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Autore: Pol1709    15/12/2022    1 recensioni
Ben ritrovati! Con questa storia si conclude il ciclo iniziato con "Il Cavaliere e la Strega" e proseguito con "La pietra della collana". Gli avvenimento sono ambientati ai giorni nostri (per ragioni di scorrevolezza della trama non ho considerato la pandemia Covid-19): Oscar verrà chiamata ad essere di nuovo un cavaliere e, con André al suo fianco, affronterà un'ultima battaglia per se stessa e per un mondo antico e dimenticato. Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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E guardò l’orizzonte. Una riva nebbiosa che nascondeva uno specchio d’acqua. Lo chiamavano Lago, ma era in realtà una palude. Una grande ed immensa palude. E quella che doveva raggiungere era un’isola in mezzo a quel nulla.
Dietro di lei la figura nera si avvicinò – Muoviti! – disse solo con una voce tagliente. Lei non sapeva cosa fare, aveva paura. Aveva paura di cosa c’era al di là della nebbia e pensava a lui. Pensava al suo compagno di viaggio che era arrivato fino a lì con lei. Si girò verso la figura oscura: indossava una sorta di tunica e una spada al fianco, ma non riusciva a vederne il volto che era una macchia sfocata. – Vai! – ruggì di nuovo l’essere – Vai! Salva nostro fratello! Salva il Re! Salva la Britannia! –
 
Oscar si destò e si accorse di essersi assopita con il viso appoggiato sulla mano. Al tavolo vicino due bambini dai capelli rossicci la indicavano e ridevano di gusto. Lei sospirò: “Antipatici!” pensò e poi se ne pentì subito. Si sistemò i capelli e guardò all’altro capo del tavolo della locanda in cui lei e Andrew si erano fermati una volta varcati i confini della cittadina di Glastonbury. Guardò il suo compagno di viaggio e sospirò – Sei sicuro che qui nessuno potrà trovarci? –
Lui scrollò le spalle, addentò il boccone di bistecca che era infilzato sulla forchetta e poi guardò il piatto di lei: - Finché restiamo in mezzo alla gente possiamo stare relativamente tranquilli. Tu, piuttosto, sei sicura di voler mangiare il piatto che hai ordinato? Quando hai chiesto l’Haggis sono rimasto sorpreso. Non sapevo nemmeno che qui lo proponessero nel menu. E’ un piatto del nord –
Lei aggrottò la fronte – Il nome…Mi sembrava un nome carino – disse, ed era vero. Chissà perché, aveva provato lo strano impulso di ordinarlo e mangiarlo. Tagliò un pezzo della pietanza e se lo portò alla bocca – Ha una consistenza strana…Ma è buono e saporito –
Andrew strinse le labbra – Beh! L’Haggis è il tipico piatto scozzese: stomaco di pecora farcito di interiora e cuore dell’animale, con spezie e poi bollito per circa tre ore. Una volta l’ho assaggiato, in effetti è molto saporito, ma poi, quando mi hanno detto di cosa è fatto…Credo di aver vomitato anche l’anima! Comunque ti faccio i miei complimenti! Per una che beve e mangia solo prodotti della sua nazione sei di vedute molto larghe…E di bocca buona, se permetti –
Oscar appoggiò la forchetta e si portò una mano alla bocca. Ma veramente aveva mangiato interiora e cuore cotti in stomaco di pecora? Prese il bicchiere della birra scura di fronte a lei e ne bevve un lungo sorso sentendo il liquido lavarle la gola. Il senso di vomito, lentamente, si acquietò e poi sospirò – Lasciamo perdere il mangiare! Forse dovevamo andare subito al complesso del Chalice Well e non perdere tempo a fare i turisti, anche se, sinceramente, non so proprio chi mai dovremmo trovare là –
Lui sorrise debolmente – Ammetto di aver voluto perdere tempo. Forse avevi ragione nel voler tenere l’auto di Morgan…Ma, comunque, oltre ad essere un sito archeologico e storico Glastonbury è anche la meta di molti studiosi del ciclo arturiano, del resto tutto è iniziato e finito qui. E poi ci sono moltissimi negozi e librerie sull’esoterismo naturale e collegati alla cosiddetta New Age e pseudo rituali celtici che di antico non hanno proprio nulla! Ed è anche la sede di un importante festival musicale –
Lei annuì distrattamente. Quando erano arrivati era stato impossibile non notare la grande collina del Tor. Oscar l’aveva guardata ad occhi aperti e aveva provato uno strano brivido lungo la schiena osservando la sagoma della torre sulla cima. Ed erano poi arrivati nel centro della cittadina, proprio accanto alle rovine dell’antica e grande abbazia fatta radere al suolo da Enrico VIII.
Andrew bevve un sorso di vino e poi sorrise – Tutto è iniziato e finito qui…Curioso, vero? Il libretto della tua antenata cosa ci dice? –
Oscar prese tra le mani il piccolo volume e lo aprì sfogliando alcune delle vecchie e consunte pagine: - Non un granché, come sappiamo. L’unica cosa certa è che Oscar è passata di qui: il nome di Glastonbury è chiaro. È quello che ha visto e trovato che non sappiamo…E come lo abbia trovato. Senti, Andrew…Questa domanda è aleggiata tra di noi per tutto il viaggio, ma dimmelo chiaramente: tu credi che Oscar abbia…Voglio dire…Pensi che lei abbia davvero trovato…Il… -
Lui socchiuse gli occhi pensieroso – Il Santo Graal? Che un ufficiale francese del XVIII secolo…Ufficiale e gentildonna, peraltro, abbia trovato per caso quello che re, cavalieri e storici hanno cercato per secoli? Non c’è una risposta univoca in tal senso, lo sai? Beh! Può anche essere di si! Del resto il Graal, secondo la leggenda, è dotato di mistici poteri e sa riconoscere i puri di cuore a cui rivelarsi, come Parsifal, il cavaliere della Tavola Rotonda che, sempre secondo la tradizione, lo trovò –
Lei sbatté le palpebre perplessa – E lo storico dottor Great? Cosa mi dice? –
Andrew sospirò – Semplice: ti direi che è impossibile! Tutto il mito arturiano ruota sulla ricerca di qualcosa…E questo vale per i buoni e per i cattivi. La Fata Morgana cerca il potere, quello assoluto, quello della tirannia che idealmente rappresenta il male. Re Artù e i suoi cavalieri cercano l’armonia di un potere che non schiaccia il popolo, ma porta pace e giustizia, idealmente rappresentato dal Graal, un oggetto idealizzato nel calice che Cristo usò nell’ultima cena e che rappresenta la perfezione mistica a cui ogni uomo e devoto cristiano deve arrivare. In buona sostanza non si tratta di un oggetto vero e proprio, ma una sorta di obiettivo spirituale. E, visto i politici che abbiamo ai giorni nostri, non solo inglesi e francesi, forse è per questo che il mito arturiano è ancora così famoso ed attuale –
Oscar aggrottò la fronte – Ma…Quindi…Il calice di Cristo non esiste? –
Lui sorrise debolmente – Le persone identificano spesso lo spirito con la materia. Non dimentichiamo anche l’influenza della nascente Chiesa cristiana in un mondo che usciva anche troppo in fretta dagli antichi riti pagani. E quindi…Perché non affiancare un mitico re con una grande reliquia della cristianità? E’ un discorso molto lungo e complesso quello che stiamo affrontando, quindi…Te ne intendi di storia romana? –
Oscar sorrise quasi divertita: - Qualche ricordo ce l’ho. Ma perché? –
Lui appoggiò i gomiti sul tavolo e incrociò le dita all’altezza del mento: - Permettimi…Cristo nasce nell’anno 0, all’origine della datazione cristiana, durante il famoso censimento di Ottaviano Cesare Augusto, considerato il primo Imperatore di Roma. Secondo la tradizione, muore nell’anno 33, sotto il regno del successore di Augusto, Tiberio. Quindi, se colleghiamo il mito arturiano e la storia cosa abbiamo? Nel 33 muore Cristo e, probabilmente, in quello stesso anno Giuseppe d’Arimatea e il suo seguito lasciano la Palestina. Secondo molti storici non vanno a Roma, come molti altri, compreso Pietro il Pescatore e poi Paolo di Tarso, ma vanno oltre e arrivano al porto di Massilia, l’attuale Marsiglia, in quella che era l’antica Gallia. Attraversano il continente e poi si imbarcano per arrivare in Britannia, più precisamente a Glastonbury, dove ci troviamo noi adesso. Secondo te quanto ci hanno messo, considerano i mezzi dell’epoca? –
Oscar si irrigidì. Socchiuse gli occhi e cominciò a pensare: - Dunque…Dall’anno 33…Che ci abbiamo messo anche cinque o sei anni e quindi… -
Andrew annuì – Facciamo sette anni, per fare cifra tonda e diciamo che sono arrivati qui nell’anno 40. Tiberio muore nell’anno 37 e il suo successore, Caligola, regna fino all’anno 41, proprio mentre sta organizzando l’invasione della Britannia, torna a Roma per sedare una rivolta e rimane ucciso. L’invasione avviene, invece, con il suo successore, Claudio, nell’anno 43, ma il resto, compresa la ribellione di Boudicca, non ci interessa. Quindi, mia cara Oscar, ti rendi conto di cosa implichi questo? –
Lei strinse le labbra – Che…Che…Qui c’è stata una comunità cristiana totalmente indipendente da quella del resto dell’Impero di Roma, come quella etiope, se non sbaglio…Ma…Ma è possibile? –
Lui sorrise – Oh, si! Non ti sbagli! Noi chiamiamo la Chiesa Cattolica anche Santa Romana Chiesa perché, di fatto, si è sovrapposta alle istituzioni di Roma antica e ne ha assorbito molti aspetti, primi fra tutti i fastosi paramenti dei sacerdoti, i grandi templi in onore della divinità e le complesse liturgie pagane che sono diventate quelle cristiane. Ma qui, nella Britannia pre-romana, molto probabilmente avevamo una comunità di cristiani che non solo era indipendente, ma si è unica anche agli antichi sacerdoti celtici, i druidi e persino alle sacerdotesse di quella religione. Che a Glastonbury ci fosse una comunità femminile è testimoniato non solo dai reperti archeologici, ma anche dalla presenza della Fonte del Sangue, la sorgente che diventa rossa a intervalli regolari e che rappresenta, idealmente, il ciclo femminile. A poca distanza poi è presente anche la White Spring, l’altra fonte, limpida e che rappresenta, altrettanto idealmente, il seme maschile -
Oscar lo guardò a bocca aperta e meravigliata. Lui continuò – La Chiesa ha sempre preferito la sua versione ufficiale sull’evangelizzazione della Britannia e cioè che il primo missionario sia stato Patrizio d’Irlanda nel VI secolo dopo Cristo a cui, trent’anni dopo, si affiancò un’altra squadra di monaci capeggiata da Sant’Agostino –
Lei scosse il capo – Incredibile! Ma questo cos’avrebbe comportato per la mia antenata? –
Lui fece un gesto con la mano – Diamo per scontato che Giuseppe d’Arimatea a i suoi siano davvero arrivati qui e abbiano trovato rifugio presso i sacerdoti celti. Molto probabilmente hanno convertito alcune persone alla nuova religione del Cristo, tanto è vero che, quando sono arrivate le prime missioni ufficiali cristiane, hanno posto come loro base proprio Glastonbury. Mettiamo anche che dalla Palestina quegli esuli abbiano portato degli oggetti che poi sono stati spacciati per reliquie, tra cui un calice, o una coppa, se vuoi. E poco importa se fosse o meno il vero calice che Gesù usò durante la sua ultima cena. Pensaci bene…I cristiani di Glastonbury potevano vantare di essere i discendenti di Giuseppe d’Arimatea e dei suoi compagni e quindi, perché non vantarsi anche di possedere un oggetto sacro? –
Oscar si piegò in avanti – Quindi…Se seguo il tuo ragionamento…La rivolta di Boudicca scoppia nell’anno 60, quasi trent’anni dopo la morte di Cristo e molto dopo l’arrivo di Giuseppe e dei suoi qui –
Andrew sorrise e si avvicinò a lei – Si! La Regina doveva unire le forze dei suoi Iceni con quelle delle altre tribù britanniche e quindi…Perché non venire a chiedere aiuto qui a Glastonbury, uno dei più grandi luoghi sacri della religione celtica? La religione era l’unico elemento che univa i celti di Britannia –
Lei si piegò ancora di più verso di lui – Voleva fare come Vercingetorige in Gallia. Voleva unire le tribù sotto un’unica bandiera e cosa c’era di meglio che mostrare un grande oggetto mistico, sacro anche per un’altra religione? –
Lui annuì – Eh, si! Poteva mostrare la coppa come un’oggetto sacro…Come un simbolo…Come una bandiera sotto la quale avrebbero marciato i celti per sconfiggere i romani –
Oscar deglutì – Ma non c’è riuscita! E’ stata sconfitta…E allora i suoi fidati guerrieri non hanno voluto lasciare nemmeno il suo cadavere nelle mani del nemico…L’hanno seppellita…Con le spoglie di guerra…L’insegna di una legione sconfitta, le armi dei nemici uccisi in battaglia, l’oro preso nelle sue conquiste… -
Lui annuì ancora – E con l’oggetto sacro che usava come simbolo –
Lei deglutì di nuovo, vinta dall’emozione – La coppa! Il Graal! Il simbolo stesso di tutto quello che ci ha spinto a studiare la Storia dell’umanità…Molto probabilmente è stato sepolto con Boudicca…E mia zia…Oscar…Quando ha trovato il suo sepolcro…Ha trovato anche la coppa – disse abbassando la voce fino quasi a sussurrare.
Andrew sospirò – Lo ha trovato… -
Rimasero per lunghi attimi in silenzio guardandosi negli occhi. Oscar sentì il suo cuore battere forte per l’emozione e non riuscì a distogliere lo sguardo dagli occhi di lui. Furono interrotti da una voce acuta sopra di loro: - Ehm! MI spiace interrompere l’emozione, ma avete finito? E’ da un po' che non mangiate e c’è gente che aspetta…Non di mangiare l’Haggis, ovviamente… - disse una giovane cameriera sbuffando.
Andrew guardò la ragazza e sospirò lentamente, poi vide in basso, verso il tavolo e si sorprese nel guardare che le sue mani tenevano quelle di Oscar. Anche lei se ne accorse e ritirò le braccia; guardò la cameriera: - Abbiamo finito. Comunque questo Haggis era ottimo –
La cameriera strinse le labbra – Chi sono io per giudicare! Volete un dolce? –
Lui aggrottò la fronte e guardò Oscar – Direi che possiamo andare – disse solo.
 
Quando Andrew e Oscar uscirono nella piazza della Glastonury Market Cross, forse avrebbero potuto notare alcune coppiette sedute nei tavoli all’aperto di un locale. Una in particolare non faceva altro che scattarsi a vicenda foto con il cellulare. Ad un certo punto la donna, sorridendo, bevve un sorso della sua bibita gassata e si portò in modo naturale la mano all’orecchio, toccando un invisibile dispositivo all’interno del padiglione auricolare: - Sono loro! Il capo aveva ragione. Stanno attraversando la strada e sembra che si dirigano verso il complesso dell’abbazia – disse a bassa voce e armeggiò con il cellulare.
Dall’alto di una finestra di un piccolo albergo una figura scostò le tende e poi si rivolse ad un uomo – Sembra che li abbiano trovati. Sono qui sotto e stanno andando verso le rovine. Che facciamo? –
Alexander Fersen strinse le labbra e incrociò le mani dietro la schiena – Ancora nulla! Aspettiamo di vedere qual è la loro destinazione finale –
Un altro uomo, dalla barba folta e dal corpo massiccio, si alzò in piedi da una piccola poltrona – Possiamo prenderli anche adesso, se è per questo e, sinceramente, non capisco che accidenti stiamo aspettando! Vi assicuro che li faremo parlare, in un modo o nell’altro… –
Martine, seduta ad un tavolino davanti ad un computer portatile, sorrise amabilmente all’uomo – Per quanto ami, in determinate occasioni, l’uso della forza bruta, vi devo ricordare che qualcuno li ha aiutati a fuggire da Londra. E quel qualcuno li ha mandati o condotti qui. Quindi cerchiamo di mantenere i nervi saldi e, quando sarà il momento, prenderemo sia loro che il nostro pericoloso avversario – disse e si girò verso Fersen – Avevate ragione! –
Lui annuì e guardò l’orologio – E devono sbrigarsi! Ormai è solo una questione di ore e il British Museum aprirà la mostra su Boudicca, alla presenza della Regina in persona e della sua famiglia…Detesto i contrattempi! –
 
Andrew e Oscar passarono oltre le rovine della Lady Chapel e si fermarono solo oltrepassarono le rovine di un gigantesco architrave in pietra. Si bloccarono di fronte ad un rettangolo sul terreno indicato con delle mattonelle. Lei si abbassò sul cartello – Hic iacet sepultus inclitus Rex Arturius in insula Avalonia…Qui giace sepolto Re Artù nell’isola di Avalon…Sarebbe splendido! –
Andrew sorrise – In effetti…E’ quello di cui ti parlavo a Londra, un falso d’epoca medioevale per avere delle sovvenzioni dalla Corona –
Lei guardò il suo profilo. Nel ristorante gli aveva preso le mani e aveva dato la colpa all’eccitazione della rivelazione a cui erano arrivati: Boudicca era stata sepolta con il Graal? E Oscar, la sua antenata, quella che aveva comandato la Guardia Reale di Luigi XVI e che aveva portato il popolo ad espugnare la Bastiglia, lo aveva forse preso per portarlo chissà dove. C’erano troppe incognite in quella vicenda e tutto era a dire poco fumoso, a cominciare da come la sua antenata aveva trovato la tomba della Regina. Il lavoro non Andrew a Londra non aveva portato alcuna soluzione ai tanti misteri di quella vicenda e l’aveva persino complicata ancora di più. Chiuse gli occhi e, chissà poi perché, pensò ancora al calore delle mani di Andrew. Scosse il capo e guardò lontano verso l’orizzonte, oltre le mastodontiche rovine di quella che doveva essere stata un’abbazia monumentale e verso il grande Tor con la sua torre svettante in cima. In qualche modo quella costruzione solitaria l’attirava e sembrava chiamarla a sé: – Sembra una sentinella – disse indicandola.
Lui seguì il suo sguardo e annuì – Un cavaliere che sta di sentinella sulla tomba del Re…O sull’isola di Avalon. Lo sai che la collina era delimitata da una palude e da un fiume e doveva apparire proprio come un’isola. E per molti storici quella è proprio la mitica isola di Avalon –
Dopo lunghi attimi di silenzio fu Andrew a parlare – Bene! Credo che adesso dovremmo per davvero raggiungere il complesso del Chalice Well e vedere chi ci sta aspettando su ordine della nostra misteriosa salvatrice – disse sorridendo e le mise una mano sul braccio.
Oscar, improvvisamente, al solo contatto, diversamente da quello che era accaduto nel ristorante, si scostò e lo guardò sorpresa. Sbatté le palpebre e, improvvisamente, lo vide con una ciocca di capelli sull’occhio sinistro e con una camicia bianca dalle ampie maniche: - Che cosa stai facendo! Lasciami! –
Lui aggrottò la fronte – Ma cosa… Io volevo solo… - disse e si avvicinò mettendogli entrambe le mani sulle braccia. Oscar sentì le gambe molli e tutto intorno a lei iniziò a vorticare. Si sentì soffocare da quelle che sembravano scure pareti, come se lei e Andrew non si trovassero più all’aria aperta. Sentì il respiro farsi affannoso e strinse i pugni. Aveva paura. Una paura irrazionale senza comprenderne il motivo: - Lasciami! Lasciami o chiamo aiuto! – gridò.
Lui rimase di sasso, ma non lasciò la presa e lei cercò disperatamente di divincolarsi fino a quando, improvvisamente, Andrew la lasciò e lei cadde all’indietro sul prato.
 
Chiuse gli occhi e sentì un dolore alla testa: com’era possibile che fino a poco prima il tocco delle mani di lui fosse qualcosa di dolce e poi, improvvisamente, ne aveva avuto tanta paura? Si girò e si appoggiò su un gomito- Sotto le mani non sentì la morbida erba del prato inglese del parco dell’abbazia, ma freddi e duri sassi. Si guardò attorno e vide che era diventato buio. Com’era possibile? Era da poco passato mezzogiorno. E sentiva delle urla, lamenti e pianti. Si alzò lentamente e quello che vide le parve l’inferno: lunghe colonne di persone che marciavano a testa china mentre scure figure dalla testa pelata ai loro fianchi agitavano le braccia e urlavano in una strana lingua. Aggrottò la fronte e riconobbe parole gridate come schnell e raus. Parole tedesche. E vide che quelle che sembravano teste prive di capigliatura erano in realtà soldati che portavano elmetti d’acciaio. Un fascio di luce bianca la colpì e lei distolse lo sguardo. Fece un passo indietro e trovò un ostacolo; si girò e sobbalzò dalla sorpresa: di fronte a lei c’era Fersen con il suo bel volto sorridente, stretto nella grigia divisa che indossava anche nel quadro che stava nello studio del suo discendente e fu quasi abbagliata dallo scintillio che emanavano i sinistri simboli dei lampi gemelli sul colletto.
Lui piegò le labbra in un sorriso e chinò leggermente la testa di lato – Benvenuta! I treni arrivano sempre di sera qui. E in perfetto orario! E’ incredibile che come questa organizzazione sia efficiente nel portare in questo luogo milioni di persone da tutto il continente – disse e aprì il braccio mostrando l’orizzonte scuro pieno di muri di filo spinato, torri e riflettori. Oscar deglutì e provò una stretta al cuore nel vedere, lontano nell’orizzonte, un’alta ciminiera con del fumo denso che saliva senza sosta e si perdeva nel cielo. Sentì qualcosa caderle sulle guance, alzò una mano e vide che era cenere. La bocca le tremò e guardò di nuovo Fersen facendo un passo indietro.
Nell’indietreggiare, però, fu bloccata alle braccia in una morsa d’acciaio. Erano due soldati con l’elmo calcato sugli occhi che sorridevano crudelmente – Wunderbar…Carne fresca…E questa sembra persino un’ariana! Dove volete che la portiamo, herr obersturmbannfuhrer – disse uno di loro.
Lei digrignò i denti e notò che, stranamente, Fersen portava in una mano la valigetta che aveva visto nella fotografia a casa di Bernard Castle. Lui si accorse del suo sguardo e strinse le labbra – Mi sembra stanca…Il viaggio in treno deve essere stato lungo e faticoso, del resto quei vagoni sono stati studiati principalmente per il trasporto del bestiame…Forse ha bisogno di una bella doccia. Bring sie ins krematorium (n.d.a.: portatela al crematorio) –
I soldati risposero all’unisono un secco “jawhol” e la trascinarono via, verso la colonna di fumo.
 
Oscar aprì gli occhi annaspando in cerca d’aria. Agitò le braccia per difendersi dai soldati che la portavano via, ma qualcuno le serrò i polsi. Scosse la testa e, a poco a poco, vide il bel volto di Andrew che la fissava a bocca aperta. Lui sospirò – Oscar…Ma cosa…Cosa ti è successo? Sei caduta all’indietro e sei rimasta svenuta ad occhi aperti…Facevi paura e non sapevo cosa… -
Lei strinse le labbra – Lasciami! Lasciami…Ti prego… - disse piano.
Lui mollò la presa: – Oh! Scusami! E’ che mi stavi quasi cavando gli occhi –
Oscar si alzò lentamente e si guardò attorno. I pochi turisti nel parco dell’abbazia li stavano guardando e tutto quel trambusto aveva solo attirato l’attenzione su di loro. Guardò Andrew: - Andiamo al pozzo del calice –
Anche lui si girò e poi annuì – Si! Credo che sia il momento giusto…Ma cosa ti è successo? –
Lei si diresse verso l’uscita, poi si fermò e girò la testa – Ho visto Fersen…Ma non il tuo capo…Ho visto l’obas…L’obest…Insomma…L’ufficiale delle SS –
Andrew aggrottò la fronte e si avvicinò e lei – Ma cosa… -
Oscar gli mise una mano sul braccio, questa volta senza provare alcun timore e lo guardò negli occhi – E’ tutta questa storia, Andrew…Sto vedendo e sto vivendo immagini…Di vite vissute…E…Come devo sembrarti pazza, vero? –
Lui rimase per un attimo sorpreso – Io…Beh! Anche a me, alle volte, capita di vedere…Non so quanto può essere importante o meno…Certe volte mi vedo di fronte a un grande palazzo…E’ vecchio, so che è vecchio e non l’ho mai visto, ma so che per me era come una casa. Altre volte indosso persino in uniforme, ma non una divisa moderna…Figurati! Non ho nemmeno fatto il militare! Una vecchia uniforme, di quelle di una volta con delle code di rondine e tanti bottoni sul petto…E una volta…Mentre guardavo un film di guerra, mentre c’era una scena con una sentinella che sparava da un muro, ho sentito un forte dolore al petto…Credevo di avere un infarto e mi hanno portato persino in ospedale…E là mi hanno cacciato prendendomi in giro e dicendo che avevo il cuore di uno sportivo dopo avermi fatto esami su esami…Eppure…E’ stata una sensazione terribile…Come…Come morire –
Lei sgranò gli occhi e strinse la presa sul suo braccio – Una cosa simile è capitata anche a me…Anni e anni fa…A Parigi…A Place de La Bastille…Dove sorgeva l’antica prigione…Dove la mia antenata è morta…Mi è sembrato per un attimo di vedere le alte mura di quella lugubre costruzione e poi ho sentito un dolore al petto con una spinta talmente forte da gettarmi all’indietro senza fiato…Ricordo che la mia insegnante e le mie compagne temevano che fossi morta –
Rimasero per un attimo a guardarsi negli occhi, fino a quando furono interrotti da una voce maschile: - Ehm! Ehm! Scusatemi, signori…Ma vi serve qualcosa? Va tutto bene? Qualche turista mi ha detto che siete caduta – disse la voce di un anziano inserviente.
Oscar lo guardò, come se quella persona non appartenesse al mondo suo e di Andrew. Poi tentennò lentamente cercando di sorridere – No…No, grazie. Non ci serve nulla. Stiamo uscendo –
L’uomo incrociò le braccia dietro la schiena e annuì guardandoli uscire. Andrew allungò il passo per starle dietro – E quindi…Cosa hai visto del Fersen nazista? –
Lei si fermò e lo guardò di nuovo – L’ho visto ad Auschwitz, credo, con la sua dannata valigetta in mano – disse si portò una mano alla bocca. Ricordava lo spavento, l’umiliazione e la paura del grande fumo nero con la viscida sensazione della cenere sulla pelle. Improvvisamente ebbe un’illuminazione: – Ma certo! –
Lui aggrottò la fronte, ma lei lo prese per mano e sorrise – Oh! Non adesso…Adesso dobbiamo trovare il Santo Graal! –
 
Oscar e Andrew lasciarono il parco dell’abbazia, presero la loro piccola macchina e andarono al complesso del Chalice Well, il pozzo del calice, alla base della grande collina del Tor. Oscar guardò di nuovo la torre in cima alla collina, stavolta molto più vicina e provò la strana sensazione di andare là sopra. Guardò verso il basso, verso il pozzo dove la tradizione voleva che fosse conservato il calice di Cristo. Il coperchio di legno e metallo che di solito lo copriva era stato aperto e ne poteva vedere l’oscurità. Piegò la testa di lato e sorrise debolmente – Uno pensa che il luogo dove riposa una delle più importanti reliquie della Religione Cristiana si trovi in un grande tempio… -
Andrew aggrottò la fronte e la guardò – Il pozzo, nella mitologia celtica, rappresenta l’accesso al mondo degli spiriti…Dell’aldilà…O anche verso la mitica Avalon, la terra della Dama del Lago – disse e si piegò verso il coperchio: - Guarda la decorazione: due cerchi concentrici attraversati da una linea verticale…Una lancia o…Una spada…Con un chiaro riferimento all’Excalibur di Re Artù e le foglie intorno richiamano l’albero della Spina di Glastonbury, la pianta sempreverde qui presente ed è stato creato dall’architetto e archeologo Frederick Bligh Bond nel 1919 (n.d.a.: storico). La cosa più affascinante è che qui, in un luogo cristiano, riporta alla mente anche i quattro simboli della mitologia celtica: la spada di Nuadu, il Re dalla mano d’argento, identificata con l’Excalibur, la lancia di Lugh, il dio del sole, la coppa della vita, o l’albero della vita, che, stilizzato, sembra proprio un calice e il calderone di Dagda, il padre degli dei che può anche essere raffigurato con una pietra…La spada, la lancia, la coppa e la pietra –
Oscar lo guardò affascinata e poi sorrise – Un amante di Oscar e di Re Artù e della tradizione celtica. Non ti fai mancare nulla! –
Lui si strinse nelle spalle, come imbarazzato – Mi piace la storia del mio paese…E mi piace Oscar, anche se è una francese –
Lei chinò la testa – Il piacere è tutto mio! – disse e si girò – Quindi questa è la casa del reverendo Philby, quello che ha accolto la mia antenata e da dove lei è partita verso Stonehenge…Insieme a quella strana donna vestita di nero e con la pelle bianca –
Andrew annuì – Si! Proprio questa. E quella è la Fonte Rossa, la fonte del sangue, il simbolo femminile. La Fonte Bianca, il simbolo maschile si trova dall’altro lato della strada, ci hanno costruito sopra un piccolo tempio e, sempre da lì, si sale verso il Tor –
Oscar si avvicinò alla vasca della fonte rossa e si piegò in avanti. Improvvisamente i pochi turisti intorno a loro cominciarono a lanciare gridolini sorpresi e a fare fotografie con i loro cellulari. Lei sbatté le palpebre e vide l’acqua diventare lentamente rossa. Andrew si avvicinò e sorrise – Oh! Avviene ancora ovviamente. E il fatto che sia accaduto ora lo possiamo prendere come un segno del destino –
Lei si raddrizzò e il suo sguardo fu attratto da una figura accanto a loro. Si girarono all’unisono e videro una donna: un’alta e snella donna con un tailleur rosso sotto il quale brillava una camicia di seta dello stesso colore. Rossi erano i suoi capelli e rosse le sue scarpe a tacco alto; l’unico colore diverso era quello dei suoi occhi verdi e brillanti come smeraldi. La sua pelle era bianca come il latte, senza alcuna imperfezione e Oscar si sentì, improvvisamente, brutta al suo confronto.
La donna sorrise e si avvicinò allungando la mano – Benvenuti! Finalmente! E’ da diversi giorni che vengo qui ad aspettarvi. Il mio nome è Marjorie Drakhead e sono la sorella maggiore di Morgan Drakehead –
Oscar aggrottò la fronte e guardò Andrew che, imbambolato, prese la mano e la strinse, forse, giudicò lei, con troppo entusiasmo. Sentì improvvisamente una sorta di rabbia montarle dentro. E perché? Avevano viaggiato da Londra a lì praticamente come fratello e sorella. Notò che quella splendida creatura aveva attirato lo sguardo di molti uomini e persino di qualche ragazzo. Che età poteva avere? Non ne aveva idea: forse nemmeno trent’anni o anche più di quaranta; non riusciva a capirlo. Ma capiva e vedeva benissimo che Andrew le teneva ancora la mano. Strinse le labbra e gli diede una gomitata. Lui sobbalzò e lasciò la presa.
Oscar sorrise con l’angolo della bocca e la guardò – Salve! Sono Oscar de Jarjayes. E questo bambolotto è il dottor Andrew Great! Lady Drakehead ci ha detto che ci avreste…Ecco…Che voi avreste potuto aiutarci –
Marjorie si avvicinò a loro – Si. Lo posso fare; io con le mie sorelle. Vivian, la più anziana di noi, ci attende qui vicino, la nostra famiglia possiede un Bed&Breakfast proprio alla base del Tor e all’inizio del sentiero che porta alla cima, basta attraversare la strada –
Oscar deglutì – E…Vostra sorella Vivian…Come può… -
L’altra piegò le labbra in uno strano sorriso e i suoi occhi smeraldini sembrarono brillare – Lo scoprirete molto presto, se avrete la cortesia di seguirmi – disse solo e si girò allontanandosi lentamente.
Oscar provò un’altra fitta vedendo come camminava disinvolta e veloce con quei tacchi vertiginosi. Guardò di nuovo le altre persone e fece una smorfia di disgusto capendo che gli uomini, come pure i ragazzi, non stavano guardando i suoi tacchi, ma l’ondeggiare dei fianchi di Marjorie. Guardò Andrew e lo vide con uno sguardo perso ed ebete. Schioccò le dita di fronte al suo viso e lui scosse il capo: - Ci sei, dottore? – disse lei acida.
Lui annuì – Ma cosa…Ma certo! –
Oscar sospirò – E allora seguiamo quel tailleur! –
   
 
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