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Autore: Alexander33    18/12/2022    1 recensioni
Una ragazza poco raccomandabile dispersa tra le pieghe del tempo, un sos misterioso, una soluzione da trovare, un cuore spezzato da guarire.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Tadashi Daiwa, Yattaran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«così non vale! Hai barato!» 

 

«come si puó barare a un tiro a segno?»

 

«non lo so! Ma devi avere un qualche maledetto trucco! Non puoi far fare le curve ai colpi!»

 

Harlock rideva divertito.

 

«non prendermi in giro! Santo cielo: in mezzo c’era la mia sagoma! Come hai fatto a lasciare intatta la mia e colpire la tua subito dietro?»

 

«invece di arrabbiarti dovresti esercitarti di più! Mettiti d’accordo con Tadashi quando tornerà…»

 

«non mi fai fessa! E non mi piace essere trattata da stupida!» si era arrabbiata sul serio.

 

«Kaya smettila! Stai diventando un’acida bisbetica»

 

«E tu sei un imbroglione! Adesso ti faccio vedere io!»

 

Accese il puntatore laser e lo mise sulla traiettoria dalla postazione di Harlock alla sua sagoma. Era evidente: per colpire la sua avrebbe dovuto trapassare anche quella di Kaya.

 

«e adesso? Cosa mi dici? Fai fare le curve al fascio di fotoni?»

 

Harlock sospiró. «le nostre armi sono diverse…»

 

«ho capito! Ci devono essere degli specchi nascosti. Altrimenti non si spiega! D’ora in avanti ti chiameró Houdini!»

 

«spero per te che non sia un insulto!» la minacció debolmente

 

«nessun insulto! Solo la verità: sei un imbroglione!»

 

Adesso era Harlock che si era stancato di tutta quella sceneggiata, e reagì come lei mai si sarebbe aspettata

 

«adesso basta! So io come chiudertela, quell’insolente boccaccia!»

 

La prese di sorpresa con un bacio sulla bocca, lasciandola ammutolita per un paio di secondi.

 

«non mi freghi! Lo ripeto: imbroglione!»

 

Harlock la bació ancora.

 

«sei… un… imbroglione!»

 

«E tu stai provocando»

 

Si avventó su di lei dapprima divorandole le labbra e Kaya l’accolse, stringendosi il più possibile.

Lo sapeva bene lei, che le dimostrazioni d’affetto di Harlock nei suoi confronti andavano prese per quel che erano, ma le piaceva farsi coccolare così: era talmente affamata d’amore che accettava di buon grado questo flirtare senza impegni.

Fu solo quando cercó di infilare la mano oltre il bordo dei pantaloni, oltre l’elastico dello slip.

Sotto i polpastrelli sentiva i rilievi della cicatrice che si era fatta per proteggerlo. Quel contatto lo infiammó di più e andó più in profondità, sfiorando la peluria al di sotto di esso e fu allora che lei gridó, spintonandolo violentemente, e piazzandogli una ginocchiata all’inguine.

Harlock non si aspettava una simile reazione: piegó le ginocchia boccheggiando, poi si tiró su, le strinse entrambe le braccia immobilizzandola.

 

«ok, mi rincresce! Ho esagerato, ma non credevo che ti dispiacesse. Bastava dirlo che non volevi andare oltre!»

 

Kaya era visibilmente scossa: aveva perso il controllo e respirava velocemente ansimando, come se avesse fame d’aria.

 

Era una reazione eccessiva, eppure non le aveva dato ad intendere di essere una vergine sprovveduta.

 

«calmati! Adesso ti lascio…»

 

«scusami… non me l’aspettavo.» disse affannata, boccheggiando.

 

«so riconoscere un attacco di panico. Cosa ti è successo? E non venirmi a raccontare che sei una verginella che non ha mai visto un uomo…»

 

Si giró, aggressiva

«non sono nemmeno una puttana!»

 

«non l’ho detto.»

 

«ma l’hai pensato!»

Le tremava il mento, segno che tratteneva a stento il pianto.

Harlock aggrottó la fronte. Si stava innamorando e non voleva accadesse, non voleva farle del male. I baci che si erano scambiati per lui erano dimostrazioni di tenerezza e nulla di più; evidentemente lei provava dell’altro.

 

«ti sbagli, non penso questo di te»

«ah no? E cosa pensi?»

 

«che devo proteggerti…»

 

«non ce n’è bisogno. Mi so difendere benissimo da sola»

 

«no, non lo stai facendo. Proprio adesso, ti stai cacciando in un guaio e nemmeno te ne accorgi»

 

Kaya sgranó gli occhi «a cosa ti riferisci?»

 

«ti stai innamorando pur sapendo che non posso ricambiare. Forse dovremo smetterla con questo gioco. Non è prudente, dovresti rendertene conto.»

 

“Io sono già innamorata!” Lo gridò forte, dentro la sua testa. 


Il problema era che stava invecchiando e il suo istinto di protezione s’era fatto più prepotente, la sua somiglianza con Mayu rendeva tutto più complicato. Non era come pagare una prostituta: con Sarah era diverso, sesso e denaro e finiva quando si chiudeva la porta alle spalle. Con Kaya ci sarebbero state ripercussioni poco piacevoli, soprattutto per lei. 


«perché non sono lei?» gli occhi le si riempirono di lacrime, e Harlock pensó che forse qualcosa di buono lo aveva fatto: aveva raccolto una teppista con pochi scrupoli e ne aveva fatto una giovane donna coraggiosa e altruista. Anche se delle ombre rimanevano.

 

«perché non posso darti ciò che cerchi. E se anche tu le somigli tanto… e spesso devo fare appello a tutto il mio autocontrollo per scindere te da lei; se cedessi a questo, non farei altro che illuderti.»

 

Si sentiva uno straccio. Sapeva che lo stava facendo per il suo bene, anzi! Proprio per questo lo amava ancora di più, per la sua onestà, e perché era chiaro che le volesse bene. Ma non poteva competere con lei: era una formica contro un gigante. Ma Harlock voleva andare a parare altrove.

 

«cosa ti è successo prima?» cambió argomento

 

«e come faccio a dirtelo? È troppo…» glielo disse con gli occhi lucidi e la voce spezzata, sull’orlo di un pianto a dirotto.

 

«provaci. Voglio aiutarti ma per farlo ho bisogno di capire»

 

«mi vergogno… proveresti solo disgusto e pena.»

 

«I traditori mi disgustano, e chi prevarica sui deboli e gli innocenti, non certamente una bambina che è stata costretta a una vita di sfruttamento.»

 

Incoraggiata da queste parole Kaya si fece animo. E poi era parecchio che voleva sputare fuori questo boccone indigesto, forse era venuta l’ora di liberarsene.

 

Fece un profondo respiro e si strinse nelle braccia, come se sentisse improvvisamente freddo.

 

«Ero solo una bambina quando incontrai quel figlio di puttana. L’ultima volta che scappai di casa. Non mi sapevo orizzontare ancora bene e a forza di camminare finii nel suo quartiere: spacciatori, ladri e puttane. E da sciocca ingenua che ero lo fermai io, per chiedergli da che parte fosse la fermata dell’autobus.»

Deglutì, cercando di sciogliere il nodo che sentiva in gola.

Teneva gli occhi bassi, la vergogna le impedì di guardarlo in faccia mentre iniziava a raccontare.


«ma guarda che bella bambina abbiamo qui! Ti sei persa?» quell’uomo dal sorriso gioviale aveva una luce strana negli occhi.

 

«oh! Ma Che splendidi occhi verdi!» si avvicinava con fare amichevole ma il sesto senso di Kaya captava pericolo. Indietreggió finchè non si trovó con le spalle al muro. Era finita in un cortile abbandonato, circondato da case mezze diroccate. Era sola.

 

L’uomo le si avvicinó talmente che poteva sentire il puzzo del suo alito: vino scadente, sigari puzzolenti e cipolla.

Un conato le fece fare una smorfia.

 

«facciamo amicizia? Mi piacerebbe diventare tuo amico! Potresti farmi molto felice…». 

Allungó una mano: dapprima ad accarezzarle il viso, e Kaya ebbe un moto di disgusto; aveva le mani sudicie di sporcizia. Poi le accarezzó le gambe nude: dalle ginocchia saliva piano.

 

«ti prego basta! Lasciami andare!» gli occhi le si erano riempiti di lacrime, ormai il terrore le aveva invaso la mente impedendole di ragionare.

 

«non voglio farti nulla di male! Sei una bambina che si è persa e vorrai un po’ di coccole…»

 

«non voglio niente! Solo tornare a casa… ti prego!»

 

Prese ad armeggiare con la cinta dei pantaloni e Kaya inizió a piangere.

 

«su, su… non fare troppe storie! Non è niente! Ti divertirai anche tu… e poi ti lasceró andare a casa.»

 

Kaya fece per scappare ma l’uomo l’afferró per un braccio e la scaraventó a terra

«non vai da nessuna parte, finché non te lo diró io…»







 

Quando si avvicinó cominció a scalciare e l’uomo le assestó uno schiaffo talmente forte da farle girare il viso dalla parte opposta. Il dolore bruciante e il colpo l’avevano intontita. Non si rese conto che le aveva strappato di dosso i pantaloncini

 

«adesso stai ferma! E non ti succederà niente di male…»

 

Di quel che successe dopo ricordava solo il dolore, la vergogna, la sporcizia che si sentiva incollata addosso su ogni centimetro di pelle, l’umiliazione e il sangue.

 

Quando finalmente ebbe finito, l’uomo, con una nota di rammarico nella voce, le disse

 

«sei tutta sporca e in disordine. Vieni a casa con me. Ti potrai ripulire.»

 

Era iniziata così la sua “nuova vita”: lui era Frank, un uomo che viveva di espedienti; rubava, giocava d’azzardo, a volte spacciava e gestiva un paio di puttane.

Quando l’aveva incontrata il suo primo pensiero era stato quello: farla diventare una prostituta. Con quegli occhi verdi da gatta era sicuro gli avrebbe fatto guadagnare bei soldi, ma poi le cose erano cambiate. La voleva solo per lui: forse era il suo malato e contorto modo di amare. Negli anni l’aveva istruita nel borseggio e nel gioco ed era diventata piuttosto abile.

Abusó di lei per quattro anni, finché un bel giorno, quando si era avvicinato per l’ennesima volta smanioso di farsela, gli aveva piantato il pugnale nella coscia, affondandolo fino alla guardia, e poi aveva ruotato il polso.

L’urlo le aveva trapanato i timpani: sembrava stesse sgozzando un maiale; e in quel momento l’impressione fu proprio quella, stava fermando un animale lurido e schifoso.

 

Da quel giorno il vecchio viscido Frank zoppicó vistosamente. Stranamente non le torse un capello, ne la cacciò via. Semplicemente smise di vuotarsi lo scroto usando lei.

 

Per tutto il tempo non aveva alzato lo sguardo e Harlock non l’aveva interrotta.

 

«adesso sai la verità. Ecco perché ho reagito così. Dopo un po’ ci si fa l’abitudine, ma sopporto a malapena la vista di un uomo nudo, se poi prova a toccarmi… beh, l’hai visto».

 

«mi dispiace solo di non poterlo uccidere con le mie mani.» pensava anche a Mayu: se qualcuno le avesse fatto una cosa simile, avrebbe dato libero sfogo alla follia omicida. Non si sarebbe accontentato di uccidere: l’avrebbe cancellato dall’esistenza.

 

«stai meglio?»

 

Kaya annuì «ora passa» ma ancora tremava vistosamente.

 

Harlock si tolse il mantello e glielo drappeggió sulle spalle facendo eccessiva attenzione, quasi avesse una bambina tra le mani.

 

Kaya dovette raccogliere tutto il suo coraggio per alzare gli occhi e guardarlo in volto: dov’era finita la ragazza strafottente che non aveva vergogna di nulla?

 

«hai ragione, mi sono innamorata. Ma non mi importa se non puoi o non vuoi ricambiare; ti chiedo solo di non impedirmelo. Quello che sento per te è la cosa più bella e dolce che mi sia accaduta fin’ora.» Lo disse a bassa voce, con le guance in fiamme.

 

Kaya era innamorata, ed era un grosso problema. Finché rimaneva un rapporto senza vincoli andava bene, ma ora? Ora che sapeva dei sentimenti di lei, sarebbe riuscito a tenere a bada i suoi? Il fuoco accanto alla paglia genera incendi. Lui amava ancora profondamente Mayu e l’avrebbe amata per sempre, ma Mayu non c’era e forse non sarebbe tornata mai più, invece Kaya era il presente. C’era attrazione tra loro, era innegabile, come sarebbe stato facile lasciarsi andare e fingere di dimenticare.

 

Harlock sospiró: doveva confessarlo? Ammettere che non le era indifferente, che più di una volta si era sentito turbato, che il suo non era amore; non ancora per lo meno, ma che indubbiamente Kaya gli scatenava una ridda di sentimenti che ancora non era in grado di dipanare e mettere a fuoco?

 

“Se solo sapessi il casino che sento dentro” così pensó Harlock, prima di cedere alla tenerezza e posare le labbra sul broncetto trepidante di lei.

 

«grazie» rispose timidamente, dopo che le labbra si furono staccate malvolentieri, ed erano così vicini che Kaya poteva ancora sentire il suo odore: un misto di cuoio, tabacco e Jack Daniels.

 

«te lo permetto… ma ti avverto, se dovessi soffrirne non prendertela con me…»

 

«mai, te lo giuro!» oh andava benissimo per lei! Era la prima volta che veniva baciata, se non per amore, perché qualcuno le voleva bene. Avevano un sapore così buono, dolce e caldo.

Frank l’aveva baciata mille volte, ficcandole quella sudicia lingua in bocca, mentre sfogava le sue sporche fantasie sessuali su di lei; e lo odiava… le faceva più schifo di quando la violentava. Dopo doveva correre in bagno a sciacquarsi la bocca per lavare via quel sapore disgustoso.

Ma era il passato, il suo presente, seppur precario e incerto, le aveva regalato emozioni e sentimenti puliti come acqua di fonte e dolci come miele.

   
 
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