Libri > Orgoglio e Pregiudizio
Segui la storia  |       
Autore: CedroContento    23/12/2022    4 recensioni
[Orgoglio e Pregiudizio Hogwarts!AU Torneo Tremaghi]
Quando il Calice di Fuoco viene posizionato al centro della Sala Grande, Elizabeth Bennet non ha dubbi, deve tentare la sorte e gettare una pergamena con il suo nome tra le fiamme; davanti ad una sfida non si è mai tirata indietro.
Fitzwilliam Darcy ritiene sarebbe un grande onore rappresentare Hogwarts, e non vede chi altro dovrebbe candidarsi alla competizione se non un mago talentuoso come lo è lui per tenere alto il nome della sua scuola.
Charles Bingley, dal canto suo, è sicuro che partecipare al Torneo sarà divertentissimo, un' esperienza unica che capita una sola volta nella vita, non può certo lasciare tutto lo spasso a Darcy.
In questa Hogwarts!AU i protagonisti del celebre capolavoro della Austen indossano le divise di Hogwarts, e di Beauxbatons e di Durmstrang, e si sfideranno fino all'ultimo colpo di bacchetta per vincere il Torneo Tremaghi. Chi sarà premiato con la gloria che spetta al vincitore?
[Questa storia partecipa al “Torneo Tremaghi - Multifandom Edition” indetto sul gruppo Facebook "L’angolo di Madama Rosmerta"]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Bingley, Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy, George Wickham, Jane Bennet
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
La neve fioccava lenta in quella mattina di inizio dicembre, posandosi sulle guglie del castello, sui recinti e sui rami spogli degli alberi, ornando ogni cosa di preziosi, candidi ricami.
 
Nel silenzio ovattato, Elizabeth scese adagio i gradini della Guferia ghiacciati, pregando di non scivolare e rompersi il naso, proprio ora che l’infermiera della scuola era riuscita a farla tornare come nuova, dopo il suo faccia a faccia con il Nero delle Ebridi. 
 
Aveva dovuto inviare una lettera ai suoi genitori per invitarli ad un piccolo ricevimento per i familiari dei Campioni che si sarebbe tenuto di lì a due settimane, il 13 dicembre. (1) Non era del tutto certa che i signori Bennet, anche a distanza di sette anni, si fossero del tutto abituati a quel modo bizzarro di mandare la posta, così si era presa il tempo per cercare un gufo dall’aria mansueta e il piumaggio ordinato - visto che sua madre continuava a definirli “volatili feroci e puzzolenti”, da quando uno le aveva morso una mano. Magari, facendosi un po’ di coraggio, sarebbero anche riusciti a mandarle una risposta.
 
“Sei mattiniera,” disse una voce familiare ai piedi della scalinata. 
 
“Wickham! Buongiorno a te,” sorrise Elizabeth, superando incolume anche l’ultimo gradino nascosto dalla neve. “Cosa ci fai in giro a quest’ora?” 
 
“Approfittavo della bella atmosfera per prendere una boccata d’aria e ammirare il castello. Qualche volta mi faccio prendere dalla nostalgia,” rispose lui, stringendosi nel cappotto. “Però adesso torno volentieri in Sala Grande a bere qualcosa di caldo. Se non ti crea troppa noia la compagnia della concorrenza, torniamo assieme”.
 
“Quando la concorrenza ha modi così adorabili rende impossibile provare antipatia,” rise Elizabeth, accettando la mano che Wickham le porgeva per superare un piccolo cumulo di neve e avviandosi assieme a lui in direzione del castello. “Ma cosa intendevi con il farsi prendere dalla nostalgia?” chiese, dopo qualche metro. 
 
“Non te l’ho mai detto? Ho frequentato Hogwarts per i primi tre anni”. 
 
“Veramente?” sgranò gli occhi Elizabeth. “Ero già al secondo anno, eppure non mi ricordo proprio, mi spiace.”
 
“Forse semplicemente non hai mai fatto caso a me,” sorrise lui, in modo molto dolce. “Sono dello stesso anno di Jane. Ero tra i Serpeverde.”
 
“E come sei finito a Durmstrang?” si incuriosì Elizabeth. “Se ti va di dirlo, chiaro,” aggiunse, rendendosi conto che forse era stata indelicata e si era spinta troppo oltre con la confidenza. 
 
“Questa è una domanda che potresti fare a Darcy,” rispose Wickham, con inaspettata franchezza.
 
“Darcy?” 
 
Wickham annuì. “Il caro Fitzwilliam mi prese in particolare antipatia, forse perché avevo un rapporto speciale con Caroline - la sorella di Bingley. Magari era geloso, chissà.”
 
Elizabeth conosceva Caroline, l’aveva incrociata spesso durante le lezioni, visto che erano dello stesso anno. Ma lei era in Serpeverde, e in più non le era mai sembrata particolarmente simpatica, così non si erano mai rivolte parola, almeno da quanto poteva ricordare. 
 
“Mi rese la vita talmente un inferno da costringermi a trasferirmi,” proseguì Wickham. “Mi aveva proprio preso di mira, e non si è fermato finché non l’ha avuta vinta”. 
 
“Ma è terribile!” esclamò Elizabeth, chiedendosi come fosse possibile che ogni volta che Darcy mostrava un minimo segno di umanità, lei venisse a conoscenza di qualcosa che la faceva immediatamente ricredere. 
 
Come poteva Darcy essere in grado compiere insieme gesti gentili, come aiutarla contro il drago senza dirlo a nessuno, ed essere al contempo il tipo di persona che rovinava la vita ad un povero ragazzo, al punto da costringerlo a trasferirsi in un altro paese? 
 
“Ma non pensiamoci più,” disse Wickham in tono più allegro. “Sono passati tanti anni e Durmstrang comunque non è niente male.”
 
Ad Elizabeth fece una gran pena, perché si vedeva che in realtà Hogwarts gli mancava molto. 
 
“In effetti, sono contento di averti incontrata da sola stamattina,” fece lui, dopo qualche attimo di silenzio. “C’è una cosa che volevo chiederti, ma non ho mai trovato l’occasione.” Ormai erano quasi arrivati all’entrata del castello, e George si fermò per guadagnare ancora qualche istante. 
 
Elizabeth si sentì avvampare, sperando di aver intuito correttamente quello che stava per chiederle, con una premessa del genere. Si morse la lingua per non urlare “Sì!” ancora prima che lui avesse modo di formulare la domanda. 
 
Tuttavia non riuscì proprio a trattenersi dal sorridere a trentadue denti, mentre Wickham diceva: “Se non hai già un cavaliere per il Ballo del Ceppo, ti andrebbe di venirci con me?” 
 
***
 
Elizabeth, Jane e i loro due accompagnatori, varcarono la soglia della Sala Grande e rimasero a bocca aperta: si era completamente tinta d’oro. I muri, le colonne, le finestre; tra un arco e l’altro, lungo i lati, erano stati appesi dei tendaggi di una stoffa così lucida e impalpabile da sembrare fatta di metallo fuso. La volta, in alto, riproduceva una notte serena, con le stelle che brillavano più intensamente del solito. In un primo momento ad Elizabeth sembrò che fossero riusciti anche a trovare delle tovaglie dello stesso identico punto di blu del cielo, ma una volta che guardò più attentamente notò che le stelle rilucevano vivide ed animate anche sulla stoffa; erano come specchi che riflettevano il firmamento sopra di loro. 
 
In centro alla Sala Grande torreggiava il più grande albero di Natale che Elizabeth avesse mai visto: un abete verde brillante, ornato con bacche rosse e fiocchi dorati, cavallini a dondolo che ondeggiavano avanti e indietro e che nitrivano facendo ondeggiare le criniere colorate. Infine, tanti schiaccianoci in divise da soldatino color panna, che davano il benvenuto agli ospiti e li invitavano ad accomodarsi, augurando a tutti una splendida serata.
 
“La preside Catherine de Bourgh ha veramente superato sé stessa!” esclamò Collins, entusiasta. “Guardate che cura per i dettagli, non c’è nulla che abbia lasciato al caso! È formidabile…”
 
Elizabeth guardò in tralice Jane, che da parte sue finse di non accorgersene. Non poteva credere che avesse veramente deciso di venire al ballo con Collins
 
“William, perché non andiamo a prendere qualcosa da bere per le signore?” propose Wickham. Semplicemente adorabile, gongolò Elizabeth tra sé e sé.
 
Sebbene Collins facesse di tutto per metterli in imbarazzo, Wickham gli si rivolgeva sempre con grande cortesia; non c’era mai la più piccola traccia di scherno nel suo tono. Elizabeth non poteva certo complimentarsi con sé stessa per essere altrettanto attenta e gentile nei confronti del cugino. 
 
“Ci dovrai anche ballare dopo, vedrai,” bisbigliò con perfidia alla sorella, mentre i loro cavalieri si allontanavano - e Wickham si girava un’ultima volta per farle l’occhiolino. 
 
“Ho pensato che un invito valesse l’altro, visto che la persona che avrei voluto me lo chiedesse non l’ha fatto,” sospirò Jane.
 
Elizabeth si sentì in colpa per il poco tatto che aveva appena avuto, e in pena per la sorella insieme. Avevano sperato fino all’ultimo che Bingley la invitasse, Elizabeth era sicura lo avrebbe fatto, prima o poi. Ma lui non si era fatto vivo, e alla fine avevano scoperto che si era già impegnato con un’altra. Imperdonabile. 
 
“Parli del diavolo…” fece Elizabeth, indicando a Jane con un cenno della testa l’entrata della sala, dove Bingley e Darcy stavano facendo in loro ingresso accompagnati da due ragazze bellissime, dal portamento aggraziato e i modi delicati. 
 
Caroline Bingley e Georgiana Darcy erano in maniera molto evidente più abituate delle altre a vestire eleganti. I loro abiti erano di alta sartoria, dall’aria molto costosa, e loro li indossavano con assoluta naturalezza. 
 
I due Campioni di Hogwarts non erano da meno. La maggior parte dei ragazzi si muoveva a disagio e aveva l’aria impacciata con indosso l’abito da cerimonia, ma non loro. Non Darcy. 
 
Darcy indossava il suo abito con disinvoltura e in modo distinto. Per una volta tanto la sua postura rigida non sembrava totalmente fuori luogo. Sembrava un giovane principe, ed Elizabeth dovette ammettere a malincuore che aveva l’aria particolarmente affascinante. 
 
Jane le tirò un leggero colpo con il gomito, quando notò che i nuovi arrivati andavano proprio nella loro direzione. 
 
“Buonasera, Compagna di Squadra,” salutò Bingley, sorridente. “Jane,” aggiunse, con un cenno della testa. Elizabeth avrebbe giurato di vedere che gli mancava il fiato mentre si rivolgeva alla sorella. Charles aveva davvero una gran faccia tosta; si ripromise di dirgliene quattro, appena si fosse presentata la prima occasione.
 
“Io e Georgiana andiamo a sederci,” si intromise subito Caroline, con fare prepotente. La prospettiva di non essere al centro dell’attenzione evidentemente non le aggradava. 
 
Squadrò Jane ed Elizabeth dalla testa ai piedi, senza premurarsi di celare un certo disdegno nei loro confronti, storcendo il naso davanti ai loro abiti; dozzinali, se confrontati al suo o a quello della sorella di Darcy. 
 
“Quando vi fa comodo, raggiungeteci con qualcosa da bere,” aggiunse infine, rivolta a Darcy, prima di prendere a braccetto Georgiana - troppo impegnata ad ammirare affascinata la bellezza della sala per accorgersi di quel che accadeva proprio sotto al suo naso - e sparire tra gli invitati.
 
“Io e Darcy ci siamo fatti il favore reciproco di fare da accompagnatore alle nostre sorelle,” si affrettò a spiegare Bingley, a scanso di ogni equivoco. “Voi con chi siete venute?” chiese, con il chiaro intento di voler solo sapere da chi fosse accompagnata Jane. Informazione che entrambe si erano premurate di non far circolare troppo, e Collins fortunatamente non era tipo da vantarsi in giro delle sue conquiste.
 
“Oh... io con mio cugino Collins. Uno dei campioni di Beauxbatons,” rispose lei, arrossendo imbarazzata. E ne aveva ogni ragione, pensò piccata Elizabeth.
 
Si ritrovò ad essere combattuta tra il dispiacere che la sorella non fosse venuta con un cavaliere che avesse potuto suscitare più invidia in Bingley e la soddisfazione per aver avuto ragione su tutta la linea nello sconsigliarle in ogni modo di presentarsi con Collins.
 
“Ma solo perché le ha fatto pena quando ha visto che continuavano a rifiutarlo e prenderlo in giro,” spiegò, senza tanti convenevoli. Dopotutto era la verità.
 
“E tu?” le chiese Darcy, facendo eco al tono sfrontato.
 
“Con Wickham,” rispose Elizabeth, alzando il mento. Era certa che Darcy lo sapesse già, e la sua espressione glielo confermò.
 
“Ah, Signor Darcy!” esclamò Collins, rispuntando con due calici di punch in mano, con un tempismo pessimo. “Vostra zia ha compiuto un’impresa davvero eccezionale nell’organizzare il ballo. È tutto perfetto, se poteste essere tanto gentile da portarle i miei più sentiti omaggi e complimenti.”
 
“Lo farò, ne sarà contenta,” rispose Darcy, senza scomporsi, ma in tono tutto sommato educato. 
 
Elizabeth avrebbe voluto sotterrarsi. Collins era una catastrofe ambulante. 
 
Wickham invece mancava all’appello. Lo cercò velocemente con lo sguardo, ma sembrava essere sparito nel nulla. In effetti, non poteva certo biasimarlo, dopo tutto il male che gli aveva causato Darcy. Se fosse stata in lui anche Elizabeth avrebbe preferito non doverlo rivedere mai più.
 
Collins aprì la bocca per aggiungere qualcos’altro, ma - per fortuna, pensò Elizabeth - venne interrotto.
 
Proprio in quel momento, tutti gli schiaccianoci saltarono giù dal loro posticino tra i rami e si unirono in tondo attorno all’albero. Cominciarono a girare, sempre più veloce, finché l’abete non esplose in una pioggia di polvere di diamanti che si posò come un velo sulla pista da ballo; e lì rimase, fondendosi con il pavimento, dando l’illusione di camminare su una galassia sbrilluccicante. Solo a quel punto gli schiaccianoci si misero in formazione e corsero in modo ordinato fuori dalla porta principale, e la pista da ballo rimase sgombra.
 
“Ti va di aprire le danze, Elizabeth?” le chiese - con suo sommo orrore - Collins. “So che è Jane la mia dama per la serata, e spero davvero non me ne voglia, perché sarò pronto a ballare con lei fino a farmi sanguinare i piedi se lo vorrà, ma credo sarebbe un buon esempio di sportività e cooperazione se due campioni appartenenti a due scuole diverse aprissero le danze insieme. Sono sicuro che la preside Catherine de Bourgh apprezzerebbe molto il gesto,” spiegò solenne. 
 
Elizabeth sbarrò gli occhi cercando il modo meno crudele di dire a Collins che non avrebbe mai e poi mai ballato con lui, nemmeno se l’alternativa fosse stata un troll delle caverne. Ma ci pensò la persona più inaspettata a tirarla fuori dall’impaccio.
 
“Veramente Elizabeth aveva promesso a me il primo ballo,” disse Darcy, perfettamente serio.
 
“Veramente?” chiese Elizabeth, guardandolo in preda ad emozioni contrastanti. Gratitudine, sbigottimento, terrore.
 
“Sempre se non hai cambiato idea,” fece lui, porgendole la mano.
 
“Direi di non averla cambiata,” esitò lei. 
 
“Bene allora.”
 
Doveva essere completamente impazzita ad accettare. 
 
“Che peccato… Be’, allora, cara Jane, sono completamente vostro,” sentenziò Collins. 
 
“Io veramente non ho tanta voglia di…” cominciò Jane a mo’ di scusa, ma Collins le aveva già preso la mano e la stava conducendo, con il suo solito fare impettito, in mezzo alla sala.
 
Elizabeth non seppe se voleva ridere o piangere. Non poté impedirsi neppure di lanciare un’occhiata a Bingley, che però si stava già dirigendo a testa bassa in direzione del tavolo dove avevano preso posto Caroline e Georgiana. 
 
“Ho accettato solo perché mi fai pena, e dubito seriamente che stasera troverai un’altra che acconsentirà a ballare con te,” puntualizzò Elizabeth, tornando al suo compagno di danza. 
 
“Apprezzo il tuo interesse per la mia autostima. In realtà però non adoro ballare”.
 
“Allora perché me lo hai chiesto?”
 
“Non lo so,” ammise lui, seguendo Jane e Collins in mezzo alla pista da ballo.
 
“Una vera novità per te non sapere qualcosa.”
 
“È così,” fece lui, sfacciato. 
 
Senza volerlo, Elizabeth lo osservò, forse con troppa insistenza. Non riusciva a smettere, era troppa la curiosità di capire cosa gli passasse per la testa. Le era sembrato di vedere qualcosa di diverso nei suoi occhi, quando la aveva invitata a ballare, anche se era rimasto lì solo per un istante.
 
Quando si misero uno di fronte all’altra, e la musica cominciò a suonare, si sentì totalmente consapevole della sua mano che si posava sulla sua schiena scoperta, che la stringeva, che la attirava a sé. 
 
“Te la sei cavata bene con il drago,” disse Darcy, cominciando a condurre. Elizabeth non riuscì proprio a stupirsi del fatto che fosse un bravo ballerino. Molto più abile di lei, in effetti. La guidava con tale sicurezza che si muovevano in modo perfetto, nonostante lei continuasse a sbagliare i passi. 
 
“Merito del gioco di squadra. Potevi anche essere un pochino più esplicito però”. 
 
“Ho pensato che non avresti mai accettato un suggerimento più diretto. Non da me, almeno.”
 
“Credo che in questo caso tu abbia indovinato,” ammise lei, chiedendosi intanto se la sentisse anche lui, quella scossa elettrica che passava tra loro ogni volta che erano vicini.
 
“Ogni tanto però mi chiedo perché tu lo abbia fatto. Voglio dire, non me lo hai mai nemmeno rinfacciato, mi hai lasciato ogni merito”.
 
“Vuoi sapere il perché?” ripeté Darcy, prendendo tempo.
 
Elizabeth annuì con decisione, incoraggiandolo a parlare.
 
“Il perché è un sentimento contro il quale ho cercato di lottare, Elizabeth,” disse, dopo un silenzio che a lei sembrò lunghissimo, “con tutto me stesso. Ma il fatto è che mi piaci. Mi piaci molto,” confessò Darcy, con evidente difficoltà.
 
In un primo momento il cervello di Elizabeth nemmeno riuscì a dare un senso a quello che aveva appena sentito. Ancora una volta Darcy era stato in grado di coglierla completamente alla sprovvista, di lasciarla senza parole; e lei di risposte pronte ne aveva sempre, per chiunque.
 
“Questo non me lo sarei mai aspettato…” 
 
“Davvero?” chiese lui in modo diretto, senza mai smettere di guardarla negli occhi.
 
“Be’, non hai mai fatto nessuno sforzo per nascondere il fatto che pensi di essere superiore a una nata babbana,” rispose, cercando insieme di capire perché diavolo si sentisse lusingata di piacergli davvero.
 
Darcy, uno a cui non piaceva nessuno - o quasi - e non ne faceva mistero. Ma lei sì, lei gli piaceva. 
 
Lui non rispose alla sua obiezione, ed Elizabeth ebbe come la sensazione di poter vedere le rotelline nella sua testa girare alla frenetica ricerca di una spiegazione logica, che però non doveva essere in grado di formulare. Non lo aveva mai visto tanto in difficoltà.
 
“Come puoi pensare che io voglia stare con qualcuno che disprezza tutto ciò che sono?” chiese Elizabeth, sentendo il calore salire alle guance. “E un’ulteriore prova della tua opinione sono Bingley e Jane. È vero o no che è a causa dei tuoi preziosi consigli se lui non si è mai fatto avanti con mia sorella?” Era la prima volta che dava voce ai suoi sospetti una volta per tutte. La prima volta che sperava di sbagliare. 
 
“Chi te lo ha detto?” chiese però Darcy, senza dare segno di essere stato preso in contropiede, o almeno di rammaricarsi per qualcosa. Elizabeth non si sarebbe mai aspettata un’ammissione immediata.
 
“So che pensi che io sia stupida. Nessuno ha avuto bisogno di dirmelo.”
 
“Non penso tu sia stupida”.
 
“Dimmi il perché,” lo incalzò.
 
Ormai erano fermi in mezzo alla pista da ballo, e dopo l’ennesima spallata, seccato, Darcy la trascinò in disparte. 
 
“Non credo sarebbe adatta a Bingley,” proseguì, una volta ai margini della sala. “Vengono da contesti troppo diversi, e se mai le cose dovessero farsi serie - cosa che non posso escludere con Charles - Jane avrebbe delle grandi difficoltà a farsi accettare dalla famiglia di lui. Sarebbero molto infelici a lungo andare. A questo aggiungi pure che non penso che Jane provi sentimenti forti quanto quelli di lui,” Elizabeth lo vide pesare le parole successive, “e forse è solo un cognome più importante quello a cui lei aspira.”
 
“Non osare!” sibilò a denti stretti Elizabeth. “Non spetta a te decidere cosa prova o non prova Jane! E, non che debba interessarti, è solo timidezza la sua!” esclamò, infuriandosi definitivamente per la cattiveria di Darcy nei confronti di sua sorella. “Wickham ha ragione su di te!”
 
“Cosa c’entra Wickham?” Darcy ringhiò fuori il nome con un odio che Elizabeth non gli aveva mai sentito. 
 
“Mi ha raccontato tutto.” 
 
“Non sai un bel niente di come sono andate le cose.”
 
Come sempre, Darcy si riteneva dieci passi avanti a lei. 
 
“Dimmi, è faticoso? Stare sempre così al di sopra di tutti e tutti?” fece Elizabeth, prima di voltarsi e prendere la porta, dimenticando Wickham e dimenticando Jane. 
 
Lo odiava. Odiava Darcy. Lui è i suoi stupidi sentimenti per lei, ammesso che esistessero veramente. Quello che soprattutto odiava, però, era il fatto di sentirsi coinvolta da lui al punto da permettergli di ferirla tanto nel profondo. 
 
***
 
“Sei tornato presto,” commentò Bingley, con una maliziosa occhiata di sopracciglio, quando vide Darcy avvicinarsi a lui e Caroline, facendosi largo tra gli invitati. 
 
L’amico in risposta gli riservò un’occhiataccia.
 
“Si può sapere che è successo?” chiese incuriosito, pur sapendo bene che con Fitzwilliam non aveva senso insistere se non aveva voglia di parlare. 
 
“È perché è venuta con Wickham?” 
 
“Ah!” sospirò Caroline. “Ti prego, non lo nominare nemmeno, quello là. Già è abbastanza penoso saperlo a piede libero nel castello. Non vedo l’ora se ne torni da dove è venuto”.
 
“Dov’è Georgiana?” chiese Darcy, nervoso e ancora mezzo perso nei suoi pensieri. 
 
“Sta ballando con un ragazzetto del suo anno. Eccoli lì,” rispose Charles, indicando i due che ballavano tra le altre coppie. 
 
Inevitabilmente, i suoi occhi scorsero lungo la pista da ballo fino ad individuare tra i ballerini, di nuovo, Jane. Era bellissima quella sera - anzi, bella lo era sempre, ma quella sera un po’ di più. Un angelo sceso in terra, meravigliosa come una dea, con quei mazzolini di lavanda profumati tra i capelli. 
 
“Hai visto i suoi genitori all’incontro con le famiglie?” commentò con perfidia Caroline, che aveva seguito la direzione del suo sguardo. “Sono completamente imbarazzanti. Se mai portassi a casa una Mezzosangue come lei, mamma e papà non te lo perdonerebbero mai e poi mai. In realtà, nemmeno io te lo perdonerei.” Caroline finì per parlare da sola, visto che Darcy la ignorava, preso dai suoi guai, e che anche Charles la sentiva a malapena.
 
Aveva voglia di bloccarla fuori dalla sua testa, la voce troppo alta di sua sorella che sparlava con troppa facilità di quella che per lui era tutto. Non aveva voglia di sentire ragioni, voleva solo ammirare Jane Bennet, perché, per quanto fossero rumorose le argomentazioni di sua sorella e Darcy nel cercare di dissuaderlo, non erano comunque mai riuscite a fargliela dimenticare. 
 
Si mosse senza dire nulla a nessuno, ancora prima di realizzare lui stesso cosa avesse intenzione di fare. Prima di permettere alle sue insicurezze di fargli di nuovo mancare il coraggio. Per quella sera voleva farlo, voleva ballare con lei.
 
“Scusa, Collins, mi cederesti la tua dama per un po’?” chiese, dando al ragazzo un veloce colpetto sulla spalla.
 
“Signor Bingley! Ma certo. Sempre se Jane è d’accordo, naturalmente,” chiese quello, solerte, attendendo conferma dalla cugina. 
 
Quando Jane annuì con entusiasmo - che forse il cugino non notò, o fortunatamente non interpretò nel modo corretto - Collins si fece da parte, inchinandosi un pochino. Charles lo trovò strano, ma simpatico, così si inchinò leggermente anche lui. 
 
Jane stava sorridendo in modo disarmante quando, finalmente, Bingley la prese tra le braccia. Il suo cuore perse un battito. 
 
“Adesso sì che mi sento un mago di altri tempi!” scherzò. 
 
“Sei il mio eroe, non credo avrei retto un altro ballo!” 
 
“È un pochino rigido tuo cugino, l’ho notato,” rise lui, al settimo cielo.
 
Bingley avrebbe voluto fermare il tempo in quell’istante, per sempre. La band suonava “Have Yourself a Merry Little Christmas” e Jane sorrideva stretta a lui, con le guance rosse e lo sguardo lucido. Gli faceva battere il cuore così veloce che avrebbe potuto sfondargli la cassa toracica. 
 
Si chiese se fosse vero, che non era reale quello che gli sembrava di vederle negli occhi. Era giusto, come sosteneva Darcy, che Jane per lui non provava proprio nulla, se non l’affetto di una semplice amicizia? Si ingannava vedendo qualcosa, solo perché voleva vederla? 
 
Dell’amore che provava per lei non aveva dubbi. Era nato piano piano, condividendo lo stesso banco a Pozioni, il primo anno. Jane gli aveva chiesto se aveva una pergamena in più, e nel dargliela, in qualche modo, Charles lo aveva saputo subito che era lei. Era un sentimento fiorito giorno dopo giorno, quando si ritrovavano con il gruppo di studio in biblioteca, oppure quando si vedevano ogni mattina a colazione, perché ormai sapevano per esperienza a che ora si sarebbero certamente incontrati. Era diventato quasi incontenibile, l’amore, durante le sere in cui facevano le ore piccole chiacchierando in Sala Comune, fingendo di giocare a Scacchi Magici - e la lasciava vincere sempre, anche se non era capace.
 
Se avrebbe mai avuto il coraggio di parlare con franchezza a Jane riguardo ciò che sentiva non lo sapeva. Avrebbe potuto voler dire rovinare la loro amicizia, distruggere una volta per tutte ogni sua singola, più piccola, speranza, e non era certo di essere pronto a rinunciare. Non voleva smettere di sognarla, non voleva rompere l’incantesimo, anche se era solo di illusione che si trattava. 
 
E quella sera non voleva avere dubbi, era Jane che voleva più di ogni altra cosa; magari poteva anche rubarle un bacio. Forse a causa di quel pensiero che gli ronzava in testa, quando individuò un rametto di vischio poco lontano da loro, rallentò, fino a fermarsi. Cosa avrebbe fatto Jane se l’avesse veramente baciata?
 
Lei alzò la testa e arrossì violentemente. Distolse lo sguardo da lui, e il gesto bastò per mandare in frantumi il pizzico di coraggio che credeva di aver trovato, così rinunciò all’impresa.
 
Forse era proprio vero che Jane non voleva altro se non la sua amicizia.
 
 
1. Nel libro questo evento si tiene molto più avanti, la mattina della Terza Prova, ma ho dovuto fare questo adattamento e anticiparlo. (su)

 

Angolino dell’autrice:
Ben ritrovati a tutti!
Temo che i miei protagonisti alla fine più che un Merry Little Christmas avranno tutti un Blue blue blue Christmas…Comunque c’era da aspettarselo con questi qua!
Da qui in poi Elizabeth passa la palla a Bingley, colui che affronterà la Seconda Prova, di cui non saprò nulla fino al 24 febbraio - mettiamoci tutti l’anima in pace.  
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non ci siano troppi strafalcioni in giro. La lite tra Elizabeth e Darcy mi ha davvero spompata, è stata estenuante da scrivere, quasi quasi la pausa mi ci vuole!
Grazie per aver letto fin qui, per commenti che state lasciando, grazie a chi ha listato o vorrà farlo. Buon Natale <3


 
***
 
Coming up next:

“Temo di aver commesso un grave errore di valutazione,” disse Darcy.
 
“Nell’innamorarti di Elizabeth o nell’esserti dichiarato?” chiese Bingley, distratto.
 
L’amico scosse la testa e lo guardò con tale serietà da guadagnare la sua completa attenzione. “Ad averti detto che secondo me Jane non prova niente per te.”
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Orgoglio e Pregiudizio / Vai alla pagina dell'autore: CedroContento