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Autore: Doctor Nowhere    16/12/2022    2 recensioni
Phileas Relish è un distinto universitario inglese a cavallo tra i secoli XIX e XX.
Vive in un mondo positivista, dove le continue invenzioni della scienza alimentano le speranze di un futuro in cui tutti i problemi verranno eliminati alla radice dalla Ragione Umana.
Dall'Esposizione Universale di Parigi del 1889 ad un paesino sperduto in Cornovaglia il giovane Relish, ben stretto al suo ideale di progresso e al suo mentore, il professor Chapman, si ritroverà suo malgrado ad avere a che fare con una strana foresta un tempo luogo di culto pagano, senza riuscire a scrollarsi di dosso l'impressione che ci sia sotto molto più di quello che sembra.
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Phileas chinò la testa di lato: "Pssst!"

Wilkins non diede segno di avere sentito. Rimase serio e impettito sul palchetto, alla sinistra di Praiseworth, mentre il dottore dava indicazioni a dei robusti taglialegna.

Phileas scosse la testa. Tra lui e il suo amico c’erano il sindaco, le sue guardie e una trentina di persone in giacca e cravatta tutte ammassate, gli scienziati e i loro assistenti. Sarebbe stato inopportuno passare davanti come se nulla fosse.

Si asciugò la fronte con un fazzoletto. Oltre a tutto, faceva caldo. Neanche una nuvola in cielo che potesse concedere un po' di penombra. Diede un calcio a un sasso. Non poteva perdere tempo. Il momento migliore per parlare col dottor Praiseworth sarebbe stato alla fine dell’evento, e gli serviva l’aiuto di Wilkins per fare una buona impressione.

Sbuffò e colpì un altro sasso, ma sbatté il mignolo. Trattenne un gemito per non attirare l’attenzione, e si chinò a massaggiare il piede. Ma con tutti i sassi piccoli che c’erano, perché ne aveva calciato uno così grande?

Idea!

Avrebbe potuto usar alcuni dei sassi più piccoli per attirare l’attenzione di Wilkins. Ne prese una manciata, grandi meno delle sue unghie. Gli altri scienziati erano tutti impegnati a parlottare tra loro, con un po' di fortuna non si sarebbero accorti di nulla.

Chiuse la mano a pugno e mise un sassolino sul pollice. Lo fece scattare come una monetina. Atterrò a mezzo metro da Wilkins. Il secondo gli arrivò a pochi centimetri dalle scarpe.

Ancora un tentativo. Questo colpì Wilkins sulle gambe, e finalmente il ragazzo si volse verso Phileas. L’ex assistente di Chapman agitò la mano, poi indicò alle sue spalle, per fargli capire che voleva parlare in privato.

Wilkins sussurrò qualcosa al dottor Praiseworth, poi scese dal palco. Phileas lasciò cadere a terra gli altri sassolini e si allontanò dalla folla. Lasciò lo spiazzo dove erano tutti riuniti e si diresse verso un posto in disparte tra i primi aceri, lontano dalla calca. Le sue scarpe di vernice calpestarono foglie secche e rametti strappati. Strinse i pugni. Certo che se avessero detto prima che ci sarebbe stato un evento nel bosco lui si sarebbe portato degli stivali meno eleganti, per il ricambio…

Wilkins lo raggiunse con un sorriso sul volto: "Ehi, Relish, da quanto tempo! Ti avevo intravisto ieri, ma alla fine della presentazione non sono riuscito a trovarti"

Phileas si schiarii la gola "Sì, ho avuto… una questioncina da sistemare"

Wilkins infilò una mano nel panciotto "Capisco, capisco. Sei sempre l’assistente di Chapman, giusto? Ti tratta bene?" Il suo tono era gentile, ma c’era una punta di gelido nella sua voce.

Phileas si strattonò il papillon "In realtà… non proprio, no." si morse il labbro "Non direi. Non più."

Il suo vecchio amico estrasse il suo orologio e iniziò a farlo roteare. Phileas scroccò le nocche.

"Buon pomeriggio, colleghi" la voce di Praiseworth interruppe il silenzio. La presentazione stava cominciando, non c’era più tempo da perdere: "Ascolta, Wilkins, in realtà proprio ieri ho… avuto un’accesa discussione con il professor Chapman"

Wilkins si accarezzò il mento. Un invito a continuare "Il fatto è che sono rimasto veramente colpito dall’Accrescimente del dottor Praiseworth. Credo che possa davvero rivoluzionare il mondo. E… mi piacerebbe fare parte di questo cambiamento, tutto qui."

Wilkins gli diede una pacca sulla spalla "E bravo il nostro Relish!"

Sorrideva, più di prima. Nei suoi occhi c’era la stessa luce di quando erano saliti sulla Tour Eiffel "Non preoccuparti, mio caro. Che razza di amico sarei se ti lasciassi finire a chiedere l’elemosina nelle strade di Londra? Convincerò il dottor Praiseworth a trovare un ruolo per te"

Le dita di Phileas tremarono "Davvero?" la voce gli uscì alta e un po' stridula "Davvero lo faresti?"

"Stai scherzando? Questo e altro" Wilkins lo spinse verso la radura "Dopotutto tu hai un curriculum non da poco. Sei stato l’assistente di Chapman per diversi mesi, se non erro…"

Phileas annuì frenetico "Esatto!"

Wilkins sogghignò: "Quindi saprai molte cosucce sulle sue attuali ricerche, e non credo ci sia al mondo persona più interessata a questo del dottor Praiseworth. È una vecchia volpe, credi a me. Ora andiamo, che se no ci perdiamo tutto il discorso"

Accelerò il passo e lo distanziò in un attimo. Phileas lo seguì, ma più piano. Si massaggiò un braccio. Era una prospettiva fantastica, però… non sarebbe stato come tradire il suo professore? Scosse la testa. Era stato Chapman ad abbandonarlo, non gli doveva più niente!

La voce di Praiseworth arrivava distante e troppo confusa per distinguere le parole. Meglio non perdere altro tempo.

Trovò un posto nella calca. Gli occhi di tutti erano fissi sull’inventore. I taglialegna stavano alle sue spalle, le asce appoggiate ai tronchi più vicini. Erano una decina, tutti giovani e robusti. Un po' pochi per abbattere tutta la foresta, ma forse erano soltanto quelli per l’inaugurazione, e ne sarebbero arrivati altri nei giorni seguenti.

"E così, in questo giorno" Praiseworth distese le braccia, trionfante "Assestiamo un colpo di grazia alla superstizione che troppo a lungo ha albergato in questa foresta, e facciamo spazio al progresso!"

Phileas batté le mani, poi l’applauso si diffuse presso tutti gli astanti. Era tutto così grandioso!

"Vi prego, vi prego" Praiseworth si inchinò "Siete troppo buoni, troppo buoni, colleghi. Mi farete arrossire. Ed ora… procediamo!" si voltò verso i taglialegna e alzò il pollice. Le asce vennero sollevate, e si schiantarono contro i tronchi con dei tonfi netti.

I colpi si susseguirono veloci e precisi. Frammenti di legno e segatura caddero per terra.

Praiseworth batté le mani "Quanta determinazione, che spirito! Colleghi, che questi giovani siano d’esempio per tutti noi. È nostro dovere dedicarci alla ricerca con…"

Lasciò la frase a metà. Si era levata una lenta musica, accompagnata da un’incomprensibile litania. Phileas socchiuse gli occhi. C’erano sagome bianche nella foresta, non le stava immaginando.

"Per Giove!" bofonchiò qualcuno.

"Ma che significa?" si levò la voce del sindaco "È forse una sua trovata, Praiseworth?"

Il dottore rimase immobile. La sua fronte era aggrottata, le sue gambe erano piegate e si reggeva sul tavolo senza degnare gli astanti di uno sguardo. No, qualunque cosa fosse, non era nel programma.

Dalla boscaglia emerse un corteo di uomini e donne coperti da tuniche bianche. Suonavano arpe, piccoli tamburi, cetre e flauti. La lingua in cui cantavano… Phileas fremette. Era celtico! Celtico brittonico! Le lezioni del professor Ross irruppero con violenza nella sua mente. Le vesti, gli strumenti musicali, lo stile di danza, era tutto una perfetta trasposizione di quello che aveva studiato. Che fossero i diretti discendenti di quelle tribù? Quindi erano… druidi?

Uno dei taglialegna lanciò un urlo strozzato. Cadde per terra, e si trascinò all’indietro con le braccia come un ragno. Dalla spaccatura dell’albero davanti a lui fuoriusciva un liquido rosso e denso. Le sue mani ne erano intrise. "Sangue!" strillò "Questo… questo è sangue!"

Le scuri caddero una dopo l’altra. La sostanza rossastra imbrattava le tute da lavoro ed i taglialegna, pallidi come cenci, si scambiarono occhiate di terrore.

Praiseworth tossicchiò "Sangue? Suvvia, ragazzo mio, questo non è possibile! Si tratterà di linfa, o… ehm…"

Una donna si distanziò dal coro, e avanzò verso il dottore. I suoi ricci capelli color dell’ambra erano raccolti in una treccia che le arrivava fino ai fianchi. Le sue labbra arcigne si disserrarono "È assai arrogante pretendere di distinguere il possibile dall’impossibile!"

Il canto delle figure in bianco si fece più rapido e intenso. La loro danza si chiuse a cerchio intorno ai taglialegna.

La druidessa scagliò le braccia verso l’alto "Ascoltate il mio avvertimento, prima che sia troppo tardi".

Un fragore provenne dal cielo, mentre le nuvole si addensavano nere. "Interrompete la vostra profanazione! Abbandonate questa foresta sacra, e non tornate mai più!"

Phileas trattenne il fiato. Tutto quello che aveva studiato, tutte le storie sulla magia druidica… possibile che non fossero solo frottole di popoli troppo primitivi per comprendere il mondo? Possibile che ci fosse… qualcosa… che la scienza non poteva davvero comprendere?

Dal cerchio dei druidi si aprì un buco. I danzatori crearono un piccolo passaggio per i taglialegna all’interno, e rimasero a ballare sul posto. Il giovane che per primo aveva gridato scattò in piedi e si mise a correre senza voltarsi indietro. Gli altri, più titubanti, fecero per seguirlo.

"Fermi tutti!" tuonò Praiseworth. Alcuni lo ignorarono e corsero via, ma la maggior parte obbedì. Il dottore fece un passo verso la druidessa "Ho tutti i permessi per abbattere questa foresta. Non ho forse ragione, signor sindaco?"

L’omino si strinse tra le spalle. Tremava come una foglia al vento. Annuì "Sì…" disse con un filo di voce "Sì i permessi… tutto in regola…"

Il dottore puntò il dito contro il terreno "E allora nessuno potrà impedirmi di far procedere il progresso! Di certo non una presunta strega, l’emblema di tutto l’oscurantismo che l’umanità deve imparare a sradicare."

Phileas mise una mano sul cuore e trasse un profondo sospiro. Ben detto! Non c’era forza che potesse competere con la Ragione umana. Che stupido era stato a lasciarsi suggestionare.

Un fulmine si schiantò in lontananza, e Phileas si coprì la testa. "Uomo" disse la druidessa "Sappi che non avrai un’altra occasione per redimerti dalla tua follia"

"Me ne infischio!" Praiseworth sbatté un piede per terra "Tornate immediatamente al lavoro. Avrete doppia paga! Tripla! Ricordate che state creando un luminoso futuro per l’umanità!"

I taglialegna rimasti afferrarono le loro asce, e le alzarono come un’arma per scacciare i druidi, che però non si mossero.

Phileas si strinse forte le braccia sul petto. Non sarebbe scappato. Non si sarebbe lasciato condizionare da un passato che non aveva più nulla da dire se non menzogne.

"O stolti manovali" la voce della donna era più lenta, come se fosse rattristata "Nonostante il mio avvertimento siete rimasti al vostro posto. Restate dove siete, allora!"

I druidi ripresero la loro danza, sempre più veloce, sempre più sfrenata.

Un taglialegna gemette, e la sua ascia gli cadde di mano. Poi un altro fece lo stesso, e un altro ancora.

"Cosa succede?" gridò uno di loro. Le sue mani si tesero verso l’alto. Sulle dita spuntava una patina verdastra.

"Non posso più muovermi" strepitò un altro "Aiutatemi!"

Le loro urla risuonarono rauche, poi stridule. La loro pelle si fece rossastra, squamosa. No, non erano squame… era corteccia.

La folla di scienziati eruppe in grida di terrore. Phileas aveva la fronte madida di sudore. Avrebbe voluto scappare, ma le gambe tremavano troppo. Non riusciva a voltarsi.

Gli occhi sbarrati di quegli uomini e le loro labbra spalancate senza suono vennero assorbiti dal legno fino a scomparire nei tronchi. I loro vestiti si strapparono, e gli alberi che fino a un minuto prima erano stati i loro corpi crebbero. Spuntarono rami, poi foglie.

Le budella di Phileas si torsero, e cadde a terra in un conato trattenuto a stento. Il vento soffiò con un fruscio di fronde.

"Scappiamo!" si alzò una voce.

Dove andare? Dove scappare? I druidi erano ovunque, bloccavano ogni via di fuga. Da dove diavolo erano apparsi? Non c’era scampo, non c’era più scampo!

Un colpo al fianco, poi un peso sulla schiena. Phileas urlò. Il sindaco era inciampato su di lui. "Via di qui!" strillò l’ometto, si alzò e schiacciò la gamba del giovane per correre via "Presto, presto!"

Phileas sollevò la testa. Praiseworth era caduto in ginocchio sul palchetto "Non è… possibile" mormorò "Non può essere!"

"E voi sedicenti uomini di scienza!" gridò la druidessa "Avete inseguito la vostra sete di conoscenza e gloria senza curarvi di null’altro. In nulla siete dissimili dalle bestie, se non nell’oggetto del vostro desiderio!"

Si alzò una nebbia fredda e fittissima, che inghiottì i druidi e quasi tutta la foresta. Tutto intorno risuonavano ancora le urla e i passi affrettati della folla.

"Correte, dunque, come le bestie che avete scelto di essere!"

Un ululato risuonò alle spalle di Phileas, poi un secondo. Sagome scure si stagliavano tutto intorno, i loro occhi rilucenti come braci. Un urlo provenne da destra, un altro da sinistra. Il cuore di Phileas impazzì, e spinto da chissà quale forza si rialzò e si mise a correre.

Corse.

Le sue braccia brancolarono nel vuoto. I pantaloni si strapparono. Dove stava andando? Dove poteva andare?

Corse.

Ansimò, deglutì aria e saliva. Non poteva fermarsi, non poteva.

Corse.

Intorno a lui soltanto alberi e cespugli.

Corse.

   
 
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