ero il suo compagno » Jennifer si portò una mano alla bocca per soffocare un singhiozzo, mentre guardava Renji, che aveva uno sguardo rassegnato. Allison si asciugò una lacrima.
« Era Wakatoshi » Mormorò. E non riuscì a comprendere la sensazione che aveva nel petto in quel momento, sembrava un misto di sollievo e angoscia.
Si aggrappò con le mani al bordo del divano.
Sua madre tornò a toccargli le nocche con le sue dita ruvide e calde, familiari.
« Lo so, amore mio. Per questo voglio bene a quel ragazzo come se fosse mio, sai? »
Tooru si morse il labbro inferiore, mentre le lacrime, dopo tanto tempo, tornavano.
Jennifer decise di farsi più vicina, si mise seduta proprio accanto a lui e gli passò un braccio sulla schiena, stringendolo a se.
« Ho sempre saputo che parlavi con lui quando era un lupo. Sapevo che tu non avevi idea di chi fosse. Ho capito il momento esatto in cui lo hai incontrato, innamorandoti irrazionalmente, e ho capito quando hai scoperto la verità. Io ed Allison volevamo conoscere così tanto questo ragazzo che ti faceva brillare gli occhi ... allora abbiamo pensato ad Halloween. Volevamo conoscere il branco a cui appartenevi senza saperlo. E come lo guardavi ... come mia madre guardava suo padre e come io guardo Renji »
Tooru sentì le lacrime scendere, mentre sua madre rivolgeva uno sguardo a suo padre.
Allungò una mano verso di lui e gliela strinse.
Era un gesto intimo, di amore duraturo.
« E ho capito che Wakatoshi era come mio padre. Sapevo che avresti sofferto. Ti ho visto nella neve, quel giorno. Ho visto tutto Tooru, perché tu sei il mio bambino. Mio figlio. Sarai sempre mio figlio » Si lasciò scappare un singhiozzo e si strinse a sua madre con slancio, come aveva fatto sulla neve, quando era impazzito. Si sfogò un po', poi asciugò il viso.
« Ma perché non mi avete mai detto niente? » Sbottò, tirando su con il naso, mentre se lo puliva malamente con la manica della felpa.
« È stata colpa mia » Intervenne suo padre.
A Tooru sembrava invecchiato di colpo.
« Tua madre voleva parlartene fin da quando hai incontrato il tuo lupo bianco. Ma io ho insistito di aspettare che fossi tu a farlo » Tooru annuì, comprendendo molte cose.
Si asciugò gli occhi con la manica della felpa e fece un sospiro profondo.
Si sentiva leggero, adesso che sapeva.
Che sapeva di poter contare su qualcuno, di poterne parlare con qualcuno.
Non si era mai reso conto di quanto ne avesse disperatamente bisogno.
« Wakatoshi è un lupo » Dichiarò a voce alta, parlando a sé stesso « E non tornerà indietro » Da me. Ed era la prima volta che lo diceva ad alta voce, ammettendolo.
Fece un male cane, voleva piangere di nuovo. Rischiò di farlo, ma Allison gli strinse una mano e si guardarono, e Tooru le sorrise tra le lacrime che volevano proprio uscire.
« E io non so più come essere felice »
Si portò le mani sulla fronte e gli scappò un altro singhiozzo, uno solo.
Era davvero un piagnucolone. Hajime aveva ragione, ma non lo avrebbe mai confessato.
« Tooru » Lo chiamò gentilmente sua madre, afferrandogli i polsi perché spostasse le mani dalla faccia. Tooru la guardò.
Lei gli sorrise gentilmente, poi allungò inaspettatamente una mano verso il suo collo e tirò fuori la collana della nonna, che oscillò sulla sua felpa degli alieni extralarge.
Tooru la toccò automaticamente.
« Tua nonna mi ha confessato una cosa prima di morire » Jennifer lo guardò negli occhi, sorridendogli in una strana espressione satura di tristezza.
Lui era piuttosto certo di avere gli occhi sgranati.
« La collana. Aveva scoperto che non era solo un semplice simbolo d'amore »Il suo cuore cominciò a battere furiosamente « Ricordi che la nonna viaggiava molto, vero? » Si limitò ad annuire « Viaggiava in cerca di un modo per riportare tuo nonno Joe indietro »
Gli confessò sua madre, con voce mesta. Tooru era senza parole.
« Durante uno dei suoi ultimi viaggi, prima che si ammalasse, si era imbattuta in un altro branco, uno di quelli grossi e fiorenti del Nord America. Lì aveva parlato con una vecchia saggia, lei le aveva raccontato la vera storia di queste collane » Jennifer toccò il lupo a sua volta, sorridendo appena, forse ripensando al padre che non aveva mai avuto « Sono amuleti, Tooru. Antichi amuleti che servono a riportare indietro l'uomo. Ora, non ti racconterò tutta la storia, magari un'altra volta. Tua nonna voleva usarla per Joe, ma lui non è mai più tornato a trovarla, se non il giorno in cui è morta »
Tooru sentì qualcosa muoversi nel suo stomaco: la speranza.
Quella speranza a cui si era aggrappato e che aveva lasciato andare a fatica.
« Allora l'ha data a te, perché sapeva che ne avresti avuto bisogno. Quando eri neonato, ebbe un sogno premonitore su di te, ma allora ... io non le volevo credere » Jennifer lasciò andare il ciondolo della collana e si tirò indietro, guardandolo con solennità e occhi lucidi.
« Quella collana era per Joe, Tooru. Ma tu l'hai portata addosso per undici anni ... non volevo darti false speranze, ma ... voglio che ci provi. Vai lì fuori, trova il tuo compagno e riportalo indietro. Non avere rimpianti. Mai » Tooru non aveva bisogno di sentirsi dire altro.
Prima che sua madre finisse di parlare era già in piedi e stringeva la collana con forza.


Corse fuori, verso il bosco, senza riflettere.
Senza sapere che cosa sarebbe successo.
Corse, mosso da una nuova speranza.

 
***


Non si era mai spinto tanto dentro il bosco.
Non conosceva affatto quei luoghi, e non avrebbe saputo come tornare indietro.
Sua madre aveva dovuto saperlo quando aveva deciso di lasciarlo andare.
Tooru non aveva pensato a quanto fosse buio tra quelle fronde, a come la luce del sole passasse appena, al freddo feroce.
Si strinse nella felpa, strofinando con forza le braccia per cercare un po' di calore.
Le temperature non erano ancora nemmeno miti e lui era uscito senza cappotto.
Il bosco era ricco di rumori - alcuni poco rassicuranti - e Tooru avanzava cercando di non inciampare in mezzo alle radici, con il fiatone, il respiro condensato e i denti che battevano. Era leggermente spaventato, ma non voleva fermarsi, anche se non sapeva esattamente dove stesse andando o cosa fare. Ad un certo punto, distratto dal rumore di qualche uccello, sollevò lo sguardo di scatto, verso le fronde, e non vide la radice.
Sentì il terreno mancargli sotto i piedi e cadde con le ginocchia a terra, attutendo l'impatto con i palmi delle mani, che nel terriccio si graffiarono dolorosamente.
« Ahia » Mormorò, esalando un respiro.
Chiuse per un attimo gli occhi, tentando di ritrovare un minimo di calma e razionalità.
Non sapeva dove fosse Wakatoshi. Non ne aveva la minima idea.
Gli venne in mente solo un modo per tentare, e non era sicuro che avrebbe funzionato.
Non era sicuro se sarebbe stato sufficiente a sovrastare il lupo che era in lui.
Ad ogni modo, ci provò. Affondò le mani nella terra, tenne gli occhi chiusi e lo chiamò.
Wakatoshi. Wakatoshi, sono qui.
Sono qui. Vieni. Vieni, ti prego.
Non successe nulla all'inizio.
Tooru insistette, continuando a chiamarlo nella sua mente, attraverso quel legame che si era andato a rafforzare nel tempo.
Poi sentì il suono di un ramo spezzato, un ringhiare basso e gutturale, di gola.
Aprì gli occhi di scatto e lo vide immediatamente. Era impossibile non notarlo nel verde fitto della vegetazione. Una maestosa creatura dal pelo candido.
Wakatoshi era in posizione di attacco e gli ringhiava contro, pronto ad azzannarlo.
Eppure era venuto. Lo aveva sentito.
Tooru trattenne il fiato. Non lo vedeva da ... non ricordava, esattamente.
Provò sollievo, uno strano sollievo, anche se non lo aveva riconosciuto.
Wakatoshi era ancora vivo. E stava bene.
Anche se il lupo aveva preso il sopravvento sulla sua razionalità umana, stava bene.
Tooru gli sorrise con labbra tremanti.
« Ehi, ciao. Mi - mi sei mancato »La sua voce era molto incerta, tremolante.
Sollevò una mano per portarsela al collo e slegare la collana, Wakatoshi gli ringhiò subito contro insospettito dal movimento. Tooru si immobilizzò.
« Tranquillo, non voglio far niente di male »
Con le dita sudate e tremanti slacciò il gancetto tentando di non muoversi troppo.
La collana cadde in avanti e lui la tenne ferma con la stessa mano che aveva usato per aprirla, stringendola nel pugno lentamente.
« Voglio solo accarezzarti ... posso? »
Allungò una mano verso di lui, come per invitarlo ad avvicinarsi.
Wakatoshi fece un balzo in avanti. Fu inaspettato. Gli saltò addosso e Tooru strillò, ritrovandosi steso sul terreno ghiacciato, con due delle sue zampe premute sul petto e le zanne affilate che gli ringhiavano a pochi centimetri dal collo.
Strinse la collana nel pugno della mano.
« Wakatoshi, sono io. Tooru »Tentò, con un filo di voce appena.
Non aveva mai avuto paura dei lupi, ma in quel momento era spaventato. Lo era moltissimo.
Perché non aveva idea di quello che faceva.
E sarebbe stato ironico morire in quel modo, per mano della persona che amava.
La collana era di Joe, avrebbe anche potuto non funzionare affatto. Un buco nell'acqua.
Inoltre, che cosa avrebbe provato Wakatoshi una volta tornato padrone della sua mente, nel sapere che era stato proprio lui ad ucciderlo in preda alla bestia?
Ne sarebbe stato devastato.
« Mi hai salvato undici anni fa » Il lupo ringhiò più forte contro il suo viso.
Tanto che Tooru fu costretto a chiudere gli occhi e contrarre la faccia.
Poi gli venne in mente qualcosa, un ricordo.
La posizione era simile, solo che Wakatoshi era seduto contro dei cuscini e lo guardava sottosopra. Lo aveva baciato al contrario.
I suoi occhi erano grigi e gentili, senza pupille dilatate.
I capelli scuri prendevano nel vuoto in avanti, Tooru aveva pensato di accarezzarli.
E gli aveva letto una poesia che lo aveva fatto piangere moltissimo.
Fu solo un'immagine, fulminea. Veloce.
Ci mise qualche istante per rendersi conto del silenzio improvviso.
Aprì gli occhi, sorpreso. Wakatoshi aveva smesso di ringhiargli contro.
Lo fissava sospetto, odorando il suo collo.
Appoggiò il muso umido dove vi era la cicatrice con il morso dei suoi denti umani.
Il simbolo del loro legame. Tooru capì.
Quell’ immagine era arrivata a lui tramite quella connessione tra di loro.
Decise di riprovarci. Con altre parole.
« Guarda, guardami » Mormorò.
Wakatoshi sollevò il muso e tornò a fissarlo.
Aveva le pupille dilatate, tutte nere.
Fece un passo indietro con le zampe, liberandolo dal suo peso. Tooru tentò di alzarsi, restando seduto nel terreno.
« Vieni e destami » Continuò, a voce bassa.
Le pupille di Wakatoshi si restrinsero.
Lo vide mettersi seduto davanti a lui con la schiena dritta, la coda che scattava a terra.
L'atteggiamento aggressivo scomparso.
Tooru allora sollevò le mani - che tremavano ancora - e gli toccò il fianco destro, sul collo.
Wakatoshi non reagì, lasciandolo fare. Tooru sollevò anche la mano sinistra, facendo passare il laccio della collana attorno al suo collo. Chiuse il gancetto.
« Perché io sono ancora qui » Appoggiò la fronte su quella di Wakatoshi.
Poi rise, ricordando qualcosa.
« Non denunciarmi per questo, eh! »
Gli sussurrò, prima di baciargliela, poi chiuse gli occhi, restando aggrappato al lupo.
Successe sotto le sue mani. Un miracolo.
Toccava una pelliccia calda, poi le sue mani strinsero della pelle nuda e bollente al tatto.
Un respiro caldo gli sfiorò l'orecchio. Un naso la guancia.
« Non ho intenzione di denunciarti, sai? Però potrei volerti baciare a mia volta »
Tooru scoppiò a ridere, incapace di aprire gli occhi, perché davvero non avrebbe voluto scoprire che si trattava solo di un sogno.
« Però devi guardarmi, Tooru »
Gli sussurrò quella voce familiare ad un passo dell'orecchio. Si fece coraggio.
Aprì prima un occhio, per sicurezza, poi l'altro. Wakatoshi era davanti a lui, nudo - come al solito - e gli sorrideva lievemente, con i canini che bucavano il labbro inferiore.
La collana di sua nonna gli pendeva al collo, folgorante di una strana luce opaca.
Ed era meravigliosamente umano. Tooru rise, sentendo altre lacrime bagnare gli occhi grandi ed espressivi, poi gli gettò le braccia al collo con foga.
« Wakatoshi! » Caddero all'indietro. Si ritrovò steso interamente su di lui, con una guancia appoggiata al suo petto, dove sentiva il cuore battere sereno.
Era caldo, come sempre, il suo odore di boschi e foglie lo avvolgeva e lui ... era felice.
Oddio, era così felice. Non si sentiva in quel modo da quella mattina nella neve.
Anche io sono molto felice.
Quel pensiero gli attraversò la mente.
Sorrise, stringendosi ancora più forte al corpo di Wakatoshi, anche se era nudo nella terra.
Non dovresti leggere le mie emozioni.
Lo rimproverò. Wakatoshi rise, Tooru sentì quel suono vibrare dritto dalla cassa toracica.
Sono molto rumorose, come te.
Ehi! Ti tiro il pacco se non la smetti!
Vorrei tu facessi un'altra cosa con il mio pacco, sinceramente. Con la bocca, magari?
Gli arrivò l'immagine dritta in mente.
Strillò, alzandosi a sedere di scatto, indignato.
Wakatoshi rise a pieni polmoni, mettendosi seduto a sua volta. Era incredibilmente a suo agio per essere uno totalmente nudo, con i capelli scombinati e pieni di erba e terra.
« Porco » Gli disse, guardandolo male.
Wakatoshi allungò una mano e gli bloccò il mento tra due dita, sorridendo famelico.
« Non è niente che non hai già fatto » Tooru avvampò immediatamente.
Gli scostò la mano malamente, guardando tutto tranne che i suoi occhi.
« Allora ci tengo a ricordarti che l'hai definita una prestazione mediocre. E ti avevo avvisato che non ci avevo mai provato prima! » Sbottò, incrociando le braccia al petto.
Wakatoshi rise di nuovo.
« Per questo, devi fare pratica »
Lo prese in giro, allungando le mani per abbracciarlo e tirarselo addosso.
Tooru protestò un po', tentando di respingerlo via, ma senza alcuna convinzione.
« Mi riprendo la collana » Lo minacciò, mentre Wakatoshi lo stringeva passandogli le braccia attorno alla vita e incastrando il mento nell'incavo del suo collo.
Gli baciò una guancia con affetto.
« Non lo faresti. Perché mi ami » Gli diede un altro bacio « E anche io ti amo »
Tooru si morse il labbro inferiore. Stava per piangere di nuovo.
« Credevo che non avrei mai più potuto sentirtelo dire. Davvero » Mormorò.
L'atmosfera tornò subito seria.
Avevano molte cose da raccontarsi, ma ci sarebbe stato il tempo.
« Eppure sono qui, contro ogni aspettativa. E solo perché tu sei fantastico, Tooru »
Wakatoshi lo baciò dietro l'orecchio. Tooru riusciva a sentire nitidamente quello che provava in quel momento: amore, gratitudine, gioia, serenità e anche desiderio. Quei sentimenti sembravano passare anche attraverso di lui, anche se era Wakatoshi a provarli.
« Ho avuto un aiutino » Si limitò a dire.
Gli avrebbe raccontato tutto, ma pian piano.
Fortunatamente, grazie a Joe e Linda, avevano tutta la vita davanti per farlo.
Mano nella mano. Insieme.
« Andiamo allo chalet » Disse a Wakatoshi. Lui annuì, aiutandolo ad alzarsi in piedi mentre faceva altrettanto con fare aggraziato. Tooru lo guardò.
« Dovrebbe essere vicino, no? » Wakatoshi annuì, sollevando un sopracciglio.
« Cosa ti sta passando nella mente? » Tooru fece spallucce, intrecciando le mani dietro la schiena mentre prendeva ad oscillare sul posto e arrossire violentemente.
« Un bagno caldo insieme, magari? O che ne so ... potrei far pratica, tutto sommato. E quella cosa che volevi fare, forse potrei - bada bene, potrei - riconsiderarla e - EHI! »
Strepitò, ritrovandosi sollevato come un sacco di patate sulla spalla nuda di Wakatoshi. Da quella posizione gli vedeva chiaramente il fondoschiena sodo. Avvampò.
« Oddio, che fai?! Mettimi giù! » Urlò.
« Non esiste. Se poi cambi idea? »
Wakatoshi era tranquillo mentre camminava scalzo del bosco, per nulla preoccupato.
« Non cambio idea, lo giuro. Ma - »
« Goditi la vista del mio sedere »
« Wakatoshi! »
« So che ti piace »
« Si, ma - »


I loro battibecchi si persero nel bosco.


Al collo di Wakatoshi la collana brillò per l'ultima volta.

 
***


Il campanello di casa suonò una volta. Tooru sollevò lo sguardo dal tavolo addobbato a festa, sistemando la candela nel centrotavola, appena accesa.
« Devono essere loro, vai ad aprire! »
Lo incoraggiò sua madre, vestita elegante e tutta emozionata per l'occasione.
» È solo un pranzo della domenica, mamma. Non esagerare »
La redarguì Tooru, alzando gli occhi al cielo mentre le passava accanto.
Jennifer sorrise, osservando il lavoro finito con soddisfazione.
« Sto per conoscere ufficialmente il padre del tuo compagno. È una cosa seria! »
Annunciò, a voce troppo alta. Tutti i licantropi fuori dalla porta di casa dovevano aver sentito perfettamente. Tooru arrossì, borbottando cose senza senso.
Era stato in ansia tutta la settimana per quel maledetto pranzo.
Idea di sua madre, ovviamente, che aveva anche cucinato per un esercito, tutta la settimana.
Fece un respiro profondo, si rassettò e aprì la porta con un sorriso esagerato e teso.
« Benvenuti! » Esclamò, fissando i cinque uomini che ingombravano il portico di casa.
« Entrate pure » Si fece da parte, lasciandoli entrare in casa mentre salutavano cordiali e allegri. Occupando tutto lo spazio.
« Ma che piacere avervi qui, benvenuti in casa nostra! »
Intervenne suo padre, affacciandosi dalla portafinestra del giardino sul retro, reggendo tra le mani una tenaglia per girare la carne sul barbecue.
« Sono Renji! » Disse, porgendo la mano al padre di Wakatoshi.
« James » Si presentò quello, stringendo la stretta con vigore estremo. Poi mostrò un vino pregiato che aveva portato con sé, arrivò anche sua madre, e la scena si fece caotica.
Poi li raggiunse anche Hajime, che se n'era stato sul retro a giocare con Blue fino a quel momento. Tooru osservò quel caos con un sorriso appena accennato sulle labbra.
« James era euforico per questo pranzo » Gli bisbigliò una voce accanto all'orecchio.
« Anche i miei » Rispose, senza nemmeno sollevare lo sguardo, perché sapeva.
« Sarà una giornata memorabile, credo »
« Oh, lo sarà eccome »
Wakatoshi gli prese una mano con naturalezza e Tooru ricambiò la stretta.
Poi lo guardò, sorridendo felice.
Indossava ancora il giubbotto di pelle su una camicia nera tutta slacciata.
Si era phonato i capelli ed era bellissimo. Tooru guardò la collana che era stata sua adornargli il collo. Sollevò una mano per accarezzarla.
« Ehi, piccioncini! Muovete il culo! »
« Potete sbaciucchiarvi dopo » Si intromisero le voci di Satori e poi di Hajime.
Tooru e Wakatoshi risero, mentre il primo aiutava il secondo a togliere la giacca e appenderla sul gancio accanto alla porta.
« Ci tormenteranno tutto il giorno » Brontolò Tooru, sistemando meglio la giacca di Wakatoshi sul gancio strapieno, poiché era già caduta una volta.
« Noi potremmo fare lo stesso » Suggerì Wakatoshi e Tooru seguì il suo sguardo.
Hajime e Satori stavano battibeccando, entrambi in piedi accanto alla portafinestra. Litigavano su chi dovesse uscire per primo, ed erano ridicoli, perché Hajime sembrava un tappo, mentre Satori una pertica. E guardava il migliore amico di Tooru in un modo che ...
« Dio, non so come glielo dirò » Bofonchiò. Hajime aveva accettato a malapena l'idea dei licantropi - Tooru gliene aveva parlato poche settimane prima - figuriamoci se ...
« Beh, ma sono compagni. Lo capirà da solo, con il tempo. Non devi dirglielo tu »
Wakatoshi lo riportò al presente. Osservò ancora per un po' Hajime e Satori - quest'ultimo gli aveva messo una mano sulla spalla e adesso le stava prendendo di brutto.
« Se lo dici tu » Disse, scettico. Wakatoshi rise, prendendogli una mano.
« Andiamo, coraggio » Lo incitò.
Tooru gli sorrise, fiducioso.
« Andiamo, si »


Avevano una lunga strada ancora da percorrere.

 
Trick or treat, what would it be?
I walk alone, I'm everything
My ears can hear and my mouth can speak
My spirit talks, I know my soul believes


( Running With the Wolves - Aurora )
  
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