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Autore: _the_unforgiven_    20/12/2022    1 recensioni
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La ritirata della Grande Armée fu una delle più catastrofiche sconfitte patite da un esercito lanciato all'inseguimento dei sogni di un solo individuo. Crowley e Aziraphale ci sono in mezzo, e potete immaginare ciascuno da quale parte.
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Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il serpente nella neve | ottava parte

 

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Michail Stepanovic si era appena accasciato ai suoi piedi; Aziraphale aveva mosso solo qualche passo nel buio, quando d'un tratto sentì rizzarsi i peli sul collo.

Nel corridoio in cui tutte le lampade erano scoppiate rimaneva solo la luce della luna, riflessa sui vetri scheggiati come denti rotti. 

Aziraphale ebbe per un attimo la bizzarra impressione che i raggi di luce si ritraessero verso di lui, balzando da una scheggia all'altra come animaletti spaventati; ma un momento dopo si accorse che era il buio ad avvicinarsi lentamente.

Avanzava come un muro di soffice ombra, inghiottendo il corridoio centimetro dopo centimetro, e allungando verso di lui viticci invisibili come tentacoli di un'anemone marina; e dalle profondità della tenebra, un cupo magnetismo pulsava. 

Aziraphale cercò di sondare il buio con lo sguardo, si pose attentamente in ascolto; inutilmente. Così, col sangue ancora caldo di lotta e il cuore che batteva come un tamburo, fece un passo dentro l'oscurità.

Un gelo improvviso gli tagliò il fiato.

Come fosse appena sprofondato sotto la crosta di un lago ghiacciato, Aziraphale si ritrovò in una morsa gelata che bruciava come fuoco e che in un istante risucchiò tutto il calore delle sue membra.
Boccheggiò, incapace di prendere fiato; il gelo era così intenso da immobilizzarlo, oscurandogli la vista e cancellando il senso di gravità.

Gli parve di sprofondare in acque buie, come se il pavimento si fosse aperto sotto i suoi piedi per risucchiarlo in un lago sotterraneo, freddo e muto come lo spazio fra le stelle.
Tentò inutilmente di riempirsi i polmoni; cercò la voce per gridare e non la trovò.

E poi sentì il ghiaccio arrivare a lambirgli il cuore, come una mano gelata che si insinui a cercare calore sotto i vestiti; e allora lo riconobbe.

"Eccoti qui, finalmente." mormorò.
Poi radunò tutte le proprie forze e colpì.


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Il buio si ritrae come un animale, gli riempie le orecchie con il ruggito di cento cascate; d'istinto, Aziraphale lo incalza.  

Dentro la massa d'acqua nera abbranca la creatura che si dibatte furiosamente, tentando di sgusciare via; ma Aziraphale non molla.

La lotta può essere una cosa semplice e primaria.

Fallito il tentativo di fuga, il serpente ritorna all'attacco; si accanisce su Aziraphale con una forza che è acuminata e gelida come uno stiletto, perché la bestia che ha inghiottito Crowley colpisce per uccidere, si contorce e morde e lacera.

La risposta di Aziraphale, invece, è lenta, imprecisa e ottusa; può solo cercare di trattenere Crowley, e offrire il petto ad artigli resi affilati dalla paura.

Perché Crowley è il seme al centro di quel roveto di buia disperazione; Crowley che è quasi irraggiungibile, sepolto in fondo a una gora di miseria e solitudine; Crowley che non sa più tornare indietro.

Aziraphale serra le braccia. Esiste solo nello sforzo di cingere Crowley insieme alla nube in cui si è sperduto.

In una lotta, vince l'ultimo a cadere.

La Grazia che sente sgorgare come da una ferita aperta ha il calore e la liquida densità del sangue; si spande come le note di un pianoforte da una finestra spalancata, si disperde come vino da una brocca infranta; e per un breve istante il ricordo della meschina reprimenda di Gabriel gli suscita un guizzo di riso. 

La sua risata si rifrange come luce in un prisma, colora di rosa e oro la marea brillante che esce a fiotti e cresce, cresce, disgelo che lava via il fango, acqua e pioggia, aurora e pianto.

E con una semplicità quasi magica la densa oscurità comincia a sfaldarsi, si liquefa scorrendo in rivoli scuri, come la neve sudicia dell'anno prima bagnata dalla pioggia primaverile.


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E poi d'un tratto fu come riemergere. 

Aziraphale sentì l'aria tornare a riempirgli il petto, aprì gli occhi e trovò Crowley stretto fra le proprie braccia, ossa e nervi e muscoli contratti.
Inginocchiati a terra e madidi di sudore, stavano aggrappati l'uno all'altro come se un'onda potesse arrivare a trascinarli via. 

Aziraphale si sforzò di ritrovare il ritmo del respiro; poi, un lungo sospiro, lasciò andare Crowley e prese il suo viso fra mani tremanti. I suoi occhi spalancati erano grandi e febbrili, ma vigili, di un oro quasi verde nella luce del primo mattino. 

Moltissime cose si affacciarono tutte insieme alle labbra di Aziraphale, che però non ne disse neppure una. "Buongiorno," mormorò invece stupidamente, sorridendo proprio malgrado. La sua voce era rauca come se avesse gridato tutta la notte.

Crowley mosse una mano con gesto esitante; la sollevò fino a sfiorare il bavero di Aziraphale, senza davvero toccarlo. Volse lentamente attorno uno sguardo smarrito, mentre fuori l'alba si tingeva di azzurro. Quando finalmente tornò a guardare Aziraphale negli occhi, si aggrappò a un lembo della sua giacca come se temesse di smarrirsi. "Dimmi qualcosa di vero," bisbigliò.

Qualcosa come un dolore dolce pizzicò le corde del cuore di Aziraphale.
Si curvò avanti per sussurrare piano all'orecchio di Crowley; il primo raggio di sole li trovò così.


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Nella campagna bianca di luce, il cavallo Diderot trascinava diligentemente un carro il cui carico valeva più dei tesori di tutte le Russie.
Dentro il cassone, infatti, ballonzolavano allegramente barili di carne salata, ruote di formaggio, sacchi di patate e cipolle, intere casse di gallette; perfino qualche mela, avvizzita e dolcissima.

La gioia dei soldati, che lo avevano trovato sulla strada deserta appena un'ora prima, era tale che camminando cantavano a squarciagola; facevano ala al carro di provviste come se stessero scortando la Vittoria in trionfo. 

Solo Toussaint, che sedeva a cassetta, manteneva una certa compassata sobrietà; se ne stava silenzioso con le briglie in mano, talmente assorto nei propri pensieri che quando udì una voce nota alle proprie spalle, quasi cascò dal carro.

"Di' loro di berciare un po' più forte, Toussaint, che a Mosca non riescono ancora a sentirli."

"Putain..!" squittì il soldato, sobbalzando così scompostamente che Diderot lo rimproverò con uno sbuffo.

Crowley, che se ne stava stravaccato fra i sacchi di provviste,  sogghignò e diede un morso a una mela.
"Mh-hm", ammonì con la bocca piena, agitando un dito verso Toussaint che stava per farsi il segno della croce. "Non mi sembra il caso."

"Come - come diavolo -" balbettò il soldato; poi mollò le briglie, saltò dentro il carretto e agguantò Crowley per sommergerlo di cameratesche manifestazioni d'affetto. A nulla gli valse gracchiare ancora "non mi sembra il caso!", mentre Toussaint gli batteva sulla schiena manate che avrebbero atterrato un vitello.
"Perdio, me ne torno dai Russi," raspò Crowley, quando finalmente riuscì a sottrarsi all'esplosivo entusiasmo del soldato; ma ebbe il garbo di non commentare i suoi occhi lucidi. 

"Stavolta ci vai da solo, bello mio, perché noi si torna a Parigi!" ruggì Toussaint, muovendo il braccio con un gesto che pareva già abbracciare la veduta di Notre Dame.

Crowley sogghignò; per la prima volta, si sentiva assolutamente certo che ci sarebbero arrivati, a Parigi, e che misteriosamente nessuno li avrebbe disturbati fin davanti all'uscio di casa.

"Già." disse soltanto, alzandosi. "Io sono venuto a farvi un saluto."

"Cosa?!" fece Toussaint, balzando in piedi a propria volta e quasi mettendo il piede in una pentola di lardo. "Non vieni con noi?!"

"Nah, uhm-" cominciò Crowley, accennando alle proprie spalle; "-mi è rimasta da sistemare una cosa, una certa- una faccenda -"

Toussaint lo lasciò borbottare per qualche istante, fissandolo con una scintilla negli occhi; finché non esplose in una fragorosa risata. "Una certa faccenda terribilmente bionda, e rosea come un angelo!" sghignazzò, assestandogli un'altra vigorosa pacca su una spalla. "Io non so da dove vieni, amico mio, e credo che non lo saprò mai; ma sei un Parigino fino alla radice dei capelli."

Crowley gorgogliò qualcosa che poteva essere una risposta coerente, come no; poi infilò la mano in una tasca e tirò fuori l'inesauribile fiaschetta d'argento. La lanciò a Toussaint, che la afferrò al volo. "Non venderla prima che sia vuota," lo avvertì, saltando giù dal carretto. "E basta guerre!" gli gridò dietro.

"Basta guerre, solo vino e donne!" promise Toussaint alzando la fiasca. "Ti aspettiamo a Parigi!"

Crowley rimase sul ciglio della strada, mentre la carovana sfilava vociando nel sole, mentre i soldati lo salutavano stringendogli le mani, con sorrisi enormi stampati sui volti macilenti.
Solo quando la colonna fu sparita cantando all'orizzonte, Crowley tornò sui propri passi.

Aziraphale lo stava aspettando.

Avevano molto da fare, per rimediare ai pasticci della notte prima, per inventarsi qualche scusa che giustificasse ai rispettivi vertici gli eccessi di luce e ombra; ma non importava, qualcosa si sarebbero inventati, insieme.

E poi se ne sarebbero andati via. A Berlino, forse, oppure Praga.
O magari in qualche posticino più caldo, a Roma, magari.
Forse Istanbul.


"Sei tornato."

"Te l'ho detto. Sono venuto a prenderti."

"Ero finito in un posto dove tu non c'eri."

"Mi dispiace. Non succederà più."

"Lo prometti?"

"Lo prometto."


Crowley camminava nel sole, inspirando a pieni polmoni l'odore della neve, le mani cacciate in fondo alle tasche. Ora che non c'era più la fiaschetta, si accorse che nella fodera quasi scucita c'era qualcosa.

La tirò fuori: era un bottone d'oro che brillava alla luce.
 

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Fine

 

 

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Questa storia ha avuto un percorso un po' travagliato.

E' piena di buchi, perché l'ho scritta in momenti molto lontani fra loro; e alcune cose avrebbero meritato di essere sviluppate un po' di più.

E sì, se Aziraphale avesse davvero lottato contro Crowley, invece di opporre resistenza passiva, forse avrebbero rischiato di polverizzarsi a vicenda.
E sì, sicuramente avranno creato un sommovimento di forze eteree (e occulte) visibile dallo spazio; e ci saranno stati da fare un po' di salti mortali, dopo, per non farsi scoprire.

No, Toussaint non ha mai rivenduto la fiaschetta d'argento.
Sì, sono tornati tutti a casa.

No, Aziraphale non ha poi scritto una cronaca della guerra, ma qualche anno dopo ha spedito un po' di appunti a un suo giovane corrispondente, Lev Nikolàevič Tolstòj, che stava facendo ricerche d'archivio su quel periodo.

Sì, sento un po' la loro mancanza. Per fortuna ormai si respira aria di seconda stagione.

Grazie per avermi accompagnato fino a qui :) 
Alla prossima.

 

 

 

 

   
 
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