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Autore: Star_Rover    14/12/2022    5 recensioni
Stephen Mallory ed Henry Winterton non potrebbero essere più diversi. Il primo è un giovane impulsivo e passionale, l’altro invece è freddo e razionale.
Fin da ragazzi i due si ritrovano a competere l’uno contro l’altro, che sia per vincere una gara sportiva o conquistare il cuore di una fanciulla.
La loro rivalità perdura nel tempo, fino allo scoppio della Grande Guerra. Al fronte una questione personale metterà a dura prova due promettenti ufficiali dell’Esercito britannico.
Genere: Guerra, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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Ringrazio i fedeli lettori che stanno seguendo questo racconto. 
Un ringraziamento speciale ai cari recensori e alla gentilissima Enchalott per il supporto^^


 

4. Al fronte

(Parte II)
 

Il tenente Winterton si incamminò lungo il sentiero che conduceva al villaggio con aria afflitta. Stava tornando dall’ospedale, dove si era occupato di assistere alcuni commilitoni feriti. Aveva visto quei giovani agonizzanti distesi sulle barelle, alcuni avevano già il volto pallido e scarno come quello di un cadavere. Aveva potuto riconoscere lo spettro della morte nei loro sguardi vitrei. Ormai era abituato agli orrori della guerra, ma la sofferenza dei suoi compagni era difficile da tollerare. Restava pur sempre un essere umano, per quanto il suo grado gli imponesse di mantenere un freddo distacco, dentro di sé continuava a provare pietà e commiserazione.
Quella era stata una giornata particolarmente drammatica, soltanto poche ore prima era stato informato della morte di Philip. Il suo amico era caduto sul campo di battaglia di Cambrai, mentre combatteva in prima linea.  
Aveva visto il suo vecchio compagno di scuola soltanto poche settimane prima, non poteva credere che egli fosse morto. Quella notizia l’aveva profondamente sconvolto.
Era consapevole che la guerra non avrebbe risparmiato nessuno nella sua violenza e crudeltà, sarebbe stato ipocrita da parte sua piangere la morte di un solo uomo in confronto alle enormi perdite dell’esercito britannico, eppure non poteva restare indifferente a quel lutto.
Winterton trovò un po' di conforto quando tornò nel suo alloggio, il suo fedele attendente si era preoccupato di fargli trovare un buon piatto caldo.
Henry aveva cenato da solo, tormentato da pensieri sempre più opprimenti. Avrebbe preferito tornare in prima linea, quell’attesa stava diventando sempre più estenuante. Aveva bisogno di vivere la guerra nel vivo della battaglia, almeno in quelle condizioni non avrebbe avuto il tempo di pensare alle conseguenze.
In quel momento ripensò ai racconti che il veterano McLean narrava ad Oxford, da ragazzo aveva apprezzato il lato avventuroso di quelle esperienze belliche, soltanto ora poteva comprendere a fondo la sofferenza di cui erano impregnati i vecchi ricordi di un soldato.
Le sue parole erano ancora ben impresse nella sua mente: questa dedizione ti sarà utile.
Winterton prese un profondo respiro, era consapevole delle proprie responsabilità, i suoi uomini avevano riposto piena fiducia in lui, non aveva alcuna intenzione di deludere le aspettative dei suoi sottoposti e dei suoi superiori. 
Ancora una volta avrebbe trovato la forza di restare fedele a se stesso. 
 
Quella sera il tenente Winterton e il tenente Mallory si incontrarono per la prima volta al fronte, ma nessuno dei due prestò particolare attenzione all’evento. Il primo era sconvolto per la morte del caro amico, l’altro invece era stremato da lunghi giorni di marcia.
Henry era a passeggio con il sottotenente Crawford, i due si erano ritrovati casualmente ad assistere al mesto ingresso in paese dei connazionali. Una modesta folla di militari si era radunata in strada al passaggio delle truppe a cavallo.
Uomini e animali portavano i segni della fame e della fatica, si trascinavano allo stremo delle forze, coperti di polvere e fango.  
«A quanto pare sono tempi duri anche per i nostri prodi cavalieri» commentò Crawford.
Winterton si limitò ad annuire in silenzio. Ciò che era stato preannunciato come la trionfante entrata in battaglia della cavalleria assomigliava più a una macabra parata di condannati in marcia verso il patibolo.  
Tra decine di volti scuri e inespressivi Henry notò qualcuno che attirò la sua attenzione. Un tenente procedeva a testa alta, deciso e imperterrito nonostante la stanchezza.
L’ufficiale a cavallo rivolse solo una rapida occhiata alla folla di soldati che, nonostante tutto, acclamava l’arrivo dei rinforzi.
I loro sguardi si incrociarono soltanto per un breve istante. Le iridi verdi di Stephen scintillarono prima di essere nuovamente oscurate all’ombra dell’elmetto.
Henry ebbe solo il tempo di riconoscere i lineamenti familiari dell’irlandese per poi vedere la sua figura scomparire nella polvere, confondendosi tra la massa informe color kaki.
 
***

Winterton dimenticò rapidamente quel furtivo incontro, il giorno seguente ricevette l’ordine di tornare in prima linea.
Il paesaggio deserto e devastato dalle esplosioni era ormai familiare agli occhi del giovane ufficiale. Per raggiungere il fronte fu costretto a percorrere sentieri scavati nel fango, lungo la strada si trovavano ancora i resti di chi li aveva preceduti. Tutto ciò a significare che si stavano avvicinando alla meta.
Il tenente Winterton era da poco uscito dalla foresta bruciata dal fuoco e corrosa dal cloro quando all’improvviso udì un rumore sospetto. Si trattava di un lieve brusio che pian piano diventava sempre più intenso. Lo riconobbe immediatamente, prontamente ordinò al resto della squadra di mettersi al riparo, quello era il motore di un aereo. Infatti poco dopo dalle nubi sbucò un biplano, il velivolo planò sulla vallata, scaricando raffiche di mitragliatrice sulla strada.  
Henry si rannicchiò nella sua buca, quando il biplano sorvolò la sua testa poté ben notare la croce nera dipinta sulle ali. Allontanandosi il pilota decise di dar prova della sua abilità, volteggiò tra le nubi, per poi virare all’improvviso, scomparendo rapidamente alla vista del nemico.
Henry si rialzò sulle gambe tremanti, in lontananza intravide la luce abbagliante dei razzi. 
Il tenente proseguì senza dire nulla, rassicurato dalla sola presenza dei suoi commilitoni. Il paesaggio notturno era caratterizzato dalle sagome delle rovine che si stagliavano al chiaro di luna.
I soldati si calarono nelle trincee, percorrendo cunicoli sempre più stretti e tortuosi. Incrociarono postazioni di artiglieria abbandonate, dove vecchi cannoni giacevano sommersi dal fango come relitti sul fondo dell’oceano.
L’odore della polvere da sparo era talmente intenso da rendere quasi irrespirabile l’aria delle trincee.
Winterton e i suoi compagni notarono i primi segni di vita in una postazione di collegamento, i soldati apparvero pallidi e muti come fantasmi, in quella landa desolata tutto aveva un’aria spettrale.
Henry affrettò il passo di marcia, quel silenzio non gli piaceva affatto, aveva visto di cattivo auspicio l’apparizione del biplano tedesco.
Quei pessimi presentimenti si rivelarono ben presto realtà. All’improvviso una fragorosa esplosione interruppe la quiete della notte. Winterton si gettò a terra, stordito e frastornato. Un’intensa nube scura si sollevò dalla polvere. Si udirono delle grida di panico e disperazione.
Henry si rialzò da terra tossendo a causa del fumo, la trincea era stata colpita, il passaggio era ostruito dalla frana e dai corpi carbonizzati dei suoi commilitoni.
Winterton raggiunse la sua postazione ancora frastornato dall’accaduto, quella visione l’avrebbe tormentato a lungo negli incubi.
 
 
Il tenente Mallory ebbe modo di riprendersi dalle fatiche della lunga marcia. Al comando del suo plotone aveva occupato un villaggio di confine, con il compito di presidiare il posto fino all’arrivo di ulteriori ordini.
Per Stephen e i suoi uomini quella fu una piacevole parentesi di pace nel mezzo della cruenta guerra. Il villaggio era tranquillo e i pochi abitanti si dimostrarono collaborativi.
Il tenente Mallory si trovò perfettamente a suo agio come ambasciatore dell’esercito britannico in quella sperduta landa della campagna francese. Alcuni cittadini si erano rivolti a lui per questioni di ordine pubblico di ben poco conto, ma il giovane ufficiale era stato orgoglioso di ricoprire quel ruolo di autorità.
La sua presenza aveva suscitato interesse anche tra le fanciulle del paese, le quali cercavano sempre l’occasione per mettersi in mostra davanti al bel tenente dal fascino straniero.
Mallory era lusingato da quelle attenzioni femminili, ma la sua reazione non era mai andata oltre a un cortese sorriso. Trovava la situazione divertente, nulla di più.
Rideva e scherzava con i suoi commilitoni a riguardo, quando restava solo però tornava a pensare all’unica donna che aveva conquistato il suo cuore. Soffriva ancora terribilmente per la perdita di Charlotte. Ciò che più faceva male era la consapevolezza che lei sarebbe stata felice tra le braccia di un altro uomo.
Stephen era perso nei suoi malinconici ricordi quando all’improvviso fu raggiunto da una staffetta agitata e ansante per la lunga corsa.
«Signor tenente, una comunicazione urgente!»
L’ufficiale si affrettò a leggere il messaggio, si trattava dei nuovi ordini che da tempo stava attendendo con trepidazione. Il riposo era terminato, finalmente era giunto il momento di tornare in azione.
 
***

I bombardamenti proseguivano incessantemente da settimane. Il villaggio era stato completamente distrutto, ancora si ritrovavano corpi martoriati tra le rovine e le macerie. La prima linea era ormai isolata, gli inglesi non avevano più alcun supporto. Bisognava difendere la postazione e resistere ad ogni costo.
Il tenente Winterton pensava a questo mentre osservava con aria assorta la terra di nessuno oltre al filo spinato. Le speranze erano ormai svanite, erano soli ad affrontare il nemico, potevano contare solo sulle loro forze.
Henry era consapevole che la prossima battaglia sarebbe stata quella decisiva per il controllo della foresta. I tedeschi erano pronti ad attaccare, ormai conosceva bene le tecniche del nemico.
Henry avvertì l’ennesima esplosione sulla collina, ormai non restava più molto tempo.
 
Winterton si presentò nel rifugio del capitano Peterson. Il comandante era in piedi davanti al tavolo ed osservava con apprensione le mappe.
«Tenente, ha l’ordine di schierare i suoi uomini in trincea. L’attacco avverrà prima dell’alba»
Il giovane ufficiale annuì con decisione.
Peterson rivelò il piano d’azione, preoccupandosi di fornire al suo sottoposto i dettagli fondamentali.
Henry rimase perplesso, non esitò ad esporre le sue obiezioni.
«È assurdo. Non possiamo sperare di sfondare le difese nemiche con una carica di cavalleria. Le mitragliatrici tedesche falceranno uomini e animali ancor prima che possano raggiungere i reticolati!»
Lo sguardo del capitano si incupì: «questi sono gli ordini»
Winterton guardò il suo superiore negli occhi: «sarà un massacro, lei ne è consapevole quanto me»
Peterson lo ammonì severamente: «non devo certo ricordarle qual è il suo dovere. Torni dai suoi uomini, tenente. Sa cosa deve fare»
Henry si congedò con freddezza, senza però dire più nulla. Sapeva di dover eseguire gli ordini, non era nella posizione di poter mettere in discussione le decisioni dei suoi superiori. Avrebbe fornito il suo contributo in quell’attacco, con la consapevolezza di star guidando i suoi uomini all’inferno.
 
La nuvola biancastra di fosgene si sollevò sulla vallata, il vento era favorevole, i vapori tossici raggiunsero rapidamente le trincee tedesche. Il tenente Mallory assistette all’attacco con il gas dall’altura dove la cavalleria stava attendendo di entrare in azione.
L’ufficiale provò una forte emozione nell’essere testimone di un evento tanto terribile quanto affascinante, avvertiva sempre di più l’eccitazione della battaglia. Sentiva il sangue pulsare nelle vene, era pronto ad affrontare il suo destino.
Quando la nube di gas iniziò a dissolversi giunse il segnale, la cavalleria partì all’attacco.
Stephen si mosse insieme a una moltitudine di uomini e cavalli che, come una valanga, iniziarono a scendere dal pendio. Gli inglesi procedettero compatti, uno di fianco all’altro, imperterriti contro al nemico.
La prima pioggia di proiettili si abbatté con violenza contro al muro di cavalieri, l’avanzata rallentò, ma non si fermò. Dopo pochi attimi di esitazione gli inglesi tornarono alla carica, mentre una seconda ondata uscì allo scoperto.
Stephen incitò il suo cavallo al trotto, saltando crateri e fossi come gli ostacoli di una competizione. Avvicinandosi alle trincee nemiche i cavalieri spronarono gli animali al galoppo.
Il tenente Mallory stava correndo a tutta velocità verso i reticolati quando l’artiglieria tedesca si decise ad entrare in azione. In un solo istante la cavalleria britannica si ritrovò nel mezzo dello scontro. Stephen vide i suoi compagni cadere a terra, colpiti da proiettili e schegge di granate. Urla e lamenti disumani sovrastarono l’eco della battaglia.
Il tenente strinse le briglie del suo cavallo e con un balzo superò il filo spinato.
 
Winterton saltò oltre al parapetto di legno e corse insieme ai suoi compagni in direzione dei reticolati. Superò il filo spinato e proseguì l’avanzata nella terra di nessuno.
Intorno a lui poteva udire le grida dei feriti, bombe e proiettili volavano sopra alla sua testa. Il giovane ufficiale si gettò a terra per ripararsi da un’esplosione. Il suolo sotto di lui tremò fragorosamente, un soldato poco distante fu colpito dalle schegge di una granata. Henry strisciò nel fango, arrancò cercando riparo in una fossa. Una seconda esplosione lo scaraventò contro al muro di argilla. Il tenente si arrampicò sulla parete fangosa e risalì in superficie. Senza voltarsi riprese a correre tra la nebbia e la polvere.
Quando superò i reticolati nemici si ritrovò davanti a uno spettacolo terrificante. L’intero campo di battaglia era disseminato di cadaveri, cavalli e cavalieri giacevano inermi nel fango. Resti umani e animali erano dispersi ovunque, in una macabra visione di orrore.
Winterton avvertì una forte sensazione di nausea, per raggiungere la sua meta fu costretto a strisciare tra le carni maciullate dei suoi commilitoni.
Non ebbe il tempo di cedere alla disperazione, le mitragliatrici tedesche ripresero a sparare.
Henry continuò a correre a tratti e balzando tra buche di granate e trincee abbandonate riuscì a raggiungere un riparo.  Ben presto realizzò di aver perso il senso dell’orientamento, il nemico poteva essere ovunque.
Si sporse di poco oltre al muro di terra, ma proprio in quel momento fu accecato dal lampo di un’esplosione, il suolo franò sotto ai suoi piedi. Winterton ebbe la sensazione di sprofondare nelle viscere della terra.
 
Mallory riprese conoscenza ritrovandosi disteso nel fango. Il suo cavallo era sparito, spaventato dalle fiamme e dalle esplosioni l’animale l’aveva disarcionato prima di fuggire nella foresta infuocata.
Stephen si rialzò a fatica, avvertendo intense fitte di dolore sul lato destro del corpo, dove aveva sbattuto violentemente contro al terreno. Con un sospiro di sollievo constatò di non avere nulla di rotto. Era stato fortunato, considerando che con una brutta caduta come quella avrebbe potuto facilmente spezzarsi l’osso del collo.
Il giovane ufficiale recuperò il suo fucile, intorno a lui riconobbe solo cadaveri. L’intero campo di battaglia era coperto da una densa nube di fumo e polvere.
Stephen vagò in quel territorio sconosciuto, udiva i suoni della battaglia e scorgeva i bagliori delle esplosioni, ma orientarsi in quel labirinto di trincee sventrate era impossibile.
L’ufficiale non si perse d’animo, tentò di affinare i sensi, e affidandosi all’istinto proseguì la sua disperata marcia verso la salvezza.
Era ormai rassegnato all’idea di essersi perso quando all’improvviso avvertì dei rumori provenire dal fondo di una buca. Qualcuno era ancora vivo.
Stephen si avvicinò con cautela al bordo del cratere, con sollievo abbassò il fucile, l’altro malcapitato era un inglese. Il tenente non esitò a scendere sul fondo per soccorrere il suo compagno.
«Sei ferito?» domandò avvicinandosi.
L’altro scosse la testa, sembrava ancora tutto intero.
I due connazionali si riconobbero soltanto quando furono abbastanza vicini da guardarsi in volto. Entrambi furono sorpresi da quello che poteva apparire come uno strano scherzo del destino, eppure nessuno disse niente a riguardo. In quel momento erano soltanto due ufficiali sul campo di battaglia.
Stephen notò che il compagno era in difficoltà così l’aiutò a rialzarsi offrendogli supporto.
«Forza, non possiamo restare qui»
Henry era troppo debole per replicare, così si lasciò trascinare in superficie.
Tornato in sé il tenente Winterton si interrogò su come agire per poter tornare alle linee inglesi. Il suo compagno sembrava deciso a proseguire il cammino seguendo la trincea, ma egli si oppose.
«Dobbiamo attraversare il campo in diagonale»
«Così saremo più esposti»
«È la via più breve, ed è anche più sicura»
Stephen acconsentì, sapeva che Winterton aveva più esperienza in trincea, doveva dunque fidarsi di lui.
I due ufficiali si inoltrarono nella terra di nessuno, cercando riparo tra i crateri lasciati dalle vecchie esplosioni.
All’improvviso Henry fu allertato da un sibilo ben noto, rapidamente si gettò a terra trascinando il suo compagno con sé appena in tempo per evitare una pioggia di schegge.
Mallory si sollevò sui gomiti e proseguì strisciando sul ventre, imitando i movimenti cauti e prudenti del suo commilitone.
In quelle condizioni raggiunsero le rovine di un vecchio rifugio. Approfittarono di quel riparo per concedersi qualche attimo di riposo. I due ufficiali si rannicchiarono contro alla parete di terra, in quel momento sapevano di poter contare solo l’uno sull’altro.
Erano ancora appostati in quel nascondiglio quando avvertirono dei rumori sospetti. C’era qualcun altro là fuori. Mallory si sporse oltre al muro di terra, immediatamente riconobbe il luccichio di due elmetti tedeschi. Il nemico era in trincea.
Winterton imbracciò il fucile, ma Stephen lo bloccò.
«Vado io, tu coprimi!»
Henry non poté ribattere, non sarebbe servito a nulla discutere con una testa calda come la sua. Così sistemò il fucile e si preparò a premere il grilletto.
Mallory si lasciò cadere nella fossa adiacente, fronteggiando direttamente il nemico. I tedeschi ebbero un attimo di esitazione, sorpresi per quell’intrusione improvvisa.
L’irlandese approfittò di quell’istante di indecisione per sparare il primo colpo, il proiettile colpì il nemico in pieno petto. L’altro soldato reagì d’istinto, avventandosi contro l’avversario con la baionetta. Stephen cadde a terra, ritrovandosi coinvolto in un violento corpo a corpo. Nella lotta perse il fucile, rotolando nella polvere. Il tedesco riuscì sovrastarlo, Mallory si rigirò sul fianco, schivando la lama per un soffio.
Era certo di non avere più molte speranze, le forze lo stavano abbandonando. Proprio mentre tentava di contrastare l’ultimo attacco del nemico udì il colpo di uno sparo. Il tedesco sopra di lui s’irrigidì, emettendo un lamento strozzato.
Il corpo inerme cadde con un tonfo nella polvere, riverso in una macchia vermiglia.
Mallory, ancora ansante e con il cuore che batteva all’impazzata nel petto, alzò lo sguardo, riconoscendo la figura di Winterton in posizione di tiro.
Il compagno si avvicinò offrendogli una mano per rialzarsi.
«Ti avevo detto di restare al riparo» lo rimproverò Stephen.
«Se ti avessi dato ascolto adesso saresti tu quello disteso in una pozza di sangue» fu la secca risposta.
 
I due ufficiali raggiunsero le linee britanniche al tramonto, nell’ultimo tratto furono costretti a sorreggersi a vicenda per sostenere lo sforzo. Stremati dalle fatiche della battaglia furono soccorsi dalle squadre sanitarie in cerca di sopravvissuti.
I due furono separati al loro arrivo in trincea, Winterton poté essere medicato in infermeria, mentre Mallory, in più gravi condizioni, fu trasferito in un ospedale nelle retrovie.
La vicenda si limitò ad essere riportata nei resoconti della battaglia, una delle più sanguinose combattute al fronte. Ben presto nessuno volle più ricordare ciò che era accaduto durante quel terribile massacro.
 
***

Passarono lunghi mesi durante i quali Winterton e Mallory non ebbero più notizie l’uno dell’altro. Henry fu ferito a Reims e dovette affrontare una difficoltosa convalescenza. Soltanto il dolore fisico gli impedì di rivolgere tutte le sue preoccupazioni al fronte. Era ansioso di tornare in azione e soffriva al pensiero di aver lasciato il suo plotone privo del suo comando. 
Costretto nel suo letto d’ospedale Winterton ebbe il tempo di riflettere sulla sua condizione e su ciò che stava accadendo. Ripensò spesso anche a Stephen, nei suoi confronti continuava a provare sensazioni contrastanti. Sul campo di battaglia entrambi erano riusciti a trascurare questioni personali, comportandosi come due ufficiali onorevoli. Doveva ammettere di stimare il tenente Mallory per la sua audacia e per il suo coraggio, per questo aveva gradito combattere al suo fianco.
Inevitabilmente, conoscendosi da tanto tempo, avevano imparato a prevedere le rispettive mosse, e nel momento del bisogno erano stati in grado di comprendersi con inaspettata complicità.
Henry si sorprese nel riconoscere tante qualità nel suo vecchio rivale, tanto che pensò di associare certe considerazioni alla febbre alta.
 
Winterton trascorse qualche giorno a Parigi in licenza, durante questo periodo ebbe l’occasione di ritrovare vecchi compagni di trincea.
Una sera si ritrovò in un locale seduto al tavolo con altri ufficiali, tra di loro c’era anche un tenente di cavalleria.
Spinto dalla curiosità, e in parte anche dall’apprensione, Henry si decise a chiedere informazioni su Mallory.
L’ufficiale gli rivolse uno sguardo stranito, esitò prima di rispondere.
«Il tenente Mallory è stato arrestato»
Winterton trasalì nel sentire quelle parole, credette di non aver ben inteso, oppure di essere stato preso in giro.
«È la verità?»
L’altro confermò con estrema serietà.
«È accusato di essere un traditore»
Impulsivamente Winterton batté un pugno sul tavolo: «è assurdo!»
«Sembra che alcuni cospiratori irlandesi abbiano fornito informazioni ai tedeschi»
«Mallory non farebbe mai nulla del genere! Lo conosco bene, per quanto non sia un esempio di obbedienza e disciplina, posso asserire con estrema certezza che non è un sovversivo»
«Sono sempre le persone più insospettabili ad essere colpevoli»
Henry rispose con una smorfia di disapprovazione. Ricordò il dialogo avvenuto quando erano ancora studenti ad Oxford, Stephen non era mai stato orgoglioso delle sue origini, per tutta la vita aveva tentato di ottenere approvazione da parte della società britannica, probabilmente anche per questo aveva scelto di arruolarsi nell’esercito. Un giovane appartenente a una famiglia borghese e unionista non aveva motivi per voltare le spalle alla bandiera. Inoltre, nella sua eccentricità, Mallory era sempre stato un uomo d’onore, l’imbroglio e il tradimento non erano approvati nella sua condotta. «Stephen è innocente» insistette, sorprendendosi poco dopo per aver chiamato il suo parigrado per nome.
«Forse qualcuno ha interesse nel condannarlo» suggerì il suo interlocutore.
Henry rifletté su quell’ultima ipotesi, non ebbe bisogno di meditare a lungo per capire che esistessero persone ben più meschine e meno onorevoli del suo vecchio rivale. Forse tra i nobili ufficiali di cavalleria c’era chi non gradiva l’idea che un irlandese audace e ambizioso stesse facendo carriera nell’esercito, e aveva trovato un modo subdolo ma efficace per disfarsi di lui.
Winterton fu scosso da un brivido di ribrezzo, doveva ammettere che in diverse occasioni aveva desiderato che Stephen potesse sparire per sempre dalla sua vita, ma di certo non aveva mai pensato a nulla del genere.
Una parte di sé ritenne che in fondo fosse anche colpa di Mallory e della sua presunzione se era finito in quella scomoda situazione, dall’altra però non poté ignorare il peso di quell’ingiustizia.
Quella notte non riuscì a chiudere occhio, per qualche ragione non riusciva ad accettare la triste sorte del suo storico rivale. Quella questione lo riguardava anche personalmente, voleva dimostrare che l’uomo con il quale si era confrontato per tanti anni non era un vile traditore, ne valeva anche del suo onore.
Henry si rigirò nel suo letto con un solo pensiero in mente: doveva salvare la vita del tenente Mallory.
   
 
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