Crossover
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Autore: Registe    18/12/2022    3 recensioni
Quarta storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
La guerra tra l'Impero Galattico e la famiglia demoniaca si è conclusa, ma non senza un costo. Vi è una cicatrice profonda che attraversa mondi e persone, le cambia, rimane indelebile a marchiare i frammenti di tutti coloro che hanno la fortuna di essere ancora vivi. Qualcuno decide che è il momento giusto per partire, cercare di recuperare qualcuno che si è perso. Qualcuno decide di dimenticare tutto e lasciarsi il passato alle spalle.
Qualcun altro decide invece di raccogliere i frammenti di una vita intera e metterli di nuovo insieme, forse nella speranza che lo specchio rifletta qualcosa di diverso.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Film, Libri, Videogiochi
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 24 - L'Alba Cremisi







Tolgerias








“Suppongo che il dialogo non sia un’opzione”.
Boba puntò il mirino verso quel Tolgerias, chiaramente il capo. “Ma per vostra fortuna io ed il governatore Darth Maul abbiamo da fare. Potrebbe essere la vostra occasione per tornare a casa con la tunica ancora lavata e stirata, maghi”.
Si mosse leggermente verso il lato del vicolo, sforzandosi di vedere almeno la figura del suo compagno alle proprie spalle.
Qualunque cosa fosse quella diavolo di barriera magica, stava interferendo con i principali sensori della sua cotta. Il visore plineale mandava immagini intermittenti di ciò che avveniva di lato, così come tutti i sensori energetici che sembravano impazziti, sparando piccole luci rosse di sovraccarico nel sistema integrato del casco. Il reset dell’armatura avrebbe richiesto meno di un paio di minuti compreso l’aggancio alle cellule qwar ausiliarie, ma in due minuti quel vicolo sarebbe potuto benissimo diventare la loro tomba. Soffiò tre volte in successione dentro il microfono del casco, attivando la ricarica del sistema, e sperò che quella banda di maghi avesse voglia di far conversazione.
“Non sarò di Coruscant, governatori, ma una cosa io ed i miei colleghi di questo posto la abbiamo imparata …”
I rubini che adornavano i loro pendenti iniziarono ad emettere dei bagliori rossi più intensi.
Il che, trattandosi di incantatori, poteva voler dire una sola cosa.
“… è che la gente dovrebbe imparare a non girare da sola in posti come questo”.
I sette rubini emanarono sette raggi rossi, diretti verso di loro. D’istinto Boba si lanciò verso sinistra, dove i resti di un grosso droide da trasporto sarebbero potuti esplodere al posto suo, ma prima ancora di atterrare nei rifiuti vide Tolgerias fare un passo indietro, e le luci dirette verso di loro furono deviate verso l’alto, distruggendo qualunque cosa vi fosse di appeso.
Il visore divenne rosso nel tempo di un paio di respiri, ma quando le forme oltre il casco tornarono ad essere nitide il cacciatore di taglie notò i maghi in formazione disorganizzata, e Tolgerias praticamente sorretto da uno di loro prima che cadesse a terra.
Il suo gioiello, adesso, era nella mano destra di Maul.
“E niente, Boba. Qui davvero cercano grane” disse, la doppia spada laser bene in vista. “Tu prendi quelli davanti, io penso a quelli alle spalle. E diamoci una mossa”.
Il Sith non perse altro tempo.
Con un guizzo fece sparire il gioiello in una piega della sua tunica nera e roteò la spada di fronte a sé, deflettendo un dardo luminoso che saettò dai maghi all’imbocco della strada. Aspettò che l’energia si fosse dissipata per poi avanzare nella loro direzione con un unico, netto salto che concluse sferrando un calcio in pieno petto all’aggressore più vicino. Gli altri furono abbastanza rapidi ed eressero intorno a loro degli scudi magici simili a dei deflettori, ma Maul optò per andare direttamente in corpo a corpo.
Boba scrollò le spalle e si accorse che Tolgerias, aiutato dagli altri, stava tracciando dei glifi in aria con una verga.
I sistemi energetici della cotta mandaloriana si erano ricaricati del 65%, e capì che non sarebbe bastato per una difesa immediata, quindi agì per primo. I detonatori che aveva di riserva nei gambali non avevano subito danno alle celle, quindi ne estrasse uno, lo attivò e lo scagliò contro gli assalitori. Imitando il suo compagno si scagliò in avanti, pur accecato dalla stessa luce emessa dal suo piccolo esplosivo, calcolando di trovare uno degli assalitori nell’impatto.
Travolse in pieno uno dei maghi quando la granata luminosa fu all’apice della sua energia. L’avversario mandò un grido acuto e poi mormorò qualcosa, ma il cacciatore di taglie non gli diede tempo. Ancora con gli occhi incapaci di percepire mosse di scatto la testa in avanti, colpendo con il casco il cranio del mago e spedendolo a terra con tutto il proprio peso; qualcosa da parte dei suoi compagni scintillò nella sua direzione, mancandolo di netto. Prese un respiro profondo, fece scattare la vibrolama chiusa nell’avambraccio e la piantò nella gola del nemico mentre ancora cercava di rimettersi in piedi, poi sparò con la mano libera nel gruppo alle sue spalle, e qualcosa gli fece capire di aver colpito un secondo assalitore.
Si liberò del mago appena ucciso e si rimise in piedi, rendendosi conto che dei suoi avversari restavano solo Tolgerias ed un ultimo accolito.
Un altro grido, seguito dall’odore acre di carne bruciata, gli fece capire che anche Maul non aveva alcuna intenzione di rendere la vita facile agli incantatori.
“Non montatevi troppo la testa, governatori …”
La tunica di Tolgerias non mostrava segni di danno. Il mantello doveva aver preso fuoco su una delle estremità, ma a parte quello l’uomo era intero; lo stesso non si poteva dire del suo assistente, un ragazzo di almeno vent’anni più giovane, la cui barriera magica mostrava crepe giallastre come se stesse per frantumarsi da un momento all’altro. Il mago anziano aveva il proprio bastone in mano ed una nuova verga nell’aria, stavolta di un colore chiaro che prese ad illuminarsi in maniera incontrollata. “… sarete solo un altro pilastro per la gloria dell’Alba Cremisi”.
Boba aveva lo sguardo fisso su qualunque cosa potesse esplodere da quella bacchetta, e si accorse troppo tardi del ragazzo.
Il giovane mago si buttò nella sua direzione, disgregando la propria barriera di protezione, ed il suo rubino prese a illuminarsi come un piccolo sole seguendo la scia della magia di Tolgerias.
“Merda…”
Fece quanti più passi indietro possibile, ma l’esplosione lo colse in pieno. Il corpo del suo nemico si illuminò per pochi istanti, ed il momento dopo Boba si ritrovò a terra, col Beskal dell’armatura surriscaldato ed un dolore che lo attraversava da parte a parte. I sensori plineali del casco erano in panne e d’istinto se lo sganciò e lo buttò in un angolo, con l’odore della carne bruciata del suo avversario che gli fu attorno.
Con i sensi ancora frastornati per l’esplosione, si accorse all’ultimo della lama laser rossa piantata tra lui ed il prossimo incantesimo di Tolgerias. “Stai bene?” chiese Maul.
“Come appena uscito da una casa di piacere, amico mio” fece, armeggiando alla cintura nella speranza che i deflettori non fossero andati del tutto. “È rimasto solo il pezzo grosso”.
“E sono convinto che sarebbe meglio prenderlo vivo”.
Come a far eco alle parole del Sith, una spada si manifestò proprio davanti ai suoi occhi. Una spada di quelle primitive della Terra II, ma la sua superficie si irradiò di una fiamma verdastra che costrinse il Sith sulla difensiva. Lo stesso colore era riflesso lungo le dita del mago, e Boba aveva fatto fin troppi viaggi nell’Amn per non sapere di quanto fosse complesso un incantesimo simile e quanto dovesse essere abile un incantatore per mantenere la concentrazione in quel carnaio. L’arma puntò dritta verso il suo amico, e la lama laser ne parò il colpo senza però distruggerla. Maul brontolò qualcosa in iridoniano, allontanandola col peso del suo corpo senza però riuscire a disingaggiare sul serio; il cacciatore di taglie si rimise in piedi, osservando la scena, seguendo passo dopo passo il mago attualmente senza più seguaci. La tunica era ridotta ancora peggio di qualche istante prima, e stava camminando all’indietro diretto verso quella che doveva trattarsi della via per la Discarica.
“Dove pensi di andare?” mormorò.
Fece per prendere la mira e crivellarlo, ma entrambi i blaster mandarono suoni strani e poco confortanti dalle batterie energetiche quando li estrasse. L’incantesimo di autodistruzione del giovane apprendista aveva colto nel segno, e con un soffio di disapprovazione gettò a terra le armi, frustrato, osservando anche come il manico della vibrolama che gli aveva regalato Zam anni prima stesse risentendo della deflagrazione magica nel meccanismo di apertura.
L’immagine di lei tremolò un istante nella sua testa, poi la scacciò nell’esatto momento in cui Maul fu costretto a retrocedere a sua volta quando la spada svanì nel nulla proprio sotto un suo fendente per riapparirgli di fianco nella velocità di uno schiocco di dita.
Se Zam fosse stata lì, avrebbe spezzato la concentrazione di quel Tolgerias in un attimo.
Ma lei non era lì.
Anche se l’idea di fondo rimaneva valida.
Boba si avventò verso di lui, superando con un salto i cadaveri dei maghi e tutto ciò che si era accumulato ai suoi piedi. Sapeva che il mago avrebbe avuto addosso almeno uno scudo incantato a protezione, forse anche due, ma si gettò nella sua direzione con tutto il suo peso, lo spallaccio della cotta mandaloriana proiettato in avanti per prendere la maggiore fetta dell’impatto. Una prima ondata, simile ad una scossa, lo investì lungo tutto il corpo quando si trovò ad un braccio di distanza da lui: l’energia che aveva accumulato nel cristallo si accese, ma il cacciatore di taglie non fece assolutamente nulla per evitarlo. Nell’esatto momento in cui entrò nel campo il corpo iniziò a provare un dolore simile ad un caldo ed un freddo intenso in contemporanea, una fitta che esplose lungo la spalla e che in poco arrivò alla testa, scuotendogli il corpo come con una frusta. Senza elmo non aveva più il controllo dei parametri funzionali dell’armatura, quindi nel momento dell’impatto attivò manualmente il dosaggio di antidolorifici e bacta installati nel sistema.
L’intensità del dolore aumentò al passo successivo, facendolo indietreggiare di poco, ma il sistema riparativo del bacta entrò in azione: la testa fischiava e gli doleva, stava perdendo sangue almeno da un orecchio, ma gli antidolorifici istantanei iniziarono a compensare il tutto fino a scuoterlo per la nausea dalla bocca dello stomaco.
Se lo sarebbe fatto bastare.
Con la pressione della magia quasi alle stelle, attraversò il campo incantato e si buttò su Tolgerias.
Il suo peso, unito a quello della cotta, fecero il resto.
Il mago crollò sotto la sua spinta, chiaramente ancora spiazzato dalla sua mossa. La mano illuminata di verde perse il controllo sull’incantesimo e cercò di saettargli qualcosa per allontanarlo, ma Boba rimase attaccato a lui e qualunque incantesimo fosse stato lanciato si perse alle loro spalle. Gli piantò il ginocchio alla base della pancia e lo inchiodò a terra finché anche Maul non si avvicinò. “Bella idea, Boba”.
Il cacciatore di taglie annuì, continuando a immobilizzare il mago. Il bacta era ormai in circolo, ma parte del dolore alla spalla ed alle gambe continuava a persistere.
I prossimi giorni si sarebbero prospettati un inferno.
“Adesso vediamo cosa ha da raccontarci questo figlio di puttana. Se il nostro obiettivo è scappato per il trambusto fatto da lui e dai suoi amici …”
“Credete di farmi paura?”
Tolgerias cercò di opporsi e divincolarsi, ma l’occhio di Boba fu più rapido. Lo vide sfregare un anello nella mano sinistra e di scatto gli piantò la vibrolama dritta nel palmo, facendolo urlare. “Io non aggraverei la tua posizione, se fossi in te …”
Non aveva bisogno di parlare con il Sith per sapere che quel mago era più utile da vivo che da morto.
Da quando era diventato un Signore Oscuro effettivo Boba aveva perso molti contatti col mondo della criminalità organizzata della Galassia. Sapeva di essere un nome e non erano mancate le richieste da parte di giovani indipendenti, cacciatori che cercavano di costruirsi il loro giro e farsi un nome dietro a qualcuno di più famoso, proprio come era accaduto a Zam quando aveva accettato di lavorare con suo padre. Aveva rifiutato praticamente tutte le offerte, accettando pochissimi casi soltanto per clienti come gli Hutt e soprattutto quando l’Imperatore aveva bisogno di un orecchio affidabile in quelle realtà dove la divisa imperiale non era ben tollerata. I cartelli criminali sorgevano e si spegnevano come mosche, e di questa Alba Cremisi aveva sentito parlare al massimo da qualche mese, l’ennesimo gruppo organizzato che cercava di farsi strada su un terreno di caccia come Coruscant. A parte che avessero un nuovo leader giovane e un po’ spregiudicato non vi era stato nulla, in loro, che avesse sollevato l’attenzione dell’Impero o la sua.
Ma adesso le cose cambiavano.
Nessun sindacato, nemmeno il Sole Nero, avrebbe avuto il coraggio di ostacolare apertamente due Signori Oscuri in piena operazione.
E senza dubbio nessuno utilizzava dei maghi.
Maul si chinò verso Tolgerias, avvicinandogli una mano alla testa. “Mi auguro che tu sia un tipo collaborativo”.
Per tutta risposta, quello sollevò la testa e sputò.
“Lo prendo come un no”.
Il Sith appoggiò la mano sui capelli biondi, e per un attimo persino un non sensitivo come Boba percepì un brivido freddo lungo la schiena, l’ondata della Forza attraversata e poi piegata dal Lato Oscuro. Maul non ne faceva uso quanto l’Imperatore -richiedeva una concentrazione molto pesante- ma il cacciatore di tagli sentì intorno a lui i sensi disturbati, e la sensazione familiare di qualcosa che per pochi istanti unì il corpo di Maul a quello della sua vittima.
Lo aveva visto usare diverse volte e per un istante si concesse il lusso di allentare la presa sul mago, quando l’occhio gli cadde sul tenue bagliore rosso sul petto dell’altro che aumentò col crescere dell’intensità del Lato Oscuro.
“Maul …”
La gemma rossa dell’Alba Cremisi emanò all’improvviso una luce scarlatta, e né il cacciatore di taglie, né il Sith, furono in grado di tenere gli occhi aperti quando il rosso accecante si trasformò in una luce che inondò l’intero vicolo.
E poi videro.
Fu un guizzo, un tremolare di immagini. Si accentrarono intorno a Darth Maul, quasi attratte dalla vibrazione della Forza.
L’immagine di un palazzo forse in fiamme, forse crollato. Una aeronave che si allontanava tra gli spari, e figure di maghi che lanciavano incantesimi sugli assaltatori.
Una scena confusa, quasi frammentata in un caleidoscopio delle mille e più sfumature del rosso.
L’immagine di quel grattacielo più e più volte, come un pensiero fisso dentro la testa di quel mago. La magia accumulata nel cristallo si fece sempre più confusa, accerchiando le immagini intorno al Sith, per poi svanire di colpo, come se qualcuno avesse schioccato le dita e la realtà intorno a loro fosse tornata lo squallore di Coruscant, la puzza dei cadaveri e lo squittio dei ratti.
Sotto la mano di Maul, la testa del mago ciondolò all’indietro, senza vita.
Ma, in quel momento, entrambi si resero conto che non aveva più alcuna importanza. “Il palazzo di Tarkin …”





La nottata era stata gradevole, ma il getto d’acqua fredda sul viso la mattina appena sveglio lo fu ancora di più.
Niente di meglio che una doccia gelida per rimettere il cervello in movimento.
I bagni nelle suite per gli ospiti del palazzo di Xizor erano dotati di tutti i comfort più strampalati: solo nella cabina doccia erano inclusi diffusori di oli essenziali, altoparlanti, una consolle con schermo per la selezione di musica e audio, e una serie di led il cui pulsante di attivazione recitava la scritta “cromoterapia”. Quest’ultima si rivelò nient’altro che una deludente cascata di luci colorate, perciò Vexen la liquidò come l’ennesima pseudoscienza da ciarlatani senza arte né parte.
Prima di lavarsi giocherellò per qualche minuto con la consolle audio, meravigliandosi della vasta gamma di spazzatura con cui i ricchi ospiti del principe potevano scegliere di dilettarsi. Non resse nemmeno dieci secondi di meditazioni rituali di Gatalenta, mentre concesse a cori di guerra tribali di Pamarthe di risuonare per quasi un minuto intero prima di mettere a tacere il dispositivo con una manata infastidita. L’acqua fredda bastava e avanzava. Impostò la temperatura al minimo e vi gettò sotto la testa con gratitudine.
In qualche modo doveva aver perso tempo, tuttavia, perché quando riemerse dalla cabina, avvolto in un accappatoio liscio come seta che assorbiva l’acqua al minimo contatto con la pelle, si accorse che era trascorsa almeno mezz’ora. Non era da lui attardarsi in quel modo nelle semplici operazioni quotidiane.
Gettò un’occhiata nella camera da letto adiacente. Freki dormiva ancora, avvolta nella coperta come un in un bozzolo.
In effetti, rifletté mentre recuperava i suoi vestiti dallo schienale di una poltrona, non era da lui nemmeno ricercare compagnie notturne di qualsivoglia tipo. Non ne vedeva l’attrattiva. Le attività riproduttive, con il loro dispendio di energia cinetica, rilasciavano un quantitativo di calore poco tollerabile per un elementale del ghiaccio. E anche prima di diventarne uno, non aveva mai compreso fino in fondo la straordinaria ossessione delle specie umanoidi per le attività che includevano lo scambio di fluidi corporei. O meglio, la comprendeva su carta. In termini di ormoni, segnali chimici, esigenze di riproduzione della specie. Tutto perfettamente logico. Solo, molto lontano dalla sua esperienza.
Una volta vestito si ricordò che Freki gli aveva chiesto di svegliarla prima di andarsene, perciò si chinò sul letto per scuoterle una spalla. Metà del suo viso era sprofondata nel cuscino di piume, mentre sull’altra metà era stampata un’espressione così beata che per un attimo Vexen si sentì in colpa a disturbare il suo sonno.
Si chiese quante persone l’avessero vista in quel modo. Più leggera, meno affilata. Una cosa che Vexen non avrebbe mai immaginato quando aveva fatto la sua conoscenza era che fosse capace di ridere così spesso.
La scosse delicatamente, ma lei si limitò ad emettere un mugugno incoerente e a seppellirsi più a fondo nelle coperte.
Si chiese cosa le fosse passato per la testa la sera prima, quando lo aveva invitato nella sua stanza al ritorno dal club degli affiliati del Sole Nero. Perché proprio lui e non, ad esempio, un ranger giovane e prestante come Valygar. O il principe Xizor. O una qualsiasi delle Twi’lek in abiti discinti che sembravano proliferare in abbondanza ad ogni angolo di quel palazzo.
Le scosse la spalla con maggiore decisione. Questa volta la risposta proveniente dal mucchio di coperte fu persino intelligibile, anche se la voce era più impastata di quella di Katjaa dopo un viaggio tra le delizie della spezia.
“Sono morta. Non cercatemi. Anzi, buttate il mio corpo in mare.”
Vexen soffocò una risatina.
“Potrei prenderti in parola.”
No, la vera domanda era perché lui aveva accettato il suo invito. Nemmeno la chiarezza del mattino e l’acqua gelata sul viso lo avevano aiutato a elaborare una risposta soddisfacente.
Noia? Curiosità? Bisogno di mettere a tacere quei pensieri che lo tormentavano da quando aveva lasciato la Terra II?
Quell’ultima parte era riuscita piuttosto bene, a dire il vero.
“Con un cerchio alchemico trasformare i solidi in liquidi sarebbe uno scherzo, sai.”
La minaccia alchemica sortì il suo effetto, perché Freki emise qualche altro mugugno di protesta ma poi si decise ad emergere dalle coltri stropicciandosi gli occhi ancora gonfi di sonno.
Era già con un piede fuori dalla porta quando l’olopad di Freki, sul comodino, mandò un trillo acuto. Lei lo afferrò con uno sbuffo infastidito mentre la mano di Vexen corse in automatico al proprio dispositivo, ben chiuso nella tasca della giacca e rigorosamente in modalità silenziosa.
Tre nuovi messaggi di Lavok erano apparsi nella chat comune.
 
*StregonePlanare*: Novità dalle indagini sul medaglione: abbiamo identificato due possibili Sindacati che potrebbero essere responsabili dell’attentato durante la festa.
*StregonePlanare*: Potrebbe valere la pena indagare sul loro conto anche per la NOSTRA missione.
*StregonePlanare*: Incontriamoci appena potete.
 
“Dovresti venire con noi” disse Freki, che intanto era riuscita a districarsi dalle coperte e ora girava a piedi scalzi per la stanza recuperando le sue cose e passandosi una mano tra i capelli arruffati.
“Ne abbiamo già parlato.”
“Potrei aver trovato un compromesso.”
A queste parole Vexen diede le spalle alla porta e la richiuse poggiandovi la schiena. “Ti ascolto.”
“Diciamo che ci sarebbe un posto dove noi potremmo recuperare informazioni e tu fare un discreto quantitativo di crediti in breve tempo. Specialmente con piccolo aiuto da parte di qualcuno con i miei… talenti.”
Sorrise, lasciandosi cadere sul letto e sedendosi a gambe incrociate. Con un’occhiata lo squadrò dalla testa ai piedi, esaminando con sguardo critico la sua giacca di pelle consunta e gli abiti scuri e anonimi.
“Però temo che dovrai trovarti un outfit più elegante.”
Vexen alzò gli occhi al cielo. “Ti prego, non dirmi che è l’ennesima festa di ricchi senza freni inibitori.”
Per tutta risposta Freki scoppiò in una risata cristallina.
“No, molto meglio. Andiamo al casinò.”
 
  
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