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Autore: Pawa    30/12/2022    2 recensioni
CAPITOLO I:
“...chissà cosa direbbero di me se la mia vita fosse andata bene e fossi ancora a Flevance...”
CAPITOLO V:
“Law?” Avrebbe voluto dire “Captain”, ma non era sicura che lui si ricordasse di esserlo.
Il medico si era voltato e i cuori di Hearts e Mugiwara si erano stretti terribilmente, atrocemente. //...
Quello era il dottor Trafalgar, ma non quello che cercavano.
TRAMA:
Artigiano del destino o membro della D.
Colui che lascia un segno nella storia del mondo.
Ma nessuno ha mai riflettuto su quanto i detentori della D siano fondamentali, nel bene o nel male.
I Mugiwara e i Pirati Heart combinano un casino, esasperano Law, e lo portano a pronunciare parole di cui si pente subito, sebbene ignaro delle conseguenze.
Le due ciurme si ritrovano in un mondo che pare non aver mai conosciuto il Chirurgo della Morte.
Idolatra invece il dottor Trafalgar Law, di Flevance, che trovò la cura al famigerato Piombo Ambrato e da allora continua a compiere miracoli medici, lontano dal mare e dall'ombra di una bandiera nera.
NOTE:
Il titolo presenta una licenza poetica; latino corretto dovrebbe essere: “Fatum dominum”, ma preferivo “mastro” a “maestro”.
TRA I PERSONAGGI: ABITANTI DI FLEVANCE.
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nico Robin, Pirati Heart, Trafalgar Lamy, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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°°Fatum Mastro°°

 
Capitolo V
- Crepacuore -
 
 


 "È..." Era stato Monkey D. Rufy a interrompere quel torpore, un misto indefinito di positivo stupore e shock. I Pirati del Cuore non osavano disturbare il silenzio di quella città immacolata, che ancora non si era svegliata, ma l'aspirante re dei pirati non era mai stato affine alla delicatezza. Era spontaneo e, ora, sbalordito. “È meravigliosa!”


Quella era una descrizione spoglia e semplice, eppure non c'era nulla di più azzeccato. Non erano ancora al porto, i due equipaggi, ma potevano vedere i palazzi possenti di un bianco perfetto, ricamati con ornamenti sulle tinte del blu, che creavano un armonioso contrasto con quelle facciate splendenti e ricche di dettagli, interrotte nel loro candore solo dai fiori posti ai davanzali di tutte le finestre. Perfino le strade erano immacolate, nonostante le innumerevoli suole che le calpestavano ogni giorno e la polvere portata dal vento. Forse la cosa più assurda era la vegetazione, che tra una foglia verde e l'altra ne faceva germogliare una bianca, ma l'insieme di tutti quegli elementi era così surreale e stupendo che non permetteva davvero un'attenta riflessione.


Quella era semplicemente la Città Bianca.
La casa di Trafalgar D. Water Law. Il luogo da cui scappò diventando il fantomatico Mostro Bianco che per qualche anno aveva terrorizzato il Nord Blue, prima di sparire senza lasciare traccia, almeno agli occhi del mondo.


Buttare l'ancora presso il porto di quella leggendaria nazione causava qualcosa di spiacevole agli stomaci dei Pirati Heart.


Malgrado il loro disagio alla fine erano approdati.
Essere davvero lì era irrazionale, ma ormai erano certi di starlo davvero vivendo.
Anche se con un nodo alla gola l'equipaggio del Chirurgo della Morte era pronto a inoltrarsi per quelle ampie vie che iniziavano a popolarsi, e Rufy non vedeva l'ora di correre in giro, ma le due ciurme erano state prontamente raggiunte sul molo da un paio di uomini in uniforme. Non erano marines, ma parevano avere un qualche grado militare. Forse era la guardia costiera.


“Buongiorno!” Il più anziano si era avvicinato di qualche passo pur restando a debita distanza. “Potete dichiarare le vostre intenzioni?” Il fortissimo accento di Flevance, lo stesso che Law, per varie ragioni, aveva imparato a camuffare perfettamente e che rivelava solo da ubriaco o in preda alla collera -quando non sfociava direttamente nel dialetto-, aveva reso la domanda non di immediata comprensione. Forse perciò i pirati non erano stati certi di come rispondere. Se si insinuava che potessero avere dei cattivi propositi, allora era la prima volta da innumerevoli giorni che venivano riconosciuti come criminali. Il loro tentennamento, però, aveva fatto sorridere l'uomo, che ancora una volta si era rivolto agli stranieri con cortesia. “Siete turisti o la vostra è una sosta temporanea limitata alla spiaggia?”

Penguin si era permesso di parlare per tutti.
“Veramente non abbiamo un piano preciso, ma credo che soggiorneremo qualche giorno. Dormiremo sulle nostre navi, ma intendiamo girare per la città.”


I due uomini avevano dato un'occhiata ai vascelli, soffermandosi sulle bandiere nere, ma non avevano rivelato alcuna reazione, dunque quei jolly roger, per loro, erano uno sconosciuto e l'altro dimenticato. Nessun pericolo, insomma.
“In questo caso,” Il militare più giovane, rivolto a Penguin, aveva preso a frugare in una borsa di cuoio, per poi estrarre una modesta pila di fogli. “dovreste firmare questi documenti. Vi daremo poi dei permessi di soggiorno temporanei con cui vi sarà concesso di raggiungere l'ospedale per il vaccino. Se verrete sorpresi a gironzolare senza l'autorizzazione emessa dall'ospedale, verrete multati severamente e poi espulsi dalla nazione, tutto chiaro?”


La spiegazione era stata assolutamente comprensibile, ciononostante restava un dubbio. Penguin aveva riflettuto velocemente, per non sembrare ancora una volta un pesce fuor d'acqua, com'era accaduto alla locanda, poi aveva rialzato lo sguardo.
“Certo... intendete il vaccino per... il Piombo Ambrato?”
Era solo a quello che poteva pensare. Di malattie ce n'erano tante, ma a Flevance, anzi, nel Nord Blue, una sola era la protagonista, e il vecchio locandiere che avevano conosciuto oltre una settimana prima aveva accennato ad una cura per quel disgraziato malanno.
Sapere che in quella versione alternativa delle loro vite era bastato così poco, un semplice vaccino, per debellare ciò che aveva fatto cadere un'intera nazione, troncando migliaia di vite, era un dolorosissimo pugno nello stomaco. Spezzava letteralmente il fiato, e Penguin si era dovuto impegnare per formulare e pronunciare quella frase.

“Ovviamente!” La conferma era stata tanto repentina quanto gioviale. Pareva che non ci fossero traumi legati a quel nome terribile, che invece aveva rovinato l'esistenza del capitano degli Hearts. “Se rimaneste solo per qualche ora ed esclusivamente qui sulla costa, non ci sarebbe bisogno di vaccinarvi. Ma come sapete e potete voi stessi constatare, il resto della città è costituita dal metallo tossico, quindi se sbarcate dovete immediatamente recarvi in ospedale. Ne va della vostra salute.”


Shachi aveva deglutito a vuoto. Era davvero tormentoso sentir parlare di quella malattia con tanta leggerezza, eppure era così che funzionava in quella realtà, e tutti loro dovevano attenersi a quella versione. L'unica cosa che riusciva a rallegrarlo un po' era che avevano servite su un piatto d'argento le informazione per raggiungere l'ospedale. Era quello il primo obiettivo dei pirati. Il punto di partenza per cercare Law. Il rosso aveva quindi annuito al posto del fratello.
“Allora... basta che firmiamo quei moduli, ci diceva?”

In realtà aveva un costo il vaccino, d'altronde le dosi non venivano create gratuitamente e il numero di turisti era troppo alto perché fossero semplicemente distribuite a tutti quelli che sbarcavano, ma Nami aveva pagato senza lamentarsi e si era offerta di coprire, senza truffe o interessi, anche la quota degli alleati. Era stata dolce ma preoccupante.
Si vedeva lontano un miglio che era tesa per quella situazione e non era la solita Gatta Ladra.


Salutate le due guardie e ricevute le giuste indicazioni, i pirati avevano finalmente messo piede sulla terra natia di Trafalgar Law.


Gli Hearts osservavano i vari monumenti e le piazze che sorpassavano, talvolta con un po' di fatica dato il bagliore e i continui riflessi delle superfici immacolate, rendendosi conto di riconoscerli nelle descrizioni sofferte del loro capitano, mentre una fontana vicino a una chiesa era nota perfino a Rufy. Questi aveva avuto il rispetto di osservarla in silenzio e di non saltare e correre sui bordi come normalmente avrebbe fatto. Lì Torao e la sua sorellina giocavano insieme da bambini, e Rufy era certo che se il suo amico avesse visitato i monti dei banditi del villaggio Foosha, avrebbe avuto riguardo per ogni luogo, perfino per la discarica.
La strada per l'ospedale non era lunga né difficile, c'erano fin troppi cartelli che lo indicavano, quasi fosse stato il monumento più importante, e i corsari confidavano di raggiungerlo in pochi minuti. Per quanto l'esplorazione della città fosse affascinante e altresì struggente, lo scopo rimaneva trovare Law e senza un permesso di soggiorno a tempo indeterminato non avrebbero avuto libertà di movimento.
Forse il loro amico era proprio dove si stavano recando, ma non avevano la certezza che fosse lì in quell'esatto momento né che non ci fossero più ospedali a Flevance.

“Secondo voi Torao sarà là?”

L'aspirante re dei pirati aveva posto la domanda con tono annoiato. Camminare per la Città Bianca lo entusiasmava, ma preferiva ritrovare subito il compare.

“Lo spero, ma quei ragazzi al porto non si sono dilungati nelle descrizioni. Forse è solo una clinica minore.” Visto il numero di indicazioni era poco probabile, ma Penguin non voleva illudersi e mentire ad alta voce lo aiutava a placarsi un po'. Aveva risposto al capitano alleato senza guardarlo in faccia, intento a calciare un bianco sassolino ormai da diversi quartieri. Il suo cuore non reggeva a lungo la vista dei luoghi che Law gli aveva confessato di aver frequentato durante l'infanzia.

“Mi dispiace,” La voce di Bepo, davanti al gruppo, gli aveva fatto rialzare lo sguardo giusto in tempo per non andargli a sbattere contro la schiena. Il visone si era bloccato in mezzo alla strada e guardava in su. “ma credo proprio che questa non sia una clinica qualunque.”

Penguin aveva seguito lo sguardo dell'orso, andando a posare il proprio su un'alta inferriata che riportava un cognome ben noto a tutti loro. Il suo cuore aveva fatto qualcosa di strano a quella vista, lo aveva chiaramente percepito.

Ospedale Trafalgar.

Il gruppo si era fermato innanzi l'imponente struttura, soggezione e un tenue torpore si stavano insinuando in ognuno di loro.
Ospedale Trafalgar.
Quella realtà era sempre più vera, sempre più incasinata e sempre più malinconica. Non sapevano davvero se considerarla un inferno, perché era il contrario del loro mondo, o se vederla per quella che effettivamente pareva: un paradiso. Perché Flevance ancora fiorente, tutte quelle persone vive e vegete e Law che aveva fama, gloria e il proprio ospedale erano semplicemente situazioni meravigliose, idilliache. Allo stesso tempo, tutto ciò ricordava ai pirati che il loro Law aveva perso ognuna di quelle cose, solo la fama come medico era riuscito a conquistarsi, e perciò quelle versioni alternative della sua esistenza erano dei colpi bassi per gli Hearts e i loro alleati.

Il cancello che delimitava il perimetro del parco, il quale correva tutto attorno a quell'elegante edificio e dove vi passeggiavano pazienti, ospiti e dipendenti, era ben mantenuto, ma si intuiva che non fosse nuovo. Aveva almeno una quarantina d'anni e quindi non era stato fatto erigere da Law. Bensì dai suoi genitori.
C'era qualcosa di intrigante quanto amaro in tutto ciò, come in ogni benedetta cosa di quel luogo.

Poi Bepo si era mosso verso l'entrata, traendo le forze da nemmeno lui sapeva dove, e aveva riscosso gli amici.

Nell'atrio c'erano innumerevoli persone, ma non una parvenza di confusione. Era tutto meticolosamente organizzato, ognuno sapeva dove andare e a chi rivolgersi. Non appena le due ciurme avevano varcato la soglia, un infermiere le aveva affiancate, aveva preso i loro permessi di soggiorno e le aveva immediatamente accompagnate nella sala d'attesa per il vaccino, dove aveva poi chiesto le loro carte d'identità, ed era incredibile che accettasse e riconoscesse all'istante anche documenti emessi in mari lontani e totalmente diversi da quello in cui si trovavano. Non era da tutti, spesso ci volevano alcuni minuti, un consulto con la Marina per verificare le veridicità dei documenti e diverse ricerche sui fascicoli internazionali. L'anziana donna non aveva neanche storto il naso quando Brook e Jean Bart, per motivi diversi e che non avevano specificato, avevano asserito di non possedere carte d'identità. A quanto pare non era un problema e aveva borbottato qualcosa più a se stessa che a loro, riguardo come ogni persona che varcava la soglia di quell'ospedale veniva schedata minuziosamente, quindi era un po' come se le venissero forniti dei documenti identificativi.
Il fatto che non sbarrasse gli occhi leggendo i nomi di pirati ricercati su quei foglietti, non sorprendeva più i corsari in questione.
I Cappello di Paglia e i Pirati del Cuore erano uomini di mare, certamente non passavano il loro tempo negli ospedali, non potevano definirsi degli esperti, ma quell'organizzazione peccaminosa e super efficiente aveva la firma del capitano degli Hearts, lo sapevano bene. La vivevano giornalmente sulla loro pelle. All'equipaggio del Nord Blue si era formato un piccolo sorriso.

“Avete fatto tutti quanti il vaccino?” Un'altra infermiera si era rivolta al gruppo da dietro una scrivania, dopo che l'ultimo dei pirati era uscito da uno studio con un cerotto sul braccio. “Se è così, ecco qui i vostri permessi di soggiorno.”
Gli avventurieri avevano dovuto firmare dei documenti per la seconda volta in un solo giorno. Normalmente le loro firme erano nulle, prive di valore in quanto nomi di criminali ricercati. Stavolta, invece, erano valide e necessarie.
Penguin aveva restituito la penna prestatagli, riflettendo per qualche attimo con lo sguardo perso sui fogli che aveva appena siglato, poi aveva cercato gli occhi scuri dell'infermiera coi propri.

“Mi scusi, sa dirmi se il dottor Trafalgar è qui?”

Gli amici avevano inconsapevolmente trattenuto il respiro. Se avessero avuto conferma, i loro cuori sarebbero stati un poco più sereni.

“Il dottor Trafalgar Law, intende?”

Già sentire quel nome faceva formicolare gli stomaci. Penguin aveva annuito, mordendosi un labbro, troppo impaziente.

La donna aveva fatto cenno di attendere un secondo, si era voltata verso delle colleghe chiedendo che le venisse passato il “malloppo” e una spessa agenda, che ne aveva incorporate altre due con una studiata mossa di pinzatrice, stracolma di post-it e fogli extra, l'era stata portata da una tirocinante quasi con fatica, da quanto doveva pesare. L'aveva aperta con un tonfo, scrutandola brevemente.
“Il dottor Trafalgar è sempre qui, in realtà. Stavo guardando i suoi programmi. È perennemente indaffarato, quindi mi spiace, ma non credo abbia tempo se non avete un appuntamento. Però potete provare ad andare nel suo ufficio!”

Penguin aveva sentito distintamente il proprio battito accelerare e rimbombare nelle orecchie, mentre una strana tensione colpiva tutto il suo petto. Aveva prontamente piegato gli angoli della bocca all'insù.
“E dov'è?”

“Ottavo piano, chiedete poi agli infermieri che ci sono lì o rischiate di perdervi.”

Il corsaro aveva ringraziato calorosamente la ragazza, voltandosi poi, entusiasta, verso i compagni. Lo avevano già trovato. Sì, erano passate quasi due settimane dalla scomparsa di Law, ma ora sembrava l'avessero raggiunto, e senza troppi intoppi.

Rufy era corso su per le scale, davanti a tutti, e aveva rallentato solo dopo che il quarto dottore gli aveva urlato di non agitarsi in quel modo in un ospedale. La sua gioia era però interamente condivisa dagli amici, che si affrettavano a seguirlo. Usopp, Chopper e qualche Pirata Heart un po' in carne non erano altrettanto euforici per il semplice fatto che otto piani di scale non erano il loro maggior auspicio per passare una bella giornata, ma chi avrebbero ritrovato in cima valeva assolutamente lo sforzo.

“Ecco qua, ottavo piano!” Rufy aveva letto ad alta voce il cartello colorato che numerava la fine dell'ennesima rampa di scale e aveva guardato da ambo le direzioni per decidere da che parte andare.
I corridoi erano ampi. I pavimenti, lisci per permettere alle barelle di scorrere velocemente, erano solcati nel centro solo da strisce variopinte, dai diversi spessori, che dovevano indirizzare i pazienti e i non vendenti. Le pareti facevano intuire che l'edificio non fosse dei più nuovi, ma non per decadenza, bensì per un semplice fattore di design; pareva un'estetica tipica dei palazzi nobiliari antichi, con archi e saltuarie nicchie riempite con busti di illustri personaggi, ma non potevano essere muri di secoli fa. Probabilmente a Flevance avevano mantenuto gusti vagamente eccentrici in fatto di architettura, si poteva intuire già passeggiando per le strade, e il fatto che grazie all'esportazione del Piombo D'Ambra gli abitanti fossero tutti benestanti, poteva aver contribuito. E chissà, forse i gusti stravaganti li avevano per ogni cosa. Se così fosse stato, le discutibili scelte di moda di Law sarebbero finalmente state giustificate.

“Il mio naso mi dice di andare di qui!” L'utente del frutto Gom Gom aveva scelto di andare a destra e gli altri non si erano opposti. Aveva un particolare intuito quando si trattava di rintracciare gli amici, quindi Chopper e Bepo, che davvero avevano un naso adatto per fiutare le persone, non erano intervenuti.

Avevano svoltato solo un paio di angoli prima di vederlo e nemmeno avevano chiesto indicazioni agli addetti a quel reparto.

Era di spalle, discutendo con dei colleghi, impartendo loro ordini e istruzioni. Indossava il camice e dei pantaloni neri, non i suoi soliti jeans inspiegabilmente maculati, e pareva un poco più basso, forse perché il suo fisico non si era forgiato con anni di pirateria, ma quei capelli neri spettinati e quella postura orgogliosa avevano la firma Trafalgar. La silhouette era identica.

Rufy era stato sul punto di urlare un affettuosissimo “Torao”, ma Nami l'aveva bloccato in tempo, intimandogli di avere la decenza di avvicinarsi e di approcciare l'amico come delle persone civili.

Era probabile che Law fosse stato trasportato in quella realtà alternativa esattamente com'era successo alle due ciurme, dunque senza ripercussioni particolari, ed ora stava facendo il bravo dottore in ospedale perché, beh, lo divertiva, ma c'era anche un'altra opzione, un timore, che aveva attanagliato i Pirati Heart e, quando questi si erano confessati con gli alleati, aveva messo tensione anche nei Cappello di Paglia; la possibilità che la mente di Law fosse stata persuasa da quel finto mondo. Forse lui credeva davvero di vivere lì.
Robin e Penguin, poi, avevano discusso di un'ulteriore eventualità. Fino a quel momento avevano definito la situazione in cui si erano ritrovati come una realtà alternativa o un mondo parallelo, ma era una descrizione fatta a cuor leggero, erano due parole che potevano riassumere tutto il concetto di “realtà distorta, illusione, frutto del diavolo” e quant'altro. Non credevano davvero che quello fosse una sorta di altro universo, concreto e davvero reale... ma se lo fosse stato? I due corsari avevano riflettuto insieme durante i giorni di navigazione, coinvolgendo solo Shachi e Nami e decidendo di non allarmare ulteriormente il resto dei compagni. Non avevano trovato prove a sostegno di quella tesi, eppure restava valida tanto quanto le altre due. D'altronde tutti loro erano ancora in alto mare nella comprensione di cosa era successo e di come. Robin aveva fatto numerose ricerche sui frutti del diavolo, ma non vantava una libreria abbastanza ampia, e quella di Law era sparita. Dunque ora i pirati potevano aggrapparsi solo a teorie e congetture, e per quanto spaventosa, anche quella terza ipotesi era da considerare.
Sarebbe stata il risvolto più complicato e preoccupante, ma purtroppo non era da escludere e avrebbe implicato che il Law che stavano per incontrare non era il loro Law.

Ikkaku si era permessa di chiamarlo non appena lui aveva congedato gli altri medici.
“Law?” Avrebbe voluto dire “Captain”, ma non era sicura che lui si ricordasse di esserlo.

Il medico si era voltato e, semplicemente, i cuori di Pirati Heart e Mugiwara si erano stretti terribilmente, atrocemente. Forse avevano perso troppi battiti. Da quando avevano buttato l'ancora, i loro sentimenti venivano percossi violentemente, causando quasi malessere, un groppo in gola. Sicuramente, ora, una terribile sensazione di disagio si era subito insinuata nei petti di ognuno, pian piano sostituita da un amaro ma profondissimo affetto.
Quello era il dottor Trafalgar, ma non quello che si aspettavano.

“Cercate mio figlio?”

Il medico, il dottor Trafalgar... il signor Trafalgar, si era rivolto gentilmente ai due equipaggi, regalando loro un sorriso gentile, così simile a quello del Chirurgo della Morte, ma contornato da radi baffi e barbetta, e visibilmente più dolce. Era solo quella spassionata cortesia negli occhi del padre di Law a distinguerlo nettamente dal figlio, perché Dio santissimo, era tale e quale a Law.
O meglio, il contrario.
Stessa postura, solo qualche centimetro in meno di altezza e muscoli meno prominenti sotto la camicia di un pallido giallo*. GIALLO. Era una fissa di famiglia? Forse Law adorava quel colore perché gli ricordava il padre?
Questi aveva la medesima capigliatura disordinata del figlio, che in qualche modo dava al capo un aspetto elegante. Ora che gli erano vicino, i pirati potevano notare un velo di capelli grigi sulle tempie, ma era così esiguo, che sommato allo stesso viso del suo primogenito, mascella squadrata, naso dritto e perfetto e occhi taglienti, il padre di Law non solo manteneva un aspetto estremamente giovanile, ma da lontano era assolutamente confondibile col capitano dei Pirati Heart. Di spalle, era decisamente impossibile distinguere i due Trafalgar.
Shachi e Penguin si erano completamente persi negli occhi scuri dell'uomo, un'altra piccola differenza col loro fratellino, che invece aveva le iridi chiare, che vantavano sfumature di grigio e talvolta d'oro, secondo ignote leggi biochimiche. I due Hearts adoravano quel colore impensabile e unico, ma soprattutto amavano l'intensità degli sguardi del loro capitano; che fosse felice, arrabbiato, pensieroso e pure impigrito e stanco, trasmetteva una marea di informazioni e sentimenti attraverso quegli occhi bellissimi, e suo padre sembrava avere lo stesso talento. Non tutti sapevano decifrare quelle emozioni, ma erano evidenti.
Nessuno di loro aveva avuto idea di che aspetto avesse avuto quel magnifico uomo -Law aveva giusto accennato di somigliare a suo padre- e questo la diceva lunga sulla questione di illusione o realtà alternativa. Non era certo una conferma in un senso piuttosto che in un altro, ma si ricollegava al ragionamento di Clione su Law e il suo amore per il colore giallo.

Il medico che stavano fronteggiando aveva infilato le mani nelle ampie tasche del camice, chinandosi leggermente verso i due corsari di Swallow Island, che gli erano più vicini e lo fissavano attoniti.
“Tutto bene, ragazzi? Sembrate un po' pallidi.” I due non avevano risposto e nessuno dei loro compagni pareva essere in grado di farlo. Essere faccia a faccia col padre di Law, che nel loro mondo era stato violentemente ucciso quasi un ventennio prima, e constatare quanto diamine fosse simile al figlio, quanto dolcemente fosse gentile e premuroso, era straziante e assurdamente stupendo allo stesso tempo. Creava un casino nei cuori di tutti, perfino nei meno sensibili, addirittura a quei Cappello di Paglia che, pur apprezzando e tenendo a Torao, non gli erano così vicini.
L'uomo, placido ma attento, aveva osservato scrupolosamente il gruppo che aveva innanzi, per poi riportare la propria attenzione sui due ragazzi che gli erano accanto. Aveva intenerito lo sguardo e ciò non aiutava gli stomaci in subbuglio dei pirati. “Non sarò Law, ma gli ho insegnato io a misurare la pressione, quindi, se non vi spiace, vi sedete lì e mi permettete di togliermi questo pensiero?” Aveva indicato delle poltrone poste lungo il corridoio, appena fuori da alcune sale. “Non vorrei proprio che sveniste e le vostre espressioni mi fanno un po' preoccupare.”

Penguin era certo di essere stato pallido fino a quel momento, così come era sicuro che, dopo quelle parole, era tremendamente arrossito. Non era un ragazzino, non era nemmeno uno di indole timida, ma... quello era l'amato papà del suo migliore amico, del suo fratellino, dell'uomo che gli aveva permesso di vivere una vita incredibile, e tra tutte le cose che il padre di Law avrebbe potuto fare, si stava preoccupando per lui.
Penguin lo amava già e sapeva perfettamente che il resto della sua ciurma condivideva i suoi sentimenti. Sapeva pure che l'unica cosa che gli Hearts erano intenzionati a fare in quel momento era quella di inchinarsi fino a toccare il pavimento col naso e ringraziare quell'uomo per essere magnifico e per aver dato vita al loro amato capitano.
Dovevano assolutamente cercare di trattenersi e di non farlo. Sarebbe stato complicato da spiegare.

Era stato davvero stupido da parte loro non considerare l'eventualità che la famiglia di Law fosse ancora viva. In realtà qualche pensiero lo avevano fatto a tal proposito, ma durante il viaggio le loro preoccupazioni erano state altre: capire cosa fosse successo, trovare Law, tornare a casa, e così non si erano preparati psicologicamente all'idea di incontrare altri Trafalgar oltre al loro. Chi ci aveva riflettuto un po' più a lungo non aveva potuto immaginare che il colpo sarebbe stato così forte, data la stupefacente somiglianza fisica e gestuale tra i due uomini.
Ancora ammutoliti e immobili davanti al medico, Heart e Mugiwara non avevano allietato l'animo del padre di Law, che si era voltato per chiedere l'assistenza di alcuni infermieri. Solo in quel momento i pirati avevano realizzato di starsi comportando in maniera troppo ambigua. Erano sicuramente giustificabili, ma certo non potevano dirlo ad alta voce.
Bepo si era costretto a riscuotersi, e aveva sollevato le zampe in una sorta di segno di resa.
“N-no, non si preoccupi, stanno bene!”

In quel momento tre uomini in divisa ospedaliera era prontamente accorsi. Il padre di Law, in risposta al visone, lentamente, come se stesse soppesando le sue balbettate parole, aveva fatto un cenno di scuse e gli addetti erano tornati ai propri doveri.

L'orso aveva abbassato le orecchie sul capo.
“Mi dispiace, mi dispiace molto per il disturbo... signor... dottor Trafalgar.” Aveva pronunciato le ultime due parole con un tono delicato, che aveva una nota incerta. Il visone aveva visto il padre del proprio comandante sorridere un'altra volta.

“Sì, dottor Trafalgar è giusto. Per l'esattezza, io sono il senior e mio figlio è il dottor Trafalgar junior. Un po' ridicolo, e Law lo odia, ma a lavoro ci possono distinguere solo così.” Aveva fatto l'occhiolino all'orso, e Bepo si era sentito al settimo cielo, non sapeva neanche il perché. Era tornato con le zampe per terra solo perché l'umano aveva continuato a parlare, e sentire quel tono basso e confortevole, tanto familiare perché affine alla voce di Law, era bellissimo. “Quindi dopo dovrete chiedere di lui utilizzando quel nomignolo, o rischiate di tornare da me. Comunque,” Aveva superato il gruppo, aprendo una porta che dava su un piccolo studio. Due infermiere che erano dentro, vedendolo, lo avevano salutato ed erano immediatamente uscite. Qualcosa suggeriva ai pirati che quello studio non fosse il suo, ma in quanto primario, proprietario o dirigente dell'ospedale, qualunque ruolo avesse, aveva tutto il diritto di usufruire di qualunque stanza. “non pensate di scampare ad una visita semplicemente affermando di star bene. Voi due,” Aveva fatto un cenno in direzione dei corsari di Swallow Island. “Siete diventati bianchi come lenzuoli da un momento all'altro. Sarei un pessimo medico se ci passassi sopra. E poi, siete già in ospedale, che vi costa?” Aveva tirato gli angoli della bocca ancora più in su e a quel punto Nami aveva distintamente sentito il proprio cuore sciogliersi, e sapeva di non essere l'unica in quelle condizioni. Silenziosamente lei e i compagni erano entrati, accomodandosi sulle sedie o stando in piedi. Shachi e Penguin sul lettino per le visite.

Il medico, segretamente sbalordito che il gruppo non avesse pensato di lasciare privacy ai due ragazzi, aveva velocemente recuperato gli strumenti che gli occorrevano, lo stetoscopio già attorno al collo, e Penguin si era morso il labbro notando che la testina era infilata nel taschino della camicia, esattamente come faceva Law.

“Allora, come mai siete qui? Ovviamente non siete già dei pazienti e so che Law, per quanto esageri con queste cose, non prenderebbe in privato una trentina di persone contemporaneamente.”

Il rosso degli Hearts si era concesso una piccola risata soffiata. Il loro Law era capacissimo di tornare a bordo del Polar Tang con un intero paese di pazienti, ma era anche vero che non aveva regole e vincoli imposti dalla legge o dalle norme di sicurezza di una struttura pubblica, quindi Shachi immaginava lo sforzo che quel Law doveva fare per limitarsi a curare poche persone per volta.
“Vorremmo parlare con suo figlio, dottore.” Aveva poi confessato, mentre l'uomo gli avvolgeva il braccio con la fascia dello sfigmomanometro. “Si tratta di una faccenda piuttosto delicata... e urgente.”

C'era stato un cenno da parte del medico, che per qualche altro secondo non aveva commentato, molto più intento a guardare i valori della pressione del ragazzo.
“Ovviamente non voglio impicciarmi, sono sicuramente cose private... ero solo un po' sorpreso di vedere un gruppo così consistente e assortito andare dal dottore.”

Non aveva tutti i torti, anzi. Per incidenti o interventi importanti, amici e parenti si accalcavano fuori dalle sale operatorie, ma nel loro caso chiaramente non era così e sarebbe stato strano anche se fossero stati tutti quanti affetti dallo stesso morbo, sopratutto considerando che alcuni di loro non erano umani. Era logico che destassero, se non sospetti, almeno un po' di curiosità.
Penguin aveva sorriso con un velo di imbarazzo. Era difficile trovare una storia di copertura in quel momento e mentire spudoratamente al padre di Law gli pareva il peggior reato che potesse compiere nella sua vita da criminale.

“Massì, Torao è un amico, non è che andiamo proprio dal dottore!”

I pirati si erano congelati udendo la frase dell'unico capitano presente, detta con tanta leggerezza che Rufy neanche stava guardando il medico, bensì era intento a giocare con uno scheletro finto per capire quanto simile a Brook fosse.

“Questo “Torao” sarebbe il mio Law?”

I Cappello di Paglia sarebbero voluti intervenire, ma quel pirla del loro comandante aveva deciso che il padre di Torao gli piaceva da morire e quindi ci teneva ad essere loquace con lui.
“Certo! L'ho sempre chiamato così.”

A quell'affermazione il medico si era voltato verso il giovane, un sopracciglio alzato.
“Stando a ciò che dici... dovrei dedurre che siete davvero amici di mio figlio?” Aveva messo fin troppa incredulità nel proprio tono e se n'era reso conto dopo un momento. “Non mi fraintendete, Law ha amici ed è di ottima compagnia... quando vuole. Diciamo che pensa più al lavoro che alla vita sociale, e quindi credo che saprei se fosse amico di un visone, un cyborg, un semigigante, un uomopesce, una renna che parla e di uno scheletro vivente. Beh, in effetti coi morti ci parla, però...”

A quell'ultima frase gli Hearts non erano riusciti a nascondere i sorrisi e qualche leggero ridacchiare. Law era sempre Law, inquietante e strambo come solo lui sapeva essere, non importavano le circostanze in cui era vissuto.
“Parla ancora coi cadaveri che disseziona come se stesse spiegandogli cosa sta facendo con le loro viscere?” Shachi aveva guardato ghignante il genitore del proprio amico, decidendo che forse potevano appoggiarsi all'uscita imprevista del Cappellaio per risultare meno ambigui. Se avessero convinto il medico che erano davvero amici di Law, forse sarebbe stato meno strano che lo stessero cercando tanto disperatamente e tutti insieme. Certo non potevano essere completamente onesti, sebbene mentire a “papà Trafalgar” non andava a genio a nessuno, ma erano pirati, e potevano inventare qualche bugia credibile all'istante.

Il dottore aveva ricambiato lo sguardo divertito del rosso.
“Allora lo conoscete davvero. Siete vecchi amici conosciuti durante i suoi viaggi?”

Se quello non era l'appiglio perfetto per la loro recita, gli Hearts non sapevano davvero cosa fosse. Era pure affine con la verità, meglio di così non potevano chiedere.
“Effettivamente sì. E non ci vediamo da un po'... questa è la prima volta a Flevance, per noi.”

L'uomo aveva annuito, raddrizzandosi e rimettendo lo stetoscopio attorno al collo. Era davvero cortese a non voler indagare troppo e questo lo rendeva solo più piacente agli occhi dei due equipaggi.
“Capisco, allora non vi porterò via altro tempo. State bene, ma avete entrambi la pressione alta e i battiti accelerati, anche se sono palesemente sintomi temporanei. Siete stati un po' stressati ultimamente?”

Penguin aveva scrollato le spalle.
“Non sa quanto, dottore.”

Questi aveva sorriso, decidendo di non porre altre domande personali.
“Allora direi che è tutto spiegato. Vi raccomando di evitare situazioni disagevoli o di forte tensione per i prossimi giorni, e riposate. Siete sani, ma non indistruttibili. Vi serve che vi dica dov'è l'ufficio di Law?”

In realtà i pirati non avevano tutta questa fretta di congedarsi dal padre dell'amico. Lo conoscevano sì e no da un quarto d'ora, ma già lo adoravano e alcuni di loro n'erano rimasti fulminati, in senso positivo, certo, ma questo non aiutava le tre donne e tutti quanti i Pirati del Cuore. In effetti le ragazze erano state colpite da quell'uomo in diversi sensi. Se già Law era una gioia per gli occhi, suo padre aveva in aggiunta il fascino dell'uomo maturo e la dolcezza che solo un papà fiero del proprio bambino poteva possedere. Tuttavia incontrare Law aveva la priorità e così, dopo che Chopper - entusiasta che fosse stato riconosciuto come renna - Robin e Bepo erano riusciti a trattenere le lacrime per doversi sperare dal dottor Trafalgar senior, erano andati alla ricerca dello junior.

In fondo a un corridoio, superata una povera segretaria con tre lumacofoni per orecchio, un'elegante porta di legno scuro riportava il nome completo del Chirurgo della Morte, ma con la sigla Dr. che aveva fatto sorridere amaramente i Pirati Heart.
Rufy aveva bussato energicamente, già pronto a entrare, ma non c'era stata risposta e Zoro l'aveva trattenuto dallo sfondare la porta. Il padre di Law aveva detto loro che il figlio aveva sempre un intervento in corso, praticamente viveva in chirurgia, limitandosi a brevi viaggi turistici al pronto soccorso, giusto quando c'erano situazioni disperate e quindi, a detta del Trafalgar più giovane, interessanti, perciò era probabile che non lo trovassero nel suo ufficio, ma quello era l'unico posto certo dove poteva essere reperibile, prima o poi. Vi tornava di tanto in tanto per riorganizzare i documenti, scartoffie burocratiche, e gli appuntamenti. Pertanto, cercarlo nel reparto emergenze non era un'opzione e potevano solo attendere il suo ritorno.

“Ho fame...” Erano appena cinque minuti che aspettavano e già l'utente del frutto Gom Gom non ne poteva più. Nessuno aveva voglia di rispondergli o intrattenerlo, però. Shachi e Penguin erano completamente persi a ripensare al padre del loro fratellino e probabilmente non erano gli unici. Quasi non ci credevano che lo avevano conosciuto e pure che lui fosse così meraviglioso. Dio, non sapevano granché sul suo conto, erano stati insieme a lui meno di mezzora, ma aveva qualcosa di così incredibilmente intrigante. Gli Hearts non capivano se ciò fosse dovuto al fatto che fosse il papà del loro capitano, che fosse uguale in così tanti aspetti a Law, o se fosse una sua qualità. Era un Trafalgar, dopotutto, e probabilmente era pure una D. Doveva essere sicuramente speciale.

Fortunatamente per Cappello di Paglia, un risuonare di tacchi lungo il corridoio si era presto udito.
I pirati avevano subito sperato che fosse il loro amico e i due animali presenti avevano preso ad annusare l'aria per capire se si trattava di Law. Bepo aveva corrucciato la fronte. L'odore era simile, incredibilmente simile, ma più delicato.
Quando un camice bianco era svolazzato oltre un angolo prima di svoltarlo, a gioirne erano stati solo Sanji e Brook. La vista non dispiaceva nemmeno agli Hearts, ma per quanto quella dottoressa fosse bella, certamente non era il loro capitano.

Lei si era avvicinata a loro con un sorriso smagliante, troppo grande per essere un semplice sorriso di presentazione. Pareva una tipica espressione ingiustificata di Rufy, il che era curioso.
“Salve! State aspettando il dottor Trafalgar? Sapete se è lì dentro?” Aveva indicato la porta dell'ufficio, non diminuendo di un millimetro quel bellissimo sorriso.

“Sì, lo attendiamo. Abbiamo bussato, ma non c'è stata risposta, quindi dovrà ancora tornare.” Robin le aveva risposto immediatamente, scrutandola a lungo. Quella sua gioia tanto spontanea la intrigava molto.

La ragazza aveva sbuffato appoggiandosi contro al muro e fissando il soffitto.
“È sempre il solito. Non si fa mai trovare, ma dopo mi sente! Gli avevo detto che sarei passata a quest'ora.” Aveva a malapena gonfiato una guancia in disappunto, puntando il piede sul tallone e muovendo la punta da una parte all'altra. Era così genuina nei suoi modi di fare, quasi infantile, sembrava non avere una preoccupazione al mondo. Nami aveva trattenuto un piccolo verso di sorpresa quando si era resa conto che le ricordava il proprio capitano. Quando lo aveva conosciuto, durante quella fuga assurda dalla nave attaccata da Alvida, aveva incrociato per un attimo il suo sguardo e lui le aveva trasmesso un entusiasmo e una vitalità invidiabili. Con quella donna la sensazione era molto simile, e la stava guardando sì e no da due minuti. Non l'era mai successo con altri oltre a Rufy. Aveva adocchiato Sanji alzarsi e cercare le parole con cui porre una domanda che, vista la sua espressione, doveva premergli molto. La rossa si era chiesta cosa potesse volere quel mentecatto del cuoco, sperava solo non fosse prossimo alle sue solite moine.

Il biondo aveva avuto un fremito al pollice, come se avesse voluto compiere l'abitudinario movimento di prendere e accendere una sigaretta, ma poi si era ricordato di essere in ospedale e aveva rinunciato, ponendosi di fronte alla dottoressa e mettendo le mani in tasca.
“Mi scusi, mia dolce fanciulla...” A quelle prime parole le due ciurme avevano già assottigliato lo sguardo. Sanji non si smentiva mai. “sembra piuttosto in confidenza col dottor Trafalgar, sbaglio?” C'era una lieve nota di gelosia nella voce. Per il resto, poteva sembrare mera curiosità di un paziente.

Lei non aveva dato troppo peso a quel tono vagamente incrinato.
“Infatti lo siamo!” La sua risposta era carica di affetto e Sanji si era dovuto voltare per nascondere il viso contorto da invidia e disappunto.

“Non mi dica che... che lei è la sua ragazza?”

Zoro aveva dato dell'idiota a quello stupido sopracciglio a ricciolo e se l'aveva fatto sottovoce era solo per non fare casino in ospedale, non certo perché non si volesse far sentire. Perfino lui, che di tatto ne aveva poco quasi quanto il suo capitano, si rendeva conto che quella domanda era del tutto inopportuna da porre a un perfetto estraneo. Per qualche ragione la dottoressa non si era indispettita, il che era sorprendente. Ciò che aveva davvero incuriosito tutti, però, era stata la risata a cui si era abbandonata poco dopo. Il cuoco dei Mugiwara le aveva chiesto cosa ci fosse di divertente e lei, voltandosi completamente verso i pirati, si era limitata a indicare la targhetta col nome.

Trafalgar D. Water Lamy.

Se Trafalgar poteva essere acquisito dall'eventuale moglie di Law, D. e Water erano unici e solo ereditari. E Lamy, poi, sapevano tutti chi fosse. Chi dei Mugiwara non aveva saputo granché del passato di Law, era stato informato dagli Hearts durante il viaggio per Flevance. Così, ora, potevano tutti quanti trattenere il fiato e sentire il proprio battito rimbombare nelle orecchie.

La sorellina tanto amata del loro amico era lì davanti a loro ed era una donna bellissima con un perenne sorriso che faceva stringere il cuore. Sorriso così ampio e sincero che era in qualche modo simile a quello di Rufy, e i corsari si erano chiesti se il loro doc se ne fosse reso conto, ma, d'altronde, a lui non sfuggiva niente.
Nami si era girata per nascondere il viso rosso mentre si faceva aria con le mani. Pensare che Torao si fosse affezionato a Rufy ricordando la sorella era troppo da elaborare, almeno per quel giorno.

“Oh, era ora, sta arrivando!”

La rossa si era riscossa coi compagni quando Lamy si era scostata dal muro, pronunciando quella frase. Si stava riferendo a Law? Bepo aveva annusato l'aria, sgranando gli occhi. Sì, c'era l'odore del suo Captain e stavolta era esattamente il suo. Sua sorella ne aveva uno simile e forse era pure contaminata dai continui contatti con Law, per questo prima il visone era rimasto confuso, ma ora non c'erano dubbi.
Un passo cadenzato, sicuro e tremendamente famigliare si era presto avvicinato e gli Hearts erano ufficialmente entrati in apnea. Avrebbero voluto correre in contro al loro capitano, urlargli quanto fosse mancato a tutti loro, ma dovevano trattenersi e quindi potevano solo mordersi le labbra e fremere sulle sedie.

Trafalgar Law aveva finalmente imboccato il corridoio dove attendevano i pirati, mostrandosi a loro in abiti insoliti ma che in qualche modo erano assolutamente tipici del suo stile. Camicia e cravatta non erano un abbinamento consono per lui, ma quell'orrenda fantasia maculata, bianca, nera e oro, che decorava la povera camicia, era terribilmente tipica di Law. Faceva talmente schifo seppur rimaneva elegante che era perfetta e il medico sapeva indossarla divinamente. I Pirati del Cuore avrebbero voluto ridere per quell'outfit, ma ogni briciolo di gioia era stato presto brutalmente e crudelmente stroncato.

“Buongiorno,” Law si era fermato davanti a quelle bizzarre persone, incrociando gli sguardi di fin troppi Pirati Heart, che avevano visto e riconosciuto i sentimenti nei suoi occhi chiari; gentilezza e professionalità, ma nessuna traccia di amore. Li stava guardando nei panni del grande medico qual era, che si rivolgeva a dei nuovi pazienti.
Non si ricordava di loro. “posso aiutarvi?”

Oh, sì che poteva.

Il cuore di Penguin l'aveva subito messo in chiaro, decidendo di essere saturo di tutta quella tensione e di quello stress accumulati in quasi due settimane, e si era fermato.




 
°°FINE CAPITOLO°°


 
•       IL PAPOZZO DI LAW. Ragazzi, vi presento una delle mie più grandi crush. Sarà che è Law, ma nei panni di padre, ma io adoro quell'uomo e per quanto poco sappiamo attualmente su di lui, penso sia sufficiente per avere un'idea del carattere e della relazione che aveva con Law. 
A tal proposito ho da dire: 
1. C'è il vago sentore che i genitori di Law, canonicamente potrebbero tornare (come flasback o citazione). Se volete capire in che senso, vi lascio il link ad un'altra mia storia dove, nelle note, c'è la teoria ed il ragionamento che ho fatto, condiviso da altri fan, ma ditemi la vostra!
     
https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3864935&i=1
2. Nulla a togliere a Cora-san, gli voglio un gran bene e sono grata di ciò che ha fatto, ma proprio non mi piace quando viene definito il padre di Law. Anzitutto, Law un padre lo aveva già. Secondo, tralasciando la giovinezza di Rocinante (con Law sono solo 13 anni di differenza!) penso sia bellissimo che Cora e Law non avessero bisogno di titoli o nomi per definirsi una famiglia. Non è forse questo l'amore? Nessun vincolo, neanche a livello nominativo.
 •    Per quanto riguarda il resto del capitolo, se voi avete sclerato la metà di quanto abbia fatto io per scriverlo, direi che sono soddisfatta.
Fatemi sapere, carissimi! ♥
☺ Vi ringrazio per i commenti che mi state lasciando e per chi aggiunge la storia alle proprie liste. 

Come pensete si evolverà la vicenda? Chi altro dovrà comparire?  
Non vedo l'ora di pubblicare!

Intanto, vi aspetto tra i commenti e vi auguro buon 2023!
Speriamo in bene e in meglio per tutto ♥
Baci,
Pawa

 
P.S EFP non riesce più a leggere un font che ho inserito sempre sia per questa che per altre storie. Il sito va sempre più in egrado e la cosa mi rammarica...spero sia un problema temporaneo, ma intanto, mi scuso se vedete una grafica un poco diversa!

 
   
 
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