Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Jamie_Sand    22/12/2022    3 recensioni
Nell’agosto del 2005, la preside McGranitt nota lo strano nome di un nato babbano che doveva iniziare a frequentare la scuola proprio quell’anno. Chiede dunque quindi al suo ex studente Harry Potter di portare lui stesso la lettera di ammissione a casa del bambino. Quando però Harry varca la soglia del cottage in cui vive il piccolo mago, si trova di fronte la copia esatta del suo defunto padrino e una donna che dice che quello non è altro che il figlio di Sirius Black.
Dal prologo:
- Come è possibile…? Lui e Sirius… - Sussurrò Harry, continuando a fissare il ragazzo, senza accorgersi di avere gli occhi pieni di lacrime.
Poi si voltò verso la donna, che teneva in mano una tazza piena di tea. - Sono identici, non è vero? - Chiese, con voce rotta.
- Non capisco. - Disse Harry, sempre più confuso. - Se Sirius avesse avuto una famiglia, addirittura un figlio, tutti noi lo avremmo saputo! -
- È complicato. - Rispose la donna. - Lascia che ti racconti la storia. -
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Lascia che ti racconti la storia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 46

 

Che Janus Black si sentisse facilmente in imbarazzo era ormai un fatto conclamato. Peccato che quel pomeriggio, mentre tutti alla tana si stavano occupando di consolare (o prendere in giro, dipendeva dal caso) Percy, il ragazzo non poté far altro che sentirsi totalmente fuori luogo. 

Si era scatenato un vero e proprio caos da quando sua madre aveva deciso di volare via sulla motocicletta di Sirius: i babbani presenti alla cerimonia, nel panico per aver visto con i loro occhi una vera e propria magia, erano stati trattenuti fino all’arrivo e al successivo intervento di una vasta squadra di obliviatori, gli altri invitati, scossi e increduli, avevano iniziato a rivolgere a Janus sguardi davvero molto difficili da decifrare, mentre la famiglia Weasley si era ritrovata a dover badare al figlio della donna che aveva spezzato il cuore di uno di loro. Janus così aveva rimandato Faye a casa e si era limitato, seppur a malincuore, a obbedire agli ordini di Percy, che lo aveva riportato alla Tana insieme agli altri. 

In quel momento, in quella casa, c’era una strana atmosfera, un’aria che Janus non aveva mai respirato prima tra quelle mura. Nessuno sembrava avere una gran voglia di parlare, ma di sicuro nessuno sembrava avere il coraggio di parlare proprio di ciò che era successo solo poche ore prima. Se ne stavano semplicemente tutti lì, una massa di capelli rossi e lentiggini, riuniti attorno al vecchio tavolo sgangherato mentre Janus li osservava in disparte dalla poltrona accanto al camino, riempiendo il silenzio con argomenti frivoli come il quidditch o l’ultimo album delle Sorelle Stravagarie. 

Janus voleva andare a casa, dar loro lo spazio necessario per parlare male di Hazel, dato che nessuno si era ancora azzardato a farlo, ma Percy aveva tagliato corto dicendo che non aveva nessuna intenzione di lasciarlo da solo a Londra mentre sua madre e suo padre erano chissà dove. 

Peccato che stare lì in quel momento si stava rivelando per Janus molto più complicato del previsto.

Aveva sempre sentito nel profondo del suo cuore di non essere davvero parte di loro, non importava quanti maglioni Weasley avesse a casa, lui non era parte di loro e forse per questo non era mai riuscito a essere del tutto contento del matrimonio tra Percy e sua madre. Eppure la reale consapevolezza di essere un estraneo gli stava letteralmente spezzando il cuore. 

Chissà quante cose sarebbero cambiate da quel giorno in poi, si ritrovò a pensare Janus quando il suo sguardo finì su Molly e Lucy, vicine e stranamente unite nella malinconia di quel pomeriggio. 

Detestava i cambiamenti. 

Percy invece se ne stava poco distante dalle due figlie, seduto tra Charlie e Bill, gli occhi su una fetta di torta di melassa ancora intatta pur di non incontrare quelli dei suoi familiari. Doveva sentirsi così umiliato… 

Janus avrebbe voluto davvero dirgli qualcosa, ci aveva persino provato qualche ora prima, ma aveva l’impressione che ogni parola sarebbe stata vana. Inoltre sarebbe stato davvero un po’ ipocrita da parte sua dire che gli dispiaceva, dato che aveva più volte consigliato e spinto suo padre verso sua madre, eppure era così, gli dispiaceva.

- Janus, caro, vuoi una fetta di torta? - Gli domandò cordialmente la signora Weasley, riportandolo alla realtà. 

- No, grazie, signora Weasley. - Si affrettò a rispondere lui, sentendosi ancora peggio. 

Perché era ancora lì? Non poteva crederci che sua madre lo avesse lasciato in quella situazione ambigua senza nemmeno preoccuparsi di scrivergli un messaggio. Non aveva idea di dove fosse, non poteva neppure controllare che stesse bene dato che non poteva andarla a cercare. O forse poteva? Gli sarebbe bastato uscire e poi volare fino a Londra, controllare se Hazel e Sirius fossero a casa, rimanere con loro. Ma questo voleva dire scappare via, non seguire gli ordini di Percy, forse farlo anche preoccupare. 

- Credete che uscirà qualcosa sulla Gazzetta del Profeta, domani? - Chiese Percy, con gran sorpresa di tutti, dato che non aveva aperto bocca da quando avevano raggiunto la Tana qualche ora prima. 

Nessuno parlò per qualche secondo, ma Janus notò degli sguardi sfuggenti nella sua direzione, come se la sua sola presenza in quella stanza limitasse la libertà di esprimersi di tutti gli altri. 

- Già immagino i titoli… è così umiliante. - Proseguì Percy, prendendosi la testa tra le mani. - Non so come ho fatto a non capire tutto, era così ovvio, sono uno stupido! - 

- Non è colpa tua Perce. - Disse Charlie, cercando di consolarlo. 

- Infatti è tutta colpa di Hazel. - Si mise in mezzo Ron, beccandosi un calcio da sotto il tavolo da parte di Ginny e un’occhiataccia da Hermione. - Che c’è? È la verità! - 

- Puoi smetterla, Ron? - Sbottò Hermione, prima di lanciare uno sguardo eloquente verso Janus. - Non è il caso di parlarne adesso, non credi? -

Ron borbottò qualcosa sottovoce e incrociò le braccia sul petto. Di nuovo su tutta la Tana cadde il silenzio. 

Janus sospirò e poi il suo sguardo finì su Harry, anche lui in disparte e chiaramente a disagio. Era chiaro quanto anche per lui quella situazione fosse complicata, dopotutto Sirius era il suo padrino, ma i Weasley erano la sua vera famiglia. Harry non voleva schierarsi e nemmeno Janus voleva farlo. 

- Vado a prendere un po’ d’aria. - Li informò il giovane, cercando di mantenere un tono rilassato, alzandosi in piedi. 

Non poteva rimanere lì, era troppo imbarazzante e anche un po’ doloroso. Non voleva salutarli, ma sapeva che probabilmente non avrebbe mai più rimesso piede in quel posto. Era tutto finito, non avrebbe più partecipato a nessuno dei prossimi compleanni di Molly e Lucy, non avrebbe più festeggiato il Natale mangiando i biscotti  della signora Weasley e non avrebbe mai più aiutato il signor Weasley con la tecnologia. 

Janus fece appena in tempo a mettere piede fuori dalla Tana quando una voce squillante e chiara lo fermò. Quando si voltò notò la presenza di Molly. 

- Stai andando via, vero? - Domandò la ragazzina, raggiungendolo nel cortile. 

Janus annuì. Non aveva voglia di mentire, non a lei. - È troppo strano rimanere qui. - 

- E te ne saresti andato senza dirmi nemmeno ciao? - 

Ti prego, Polly, non farmi questo. 

- Ma noi due ci vediamo a scuola a settembre. - Rispose Janus, sorridendole, o almeno tentando di farlo. - Non ce la faccio a restare qui, mi sento fuori luogo. - Ammise. 

Molly lo guardò con apprensione. - Perché, Jan? Sei a casa. - Disse. 

Lui scosse la testa. - Non sono a casa. - Ribatté. - Non sono uno di voi e non sono davvero tuo fratello. È tutto troppo strano, voglio andare a casa mia. - 

- Oh. - Mormorò Molly, facendo un passo indietro. Sembrava un po’ turbata dalle parole di lui, ma Janus ebbe l’impressione che la ragazzina non volesse darlo a vedere. - Noi due… non ci vedremo mai più. - 

Janus so lasciò scappare un piccolo sorriso intenerito. - A settembre ricomincia la scuola, te l’ho detto. Non cambierà nulla. - La tranquillizzò, mettendole una mano sulla spalla. 

- Ma è il tuo ultimo anno. - Gli ricordò lei. - Dopo tu andrai al college come vuole Hazel, troverai un lavoro al Ministero e non ci vedremo mai più, lo so. -  

- Ti verrò a trovare durante le uscite a Hogsmeade. - Decise Janus. - Almeno finché non preferirai uscire con qualche bel ragazzo invece che con me. - Aggiunse sorridendo. 

- Non credo che ciò succederà mai. - Obiettò Molly. - I ragazzi sono cattivi con me, e preferiscono tutti Lucy, lo sai. Lei è quella bella. - 

- A parte che siete praticamente identiche; certo a parte gli occhi, che poi sono meglio i tuoi dato che i suoi sono banalmente azzurri. Ma se fossi uno dei tuoi compagni di classe io sceglierei te senza doverci pensare un secondo. - Rispose Janus. 

- Tu sei completamente folle, lo sappiamo ormai. - 

- Ne parleremo tra qualche anno, quando sarai piena di pretendenti. - Sogghignò lui. 

Molly abbozzò un sorriso un po’ imbarazzato e poi prese a guardare a terra, come se nelle sue scarpe laccate comprate proprio per il matrimonio ci fosse qualcosa di molto interessante. Non aveva molti amici, in verità si trovava male con la maggior parte dei suoi coetanei, mentre le altre persone le parlavano come se fosse solo una bambina, ma con Janus era sempre stato diverso. Lui l’aveva sempre trattata come una sua pari, fin da subito. Era il suo unico vero amico e a lei non importava ciò che era successo tra i loro genitori, semplicemente non voleva perderlo. 

- Adesso è meglio che vada. - Parlò lui guardandola dritto negli occhi, rompendo quel silenzio che si era venuto a creare. - Ci vediamo il primo settembre, ma se hai bisogno di me scrivimi, d’accordo? - 

Molly annuì e le sue labbra si piegarono verso il basso. 

- Ti voglio bene, Polly. Tanto. - Aggiunse Janus, prima di abbracciarla forte. 

Lei sgranò gli occhi. Non si aspettava quel contatto e questo la fece sentire un po’ strana, anche se non riusciva a spiegarsi il perché e questo la infastidì: lei sapeva sempre il perché delle cose, era il suo piccolo superpotere. 

- Di’ a Percy che mi dispiace. - Riprese Janus, quando fece un passo indietro. - E che… che mi mancherà. Mi mancherete tutti, persino Lucy. - 

Si fissarono per qualche altro secondo e poi lui si trasformò e prese il volo, lasciandola sola nel mezzo del giardino della Tana. 

 

Volò senza mai fermarsi almeno per due ore prima di riuscire ad atterrare sul davanzale di una delle finestre di casa sua, prima di accorgersi che lì non sembrava esserci né traccia di sua madre, né traccia di Sirius. Janus pensò così che i due potessero trovarsi a casa di lui ma non li trovò neppure lì. 

Era ormai quasi sera, il sole stava calando e, dopo aver vagato per un po’ senza nessuna meta in giro per Londra, Janus si trasformò di nuovo in un corvo e si lasciò guidare dalle proprie ali fino all’inoltrata campagna a nord della città. Si sentiva strano, aveva bisogno di un posto in cui stare e, nonostante sarebbe stato facile aprire la porta di casa sua con un incantesimo, non voleva essere da solo; per questo fu felice quando riuscì finalmente a trovare casa di Faye. Non era mai stato lì, ma per fortuna tutte le lettere che negli anni si erano scritti gli avevano permesso di imparare a memoria l’indirizzo. 

La famiglia Selwyn viveva in vecchio maniero dall’aria dimessa, ma che un tempo doveva essere stato molto sfarzoso. L’edera si arrampicava fitta su una delle possenti mura, il giardino era trascurato e pieno di erbacce e la fontana proprio davanti all’entrata principale era vuota e piena di foglie secche trasportate lì dal vento. Sembrava un posto infinitamente triste, oscuro e anche un po’ malinconico, parole che Hazel aveva usato spesso per descrivere Grimmauld Place al proprio bambino, quando Janus faceva domande su suo padre e sulla vecchia casa in cui aveva passato vissuto insieme. 

Janus volò intorno a quella massiccia struttura, cercando di capire quale di quelle tante finestre fosse quella della camera di Faye. Scoprì che al piano di sotto c’era sia il padre, sia lo zio della ragazza, due uomini che erano uno l’opposto dell’altro nell’aspetto, ma che in comune avevano un’espressione piuttosto minacciosa. Il primo, suo padre, aveva i capelli radi di un castano molto scuro che gli ricadevano flosci su que spalle, la fronte alta e un naso largo e storto, come se qualcuno glielo avesse rotto, suo zio materno, l’uomo che si era preso cura di lei mentre suo padre era ad Azkaban, era invece di bell’aspetto, biondo e curato, il viso rasato che richiamava i tratti della Serpeverde. Janus sapeva che era lui il più crudele dei due, quindi forse non era il caso di suonare il campanello e chiedere di Faye, come avrebbe fatto in circostanze normali. Probabilmente, se solo sua madre non fosse stata una babbana, ma una strega purosangue, allora i parenti di Faye sarebbero stati molto entusiasti della loro relazione. 

La camera della ragazza si trovava al secondo piano, nell’ala ovest di quello che era quasi un castello. Janus volò fin lì e, quando atterrò sul davanzale della finestra spalancata, lei impiegò un solo istante per riconoscerlo. 

- Che ti salta in mente? - Sbottò, un attimo prima che lui tornasse sé stesso. - Vuoi forse fatti ammazzare o peggio? - 

- C’è qualcosa di peggio di morire ammazzati? - Ribatté lui, facendo un sorrisetto beffardo. - Comunque non credo che sarà tuo zio o tuo padre a farmi fuori, ma più tosto questa tua strana sottoveste succinta che stai indossando in questo momento, dato che non c’è bisogno nemmeno che mi metta a immaginare cosa c’è sotto. - 

- È il mio pigiama, idiota pervertito che non sei altro! - Sbottò lei, avvicinandosi con aria minacciosa. 

- Sei davvero incontentabile, lo sai? Prima ti lamenti perché mi comporto come se non fossi attratto da te e adesso mi dai del pervertito. - 

Faye incrociò le braccia sul petto. - Janus, dico davvero, te ne devi andare. - Asserì lei, seria. - Se qualcuno ti vedesse mi metteresti in un sacco di guai. - 

- Ma non mi vedrà nessuno. - Cercò di tranquillizzarla lui. - Se sentiamo che qualcuno bussa alla porta tornerò a fare il corvo, non preoccuparti. - 

- Nessuno bussa alla porta in casa mia. - Ribatté lei, prima di affrettarsi ad afferrare la bacchetta per bloccare e imperturbato l’entrata di quella stanza. 

Solo in quel momento lui ebbe il tempo per guardarsi un po’ attorno. La camera da letto di Faye era arredata da un ampio letto a baldacchino dalle tende di un verde scuro, posto tra due comodini di legno: su uno c’era appoggiata una candela mezza consumata, mentre sull’altra una foto magica incorniciata di lei da piccola assieme a sua madre e suo fratello. C’era anche un armadio e scrittoio su cui forse lei era solita fare i compiti delle vacanze, il baule era invece abbandonato in un lato della stanza assieme al violoncello e al baule di lei. A terra, invece, a coprire il vecchio pavimento scricchiolante, c’era un grosso tappeto. Non sembrava affatto la stanza di una adolescente, almeno non di una adolescente del ventunesimo secolo. 

Lei si abbandonò sul letto, la schiena contro la spalliera, lo fissò severamente per qualche secondo e poi gli fece cenno di raggiungerla. - Cosa è successo? - Gli domandò, quando Janus si sdraiò al suo fianco. - Non eri alla Tana? - 

Lui annuì. - Sì, ma mi sentivo troppo a disagio, così sono scappato. - Rispose dopo un sospiro. - Volevo cercare mia madre e mio padre, ma non li ho trovati da nessuna parte. -

- Tua madre non ti ha ancora chiamato? - 

- No. - Disse Janus. - Chissà, magari è scappata via anche da me. 

Faye fece una faccia scettica e scosse la testa. - Ma piantala, avrà semplicemente lasciato il telefono da qualche parte. Ti ricordo che è scappata dal suo matrimonio, non ha avuto molto tempo per organizzare le cose. - 

Janus non disse niente, ma si avvicinò ancora un po’ a lei. Si sentiva un po’ solo e un po’ perso in quel momento, odiava ammetterlo ma aveva bisogno di lei. 

- Oppure se ne è andata e a quest’ora è… che ne so, in Italia. In Italia a bere dello Spritz mentre guarda i piccioni affollare Piazza San Marco. - 

- Non si può arrivare fin là con una moto volante. - Rispose Faye. - È più probabile che siano in Francia a mangiare croissant. O forse sono solo in Scozia, c’è casa vostra lì. - 

Janus ci pensò su. In effetti aveva senso: era in quel cottage che si erano conosciuti i suoi genitori, inoltre era abbastanza lontano da Londra da non essere il primo posto in cui una persona andrebbe a guardare. 

Forse doveva andare a dare un’occhiata e questo voleva dire che lo attendevano diverse ore di volo, anche se forse poteva semplicemente prendere il Nottetempo. In ogni caso non aveva molta voglia di muoversi da lì in quel momento, dato che l’angoscia di essere stato abbandonato da sua madre si stava facendo sentire molto forte. 

- Cosa farò se invece se ne sono andati per davvero? - Chiese, lasciandosi sfuggire un tono un po’ infantile. 

Faye scrollò le spalle. - Provvederai a te stesso con la quantità quasi illimitata di oro che tuo padre ti ha lasciato in eredità. - Rispose tranquilla. - Oppure sarà Percy a occuparsi di te, secondo me ti adotterebbe volentieri. - 

Il giovane scosse la testa. - Non credo che Percy mi adotterebbe. - Disse. - Me ne sono andato senza salutare nessuno di loro, come un vero codardo. - 

- E Molly? - 

Janus fu colto alla sprovvista da quella domanda strana. - Molly cosa? - 

- Lei l’hai salutata? - Chiese gelidamente Faye. 

- Lei sì. - Rispose Janus, per poi rendersi conto che quella era chiaramente una domanda trabocchetto per il quale probabilmente sarebbero finiti per litigare. - Ma solo perché lei mi ha seguito fuori… mi ha visto mentre me ne andavo, ecco. - Aggiunse in fretta. 

Faye lo fulminò con lo sguardo e poi si allontanò immediatamente da lui. - Ti pareva che proprio lei ti abbia visto. -

Janus alzò gli occhi al cielo. - Questa faccenda sta iniziando a diventare ridicola. - Disse. 

- Sì, è davvero ridicolo che quella ragazzina ti stia sempre intorno. - Sottolineò lei. - Le stai dando false speranze, come fai a non capirlo? - 

- Guarda che non è mica stupida, lo sa che ci sei tu, lo sa che ti amo. Ma tu invece sembra di no, sembra che tu non lo sappia, dato che ti senti minacciata da una ragazzina di tredici anni. - 

- Forse dovresti dimostrarmelo di più, non credi? - 

Janus sospirò. Non capiva per quale motivo Faye avesse continuamente il bisogno di dimostrazioni. Stare con lei spesso era davvero stressante. - Che cosa devo fare per dimostrartelo, allora? - Le chiese esasperato. 

- Smetti di parlare con lei. - 

Janus aggrottò la fronte e la fissò senza dire una parola. Stava forse scherzando? 

- Ormai i vostri genitori non stanno più insieme, non c’è più motivo per il quale dovreste farlo, no? - Proseguì Faye. - Ma se parlare con quella ragazzina è più importante che stare con me allora è meglio se la finiamo qui. - 

Janus esitò ancora e poi scosse la testa. - Perché non ti fidi di me? - Le chiese, ferito. 

- Perché no. - Si limitò a rispondere duramente lei. 

- Questa non è una risposta. -

- Non posso fidarmi e basta. - Ribatté Faye. - Non posso, non ci riesco. Tu mi fai sentire in modo strano e non mi piace. - 

- In modo strano? Come? - 

- Come… come se morissi nel caso tu mi lasciassi. - Confessò lei con stizza. - Ho più bisogno io di te che tu di me, questo mi fa sentire in pericolo. - 

Janus la fissò con incredulità. Faye non gli era mai sembrata bisognosa di niente. Lei era forte, indipendente e consapevole di essere un’ottima strega oltre che una ragazza bellissima, mentre lui… be’, lui era quel che era: un ragazzino impacciato che arrossiva ancora e che per lei avrebbe fatto davvero qualsiasi cosa. 

- Vorrei stare con te per sempre, quindi credo di essere io quello in pericolo qui. - Disse, guardandola fosso. 

Lei alzò gli occhi al cielo. 

- Che c’è, non ci credi? - Domandò Janus, sorridendole. 

Faye rispose a quel quesito con un'alzata di spalle. - Rimarresti con me anche se un giorno dovessi diventare come mia madre? Anche se impazzissi? - Chiese poi.

- Perché dovresti impazzire, scusa? - Domandò a sua volta lui. - Tua madre ha una lesione da incantesimo, no? Non è diventata così dal nulla. - 

Faye fece sì con la testa, liquidando quella domanda alla svelta. - Rimarresti anche in quel caso? - Ripeté. - Se un giorno dovessi dare di matto o se una mattina mi svegliassi senza sapere chi sono e chi sei, rimarresti comunque? - 

- Rimarrei in tutti i casi. - Affermò Janus. - Non ti lascerei mai da sola al San Mungo, mi prenderei cura di te fino alla fine e farei di tutto per trovare il medimago più bravo del mondo per poterti curare. - 

Faye si limitò a produrre un breve e basso mugolio. 

- Ma perché me lo chiedi? Tu non puoi diventare come lei, o no? - Chiese ancora Janus.

- No… però ho sempre paura di diventare pazza, prima o poi. Mio zio dice che ce l’abbiamo nel sangue la follia, che lei era un po’ fuori di senno anche prima e che è solo peggiorata dopo che quella maledizione l’ha colpita. - Raccontò Faye. - Il punto è che forse ha ragione, dato che non ho nessun ricordo in cui lei era normale. Era sempre triste e spenta oppure felice in modo inquietante. Non aveva vie di mezzo e io la odiavo. - Fece una lunga pausa in cui Janus non si azzardò ad aprir bocca, dato che lei non si era mai aperta fino a quel punto. - Sai qual è la cosa che mi preoccupa di più? Il fatto che anche mia nonna, sua madre, aveva dei problemi mentali. È morta suicida. Forse davvero ce l’ho nel sangue. - 

- Secondo questa logica anche tuo zio ce l’ha nel sangue, dato che è il fratello di tua madre. - Disse Janus. 

Faye lo guardò come se la frase appena pronunciata da lui fosse la confutazione della sua tesi. - Lui infatti è un pazzo, un sadico. - Replicò duramente. - Odio questa casa. - 

A quel punto Janus sospirò. Gli sarebbe piaciuto portarla via di là per sempre, regalarle finalmente un posto tranquillo e sicuro in cui vivere, ma non era neppure più del tutto certo che quel luogo esistesse per lui, dato che sua madre era sparita. Inoltre Faye aveva ancora troppa paura per andarsene da lì. 

- Lo sai che puoi sempre venire a vivere da me. - Le ricordò. - Soprattutto se mia madre e mio padre non dovessero più tornare. Avrei ben due case enormi in cui finirei per vivere da solo, sarebbe triste perfino per i miei standard. - 

- Jan, saranno in Scozia, te l’ho detto. - Rispose pazientemente lei. - Dovresti andare a controllare. - 

Janus sbuffò e si avvicinò a lei abbastanza da poterla abbracciare. - Vuoi cacciarmi via, ammettilo. - Sussurrò, dopo averla baciata piano. 

- Certo che no, ma non puoi rimanere qui a lungo. - Disse lei. - Tra poco l’elfa domestica verrà a chiamarmi per la cena e se ti trovasse qui si scatenerebbe un putiferio. - 

- Quanto manca alla cena? - 

- Circa un’ora. - 

- Allora abbiamo un bel po’ di tempo davanti. - Mormorò Janus, stringendola a sé. 

Faye sospirò ma non ribatté. Probabilmente Janus aveva davvero paura di essere stato lasciato dai suoi genitori e in un certo senso capiva il suo bisogno di contatto, dato che lo aveva sentito lei stessa quando suo padre era stato arrestato e sua madre rinchiusa. A quei tempi nessuno l’aveva abbracciata e ne aveva sofferto tanto, non voleva che per Janus fosse lo stesso. 

- Sai… quando mi dici che mi ami… - Fece Faye ad un certo punto, esitante. 

Janus la incitò alzando lo sguardo nella sua direzione. 

- Volevo dirti che anche io. - Proseguì lei. 

- Non me l’avevi mai detto. - Rispose Janus. 

- Però lo sai. - 

Lui annuì. - Lo so. - 

 

 

La moto volante di Sirius atterrò nel giardino del cottage di Hazel quando il cielo si stava già dipingendo di quell’arancione così tipico dell’imbrunire. 

Non aveva piovuto alla fine, ma era stato comunque un volo complicato, se non l’esperienza più strana della vita di Hazel. Aveva già volato su una scopa, era successo qualche estate prima, si era ancorata forte alle spalle di Charlie e aveva urlato con tutto il fiato che aveva nel petto quando lui aveva accennato una Finta Wronski, ma quella moto… quella moto era il pericolo su ruote, o forse era Sirius a essere troppo spericolato alla guida. 

- Visto? Sei arrivata sana e salva. - Disse il mago, dandole una mano a scendere dalla sella con quell’ingombrante vestito da sposa che ancora indossava. 

Hazel lo guardò alterata e poi si diresse verso il portico. - Non ho le chiavi. - Lo informò, una volta davanti alla porta. 

- Per fortuna abbiamo una bacchetta. - Rispose lui tirandola fuori e puntandola verso la toppa. - Alohomora! - 

La serratura scattò e Hazel fece strada verso l’interno, accendendo la luce dell’ingresso e guardandosi intorno. Non entrava in quella casa dalla scorsa estate e tutto era proprio come l’aveva lasciato mesi prima: ingombro e molto disordinato. 

- È così che sei entrato quella notte? - Domandò Hazel, voltandosi a guardare Sirius. 

Lui scosse la testa. - No, sono entrato dalla finestra della cucina. Era aperta. - Spiegò. 

Hazel non disse nulla, ma si mosse verso il soggiorno e Sirius non poté far altro che seguirla. Era strano ritrovarsi in quella casa da soli, con lei vestita da sposa e con l’odore di acquazzone estivo che si faceva sempre più prepotente, sembrava quasi uno di quegli strani sogni capaci di turbare e sollevare allo stesso tempo. 

- Andiamo su, devi aiutarmi a togliermi questo stupido vestito di dosso. - Disse Hazel, e poi raggiunse le scale senza neppure aspettare una risposta da parte di lui. 

Una volta arrivati in camera da letto fu Sirius a guardarsi intorno, notando che, come per tutto il resto della casa, non sembrava esserci tracce del passaggio di Percy Weasley nemmeno in quella stanza. Quel cottage non era ordinato e impeccabile come la casa in cui Hazel viveva a Londra, non aveva affatto quello stile minimalista e quasi gelido che Sirius proprio non riusciva a capire. Era come se tra quelle mura Hazel avesse protetto un piccolo angolo di mondo solo per sé, un luogo in cui poter essere imperfetta, attaccare quadri alle pareti e coprire con lenzuola colorate i letti. 

- Ci sono ancora tutte le tue cose nell’armadio, se vuoi toglierti quel completo, che per giunta non è per nulla da te. - Disse lei, aprendo le due ante centrali. - Remus mi ha riportato alcune delle tue cose quando sei morto. - 

Sirius si avvicinò per dare un’occhiata. I vecchi vestiti anni novanta che Hazel aveva comprato per lui quando non aveva niente erano tutti lì, piegati per bene o appesi a delle stampelle. - Hai davvero tenuto tutto quanto? - Chiese, sorpreso. 

- Tutto quanto. - Annuì lei, senza voltarsi a guardarlo. - Spesso dormivo con qualcosa di tuo. So che è una cosa stupida, ma indossare i tuoi panni mi faceva sentire meno sola. - 

Sirius rimase zitto per qualche secondo. Non sapeva mai cosa dire quando Hazel gli sbatteva in fatto tutto il dolore che lui le aveva causato. - Come si apre il vestito? - Domandò alla fine, quando il silenzio stava per farsi insostenibile. 

- Ci sono dei piccoli bottoni, sembrano delle perline. - Spiegò Hazel. 

Sirius seguì quelle indicazioni rimanendo in silenzio — sembrava che lo stilista di quell’abito si fosse impegnato per rendere l’apertura complicata — e dopo più tempo del previsto il vestito scivolò ai piedi di lei, che rimase con indosso dell’intimo in pizzo. 

- Perché non indossavi mai cose del genere quando stavamo insieme? - Sussurrò Sirius all’orecchio di lei, accarezzandole piano un fianco. 

Hazel si voltò e lo fissò infastidita. - Soddisfare i tuoi desideri perversi non era tra le mie priorità. - Rispose. - Dovevo pensare a studiare, lavorare, crescere un bambino… non potevo farlo indossando delle mutande scomode come queste. Inoltre stavo combattendo la mia personale battaglia contro i reggiseni, a quei tempi. - 

- Oh sì, ricordo benissimo quella tua interessante scelta di stile. - 

- Era una scelta politica. - Lo corresse lei.

- Una scelta che condividevo e che trovavo davvero azzeccata. Soprattutto quando indossavi quelle canottiere striminzite. - 

Hazel lo guardò di sottecchi, poi scavalcò il vestito e si diresse verso la porta. - Vado a fare una doccia. -

- Vengo con te! - Esclamò subito Sirius. 

- No. - Lo fermò lei. - Ho bisogno di stare da sola… e pensare a quello che è successo. - 

Sirius alzò le spalle. - Peggio per te. - Buttò lì con nonchalance. 

Hazel gli scoccò l’ennesimo sguardo di fuoco e poi varcò la soglia per dirigersi verso il bagno. 

Ci mise almeno cinque minuti per togliersi dalla testa le forcine che erano rimaste tra i suoi capelli ben laccati, ma alla fine aprì l’acqua della vasca e la riempì quasi fino all’orlo prima di immergersi. Fuori aveva iniziato finalmente a piovere, c’erano i lampi e i tuoni, e tutto sembrava rispecchiare lo stato d’animo di Hazel in quel momento, che aveva dentro una vera e propria tempesta emotiva. 

Non aveva idea di dove avesse trovato il coraggio e la forza di andarsene via, aveva abbandonato finalmente quel porto sicuro e adesso era completamente terrorizzata. Cosa ne sarebbe stato di lei da ora in poi? 

Percy l’aveva riempita d’amore e di attenzioni per anni ma d’altra parte le aveva tolto un bel po’ di indipendenza, anche se senza volerlo. Non sapeva se fosse ancora capace di fare le cose senza di lui, non aveva idea di chi o cosa avrebbe potuto riempire il vuoto gigantesco lasciato da tutta la famiglia Weasley, che ora probabilmente la odiava. 

Aveva paura di essere di nuovo sola, aveva paura di tutto quello che gli altri avrebbero potuto dire su di lei, aveva paura di fidarsi di Sirius, perché adesso lui era lì, era al suo fianco, ma l’esperienza le aveva insegnato che non sarebbe rimasto. In verità le persone che amava davvero non rimanevano mai molto a lungo. Era stato così con sua madre, con suo padre, con Sirius… l’esistenza di Hazel era totalmente caratterizzata dalla perdita. Solo una persona era stata una certezza per lei negli ultimi anni: Percy. E lei gli aveva spezzato il cuore senza pietà. 

Chissà se si sarebbe mai ripreso… dopotutto Audrey l’aveva tradito dopo pochi anni di matrimonio, lei invece non solo l’aveva tradito la sera prima di convolare a nozze, ma lo aveva anche abbandonato all’altare davanti a tantissimi spettatori increduli. 

I giornali l’avrebbero demolita, questo Hazel lo sapeva e già poteva immaginare i toni di quegli articoli. Lei sarebbe stata dipinta come la cattiva senza cuore di turno, una specie di sgualdrina e chissà quante cose avrebbero inventato per avvalorare quelle loro tesi, Percy invece avrebbe preso il ruolo della povera vittima. Per quanto riguardava Sirius… be’, di lui si diceva ancora che Azkaban l’avesse reso pazzo, quindi chissà cosa avrebbero scritto su di lui. 

Hazel era certa di essere stata molto impulsiva e adesso, ne era sicura, ne avrebbe pagato le conseguenze. Tuttavia era certa che lei e Sirius fossero uniti da qualcosa di più di un semplice sentimento ma da qualcosa che andava al di sopra della percezione umana. Qualcosa lo aveva guidato verso di lei, lo aveva spinto a scegliere proprio casa sua, tra tutte quelle non lontane dalla costa, e lei di rimando aveva sentito fin da subito che poteva fidarsi di quello sconosciuto. Poi lei si era innamorata e Sirius aveva iniziato a provare esattamente le stesse cose, e si erano amati, tanto, intensamente e senza nessuna riserva. Perfino dopo il velo, perfino dopo tutti quegli anni, il sentimento che provava per lui era rimasto immutato e custodito nel suo cuore.

Hazel rimase ammollo nell’acqua finché non diventò fredda, si asciugò, raccattò un vecchio pigiama dall’armadio e dopo averlo indossato scese al piano di sotto. Lì, sul divano, Sirius la stava aspettando senza far nulla. Anche lui si era liberato del suo abito da cerimonia, sostituendolo con qualcosa di più comodo.

- Vuoi parlare? - Le chiese, non appena la vide arrivare. 

Lei si limitò a scuotere la testa prima di raggiungerlo, sedendosi al suo fianco. Quando poi si poggiò delicatamente alla sua spalla, Sirius si mosse per fare in modo di poterla abbracciare. 

- Che cosa succederà adesso? - Sussurrò Hazel stringendosi forte a Sirius. 

- Non lo so. - Rispose il mago. - So solo che sono felice che tu abbia scelto me alla fine. - 

Hazel alzò la testa quel tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi. - Chi dice che ho scelto te? Magari non ho scelto nessuno dei due. - Ribatté. 

L’espressione di Sirius divenne tesa. 

Hazel lo guardò in silenzio a lungo, prima di sorridere, anche se lasciando trapassare un po’ di malinconia. - È ovvio che ho scelto te, stupido che non sei altro. Siamo scappati via dalla cerimonia insieme, ricordi? - 

Lui si rilassò di colpo, tirando un vero e proprio sospiro di sollievo. 

- Però dobbiamo stabilire alcune regole stavola. - Continuò Hazel, più seria che mai, staccandosi definitivamente da quell’abbraccio. 

- Ad esempio? - Chiese lui.

- Non dovrai fare nulla per metterti in pericolo, mai più. - Iniziò duramente lei. - Dovrai essere presente e starmi vicino. Ho bisogno di essere al primo posto per te. Giuro che se mi abbandoni di nuovo, se mi lasci o mi tradisci… se ti azzardi a usare nuovamente la magia contro di me… giuro che… Sirius, giuro che non mi vedrai mai più, avrai chiuso per sempre. -

- Non succederà nulla di tutto ciò. - Assicurò lui. 

- Devi promettermelo, ho bisogno della tua parola. - Rimarcò duramente Hazel. 

Sirius la guardò intensamente negli occhi, le prese le mani e le strinse. - Ti do la mia parola che non farò mai nulla per farti del male, che non ti ti abbandonerò, non ti lascerò e non ti tradirò mai. - Asserì. - E non userò mai più la magia contro di te, ma se dovesse succedere qualcosa, un’altra guerra o altre cose di questo genere, io non starò con le mani in mano, quindi non posso prometterti che non mi metterò in pericolo. - 

- Tu pensi che possa succedere di nuovo? - Domandò lei.

- Non posso escluderlo. Tu credi che possa scoppiare un’altra guerra mondiale? Nessuno può prevedere certe cose. - Rispose Sirius. - Ma se dovesse accadere, se un mago o una strega dovesse di nuovo gettare il mondo magico nel caos, allora io combatterò. - 

Hazel sospirò. Confidava nel fatto che non sarebbe mai più nato un altro Lord Voldemort, ma sapere che Sirius non sarebbe scappato via con lei in caso contrario la faceva sentire angosciata. - Non userai mai più la magia contro di me? - Si accertò. 

- Mai più. Cercherò altri modi per tenerti al sicuro nel caso in cui dovesse accadere qualcosa. - 

- Posso tenermi al sicuro da sola, ce l’ho fatta per anni. - Ribatté Hazel. 

- Non puoi difenderti da dei maghi, lo sai benissimo. - Gli ricordò lui. - Io ti prometto che non tradirò mai più la tua fiducia, mai più. Ma ho anche io delle condizioni. - 

Hazel aggrottò la fronte. 

Lui aveva delle condizioni? Lui?

- E quali sarebbero? - Domandò alterata. 

- Non voglio la vita che avevi con Percy. Non voglio vivere come un noioso borghese di mezza età, non voglio svegliarmi da dieci anni e rendermi conto di non aver recuperato nemmeno un pezzetto di tutto il tempo che ho perso. - Disse Sirius, lasciando trapelare tutta la sua necessità di avere finalmente una vita. - A me sta bene avere una famiglia, davvero, però voglio anche viaggiare, fare tutte quelle cose che non ho mai potuto fare, divertirmi. Se ci pensi io e te non siamo mai veramente usciti insieme. Io voglio recuperare tutto, tutto quanto. - 

Hazel esitò pensierosa. - Tutto qui? - Chiese dopo.

- Tutto qui. - 

Lei annuì e poi si alzò in piedi. - Va bene. - Disse. - Aspetta un minuto. - 

Sirius la guardò perplesso. - Dove vai? - Chiese, ma lei era già corsa fuori dal salotto, tornando poco dopo con carta e penna in mano e un piccolo sorriso sulle labbra. 

- Facciamo una lista. - Decise, sedendosi nuovamente al suo fianco. - Voglio che tu mi dica tutte le cose che non hai mai potuto fare e che faresti. -  

Il mago rimase interdetto. Non ci aveva mai pensato, forse perché farlo lo faceva sentire un po’ triste, gli ricordava quanto aveva perso. Forse però fare una lista poteva voler dire iniziare a recuperare. - Non ho mai preso un aereo. - Disse, accennando un sorriso davanti all’entusiasmo di lei. Sembrava quasi tornata a essere la ragazzina spumeggiante di un tempo. - Vorrei andare a un concerto babbano, quelli con tantissima gente. - 

- Quindi aereo e un concerto… d’accordo. - Fece Hazel, iniziando a scrivere i primi punti della lista. - Un concerto di qualcuno in particolare? - 

Sirius scosse la testa. - No, tutte le band che mi piacevano si sono sciolte o i membri sono morti. - Sospirò con disappunto. - Poi mi piacerebbe fumare una di quelle sigarette babbane che ti rendono allegro e con gli occhi rossi. - 

Hazel tirò su un sopracciglio e rise. - Questo è un desiderio piuttosto adolescenziale, ma va bene. Fumeremo dell’erba. - Decise, e poi di nuovo scrisse. - Altro? - 

- Andare in un parco di divertimento con le montagne russe e il resto. - 

Lei fece una faccia perplessa, ma scrisse ancora. - Secondo me puoi puntare molto più in alto. - Disse, tornando con gli occhi su di lui. 

Sirius pensò che Hazel avesse ragione, ma d’altra parte conosceva così poco del mondo che non sapeva del tutto cosa significasse puntare molto più in alto in quel caso. 

- Tu cosa metteresti? - Domandò.

Lei scrollò le spalle. - Un viaggio on the road, magari. Oppure vivere in un paese molto diverso dal nostro per un po’. - Buttò lì. 

- Possiamo farlo quando a settembre Janus tornerà a Hogwarts. - 

L’espressione rilassata di lei mutò all’improvviso come se le fosse appena tornato in mente un pensiero spiacevole. - Oh no… Jan. - Gemette. - Hai il telefono con te? Devo chiamarlo, devo sapere se sta bene e devo dirgli che siamo qui. - 

- No, dimentico sempre di portare con me quell’affare. - Rispose Sirius. - Non puoi chiamarlo con il telefono che c’è qui in casa? - 

- Ho fatto staccare quella linea tempo fa, era inutile tenerla ormai, dato che veniamo qui solo in vacanza. - Spiegò Hazel in fretta. - Non puoi inviargli un patronus? - 

- No. - Rispose rigidamente Sirius. - Ho dei problemi con quel tipo di incanto. -

- Cioè? Non sei capace? - Chiese bruscamente lei. 

- Non ci riesco più da quando… Azkaban… lo sai. - Bofonchiò Sirius. 

Hazel si sentì improvvisamente un po’ in colpa per aver fatto quella domanda. Sapeva che lui non parlava mai volentieri di quegli anni e dei danni che quella prigionia gli aveva riportato, così si limitò a prenderlo per mano. - Va bene, non preoccuparti. - Disse in tono conciliante. - Domani mattina però torniamo subito a Londra. Non posso lasciarlo da solo così a lungo. - 

- Ha diciassette anni. -

- Appunto, ha ancora bisogno di me. - Obiettò Hazel. - E poi forse è meglio se affronto tutto subito; sai, il fatto che Percy vive da me e il resto… non so proprio come farò a guardarlo negli occhi quando lo rivedrò. - 

- Hazel, non hai fatto niente di male. - Sottolineò lui, accarezzandole piano il viso. - Non potevi sposarlo, non sarebbe stato giusto né per te né per lui. - 

- Lo so. Ma resta il fatto che gli ho spezzato il cuore e che lui non se lo meritava. - Sospirò Hazel, assaporando in pieno il retrogusto acido del senso di colpa. - Credo che dovrò tenermi lontana dal mondo magico per un po’. - 

- Già. Forse è meglio, sì. - Approvò Sirius. - Le riviste di gossip andranno a nozze con questa storia. - 

Hazel alzò gli occhi al cielo. - Che pessima battuta. - Borbottò. 

- In effetti mi è uscita proprio male, è vero. - Rise lui, e Hazel si rese conto per l’ennesima volta che adorava quella sua strana risata così poco contenuta e così tanto spontanea. 

- E poi non dovresti lamentarti. - Proseguì Sirius. - Dato che sei stata per anni con uno che ha il senso dell’umorismo di un vermicolo deceduto. - 

- Magari non sarà un tipo divertente, ma ti assicuro che ha delle qualità. - Ribatté Hazel. 

Sirius assunse un’espressione scettica. - Ad esempio? - 

- Ad esempio è decisamente molto affidabile. - Iniziò Hazel. - Ordinato, preciso, organizzato, rispettoso… è praticamente il contrario di te, ora che mi ci fai pensare. - 

- Eppure sei qui. - 

Hazel lo guardò e annuì. - Sono qui. - Ripeté. - Sono qui perché ti amo. - Quelle due parole sgorgarono all’improvviso e con un violento impeto dalle labbra di lei prima che potesse fermarle, ma non importava: adesso poteva dirlo, poteva gridarlo e soprattutto poteva ammetterlo a sé stessa. 

Sirius la guardò a sua volta con uno di quei suoi sguardi penetranti, come se volesse affogare nel calore che gli trasmettevano gli occhi color nocciola di Hazel. - Anche io ti amo. - Rispose semplicemente, prima di avvicinarsi al viso di lei per baciarla. Non poteva crederci di poter sfiorare le sue labbra ogni volta che desiderava. - Punto numero cinque: vedere l’aurora boreale in Alaska insieme a te. - Disse piano, quando si staccarono, guardando il foglio e la penna che Hazel teneva ancora in mano.

Lei corrucciò le sopracciglia e strinse le labbra. Non sapeva per quale motivo, ma le veniva da piangere, anzi, era strano per lei che non fosse scoppiata in lacrime prima. Era così felice che le si era annodata la gola: erano insieme, lui era libero e vivo, era tutto finito e avrebbero potuto davvero fare quel viaggio adesso. 

Continuarono a stilare quella lista per almeno un’ora e, quando conclusero, Hazel si ritrovò davanti ad una lista di circa cinquanta punti. 

- Abbiamo un bel po’ da fare per i prossimi anni. - Osservò soddisfatta alla fine, con gli occhi ancora sul foglio.

Sirius annuì e sorrise. Non vedeva l’ora di iniziare a cancellare punti da quella lista. Magari avrebbero iniziato dalle cose più normali, come avere con lei un vero e proprio appuntamento, — avevano un figlio e non erano nemmeno mai usciti davvero insieme. 

- Dimmi, hai per caso ancora indosso quel bel completino di lingerie sotto il pigiama? - Le domandò con nonchalance, mentre la guardava.

Hazel rise e scosse la testa. - No, mi spiace. - Rispose. - Temo che dovrai accontentarti del mio solito intimo imbarazzante e da vecchia. - 

Sirius sogghignò prima di avvicinarsi. Subito dopo Hazel non si ritrovò schiacciata tra il divano e il corpo di lui. Si accarezzarono e si strinsero l'uno all’altra, incapaci di stare lontani e pronti a lasciarsi prendere dalla passione, si lasciarono trasportare dai loro sospiro e poi all’improvviso il suono del campanello li fece sobbalzare entrambi.

Hazel e Sirius si scambiarono uno sguardo perplesso, poi lui si alzò, afferrò la bacchetta e senza dire niente si affrettò a raggiungere la porta senza sapere cosa aspettarsi. Poteva forse essere Percy? No, non ce lo vedeva affatto, tuttavia in caso contrario era più che pronto ad affrontarlo, anzi probabilmente sottolineare il fatto che Hazel era solo sua gli avrebbe provocato di sicuro un certo compiacimento. 

Ma quando spalancò la soglia, bacchetta alla mano, non fu affatto Percy Weasley a ricambiare il suo sguardo, ma bensì Janus. 

- Vi ho cercato ovunque! - Sbottò il giovane, entrando in casa. - Per fortuna siete qui, ho volato per ore… mamma! - Esclamò non appena la vide in soggiorno. 

- Jan? Come sei arrivato fin qui? - Chiese subito Hazel, perplessa e sorpresa insieme.

- Ehm… in treno. Sì, sono appena arrivato. - Rispose Janus in fretta. - Stai bene? State bene? Che stavate facendo? Anzi, no, non voglio saperlo. -  

- Stiamo bene. - Asserì Hazel. - E tu? Non sei arrabbiato con me, vero? E… Percy? - 

Janus sospirò e si sedette sul divano, stanco dopo ore di volo. - No, non sono arrabbiato, non ti preoccupare. - La tranquillizzò. - Per quanto riguarda Percy… ero alla Tana fino a poche ore fa e non tirava una bella aria, ma credo che tu possa immaginarlo. - 

Di nuovo il senso di colpa colpì Hazel come un forte schiantesimo. Aveva distrutto i sentimenti di un'intera famiglia, la sua famiglia. Non l’avrebbero mai perdonata, questo era certo, e in realtà era giusto così, se lo meritava.  

- Qualcuno ti ha trattato male? - Chiese Sirius, ancora in piedi davanti al divano. 

- No, certo che no, sono pur sempre i Weasley. - Chiarì il giovane, prima di afferrare il foglio su cui era scritta la lista di Sirius. - Che cos’è? - Domandò.

- La lista di tutte le cose che non ho mai fatto e che vorrei fare. - Spiegò il mago. 

Janus aggrottò la fronte rendendosi conto guardando quei punti che suo padre nella vita non aveva fatto niente o quasi. - “Passare una serata normale con Hazel e Janus”? - Lesse. - La parola “normale” non fa proprio del tutto al caso nostro, non credi? Tu sei resuscitato, io parlo con i serpenti, mentre mamma… dai, lei è un'artista, e da che mondo è mondo gli artisti sono strani. Comunque voi non avete fame? - 

Sirius sorrise e annuì, poi incrociò lo sguardo di Hazel. 

Forse “passare una serata normale con Hazel e Janus” sarebbe stato il primo punto a essere cancellato via dalla lista. 



 

Heilà, persone!

Questo capitolo 46 è stato particolarmente difficile da scrivere, volevo che fosse all’altezza e che nulla fosse buttato a caso e che anzi preparasse le basi per l’epilogo, che sta venendo un po’ troppo lunghetto e quindi forse dovrò dividerlo in due parti (starete altre due settimane assieme a me, non siete felici?). Comunque rimanderò tutte le mie considerazioni finali quando la storia sarà davvero terminata e per adesso vi auguro un felice Natale a chi lo festeggia e delle buone vacanze a tutti gli altri. 

Grazie per aver letto fin qui!

J. 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Jamie_Sand