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Autore: Stillathogwarts    10/12/2022    2 recensioni
Cinque anni dopo la fine della guerra, il Wizengamot scavalca il Ministro Shacklebolt e fa approvare una Legge sui Matrimoni, nonostante lo scontento generale.
Hermione si ritrova così a dover sposare un Draco Malfoy che mostra fin da subito uno strano e incomprensibile comportamento, mentre una serie di segreti e omissioni iniziano pian piano a venire a galla.
• Marriage Law trope, ma a modo mio (per favore, leggete il primo n.d.a.).
• DRAMIONE
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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The Weight of Us



CAPITOLO 7
Fathers and Sons





 






POV DRACO

 

Avevano affrontato nuovamente il discorso del riconoscimento dopo due settimane dal loro ritorno a casa.
«Che senso ha rimandare ancora?»
Hermione lo guardò stancamente.
Draco non riusciva ancora a credere che gli avesse detto di sì; per lui, poter riconoscere suo figlio, significava il mondo, per cui la sua impazienza iniziava a divenire dirompente.
«Vorrei solo che tu ci pensassi più a fondo prima di procedere.»
Il biondino chiuse gli occhi e respirò pesantemente.
Dovette ripetere a sé stesso che lei non sapeva, che era normale che fosse confusa dal suo comportamento, - lui per primo, al posto suo, probabilmente l’avrebbe reputata fuori di testa -, era perfettamente comprensibile che agisse con cautela, trattandosi dei sentimenti del bambino, che avesse dei dubbi… ma lui desiderava troppo ufficializzare la paternità.
Sirius era suo figlio.
Le aveva detto che avrebbe pagato per ottenere il giusto risultato nel test del DNA, ma non ce ne sarebbe stato affatto bisogno.
Il fatto che lei sentisse l’esigenza di proteggerlo da lui lo lacerava internamente, ma non poteva fargliene una colpa; poteva solo essere paziente e confidare nel fatto che alla fine lei avrebbe capito, che sarebbe riuscito ad ottenere la sua fiducia.
«Non hai considerato alcuni fattori di cui tenere conto, Draco.»
Il biondino corrugò la fronte. «Ovvero?»
«Sarebbe meglio cercare di adottarlo, non riconoscerlo. Risulterebbe essere il tuo primo figlio biologico in quel caso.»
«Questa è l’idea», le disse seccamente.
Questa è la verità”, precisò nella sua mente.
Era stato tentato di dirlo al bambino quando, con gli occhioni ingranditi e lucidi, gli si era avvicinato esitante e gli aveva chiesto: «Sarebbe brutto se ti chiamassi papà? Mi piacerebbe chiamarti papà. In fondo, è un po’ come se lo fossi ormai, no?»
Avrebbe voluto dirgli di togliere il ‘come’, perché lo era veramente; avrebbe voluto abbracciarlo forte e urlare: «Sono io, ometto. Sono qui con te e non ti lascerò mai più.»
Non potendo ancora farlo, si era limitato a stringerlo a sé, trattenendo le lacrime, la sua Occlumanzia vacillante come non mai davanti al calore che si era sprigionato nel suo petto, poi aveva chiuso gli occhi e gli aveva sussurrato una verità mascherata: «No che non sarebbe brutto, se lo facessi. Anzi, mi farebbe un piacere immenso. Essere il tuo papà mi rende l’uomo più felice del mondo, sai?»
E quando Sirius gli aveva sorriso, il volto illuminato dalla gioia, e gli aveva detto: «Ok, papà», Draco si era sentito sul punto di scoppiare per l’emozione; tutto era diventato luminoso e aveva avvertito una strana esigenza di piangere.
Lo aveva quasi urlato contro Hermione quando avevano discusso del riconoscimento per la prima volta; lei continuava a ripetere «È mio figlio!» e una parte di lui scalpitava per ribattere che era anche suo, e per davvero, non perché “lo considerava tale”, come invece le aveva detto.
Il fatto che non si fidasse a lasciare Sirius solo con lui lo feriva, pur essendo pienamente consapevole delle sue ragioni, della legittimità della sua diffidenza. Non lo conosceva abbastanza per poter essere sicura della sua idoneità a prendersene cura e al contempo aveva solo ricordi orribili della sua persona. Non poteva biasimarla. Non poteva fargliene una colpa quando era il figlio di Lucius Malfoy e aveva solo commesso un errore dietro l’altro nel corso della sua patetica esistenza, quando non aveva la minima idea del legame naturale che condivideva con il bambino e del senso di protezione che nutriva nei suoi confronti.
Nei confronti di entrambi, in realtà.
Forse, uno dei motivi per cui si ostinava a non rivelarle dell’Oblivion, era perché voleva proteggerla da ulteriore sofferenza e sapeva che ci sarebbe stata male, scoprendolo.
«Draco, sto parlando di ereditarietà e lo sto facendo perché sono abbastanza convinta che tu non ci stia pensando e che sia importante per te.»
Ah.
Non si era posto il problema, perché Sirius era veramente il suo erede, il suo primo figlio. Non sapeva neanche se avrebbe continuato con quella politica, dato che pensava che, se avesse avuto più figli, sarebbe stato carino dividere il patrimonio equamente tra tutti loro.
I suoi antenati non lo avevano mai fatto per non disperdere gli averi dei Malfoy, ma vivendo tutti al Manor, ciascuno in una propria area, non era stato un problema; i tempi stavano cambiando, però. Lui stesso aveva lasciato il Manor e non aveva mai apprezzato l’idea di restare sotto lo stesso tetto dei genitori dopo il matrimonio. Lucius era troppo invadente, troppo prepotente, avrebbe cercato di imporsi sulla sua relazione in ogni caso e Draco non lo avrebbe tollerato. Quando aveva realizzato di aver sviluppato dei sentimenti per Hermione, quel desiderio di mettere quanta più distanza tra lui e la donna che amava si era solo accentuato.
Adesso, non sopportava neanche di sentire pronunciare il nome di suo padre.
Avrebbe potuto perdonargli di averlo praticamente costretto a prendere il Marchio con i suoi errori, di aver scaricato su di lui responsabilità che non avrebbe mai dovuto avere perché non le aveva cercate in prima persona, aveva solo ereditato i risultati e le conseguenze dei suoi sbagli; avrebbe potuto restare in un rapporto civile con lui dopo la guerra, nonostante tutto, se avesse accettato la sua posizione sull’allontanarsi dalla società e dalla linea purosanguista; avrebbe potuto passare sopra al fatto che gli aveva rovinato l’esistenza, ma poi Lucius aveva obliviato la ragazza che amava, privandola dei loro ricordi insieme, portandogliela via e, ora lo sapeva, derubandolo di cinque anni della vita del suo primo figlio e quello non glielo avrebbe potuto perdonare mai. Se non fosse stato per quell’orrenda Legge, la condanna infertagli da Lucius Malfoy sarebbe stata a vita: lo avrebbe strappato via dalla sua stessa famiglia per sempre.
Peccato che, al contempo, aveva avuto la possibilità di ricostruirla nel modo peggiore che esistesse.  
Era il fottuto, maledetto, paradosso della sua vita.
Draco sguazzava continuamente nei suoi ricordi, ne aveva bisogno per restare lucido.
Sirius occupava gran parte del suo tempo, perché proprio non riusciva a privarsene, mentre la restante parte delle sue giornate cercava in tutti i modi di trascorrerla con Hermione; era importante che stessero insieme, o non sarebbe mai riuscito a riavvicinarla a sé. Ma la notte, prima di andare a letto, un letto che desiderava ardentemente non restasse vuoto per molto altro tempo, apriva la teca nel suo ufficio e contemplava la struttura pietrosa che nascondeva.
Per due anni, dopo aver ottenuto il perdono dal Wizengamot, era impazzito pur di riuscire a mettere le mani su un Pensatoio, pur di aver modo di rivederla, di rivivere anche solo indirettamente i meravigliosi momenti che avevano vissuto insieme tra le mura di Hogwarts.
I baci rubati tra una lezione e l’altra, nascosti dentro qualche vecchio armadio delle scope in disuso. Le serate passate nella Stanza delle Necessità dopo la ronda, lavorare assieme a lei e rendersi conto di essere una squadra perfetta. I bigliettini che era solito farle scivolare nella cartella, o nei libri, prima di lasciare una classe, sperando di vederla presto, di ricevere una risposta da parte sua perché era l’unico modo in cui potevano comunicare quando non erano soli. Le loro risate e le sue braccia che lo stringevano quando gli attacchi di panico lo colpivano, le sue orecchie sempre tese ad ascoltarlo e la sua bocca sempre pronta a rassicurarlo. Era sempre stata brava a dargli speranza, a dargli la forza di agire e reagire.
Ricordava i suoni che emetteva quando le dava piacere, la sensazione della sua pelle sotto il palmo della mano, il suo profumo.
Gelsomini.
Aveva tappezzato le mura di cinta della villa di rampicanti per avere l’illusione di averla vicina.
Ma anche adesso che era sua moglie, Hermione era veramente sua solo nei suoi ricordi.
«Non importa cosa accadrà, Draco Malfoy. Noi ci apparteniamo. Lo hai detto tu, ricordi?»
L’eco di quella promessa era la sua maggiore fonte di speranza; revisionava quel particolare ricordo ogni notte, perdendosi in una notte ormai lontana, quando la teneva stretta tra le sue braccia, nascosti in un angolo della Torre di Astronomia, poco prima che divenisse il luogo dove aveva avuto inizio il declino della loro relazione.
Erano stati l’uno la prima volta dell’altro e ogni dettaglio della prima volta che avevano fatto l’amore era ben impresso nella sua memoria, non aveva bisogno di rivedere il momento in cui lo aveva designato in qualche modo come degno di averla, - e come nessuno l’aveva mai avuta prima -, per ricordarlo alla perfezione. Era stata la conferma di aver fatto bene ad accettare di diventare una spia, di riserva certo, ma pur sempre una spia; in quel modo, poteva sentirsi almeno un po’ meritevole di lei.
Rammentava alla perfezione ogni sensazione, ogni emozione, cose che nemmeno sapeva di essere capace di provare prima di sperimentarle con lei, tutto ciò che stringerla tra le sue braccia ed essere dentro di lei gli provocava. Il modo in cui lo faceva sentire vivo, giusto, abbastanza. E cosa più importante, amato.
Con lei, Draco aveva imparato ad amare, in tutti i sensi; a donarsi totalmente a un’altra persona e al contempo aveva capito cosa volesse dire essere amato veramente, senza riserve.
Si chiedeva spesso se Hermione avesse avuto qualcun altro negli anni in cui erano stati separati… lui no. Nessun’altra strega era riuscita a suscitare il suo interesse, dopo aver avuto lei. E come poteva un’altra donna occupare i suoi pensieri, quando lui, Hermione, l’amava ancora come il primo giorno e forse ancora di più?
Scrollò le spalle. «Ci penseremo quando sarà il momento.»
Non c’era niente su cui pensare, in realtà. Sirius era veramente il suo primo figlio biologico.
Si impose di trattenersi dal confessare tutto, per la milionesima volta.
«Draco…»
«Hermione
Perché doveva per forza sentire il suo tono definitivo prima di abbandonare le armi? Sembrava che la divertisse combatterlo e forse era veramente così. Erano sempre stati bravi in quello.
Lui, però, era stanco degli scontri.
Voleva amarla, ma per poterlo fare, doveva prima riconquistarla.
Non sarebbe stato facile; la prima volta, al sesto anno, si erano semplicemente avvicinati insieme, lentamente, senza neanche rendersene conto. Questa volta, Hermione era troppo guardinga, troppo sulla difensiva, troppo cauta… era più adulta, temprata da anni di guerra, responsabile e tutto il suo essere era focalizzato su Sirius, com’era giusto che fosse, sul proteggerlo da ogni male della vita; abbattere la sua corazza adesso sarebbe stato complicato.  
Anche se, esattamente come la prima volta, si erano ritrovati a dover trascorre inevitabilmente del tempo insieme, da soli, c’erano delle differenze sostanziali: durante la guerra erano entrambi fragili, spaventati, mentre ora, di fragile, c’era solo lui, che lo nascondeva al resto del mondo.
Sperava che anche lei avesse ancora bisogno di trovare qualcosa che la facesse sentire viva e che trovasse quel qualcosa in lui una seconda volta.
Draco aveva bisogno di lei.
Non riusciva a dirle la verità, - pensava non fosse il momento giusto -, ma non riusciva neanche a comportarsi in maniera distaccata e credibile per il contesto in cui si trovavano, alla luce di ciò che ricordava di lui, il che sfociava inevitabilmente nel confonderla con il suo atteggiamento. Lei non ricordava com’era diventato nei suoi confronti durante il sesto anno; si stava, in realtà, trattenendo, ma per lei era solo strano. E non era colpa sua. Era colpa di Lucius, come sempre.
Draco voleva che il matrimonio funzionasse, ci sperava con tutto il cuore e non era riuscito a nascondere questo desiderio da lei, che ovviamente non lo capiva.
Rimpiangeva ogni secondo perso, passato lontano da Sirius e da Hermione.
Malediceva suo padre ogni volta che li guardava giocare insieme o parlare, guardare la televisione accoccolati sul divano, - Hermione aveva portato quasi tutti i suoi dispositivi Babbani con sé -, e pensava che, se le cose fossero andate diversamente, forse, in quel quadretto famigliare ci sarebbe rientrato anche lui. Invece, sedeva su una poltrona, accanto a loro, certo, ma comunque più distante di quello che avrebbe dovuto e desiderato essere.
Hermione aveva tenuto un album, ricco di fotografie magiche e non, che documentava la sua crescita fino a quel momento; aveva avuto un effetto duplice e contrastante su di lui: era stato un piacere vederlo, ma anche una tortura, perché lui avrebbe dovuto essere dall’altra parte dell’obiettivo in quelle situazioni, non uno spettatore esterno che visionava quelle testimonianze a distanza di cinque anni.
Sirius sembrava avvertire il legame che li legava, non aveva dovuto sforzarsi troppo per far breccia nel suo cuore; il biondino lo adorava. Certo, gli dispiaceva che l’eroe di suo figlio fosse Harry Potter e non lui, ma poi ci aveva riflettuto sopra ed era arrivato alla conclusione che forse era meglio così.
Draco non si reputava un esempio da seguire, il Prescelto era indubbiamente molto più adatto a quel ruolo, ma… era capace di amore; poteva amarlo, accudirlo, crescerlo meglio di come era stato cresciuto lui, con Hermione; gli bastava. Gli bastava poter esserci per lui, fargli da padre.
A quanto pareva, accontentarlo su ogni cosa era sbagliato, - Draco stava prendendo appunti -, così come viziarlo troppo, fargli troppi regali. Praticamente, in una sola settimana, la donna aveva smontato anche tutte le poche cose buone che pensava i suoi genitori avessero fatto per lui. A quanto pareva erano sbagliate anche quelle. Grandioso.
Hermione sospirò. «Sarà uno scandalo», mormorò rassegnata. «Se non siamo finiti sui giornali finora è stato perché Kingsley mi ha garantito la massima riservatezza sul nostro matrimonio, ma questo… questo non potremo tenerlo nascosto.»
Draco si passò la lingua tra le labbra. «Ti infastidisce? Essere legata a me? Legare Sirius a me?»
«Mi infastidisce dover dare giustificazioni sulla mia vita alla popolazione magica» replicò in tono asciutto. «Ancora
Il biondino annuì. «Non mi importa di quello che diranno.»
Lei lo studiò con evidente curiosità per qualche secondo, poi scosse il capo impercettibilmente, come se avesse ingoiato una domanda che per un istante aveva desiderato porgergli. «Dovremmo concordare una storia, una versione dei fatti.»
Draco convenne con lei e le raccontò la sua “idea”, che di inventato non aveva assolutamente nulla, anche se lei non poteva ricordarlo.
«Eri proprio serio con questa cosa della relazione segreta al sesto anno, ah?» ridacchiò lei, ma lui non l’accompagnò.
Non c’era niente da ridere.
Quello che le aveva detto era tutto vero; rammentava ancora lo sforzo di dover fingere in pubblico per non far saltare la sua copertura, le ore che trascorreva in bagno a vomitare dopo averla dovuta offendere in qualche modo, il dolore che aveva provato nel realizzare esattamente in quanti e quali modi aveva ferito la ragazza che amava, in passato, e senza alcun motivo. Il peso opprimente del Marchio sul suo avambraccio e quello che significava, e la vergogna che provava ogni volta che lo spogliava e quella macchia nera spiccava sulla sua pelle candida, gravavano ancora su di lui. Non aveva mai capito se farla sua ugualmente fosse un atto audace o egoistico. A lei, a quel tempo, non sembrava importare, diceva che ciò che contava era che non lo rappresentasse veramente, che lo stava usando contro di lui per aiutarli nella lotta, per aiutarli a sconfiggerlo. Quelle sue rassicurazioni non sempre erano sufficienti ad acquietare i suoi demoni interiori, ma le sue labbra, il suo tocco dolce e gentile e la percezione della sua pelle contro la propria sì.
Ancora più chiaramente, Draco ricordava il fastidio di non poter intervenire e prendere a pugni Cormac McLaggen quando ci provava spudoratamente e insistentemente con lei o quando la guardava come se fosse un pezzo di cioccolato appetitoso. Il meglio che poteva fare era intromettersi fingendo di prenderli in giro e irritarlo, così che se ne andasse e la lasciasse in pace.
Quel ricordo lo irritò anche nel presente.
«Hai qualche idea migliore?»
Lei scosse la testa. «Sembra… ci hai pensato per bene», considerò, unendo le sopracciglia. «Sembra credibile.»
Draco represse a stento una risata sardonica.
Credibile” era riduttivo.
Quella storia era vera.
Era tutto vero.
Avrebbe voluto urlarglielo, farla finita, dirle tutto.
Dirle che l’amava con tutta l’anima.
«L’unica problematica è che questo solleverà ancora più domande sul periodo della guerra» rifletté Hermione. «Non voglio tornare a parlare di quel periodo, hanno appena smesso di tormentarmi al riguardo.»
«Silenzio stampa», rispose lui, facendo spallucce. «Sono cose che sappiamo solo noi, non possono costringerci a rivelarle. Che facciano pure le loro speculazioni.»
«In teoria», lo corresse lei, con aria assorta.
«Cosa?»
«Sono cose che in teoria sappiamo solo noi», specificò lei.
Non era sbagliata, quella puntualizzazione, a conti fatti: le sapeva solo lui. Lucius se n’era assicurato.
Poteva essere la sua occasione di far sapere al mondo il vero ruolo che aveva giocato nella guerra, ma non gli importava; sarebbe volentieri rimasto un Mangiamorte codardo agli occhi della comunità pur di risparmiare dell’angoscia aggiuntiva a lei.
«Dovrò capire come gestire Harry e Ron, perché mi faranno il terzo grado. Si chiederanno perché non gliel’ho detto.»
Un angolo delle labbra di Draco tremò, voglioso di sollevarsi in un accenno di sorriso. «Potter non sarà un problema. Weasley, d’altro canto…»
Potter sapeva molto più di lei. Fargli fare un Patto di Segretezza era stato un colpo di genio, il Prescelto non avrebbe mai mantenuto quel segreto senza, non ne sarebbe stato capace. Ci riusciva a stento lui.
«Ron ha i suoi problemi a cui pensare.»
«Non è contento del suo match?»
Hermione rise senza ilarità. «Credimi, è un eufemismo. Scommetto che una parte di lui avrebbe preferito sposare te.»
Il biondino strinse le labbra tra i denti. «Il suo match è peggiore del tuo, quindi?» berciò freddamente.
«Non intendevo dire questo» obiettò lei e il suo viso assunse un’espressione dispiaciuta. «Solo che se noi siamo… complicati, loro… beh…»
Draco sollevò un sopracciglio, improvvisamente curioso. «Chi gli è capitato?»
«Pansy Parkinson.»
Scoppiò a ridere di gusto.
Fu più forte di lui.
Dovette persino tenersi lo stomaco con le mani e asciugare le lacrime dagli occhi.
Gli facevano male le costole.
«Pensi che sia divertente?» chiosò lei, irritata.
«Terribilmente!», rispose lui, sghignazzando. «Pansy Weasley. Merlino
Hermione ruotò gli occhi. «Si uccideranno a vicenda!»
Draco continuò a ridere, incapace di fermarsi, così alla fine lei sbuffò e se ne andò in biblioteca.
Aveva appena sprecato la pausa dalla ricerca sulla pozione di quel giorno, ma ne era valsa la pena.
 
*
 
Una settimana dopo, entrò nell’ufficio di Potter con un’aria estremamente soddisfatta e felice.
Due mesi e mezzo dopo il matrimonio, ce l’aveva finalmente fatta.
«Malfoy, non credevo che fossi stato convocato oggi.»
«Sono qui per faccende personali, Potter», spiegò lui, sedendosi sulla poltrona con un’espressione raggiante stampata in volto.
«Posso chiedere cosa ti ha reso così solare, Malfoy?»
Il biondino ghignò. «Guarda con i tuoi occhi.»
Gli passò dei documenti su pergamena pregiata e attese trepidante la sua reazione.
«Hai riconosciuto Sirius» commentò spiazzato lui. «E per farlo serve il test di paternità. Hai… hai detto tutto a Hermione?»
Draco arricciò il naso. «Non essere sciocco, non è ancora il momento.»
Nonostante il tempo che avevano condiviso da soli allo Chalet, nonostante le ore che trascorrevano insieme nel suo laboratorio di Pozioni, Hermione si era distesa pochissimo nei suoi confronti.
Quando erano lontani dal resto del mondo era più semplice; gli bastava invitarla in piscina e l’idromassaggio la rilassava al punto da sciogliere i suoi nervi e farla sentire più a proprio agio nel parlare. Da quando erano ritornati alla villa, invece, avevano troppo da fare per concedersi spesso quel momento di relax e lei avrebbe ricominciato a lavorare due settimane dopo. Il Ministero avrebbe dovuto garantire un periodo di ferie più lungo per ripagare le persone coinvolte nella Marriage Law, per aiutarli a capire come trarre il meglio dalla situazione in cui erano stati catapultati senza preavviso né preambolo alcuno. Era stato per via di una loro decisione che necessitavano di tempo per legare, in fondo. Avrebbero potuto assumersi qualche responsabilità in più, quelle canaglie.
«Quindi come spiegherai questo?» indagò Harry, sventolando la pergamena con il risultato del test del DNA davanti al viso del suo stoico interlocutore.
Il biondino scrollò le spalle. «Le ho detto che avrei corrotto il tizio del laboratorio di analisi.»
«Che cosa?» esclamò allucinato Harry. «Tu sei pazzo! Potevi approfittarne per-»
«No, non capirebbe. Pensava che la storia che abbiamo concordato come versione pubblica dei fatti fosse “esilarante”» gli raccontò corrucciato. «È vera!»
«Ma lei non lo sa! E tu non glielo dici!» obiettò Potter, sempre più allibito.
«Ti assicuro che non è ancora pronta a saperlo.»
«Oh davvero?», ribatté Harry. «Non è che sei solo tu che scegli ancora una volta di comportarti da codardo perché hai paura della sua reazione?»
«Vaffanculo, Potter!»
Draco si rialzò, afferrò i documenti e si diresse a passo spedito verso la porta.
«Non era per offenderti!» gli gridò dietro il moro. «Ma per avvisarti che ti stai scavando la fossa da solo! Hermione la prenderà per manipolazione.»
Il biondino si irrigidì sentendo quella mera constatazione. «Non è quello che intendevo fare» rispose seccamente. «Volevo solo sistemare le cose con mio figlio.»
«Che non sa comunque che sei veramente suo padre.»
«Per ora» precisò Draco, sbuffando.
Si passò una mano sul volto. «Senti, sono appena riuscito a farla sentire a suo agio con me. Non voglio rovinare tutto un secondo dopo.»
«Tu temi solo che possa continuare a respingerti», lo espose Potter. «Temi il rifiuto. Ma la conosco troppo bene. All’inizio darà di matto, dopodiché ti ascolterà.»
«Se lo dici tu», borbottò il biondino e poi aprì la porta.
«Ah, Malfoy!»
«Sì?»
Harry gli sorrise, lieto. «Congratulazioni.»
Draco non riuscì a impedire agli angoli delle sue labbra di sollevarsi a loro volta. «Grazie, Potter.»
«Ah! Ginny ed io vorremmo invitare te e signora a cena a casa nostra, questo fine settimana», aggiunse poi il moro. «Mandami una risposta via gufo.»
   
 
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