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Autore: inzaghina    31/12/2022    7 recensioni
Per Oliver, Charlie è tante cose: il fratello maggiore di Percy, il suo Capitano, un vero amico e confidente, ma probabilmente molto di più. Solo che entrambi i ragazzi hanno grandi sogni da perseguire, sogni che finiranno con il separarli, ma ai quali nessuno dei due può o deve rinunciare.
Oliver l’osservò con un sospiro ammirato, decidendo che avrebbe potuto passare ore a vederlo innalzarsi sempre più in alto, fino a rimpicciolirsi talmente tanto quasi da sparire, per poi riavvicinarsi mostrando trionfante il Boccino che aveva catturato.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charlie Weasley, Oliver Wood/Baston
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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A Greta, avrei voluto finirla in tempo per il tuo compleanno, ma ero ammalata... spero che questo esperimento possa piacerti e ti chiedo scusa in anticipo perché è la prima volta che scrivo di loro due. ♥ 

 

 

Sogni da perseguire 

 

 

 

La prima volta che Oliver aveva posato gli occhi su Charlie, erano passati pochi attimi dal suo smistamento a Grifondoro e aveva seguito un bambino allampanato e riccioluto verso il festante tavolo rosso-oro, prendendo posto accanto a lui. Seduti al fianco del suo nuovo compagno di casa, c’erano i suoi due fratelli maggiori: diversi come il giorno e la notte –almeno in apparenza. Il maggiore, più alto e magro, aveva una spilla luccicante appuntata sul petto e si era sporto per scompigliare i capelli del fratellino appena smistato; l'altro invece, più robusto e dallo sguardo vivace, aveva strizzato l’occhio al fratello minore per poi rivolgere un sorriso anche a Oliver. 

“Io sono Charlie e loro sono i miei fratelli Bill e Percy, benvenuto a Grifondoro!” 

“Piacere, io sono Oliver. Quella spilla significa che sei un Prefetto, vero?” 

Bill annuì con un sorriso. 

“Sì, ma non uno di quelli noiosi, non preoccuparti,” lo rassicurò Charlie con fare cospiratorio, strappandogli una risata. 

“Quindi condivideremo la stanza, Percy... spero che tu sia un tipo puntuale,” commentò Oliver, mentre il cibo cominciava ad apparire sul tavolo. 

“Sì, in effetti lo sono molto,” disse l’altro, allungandosi per servirsi di purè per poi passargli il piatto. 

 

Nei giorni a seguire, Oliver comprese che, nonostante i capelli fiammeggianti e le lentiggini che li accomunavano tra di loro, i fratelli Weasley fossero decisamente distinti l’uno dall’altro e, se Bill e Charlie erano subito apparsi diversi tra loro, non lo sarebbero mai stati quanto Percy lo era rispetto a entrambi i fratelli maggiori. A dir la verità, Oliver si trovava bene con lui: era un compagno di banco giudizioso, dal quale potevi copiare gli appunti se ti eri perso, aveva imparato subito l’orario delle lezioni e amava leggere accanto al fuoco, riservando accanto a sé un altro posto anche per il suo nuovo amico. Era lampante però, che non possedesse lo stesso carisma che accomunava i fratelli maggiori, abituati a essere al centro dell’attenzione – per un motivo, o per un altro. 

 

Un pomeriggio di metà settembre, con un cielo di un azzurro abbagliante e un vento leggero che faceva svolazzare le vesti, i Grifondoro e i Serpeverde del primo anno si diressero nel cortile per la loro prima lezione di volo dove, finalmente, Oliver poté dar prova del proprio talento più grande: il volo. Prestò attenzione alle istruzioni di Madama Bumb, per poi rimanere nella spasmodica attesa del suo fischio e librarsi finalmente in aria – anche se solo di un metro o poco più. 

A fine lezione fu uno dei pochi a ricevere i complimenti dell’insegnante di volo e Oliver li accettò con un grande sorriso, prima di ottenere il permesso di aiutare Percy a prendere più confidenza con la propria scopa.  

“Potremmo andare al campo da Quidditch, mio fratello si sta allenando con il resto della squadra...” 

“Charlie è nella squadra di Quidditch?” 

“Come sapevi che parlavo di lui e non di Bill?” 

“Istinto,” borbottò Oliver, scrollando le spalle, incamminandosi con l’amico verso lo stadio che s’intravedeva poco lontano. 

Una volta raggiunti gli spalti, Oliver sgranò gli occhi: stava assistendo ad un vero allenamento e la squadra della sua casa gli sembrava decisamente ben organizzata. Era sempre stato ben consapevole della propria capacità di volare, ma gli sembrava impallidisse al cospetto di quei ragazzi che fendevano l’aria in formazione perfetta avvicinandosi agli anelli, o di quelli che respingevano i bolidi che parevano impazziti. C’era un giocatore spiccava su tutti e si trattava di Charlie, che sembrava essere più a suo agio in aria, invece che sulla terra, quasi come se fosse un uccello e che effettuava delle picchiate che Oliver aveva visto fare solo dai giocatori professionisti. Possedeva una grazia che Oliver non si sarebbe mai aspettato, sembrava quasi in grado di comunicare con la propria scopa e farle comprendere con il minimo movimento ciò che desiderava facesse. Oliver l’osservò con un sospiro ammirato, decidendo che avrebbe potuto passare ore a vederlo innalzarsi sempre più in alto, fino a rimpicciolirsi talmente tanto quasi da sparire, per poi riavvicinarsi mostrando trionfante il Boccino che aveva catturato. 

“È bravissimo!” sussurrò, dando di gomito a Percy. 

“Vorrei avere almeno un briciolo del suo talento,” si lamentò sconsolato l’altro. 

“Ci lavoreremo insieme,” promise Oliver, “un giorno anche io giocherò, proprio come tuo fratello!” 

 

 

Il giorno sognato da Charlie non tardò molto ad avvenire, perché il portiere di Grifondoro si diplomò proprio alla fine del suo primo anno a Hogwarts e lui ebbe la possibilità di presentarsi ai provini, tenuti da Charlie – fresco capitano della squadra – e impressionarlo con i propri riflessi e l’agilità di un giocatore smilzo e un tantino ossuto. 

“Pochi avrebbero intercettato quell’ultima Pluffa,” si complimentò Charlie, una volta comunicato al resto dei presenti che il prescelto era Oliver. 

“Ho seguito l’istinto,” si schermì il più giovane, stringendosi nelle spalle. 

“Proprio come fanno i grandi giocatori.” 

“Un giorno mi piacerebbe giocare,” confessò, “a livello professionistico, insomma...” 

“Beh, credo tu sia sulla buona strada,” ribatté Charlie, strizzandogli l’occhio in quel gesto che ormai stava diventando un qualcosa di familiare per Oliver. 

“E tu?” 

“Io cosa?”  

“Intendi giocare a livello professionistico? Credo che meriteresti anche la chiamata in nazionale... sarebbe emozionante poter raccontare ai miei nipotini di aver giocato con il grande Charlie Weasley!”  

Charlie si limitò a sorridere per un attimo, voltandosi a contemplare l’immensità del cielo che li sovrastava. “Un paio di squadre mi hanno già contattato, sai?” 

“Davvero?” 

L’altro annuì. “Però non fa per me, non è il mio più grande sogno, ecco...” 

Dire che Oliver rimase stupito sarebbe stato un eufemismo: non poteva immaginare che ci fosse qualcosa che potesse appassionare Charlie più di questo – del Quidditch. 

“Ah no?” 

“Io voglio studiare i draghi. In realtà è innanzitutto per comprendere loro che mi sono appassionato così tanto al volo, il Quidditch è venuto dopo, mi piace certo, ma non è il mio sogno, come ti dicevo...” 

“Beh, ti auguro di riuscire a realizzare questo sogno allora,” mormorò Oliver, incapace di nascondere una punta di delusione dalla propria voce. 

“Non c’è da preoccuparsi comunque, mancano ancora anni prima che mi diplomi e chi lo sa? Potrei anche cambiare idea...” 

 

 

Ma tutto questo non accadde. Charlie non cambiò idea. Continuò a giocare a Quidditch, capitanando con entusiasmo una squadra vincente della quale Oliver amava far parte, eppure i suoi occhi brillavano d’entusiasmo solo quando aiutava Hagrid a prendersi cura delle creature magiche più disparate. Oliver osservava le sue mani e i suoi avambracci ricoprirsi di strane ferite e di cicatrici più o meno marcate, mentre gli raccontava di quali cuccioli si fosse occupato e di quali strane bestie Hagrid avesse reperito. Ripeteva continuamente a se stesso che Charlie stava perseguendo il proprio sogno, esattamente come stava facendo lui giocando a Quidditch. Solo che si trattava di due sogni diversi. Due sogni che li avrebbero divisi alla fine di quell’anno – l’ultimo per Charlie. 

Maggio aveva ormai lasciato spazio a giugno, quando Oliver venne finalmente a patti con il fatto che non ci sarebbero più state lunghe conversazioni mentre sistemavano lo spogliatoio, o notti insonni trascorse chiacchierando delle aspirazioni future. Non c’era più il tempo per sognare, ormai si doveva adattare a questa nuova realtà sempre più imminente. Il futuro che era parso un qualcosa di indefinito e lontano, un puntino che riusciva a scorgere soltanto in lontananza, sarebbe iniziato di lì a poche settimane e avrebbe condotto Charlie dall’altra parte d’Europa. 

Non era nemmeno in grado di esprimere a parole ciò che Chiarlie era arrivato a significare per lui: un amico, un confidente, un fratello maggiore, la sua anima gemella probabilmente... Il bello era che comunque con Charlie non c’era la necessità di classificare il loro sentimento, andava bene a entrambi così. Erano entrambi consapevoli che l’altro ci sarebbe sempre stato ed era questo quello che contava – soprattutto quando si sarebbero trovati a così tanta distanza l’uno dall’altro. 

Anche dopo quattro anni, faticava a nascondere la delusione all’idea che il resto del mondo non avrebbe goduto delle performance spettacolari di Charlie come giocatore, ma forse tutto questo rendeva le sue capacità ancora più speciali. E, soprattutto, il fatto che Oliver ci avesse giocato insieme gli avrebbe permesso di ricordarle negli anni a venire evitando che chiunque potesse inquinarne la memoria in alcun modo. 

Raggiunse Charlie al limitare della foresta, dove gli aveva dato appuntamento, e non si stupì di trovarlo appoggiato a un faggio intento a scrutare la luna piena. 

“Che c’era di così meraviglioso che dovevamo assolutamente vedere nel cuore della notte?” gli domandò, soffocando uno sbadiglio. 

“Shh, abbassa la voce! Li farai scappare...” 

“Di che parli?” 

“Cuccioli di unicorno, proprio laggiù,” rispose Charlie, indicandogli tre animali che sembravano emanare più luce della luna e di tutto il firmamento celeste messi insieme. 

“Wow!” si ritrovò a sussurrare, senza smettere di guardarli. 

“Valeva la pena sgusciare fuori di notte per loro, che dici?” 

“Ne vale sempre la pena con te,” rispose, senza rendersi conto della propria ammissione. 

Charlie afferrò la sua mano nella propria. 

“Lo penso anch’io, sai,” sussurrò poi, portando Oliver a orientare le proprie iridi sul viso dell’altro, finendo con il perdersi nei suoi occhi nocciola così luminosi persino al buio. 

“Vorrei che ce lo fossimo detto prima,” confessò Oliver. 

“Lo abbiamo sempre saputo.” 

Oliver posò la testa sulla spalla di Charlie. “Se solo questo fosse anche il mio ultimo anno io...” 

“Tu cosa? Rinunceresti al tuo sogno per perseguire il mio insieme a me? 

“Sarebbe sciocco, lo so...” 

“Finirebbe con il distruggerci.” 

“Lo so,” annuì Oliver, inalando il profumo di sapone di Charlie e ascoltando il battito errante del suo cuore. 

“Nulla ci vieta di vederci lo stesso e di scriverci...” 

“Non sarà lo stesso.” 

“No.” 

“Scusa non volevo rovinare l’atmosfera con le mie paranoie...” 

“Non lo hai fatto. Solo, mi spiace che non possiamo cambiare le cose... non sai quanto vorrei che entrambi avessimo lo stesso sogno, sarebbe tutto più semplice.” 

“Meno la differenza di tre anni.” 

“Quella è una sciocchezza,” minimizzò Charlie, prima di posare con dolcezza le labbra su quelle di Oliver, assaporandole per la prima volta. Oliver rimase interdetto per qualche attimo, portando Charlie a bloccarsi, temendo di aver rovinato tutto. “Scusami tanto, io...” 

“Non scusarti, è solo che lo desideravo da così tanto tempo che poi quando è davvero successo sono rimasto come bloccato.” 

Fu Oliver a dare inizio al secondo bacio, lasciando spazio alla sua irruenza e all’emotività che lo caratterizzava, mentre Charlie rispondeva con entusiasmo, stringendolo a sé, quasi avesse paura che si Smaterializzasse improvvisamente. 

“Spero che un giorno i nostri due sogni potranno convivere,” sussurrò Charlie contro le labbra di Oliver, dopo averle liberate. 

“Lo spero anch’io.” 

 

 

Ci vollero alcuni anni, sicuramente troppi. Ma, alla fine della guerra, Oliver capì che la vita era troppo breve per passarla separati dalle persone che amavi. Fu questo motivo che lo spinse a presentarsi a casa Weasley alla vigilia del funerale di Fred. 

Fortuna volle che fosse proprio Charlie a presentarsi alla porta, proponendogli una passeggiata verso lo stagno poco lontano da lì. 

“Ci ho pensato sai? E potrai darmi dell’insensibile a parlarti di una cosa simile in questo momento, ma so che impazzirei se non lo facessi e quindi te lo dirò comunque... non credo di poter continuare a giocare a Quidditch, non adesso comunque.” 

Charlie lo osservò in silenzio, annuendo impercettibilmente. “Abbiamo già perso così tanti anni, non trovi?” 

“Troppi,” rimarcò Oliver. 

“Credi che io sia stato uno stupido a perseguire il mio sogno quindi?” 

“No che non lo credo, Charlie, non potrei mai. Solo che quello era il mondo prima della guerra, qualcosa che avevamo avuto il lusso di non conoscere...” 

Sembrava molto più vecchio dei suoi ventidue anni. Ma Charlie pensava che valesse anche per ognuno dei suoi fratelli minori, quindi non ne rimase troppo stupito. 

“Avrei preferito che continuassimo a vivere nell’ignoranza... magari Fred sarebbe ancora con noi...” 

Oliver gli sfiorò una guancia con il pollice, fermando la corsa di una lacrima solitaria. 

“Tutte queste perdite sono riuscite a fornirmi la giusta prospettiva, Charlie. Chiamami codardo, se vuoi, accusami di non voler far avverare i miei sogni, ma non voglio più stare separato da te, a meno che non sia quello che desideri tu, ovviamente...” confessò, mettendo a nudo ogni suo desiderio e ogni singola vulnerabilità. 

“Sarei uno sciocco se non traessi un insegnamento da tutto questo...” 

“E quale sarebbe questo insegnamento, Charlie?” 

“Che per tutti questi anni ho perseguito uno dei miei sogni, ma non il più grande, perché quello sei tu e il futuro che spero di condividere con te.” 

Oliver scelse di non rispondere a parole: non ne hanno mai avuto troppo bisogno. Lo attirò invece a sé, infrangendosi contro al suo petto e baciandolo con tutto quello che aveva, nella vana speranza di convogliare tutto quello che sentiva in qualcosa di apparentemente così semplice come un bacio. 

“Ti amo, Oliver.” 

“E io amo te, Charlie.” 

Dopo, almeno fino all’alba, non furono necessarie altre parole, che lasciarono spazio al sentimento che la lontananza era riuscita ad alimentare quasi più della presenza e che, ora che si erano riuniti, ritrovò il medesimo vigore che lo aveva caratterizzato negli anni passati a Hogwarts. 

 

Il giorno successivo, Charlie fu costretto a dire addio per sempre al fratello, ma lo fece stringendo la mano di Oliver tra le proprie e lasciandosi sorreggere da quel ragazzino che una volta gli era apparso troppo gracile per giocare a Quidditch. 

 

 



 

Nota dell’autrice: 

Non so bene cosa sia questa storia, o meglio, so cosa volevo provare a scrivere ma non sono certa di esserci riuscita. 

Spero che possa esservi piaciuto questo tentativo con una coppia a me nuova e una dinamica un po’ diversa dalle mie solite. 

   
 
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