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Autore: Princess Kurenai    30/12/2022    0 recensioni
[RenKaza | Rengoku Lives | Found Family]
Riaprì le mani chiuse a pugno, provando a lasciar scivolare via la tensione, e prese infine un profondo respiro.
Il fischio che lo aveva reso sordo fino a quell'istante svanì lentamente, permettendogli di sentire il silenzio della casa spezzato da un nuovo rumore, improvviso e inaspettato.
Akaza si irrigidì e il suo sguardo si puntò subito verso il fusuma che fungeva da ripostiglio della camera, e dal quale erano ormai udibili dei versi soffocati.
Si accostò all’anta scorrevole e, con attenzione, la aprì. Un piccolo ammasso di lenzuola si mosse sotto il suo sguardo - ormai più incuriosito che arrabbiato come qualche momento prima -, e infine un forte pianto iniziò a riempire la stanza.
Un neonato.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hakuji/Akaza, Kyoujurou Rengoku, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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As Soothing As Snow

Capitolo 2
Into the Unknown


»--•--«


Le mani di Rengoku tremavano ancora quando riuscì a prendere in braccio il fagottino che la Terza Luna Crescente aveva lasciato sull’engawa della sua abitazione.

Non capiva che cosa fosse accaduto, quella situazione era talmente assurda da non avere minimamente senso, e anche solo il cercare di farne un riassunto la faceva sembrare frutto della più fervida immaginazione di un folle.

Tuttavia, il peso del bambino e il suo pianto erano talmente reali da impedirgli di pensare a una qualche allucinazione, ma soprattutto al panico che la visita della Terza Luna Crescente aveva generato in lui.

Si alzò goffamente e lo shoji[1] della sua stanza si spalancò di colpo, mostrando l’adirata figura di suo padre.

«Che cosa sta succedendo?» ruggì l’uomo. L’odore di alcol era forte nella sua persona, e l’ira che sprigionava spinse Kyojuro a stringere più forte a sé il neonato - non sarebbe successo niente, ma il suo istinto lo stava portando a proteggere quella creaturina.

«Padre…»

Cosa poteva dirgli? Come poteva spiegare la presenza di quel neonato? Doveva dirgli che un demone lo aveva lasciato lì? Impossibile. Era fuori discussione.

«Q-qualcuno ha abbandonato… questo bambino…» riuscì a balbettare.

In genere era in grado di mantenere un certo controllo e contegno davanti al padre, mostrandogli solo la sua pazienza e ottimismo, ma in quell’istante era davvero troppo sconvolto per riuscire a capire cosa stesse realmente accadendo… e alla fine la sua risposta non era neanche una menzogna, ma una mezza verità, dato che stava solo celando l’identità di chi aveva lasciato quel neonato.

«Cosa?» ripeté Shinjuro adocchiando l’ammasso di coperte piangenti tra le braccia di Kyojuro.

La rabbia lampeggiò negli occhi dell’uomo insieme ad una certa dose di sorpresa.

«Fallo stare zitto e liberatene!» sbottò alla fine Shinjuro, per poi allontanarsi verso l’interno della casa senza dare modo a Kyojuro di tentare di ragionare con lui sull’assurdità di quelle affermazioni.

Quello però gli permise almeno di entrare a sua volta all’interno della casa - all'esterno c'era davvero troppo freddo. Chiuse lo shoji e abbassò lo sguardo sul bambino che stava continuando a piangere.

Come poteva farlo calmare? Di certo tutta quella agitazione non lo stava aiutando. Cercò di dondolare le braccia, cullandolo come facevano i suoi genitori con Senjuro quando era ancora un neonato.

«Shh… shh… ti prego stai zitto…» mormorò Kyojuro, tentando di mantenere un tono di voce più basso e calmo, provando al tempo stesso a controllare il filo dei suoi pensieri per poter affrontare un problema alla volta.

Prima di tutto doveva capire come placare quel pianto, poi avrebbe pensato al resto.

«F-fratello?» la vocina di Senjuro lo spinse ad alzare la testa.

Il ragazzino si era affacciato alla porta, era pallido e un poco spaventato, ma sembrava anche incuriosito dalla situazione. Teneva in mano una candela, che divenne presto l’unica vera fonte di luce della stanza.

Kyojuro si sforzò di sorridere, senza smettere di cullare il neonato.

«Perdonami per questo trambusto, Senjuro,» gli disse mentre l’altro si avvicinava e chiudeva alle sue spalle la porta scorrevole, sperando in quel modo di attutire un po’ il rumore del pianto - cosa che avrebbe fatto infuriare di più il loro genitore.

«Che cosa sta succedendo?» chiese il ragazzino, accendendo anche le altre candele.

«Hanno abbandonato questo neonato, e non so come calmarlo…»

Senjuro si guardò rapidamente intorno, cercando subito di essergli il più utile possibile. Si diresse infatti verso il fusuma e lo aprì, tirando fuori una coperta che distese accanto al futon sfatto di Kyojuro.

«Forse ha bisogno di essere cambiato… o ha fame. Ma può essere anche spaventato… o stare male,» Senjuro aggrottò le sopracciglia nell’elencare tutto quello che poteva spingere un bambino a piangere in quel modo. «Per ora controlliamo come sta poi… poi chiameremo un medico!»

Kyojuro ringraziò mentalmente suo fratello per l’immenso aiuto che gli stava donando prendendo praticamente il controllo della situazione, e con estrema attenzione fece distendere il fagottino sulla coperta presa da Senjuro.

Lo liberò lentamente dalle sue copertine, tremando impercettibilmente per il timore di trovare qualche ferita, o peggio, nel neonato. Fortunatamente non c’erano tracce di sangue né segnali riconducibili alla violenza.

La sua veste era arancione, palesemente rovinata da dei segni di usura che sembravano indicare una situazione familiare complicata, ma non per questo meno amorevole nei confronti di un neonato.

«Non sembra ferito,» confermò Senjuro, annusando poi il piccolo che ancora scalciava e piangeva. «E a parte i vestiti,  non credo abbia ancora bisogno che gli venga cambiato il panno. Forse ha solo freddo o fame… ma non abbiamo granché per lui. Forse un po’ di latte per il momento… e dovrei cercare i nostri vecchi honyuu bin [2]…»

Nel dire quelle parole Senjuro, forse completamente assorto da quelle mansioni che richiedevano il suo intervento immediato, scattò subito fuori dalla stanza per cercare tutti gli oggetti che, sicuramente, erano stati gelosamente custoditi in qualche angolo della casa.

Rimasto solo con il neonato, Kyojuro non poté far altro se non riprenderlo in braccio per tentare di calmarlo.

Gli fece posare il capo sul suo petto e, con una mano sulla schiena e l’altra sotto il sedere, iniziò di nuovo a cullarlo. Si sentiva ancora impacciato, non prendeva un bambino in braccio da anni ormai, ma in quel momento sapeva di dover solamente farlo calmare prima di poter pensare ad altro.

«Va tutto bene, piccolo… sei al sicuro qui…» mormorò tentando di suonare il più rassicurante possibile.

Mosse la mano sulla piccola schiena in lenti movimenti circolari e quel continuo dondolare sembrò placare un poco il pianto del neonato, che divenne prima un singhiozzo e poi un respiro più regolare, intervallato da piccoli e bassi lamenti.

Lo tenne ancora stretto a sé, iniziando a camminare attorno al futon per non arrestare il movimento che aveva portato il neonato a calmarsi.

Solo quando si sentì più sicuro della sua presa, e del fatto che il piccolino non sembrasse intenzionato a scoppiare di nuovo a piangere, Kyojuro si azzardò a uscire dalla stanza per andare a cercare Senjuro.

Stare da solo lo avrebbe portato di nuovo a pensare, e non era certo che sarebbe riuscito a mantenere quella calma che lui stesso aveva guadagnato con non poca fatica.

Trovò il fratello in cucina, e per un istante lo osservò muoversi avanti e indietro. Aveva iniziato a scaldare dell’acqua nel focolare domestico, nella quale aveva immerso un vecchio honyuu bin per lavarlo e disinfettarlo, e al tempo stesso stava controllando del latte e dei panni che aveva riposto sul tavolo. Sembrava instancabile.

«Senjuro,» lo richiamò e il ragazzino, senza mai fermarsi, gli rivolse uno sguardo e un piccolo sorriso. 

«Sei riuscito a calmarlo!» constatò sollevato Senjuro. «Io ho trovato anche dei vecchi abiti, così possiamo cambiarlo e mettergli addosso qualcosa di pulito!»

Kyojuro sorrise grato per l’impegno dimostrato sin da subito da suo fratello, che non sembrava realmente disturbato dalla situazione fortemente anomala.

«Grazie,» riuscì a rispondere.

Non sapeva cosa avrebbe fatto senza suo fratello in quel momento. Senjuro era abituato a muoversi in quella casa molto più di Kyojuro ormai. Era lui a sbrigare le varie faccende domestiche e a prendersi cura di loro padre quando il maggiore era in missione. Passava tutto il suo tempo lì, tra quelle quattro mura.

Il Pilastro aveva sempre provato una punta di dispiacere e tristezza nei confronti di suo fratello e del peso che portava sulle spalle. Una sorta di inadeguatezza che lo spingeva a domandarsi: "Lo sto davvero aiutando? Sto riuscendo a fare tutto il possibile per lui?"

Senza ombra di dubbio Kyojuro era fiero di Senjuro e lo sarebbe stato sempre, qualsiasi sarebbe stata la strada che avrebbe scelto di intraprendere… ma lo stava aiutando? Era davvero quella figura di riferimento che voleva essere per lui? O lo stava abbandonando a se stesso quando aveva più bisogno della sua presenza, vista l'assenza del padre?

«Come sta? E… che cosa è successo?» la voce un poco più seria di Senjuro, lo riportò al presente.

«Non lo so ancora sinceramente,» ammise il Pilastro. «So solo che… è stato lasciato qui e… potrebbe non avere più una famiglia per quel che ne sappiamo…»

Era un ragionamento più che naturale oltre che ovvio. Era tra le braccia di un demone quando era stato portato lì, era possibile che la Terza Luna Crescente avesse sterminato la sua famiglia! Ma allora perché non aveva ucciso anche il bambino? Perché lo aveva portato lì da lui?

Il demone però gli aveva detto che non toccava donne e bambini, e pur non avendo alcuna certezza sulla veridicità di quelle affermazioni… il bambino era apparso ugualmente illeso.

Più si dava delle risposte, più Rengoku si sentiva confuso.

«Che crudeltà…» mormorò Senjuro rabbuiandosi un poco. «E… perché lo hanno portato proprio qui? Hai visto chi è stato?»

Kyojuro detestava mentire al fratello, ma la sola idea di parlare della Terza Luna Crescente lo metteva a disagio e lo spaventava.

Non aveva ancora compreso il perché delle azioni del demone, così come non era stato in grado di capire il motivo della sua costante presenza nei confini della sua casa, dato che aveva avvertito il suo sguardo sin dal primo momento.

In quel mese e mezzo la Luna Crescente era diventata quasi un incubo per Rengoku.

Era lì per ucciderlo? Per ferire la sua famiglia?

La sua presenza, seppur mai realmente minacciosa, faceva rabbrividire Kyojuro portandolo a temere non solo per se stesso, ma anche per le sorti di Senjuro e di loro padre.

Non era in grado di proteggerli in quelle condizioni, e lui meglio di chiunque altro conosceva la forza distruttiva di quel demone. Era sopravvissuto per pura fortuna, e i danni e le ferite che aveva riportato ancora gli impedivano di riprendere gli allenamenti o di fare sforzi troppo prolungati.

Ne aveva paura e non poteva farne a meno… tuttavia, cercò ugualmente di concentrarsi sul presente e di rispondere alla domanda di suo fratello, mostrandosi calmo per non farlo preoccupare.

«Forse… sanno che siamo delle brave persone e… non lo so davvero, Senjuro,» concluse, incapace di inventare una qualche scusa credibile. «So solo che mi è stato detto di prendermene cura, poi quella persona è scappata prima di poter chiedere qualsiasi altra informazione.»

Quella, almeno, era un’altra mezza verità.

«Capisco,» accettò subito suo fratello senza dubitare per un secondo delle sue parole, prendendo l’honyuu bin per poterlo preparare per l’utilizzo. Si muoveva con apparente sicurezza, ma Kyojuro poteva vedere l’incertezza e i dubbi nei suoi occhi.

Utilizzando sempre il focolare della cucina, Senjuro iniziò a riscaldare il latte di mucca che aveva acquistato la mattina prima, controllandolo più volte per impedirgli di raggiungere una temperatura eccessiva.

«Ho letto che… non è consigliabile usare questo latte, ma per ora non abbiamo altro a casa,» spiegò Senjuro, preparando l’honyuu bin quando si ritenne soddisfatto della temperatura. «È una soluzione temporanea, ed è anche possibile che lo rifiuti se non ha fame.»

«Non credevo avessi letto tutte queste cose!» esclamò il Pilastro, onestamente sorpreso, trovando più facile concentrarsi su quel dettaglio che su quanto quella situazione fosse assurda.

Le guance di Senjuro si fecero un poco più rosse.

«N-ne parliamo dopo,» si affrettò a dire, porgendo al maggiore la bottiglietta in ceramica leggermente tiepida. Kyojuro annuì, accettando il desiderio del fratello di rimandare quella discussione, assumendo però un'espressione un po' confusa nel prendere in mano l’honyuu bin.

«Dovresti tenere il bambino… un po’ meglio. Per farlo mangiare intendo,» lo incoraggiò Senjuro, e Kyojuro strinse le labbra nervoso, incerto su come spostare il bambino senza farlo riprendere a piangere.

«Ammetto di avere bisogno di una mano,» mormorò e Senjuro, paziente, lo aiutò a spostare il neonato in una posizione più comoda per farlo mangiare.

Finalmente entrambi poterono osservare un po' meglio il suo viso, rilassato e non stravolto dal pianto. Il bambino aveva i capelli scuri come la notte, un poco arruffati, folte ciglia scure che abbracciavano due paia di grandi occhi rossi che sfumavano nel rosa, con la pupilla bianca.

“È così carino,” pensò Kyojuro trovando impossibile non sorridere nell’osservare il visino paffuto e ancora un po’ arrossato del piccolo.

«Probabilmente ha almeno cinque o sei mesi,» ipotizzò Senjuro, porgendo di nuovo l’honyuu bin al fratello. «Non credo sia più grande...»

Kyojuro annuì distrattamente, avvicinando il beccuccio dell’honyuu bin al bambino. Non era certo sul come tenerlo al meglio, ma grazie al supporto del fratello riuscì nell’intento, sospirando di sollievo quando il piccolo si attaccò al beccuccio iniziando a bere voracemente.

«Sembra davvero affamato!» sorrise Senjuro, osservando con dolcezza il piccolino. «Te la senti di tenerlo da solo per un po'? E magari di cambiarlo? In questo modo potrei andare a chiamare il medico,» propose poi.

Rengoku non era tanto sicuro di voler restare realmente da solo con il neonato. Senjuro era così calmo da essere in grado di trasmettergli altrettanta tranquillità - Kyojuro sapeva come gestire determinate situazioni a sangue freddo, ma quando si trattava di argomenti lontani dal lavoro di un Ammazza Demoni era un po' ottuso e impacciato -, ma dall’altra parte avevano davvero bisogno di un consiglio medico.

Pensò distrattamente a Kocho, era solito rivolgersi a lei per ogni problema, ma se da una parte non voleva mettere al corrente gli altri Pilastri della situazione nella quale si era cacciato, dall’altra non era neanche certo che la giovane donna sapesse come gestire un bambino. Contattarla era quindi fuori discussione, si sarebbero dovuti rivolgere per forza a qualcun’altro.

«Sì, posso farcela,» rispose annuendo. «Prima ci sinceriamo delle sue condizioni, prima… possiamo pensare al resto.»

“Pensare al resto,” ripeté mentalmente, abbassando di nuovo lo sguardo per osservare il bambino. Quali sarebbero dovute essere le sue prossime mosse?

Suo padre, non poteva dimenticarlo, gli aveva intimato di ‘liberarsi del neonato’. Ovviamente, o almeno così voleva credere Kyojuro, suo padre intendeva ‘liberarsi’ del piccolo dandolo in affidamento a qualcun altro, ma per qualche motivo il Pilastro non riusciva neanche a prendere in considerazione l’idea di abbandonarlo a sua volta senza sapere per quale motivo fosse stato portato da lui.

Che cosa era passato per la testa di quel demone? Quali erano le sue intenzioni?

Sarebbe… tornato? Era quasi certo di poter dare una risposta affermativa, perché la Terza Luna Crescente era sempre stata una costante presenza nei mesi precedenti… ed ora che il demone aveva superato il confine della proprietà niente lo avrebbe fermato.

E se il demone avesse reagito male in assenza del bambino? Quale era il loro legame? O era semplicemente un trovatello?

Era sciocco e pericoloso sperare che il demone si facesse di nuovo vivo, e Rengoku era certo che non sarebbe riuscito ad affrontarlo - sia fisicamente e che emotivamente -, ma aveva bisogno di risposte.

Sorgeva però un altro problema che doveva assolutamente risolvere: Kyojuro non poteva prendersi cura di un bambino.

Anche se per il momento non poteva prendere parte a nessuna missione - Kocho era stata categorica: doveva permettere al suo corpo di guarire del tutto prima di riprendere servizio -, lui era e rimaneva il Pilastro della Fiamma. Inoltre, non sapeva come occuparsi di un bambino!

Si impose di nuovo la calma, perché sapeva di non potersi lasciar andare al panico e all'agitazione. Non avrebbe portato a nulla di buono, e il neonato che aveva tra le braccia aveva decisamente bisogno di tranquillità e un po' di equilibrio.

Salutò suo fratello quando questo, con addosso un haori più pesante, lasciò la casa avvisandolo che sarebbe tornato presto con il medico. Rimasto di conseguenza da solo, Rengoku continuò a osservare il piccolo che, lentamente, aveva smesso di ciucciare l’honyuu bin, forse ormai sazio.

Allontanò la bottiglia per posarla sul ripiano della cucina, e dopo aver riportato il neonato con la testolina nell'incavo del suo collo - una posizione per lui decisamente più comoda per spostarsi -, afferrò con la mano libera i vestitini che Senjuro aveva procurato. Con movimenti tanto attenti quanto impacciati, tornò nella sua camera, sobbalzando un poco quando sentì il neonato fare un piccolo ruttino contro la sua spalla.

Si immobilizzò, ma non successe altro e quello lo portò, con estrema cura, a posare il neonato di nuovo sulla coperta stesa da Senjuro. Il piccolo lo fissò di nuovo con i suoi grandi occhioni innocenti.

Gli venne spontaneo rivolgergli un sorriso e accarezzargli il viso con dolcezza - era morbido e liscio, e soprattutto piacevolmente tiepido.

«Ora pensiamo a metterti addosso qualcosa di pulito e più comodo, d’accordo?» commentò con tono dolce, solleticando un po’ il pancino del bambino.

Sciolse i piccoli nodini che tenevano chiusa la veste arancione sul fianco del piccolo, e con non poca difficoltà riuscì a sfilargli l’abitino da sotto il sedere. Non sentì odori molesti, almeno per il momento, ma aveva la certezza di doversi aspettare un qualche disastro da lì a poco.

«Cerca di trattenerti, va bene? Avrò sicuramente bisogno dell’aiuto di Senjuro per pulirti,» mormorò.

Ricordava molto vagamente sua madre cambiare e pulire suo fratello, e non gli era mai sembrato difficile… ma non era un qualcosa che voleva affrontare da solo la prima volta.

Controllò le vesti che gli aveva procurato suo fratello. Alcune sembravano decisamente troppo grandi, ma per fortuna riuscì a trovare qualcosa che potesse andare al neonato. Senjuro era stato inoltre parecchio previdente, e aveva aggiunto tra gli indumenti anche delle strisce di stoffa morbida che avrebbe potuto usare come panno.

«Perdonami, piccolino,» parlò ancora, cercando di togliere il panno indossato dal neonato per mettergli le vesti pulite portate da Senjuro.

Trovò non poca difficoltà nel riuscire a spogliarlo - temeva di fare qualcosa di sbagliato o di fargli male -, ma alla fine riuscì nel suo intento, cosa che lo portò a scoprire il sesso del neonato.

«Oh! Ma quindi sei una femminuccia!» esclamò, allungando la mano per pizzicarle giocosamente il nasino.

La bambina scalciò e gorgogliò felice, forse divertita dal tono divertito di Kyojuro e quello lo incoraggiò a riprendere il suo complicato lavoro.

Cercò di riportare alla mente ogni suo ricordo d’infanzia e di visualizzare come era legato il panno fino a poco prima, e con le labbra strette in un’espressione seria e concentrata, Rengoku tentò di fasciare la neonata come meglio poteva.

Il risultato che ottenne non gli sembrò dei migliori, ma almeno la piccola aveva addosso un panno pulito.

Con lo stesso zelo, le fece indossare una veste rossa - probabilmente appartenuta a lui stesso -, e quando completò il suo lavoro si tirò in ginocchio per osservare dall’alto l’operato.

«Missione compiuta, piccolina!» dichiarò allungando le mani per sollevarla di nuovo e attirarla a sé.

La cullò in silenzio, tentando per l'ennesima volta di rimettere un po’ d’ordine in quella nottata folle.

Come aveva già più volte pensato, attacchi di panico o meno, Kyojuro era ormai tristemente abituato alla presenza della Terza Luna Crescente fuori dalla sua proprietà.

Era una minaccia costante e silenziosa che, tuttavia, non aveva mai mosso un dito per colpire o anche solo insinuarsi in quella casa.

Lo aveva notato sin dall’inizio - forse sin dal suo ricovero alla Casa delle Farfalle -, ma non era mai accaduto nulla.

Perché il demone si era limitato a spiarlo? Stava forse aspettando il momento giusto per attaccare? O qualcos’altro?

Era probabile che stesse attendendo di averlo in forze per combattere di nuovo contro di lui. D'altro canto la Luna Crescente gli era sembrata particolarmente interessata alle sue abilità, era quindi possibile che stesse attendendo la sua ripresa per attaccarlo?

Quella continua ‘attesa’ era snervante, tanto quanto lo era la pericolosa incognita rappresentata dagli atteggiamenti privi di senso del demone, tant'è che inizialmente Rengoku aveva pensato di contattare gli altri Pilastri e chiedere loro di pattugliare la sua zona… ma alla fine aveva accantonato quell'idea.

Non voleva mettere in agitazione Senjuro con la presenza degli altri Pilastri, né voleva mettere in pericolo i suoi compagni perché… sentiva che riguardava solo lui. Non voleva che fossero gli altri ad assumersi le responsabilità legate alla sua sconfitta e allo strano interesse della Luna Crescente nei suoi confronti.

Era un atteggiamento che sotto un certo punto di vista poteva essere interpretato come sciocco - gli altri Pilastri non si sarebbero mai tirati indietro e avrebbero protetto la sua famiglia senza batter ciglio -, ma Kyojuro preferiva essere lui stesso la vittima di quel demone al permettergli di ferire qualcun’altro.

Quella convinzione però non gli aveva impedito di agitarsi quando aveva sentito la presenza della Terza Luna Crescente molto più vicina.

Aveva pensato a un attacco, e nella sua testa si erano subito formate le cruente immagini di una carneficina che lo avevano spinto ad afferrare la sua katana per ergersi a difesa della sua famiglia.

Aveva sentito l’adrenalina percorrergli il corpo, infuocando le sue membra che al tempo stesso minacciavano di venire congelate dalla paura. Erano due sentimenti fortemente contrastanti, perché Kyojuro non poteva nascondere di provare timore nei confronti delle abilità di quel demone.

La sua carne portava ancora i segni della forza brutale del suo avversario - tutti i pugni della Luna Crescente avevano lasciato segni e danni ingenti sul suo corpo, dai quali stava ancora guarendo -, e sapeva di doversi ritenere fortunato per essere riuscito a sopravvivere fino all’alba, attimo in cui il demone era stato costretto a darsi alla fuga.

Eppure… la Terza Luna Crescente non era giunta lì per battersi. Non aveva sentito provenire da lui nessun istinto omicida o maligno, solo un’immensa calma che sembrava estranea all’essere violento e malizioso contro il quale si era scontrato.

Era come se in quello stesso corpo, marchiato da linee scure come l’inchiostro, stessero convivendo due personalità, e quella notte Kyojuro aveva avuto modo di scorgerne la seconda.

Inoltre, lo aveva visto tenere la bambina al petto con estrema cura, un riguardo che aveva utilizzato pure nel posarla per terra… e anche il suo vestiario raccontava una storia simile. Il demone era infatti vestito in modo ridicolo e quel dettaglio, unito a tutti gli altri, stava portando il Pilastro a pensare che la Terza Luna Crescente stesse cercando di proteggere la neonata dal gelo invernale.

La bambina era in qualche modo importante per il demone?

A Rengoku sembrava impossibile, ma al tempo stesso aveva visto l'affetto tra il giovane Kamado e sua sorella. Poteva essere un caso simile?

Poteva essere tutto o niente, concluse il Pilastro quasi infastidito, perché quel demone era un vero e proprio mistero, così come il fatto che avesse portato lì da lui quella bambina. Ma di una cosa era certo: aveva davvero bisogno di più risposte e l'unico che poteva dargliele era la Luna Crescente.

Kyojuro non sapeva davvero cosa pensare e quali conclusioni trarre, ma aveva la netta impressione che il demone si sarebbe fatto di nuovo vivo.

Doveva solo attendere, e sperare che quella sorta di tregua e di apparente pace resistesse, dandogli modo di ottenere delle risposte.

Sospirò, sentendosi decisamente più stanco e quasi abbattuto, poi abbassando il capo osservò la bambina che aveva iniziato ad appisolarsi - anche lei doveva essere esausta.

«Perché eri con quel demone?» le domandò piano, certo che non avrebbe ottenuto alcuna risposta.

Chiuse l’occhio per concedersi un momento di riposo, ma si ritrovò suo malgrado a raddrizzarsi qualche attimo dopo quando sentì la porta d'ingresso aprirsi: Senjuro doveva essere tornato.

Sperò che quel continuo andirivieni non disturbasse troppo loro padre, perché Kyojuro non si sentiva minimamente pronto ad affrontarlo.

Lasciò la stanza e raggiunse suo fratello, e il medico che lo aveva seguito, all’ingresso.

«Chiedo scusa per l’ora tarda, Hajime-san,» dichiarò subito. «Ma le circostanze hanno richiesto il tuo intervento,» proseguì indicando con un gesto del capo la neonata.

Il medico, Kazunari Hajime, era un uomo anziano dai modi gentili e professionali, da sempre amico della famiglia Rengoku. In passato era stato lui ad avere avuto in cura la madre di Kyojuro e Senjuro, e aveva fatto il possibile per aiutarla. Anche per quel motivo il Pilastro non poté non sentirsi vagamente rassicurato dalla sua presenza.

«Senjuro-kun mi ha spiegato a grandi linee che cosa è successo. Spero di potervi essere d’aiuto,» rispose, lasciandosi guidare poi dal più piccolo dei Rengoku verso la cucina, che era la stanza sicuramente più lontana da quella del padre e più calda della casa.

«Ho scoperto che è una femminuccia!» annunciò Kyojuro con orgoglio al fratello, mentre permetteva al medico di prendere la bambina assonnata per farla distendere sul tavolo.

L'uomo iniziò subito a visitarla. Le misurò la febbre e ne ascoltò i battiti del cuore, controllò la bocca e anche le orecchie, il tutto in silenzio e con estrema attenzione. Ogni sua mossa era stata seguita da entrambi i Rengoku, chiaramente curiosi ma anche un poco preoccupati.

La bambina si lamentò leggermente durante la visita, ma sembrò troppo stanca per riuscire a piangere come aveva fatto al suo arrivo.

Al termine del controllo, il medico si rivolse ai due con un sorriso rassicurante.

«Potete stare tranquilli, la bambina gode di buona salute. Ha qualche linea di febbre, ma nulla di preoccupante. Probabilmente ha all'incirca cinque mesi, visto che è visibile un puntino bianco sulle gengive, segno della dentizione.»

Kyojuro sospirò di sollievo per quelle parole, ringraziando subito l'uomo.

«Ho solo fatto il mio dovere,» rispose tranquillo Hajime, facendosi però più serio. «Non avete davvero idea di chi possa averla abbandonata alla vostra porta?» 

Senjuro scosse subito il capo e puntò poi gli occhi verso il fratello, cercando in lui delle conferme.

«Non conosco quella persona. Mi ha solo detto di prendermi cura di lei,» rispose Kyojuro, continuando a usare quelle mezze verità. Non gli piaceva mentire, ma gli sembrava la soluzione migliore vista la situazione.

«Chiedo scusa se posso sembrare invadente…» iniziò Hajime con tono cortese. «Comprendo possa essere una questione delicata e che vada trattata con il massimo riserbo, ma temo di doverti chiedere se la bambina è una figlia illegittima.»

Le guance di Kyojuro si colorarono subito di rosso per l'insinuazione. Non poteva dare torto al medico, quel dubbio era più che ragionevole, vista la situazione strana e le tante domande senza risposta, ma non poté non trovarlo imbarazzante.

«Lo escludo!» riuscì a rispondere.

«Immagino quindi abbiano scelto la vostra famiglia in quanto benestante… oggigiorno molte persone povere cercano di dare ai propri figli una vita più agiata affidandoli a famiglie più ricche,» spiegò con tono grave il medico. «Anche se in questo caso si tratta di abbandono più che di affido.»

«Che… che cosa succede a questi bambini?» chiese Senjuro, nervoso.

«Il più delle volte vengono portati in delle strutture specializzate, in attesa di adozione. Ma ormai non sono molte le famiglie che desiderano prendersi il peso di una nuova bocca da sfamare, soprattutto quando si tratta di un bambino senza cognome,» rispose. «Immagino vogliate fare lo stesso, affidarla a una struttura specializzata,» aggiunse Hajime.

Il medico conosceva benissimo la storia della famiglia Rengoku, era uno dei pochi civili a sapere dell'esistenza dei demoni e ad aver sempre fornito supporto alla famiglia, soprattutto quando ancora Shinjuro ricopriva il ruolo di Pilastro della Fiamma. Per quel motivo Kyojuro sapeva quanto quelle parole fossero assennate.

«Vorrei… prima provare a rintracciare la sua famiglia,» rispose però Rengoku. «Magari hanno bisogno di aiuto…»

Sentì lo stomaco contorcersi perché in cuor suo sapeva benissimo quale era stata la fine dei genitori della bambina. Non poteva averne la certezza più assoluta, ma stava ugualmente parlando di un demone… un demone che sosteneva di non uccidere donne e bambini, quindi… la madre poteva essere viva?

Valeva la pena fare un tentativo. Non voleva che quella bambina crescesse senza l'affetto della sua famiglia.

«Posso comprenderlo,» annuì Hajime. «Quindi intendete tenerla con voi per un tempo indeterminato?»

Gli occhi di Senjuro erano ancora puntati su Kyojuro. Il maggiore non era certo di sapere quali fossero i suoi pensieri - l'incertezza riguardo l’allevare una bambina? La presenza di loro padre che era tutt'altro che salutare? -, ma dall'altra parte il Pilastro era certo di aver bisogno di risposte, e sapeva che il demone sarebbe tornato lì.

«Esattamente,» rispose. «Sono consapevole del fardello, ma non intendo lasciare niente di intentato. Per questo chiedo il tuo aiuto e consiglio, Hajime-san.»

Vi erano due forti implicazioni in quella richiesta e Rengoku era certo che l'uomo le avesse colte entrambe.

Da una parte era necessario denunciare l'abbandono della bambina alle autorità, cosa che il Pilastro intendeva evitare almeno per il momento - non gli piaceva andare contro la legge, ma non poteva farne a meno -, e dall'altra aveva il disperato bisogno di consigli su come accudire nel migliore dei modi la piccola - Senjuro era bravo e anche portato per quel ‘genere di cose', ma era pur sempre un ragazzino.

Hajime si mostrò più serio, forse soppesando quelle implicazioni e le loro conseguenze, ma alla fine annuì.

«Chiederò a mia nipote di raggiungervi per aiutarvi appena possibile,» dichiarò. 

«Ti ringraziamo per il tuo sopporto,» commentò Kyojuro sincero e dopo gli ultimi convenevoli e qualche consiglio, entrambi accompagnarono il medico alla porta della casa, ringraziandolo ancora per la disponibilità.

Rimasti soli, si rintanarono nella stanza di Kyojuro con la bambina, che si era ormai addormentata.

«Sei davvero sicuro?» gli chiese a quel punto Senjuro, senza però articolare meglio la domanda, certo che il fratello sarebbe stato ugualmente in grado di afferrarne il senso.

Il Pilastro, che aveva fatto coricare la neonata sul suo futon come gli aveva spiegato il medico, si prese un momento prima di rispondere affermativamente. Stava facendo un salto nel buio sperando che il demone tornasse e che, cosa non meno importante, non fosse animato dal suo istinto omicida. Era pericoloso, ma sentiva di voler dare fiducia al suo istinto.

«Ti fa onore ma…» riprese Senjuro. «Non vorrei lo stessi facendo perché… non puoi andare in missione.»

L'insinuazione del più piccolo era tanto innocente quanto insidiosa. Era preoccupato per lui, quello era chiaro, ed era possibile che temesse di vederlo utilizzare quella bambina come una sorta passatempo o missione di ripiego. Senjuro non lo stava pensando con malizia, né dubitava delle intenzioni del fratello, ma erano entrambi consapevoli che quella fosse una situazione delicata e fuori dall'ordinario.

«No, non lo farei mai,» rispose sicuro Kyojuro, rassicurando. «Voglio aiutarla per davvero.»

Senjuro sorrise, decisamente più sollevato. I suoi occhi però erano di nuovo posati sulla bambina, vagamente tristi e nostalgici.

Non era difficile intuire i suoi pensieri, perché anche Kyojuro in quel momento di pace non poté non pensare alla loro situazione familiare. Era diversa, ma al tempo stesso Rengoku sentiva di provare una certa empatia nei suoi confronti. 

«Appena sorgerà il sole andrò a comprare ciò che ci ha consigliato Hajime-san!» annunciò Senjuro rompendo quel silenzio e Kyojuro annuì, portando lo sguardo prima verso la bambina e poi di nuovo su suo fratello.

«Se non ricordo male… dovevi parlarmi di ciò che hai letto?» commentò cercando di alleggerire l'atmosfera con quella domanda, sentendo un piacevole calore nel petto nel vedere Senjuro sorridere e annuire.

Era ormai chiaro che non sarebbe riuscito a prendere sonno e trovò immensamente più piacevole e rassicurante ascoltare suo fratello parlargli di come si fosse appassionato alla medicina e a tutti i suoi campi, da quello traumatologico fino a quello dedicato proprio alla cura dei bambini, che aveva in parte approfondito grazie alle giovani madri che vivevano vicino alla loro dimora - Senjuro era sempre stato amato da tutto il vicinato.

Probabilmente suo fratello aveva sviluppato quell'interesse a causa delle ferite che Kyojuro era solito riportare al termine delle sue missioni, e il resto era venuto da sé.

Forse, si disse Rengoku, Senjuro aveva finalmente trovato la sua strada e magari lo avrebbe anche potuto mettere in contatto con Kocho se un giorno avesse espresso il desiderio di diventare un assistente alla Casa delle Farfalle.

 


NOTE:
Shoji:Lo shoji è un particolare tipo di porta, usato comunemente in Giappone, nelle case tradizionali o nei dojo.[torna su]
Honyuu Bin: Biberon in giapponese. Suonava troppo male "biberon" o "poppatoio", sorry not sorry.[torna su]
   
 
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