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Autore: Betz73    05/01/2023    7 recensioni
Nato come piccolo missing moment, recentemente ho avuto un'idea per portarlo avanti...trasformandolo in un vero e proprio what if. Spero vi piacerà.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Partirono appena fece giorno, il tempo di ascoltare il messaggero venuto dal comando con la sconcertante notizia che un altro carico di fucili era stato trafugato, il primo furto eclatante da quanto Oscar aveva fermato Bernard. Essendo all’oscuro della vera identità del Cavaliere Nero, il Generale Bouillé in persona le ordinava di raggiungere il luogo in cui era stato commesso il crimine, per verificare se si trattasse davvero del Cavaliere, che da tempo sembrava sparito nel nulla, oppure di qualche imitatore, a cui andavano comunque sottratte al più presto le armi. Oscar sapeva che Bernard si trovava ancora presso Rosalie: aveva ricevuto giusto pochi giorni prima una lettera della sua protetta in cui le confermava che la ferita stava guarendo velocemente, pertanto era sicura che non potesse trattarsi di lui. Decise così di andare sola con André, che da quel giorno riprendeva “servizio” al suo fianco, per effettuare una specie di sopralluogo e farsi un’idea iniziale di cosa fosse realmente accaduto.
Si diressero a nord di Versailles, seguendo le poche indicazioni fornite nel messaggio, raggiungendo in tarda mattinata il limitare della foresta di Marly, all’interno della quale il carro che trasportava i 300 fucili destinati all’esercito era stato sottratto alla sua scorta, quasi completamente decimata. Nessuno dei sopravvissuti sembrava aver visto effettivamente il Cavaliere Nero nella confusione generata dall’assalto che li aveva colti alla sprovvista, tuttavia il suo nome era ancora ben impresso nella memoria dei parigini, ed era piuttosto facile pensare a lui come il probabile mandante di un reato che era pari ad una vera provocazione nei confronti dell’autorità costituita.

Oscar cavalcava vicino ad André, i sensi bene all’erta poiché nulla del terreno su cui si muovevano le era familiare. Pur sapendo che Bernard non aveva a che fare con il colpo, non le piaceva trovarsi in un luogo così isolato proprio il primo giorno in cui André tornava ad affiancarla. Non che dubitasse della sua capacità di reazione né tanto meno della sua abilità con spada e pistola: sapeva infatti che non li aveva trascurati  durante i giorni trascorsi a casa, e la sua parziale cecità di certo non avrebbe pregiudicato la prontezza che aveva sempre dimostrato anche nei momenti più critici, come quando l’aveva salvata tempo prima nel convento di Saverne. Solo avrebbe preferito che il suo rientro, se così lo si poteva chiamare, fosse più graduale e non proprio nel bel mezzo di una situazione che poteva rivelarsi molto rischiosa. Forse era stato un errore non prendere qualche soldato di supporto. O forse davvero si stava trasformando in Nanny…
Raggiunsero in silenzio un piccolo slargo, il punto in cui con ogni probabilità si era verificato l’attacco al carro dei fucili. In terra erano ancora visibili le tracce dello scontro, tra zolle d’erba smosse e pezzi di legno abbandonati ovunque, presumibilmente parte delle casse che contenevano le armi. Oscar fece per scendere da cavallo quando la voce di André richiamò la sua attenzione.
- Oscar…lo senti?
Rimase in sella e cercò di concentrarsi sui rumori circostanti. Niente. Assolutamente niente.
- Non sento nulla André…
- Esatto, nemmeno il cinguettio di un uccello. C’è troppo silenzio qui, qualcosa non va.

Aveva ragione. La foresta sembrava immersa in una quiete innaturale, come se il tempo si fosse cristallizzato. Oscar si guardò intorno, dando le spalle ad André, cercando di acuire la vista per penetrare le zone più scure dove la vegetazione era molto fitta e rendeva difficile distinguere alcunché. Fu così che lo vide, un luccichio che durò un solo istante, ma che fu sufficiente a farle capire che c’era qualcuno appostato tra gli alberi, ben nascosto in mezzo ai cespugli. E quel qualcuno era sicuramente armato.
Si rese conto immediatamente che entrambi si trovavano sulla sua traiettoria, due facili bersagli troppo esposti alla luce perché anche un tiratore mediocre potesse mancarli. Si volse immediatamente gridando ad André di muoversi per cercare subito un riparo, ma la sua voce venne coperta da uno sparo, il cui rimbombo parve ingigantito dal silenzio che veniva improvvisamente ad annullare. Un suono atroce e terrificante, ma non quanto il lamento strozzato che lo seguì. Fu allora che vide André stringersi una mano al petto, dove una macchia rossa andava allargandosi velocemente, fino a colare abbondante tra le sue dita. Con gli occhi ancora spalancati e increduli, provò a chiamarla, ma la voce gli venne a mancare.
No, non poteva essere! Era stato colpito! Il suo André era stato colpito! Il terrore più profondo le ghermì in quell’istante l’anima, spaccandole il cuore in due come se fosse stato raggiunto dallo stesso proiettile. L’urlo che le uscì dalla gola sembrò avere ben poco di umano.
- André! No! Non morire! No! Andréééé!

Si svegliò di colpo, ritrovandosi seduta nel letto: il respiro divenuto affanno, la pelle madida di sudore al punto che la camiciola le si era incollata al corpo, ed il viso bagnato dalle lacrime che scendevano copiose sulle guance. Un sogno. Un maledettissimo incubo ma così reale, che le costole le dolevano per la violenza con cui il cuore le galoppava impazzito nel petto. Aprì la bocca per guadagnare più aria e cercare di frenare l’agitazione che le scuoteva l’animo. Non era accaduto davvero… In quel momento una luce improvvisa rischiarò la stanza, seguita immediatamente da un tuono assordante che la fece sobbalzare sulle coltri: il temporale notturno sembrava voler amplificare con la sua intensità il terrore che ancora non l’aveva abbandonata. Chiuse gli occhi pregando per un attimo di tregua.
Poi lo sentì. Prima un colpo soltanto, poi altri due, ed una voce familiare che giungeva ovattata da dietro la porta.
- Oscar! Sono io! Sono André! Tutto bene?

André! Doveva vederlo e assicurarsi che fosse solo un inganno ciò che la sua mente le aveva appena mostrato! Scese dal letto con un salto, fino a raggiungere a piedi nudi la porta, quasi correndo, per aprirla con un gesto brusco. André era davanti a lei, i capelli leggermente arruffati e la camicia bianca infilata in malo modo nei pantaloni, come se si fosse vestito in fretta: era strano vederlo così in disordine. La luce del doppiere che aveva in mano sembrava accentuare l’espressione preoccupata con cui la guardò.
- Perdonami se vengo a quest’ora così tarda… È solo che…
Alzò il doppiere per illuminarle il volto e accertarsi che fosse tutto a posto, ma quando si accorse del suo pianto, dimenticò all’istante qualsiasi cosa stesse per dirle.
- Oscar! È successo qualcosa?
Il sollievo di vederlo incolume era così grande che Oscar non riuscì a trovare la voce per rispondere. Allungò una mano afferrando un lembo della camicia di André e tirandolo verso di sé, per invitarlo ad entrare. André si fece avanti, appoggiando il candeliere alla consolle e chiudendosi la porta alle spalle. Quando si volse verso di lei, non ebbe il tempo di chiederle nulla: si ritrovò Oscar appoggiata al petto, le mani strette, quasi aggrappate alle sue vesti, ed il viso seminascosto, a cercare rifugio in lui. La sorpresa lo lasciò inizialmente interdetto. Poi la avvolse tra le sue braccia, cercando di darle conforto.

Oscar rimase in silenzio lasciandosi cullare dal respiro di André, che come un canto di vita fermò lentamente le sue lacrime. Con le dita poteva sentire la sua pelle calda attraverso il tessuto della camicia: non c’era alcuna ferita su di lui, non c’era sangue che sgorgasse come in quella tremenda visione. Non poté trattenere un gemito, mentre di colpo tutta l’angoscia del risveglio le scivolava via dalle spalle, ed il cuore si faceva più leggero. Se lo avesse perso, se André fosse davvero morto…niente avrebbe avuto più senso, niente! Non avrebbe potuto vivere senza di lui… Ecco la risposta che tanto aveva cercato! Una verità così chiara e cristallina che la colpì con la forza di un ariete, dando infine un significato a ciò che aveva provato in quegli ultimi giorni. Si strinse ancor più contro di lui, realizzando solo in quell’istante che le braccia di André la cingevano, tenendola al sicuro. Con gli occhi chiusi respirò il suo odore, così virile, così familiare, e si sentì protetta come non mai.

André avrebbe voluto trascorrere il resto della vita con il corpo di Oscar tanto vicino da poterne indovinare ogni dettaglio sotto la camiciola di mussola, ma l’averla vista così sconvolta ebbe la meglio su qualsiasi desiderio fisico, concedendogli la lucidità sufficiente a chiederle una spiegazione per il suo stato.
- Oscar… Vuoi dirmi cos’è successo? Non ti ho mai vista così prima…
Oscar alzò il viso cercando i suoi occhi: le fiammelle delle candele si specchiavano tremolanti nell’iride scura, rendendo ancor più profondo il suo sguardo allarmato. Sì scostò leggermente da lui per poter rispondere, costringendolo suo malgrado ad allentare la stretta con cui la teneva avvinta a sé: la stanza si fece improvvisamente fredda senza il calore di quelle braccia forti a cui sentiva ormai di appartenere.
- Ho fatto un sogno…un incubo tremendo.
Avrebbe voluto evitare ulteriori particolari per non dover rivivere l’orrore di quella finta realtà, ma André la invitò a continuare con un cenno del capo.
- Dovevamo indagare su un furto di fucili e siamo rimasti vittime di un’imboscata… Qualcuno ha sparato e ti ha colpito… Una ferita mortale in pieno petto… Credo di essermi svegliata gridando il tuo nome…

André vide le lacrime affacciarsi nuovamente a quegli occhi fiordaliso che il dolore aveva arrossato. Al solo pensiero che avesse pianto per lui, il cuore gli si riempì di una tale tenerezza che non poté evitare di sollevare un mano ed asciugarle con il pollice la pelle umida dello zigomo. Cercò di ignorare il bisogno prepotente di baciarla, concentrandosi piuttosto sul motivo che lo aveva spinto a bussare alla sua porta.
- Sai Oscar, ti sembrerà impossibile ma anch’io ho fatto un sogno…un sogno terribile. Ed era così vivido che sono venuto ad assicurarmi che stessi bene appena mi sono svegliato, nonostante sapessi che nulla di ciò che avevo visto poteva essere accaduto veramente.
Toccò a lei spingerlo a raccontare qualche dettaglio in più.
- Cos’hai sognato?
- Beh…cercavamo di tendere una trappola al Cavaliere Nero, ma non ero io a vestire i suoi panni. Ti sei battuta con lui e la sua spada…il tuo bel viso…
Non gli riuscì di completare la frase poiché il terrore di ciò che aveva immaginato era ancora troppo vivo in lui.
- Mi sono rivestito in qualche modo e mi sono precipitato qui, senza neanche pensare a quanto fossero infondate le mie paure. Avevo solo bisogno di…vederti.

Ascoltando le sue parole Oscar sentì una forte emozione colmarle l’anima, un misto di euforia e stupore insieme, al pensiero che quel sentimento appena scoperto dentro il proprio cuore potesse non essere soltanto suo. Tra tutte le domande che si era posta negli ultimi giorni, non si era mai chiesta cosa provasse André… Ma come avrebbe potuto? Neppure lei aveva davvero capito perché ad un tratto fosse così diverso pensare a lui, stargli accanto, toccarlo… E adesso che era lì, davanti a lei, si sentiva quasi smarrita.
André non riusciva a smettere di guardarla…e di volerla. L’aveva tenuta tra le braccia, godendo del calore del suo corpo anche se per pochi istanti, e non c’era una sola fibra del suo essere che non desiderasse portarla in quel letto sfatto e farla sua. Sapeva di essere ad un passo dall’oltrepassare il limite invisibile che lo aveva sempre aiutato a contenere la sua voglia di lei. Ed ora erano soli, nella sua camera…avrebbe potuto fare leva sul suo turbamento per rubarle un bacio, e poi un altro…fino a mostrarle quanto poteva essere bello tra un uomo e una donna quando c’è amore. Ma quella parola aveva un sapore così amaro ed un suono così ingannevole che lo spinse invece ad allontanarsi da lei. Serrò i denti, stringendo a pugno le mani che solo pochi istanti prima le avevano donato una carezza, sino a trovare la determinazione necessaria per rinunciare alla tentazione di sedurla.
- Sono…felice di vedere che stai bene. Adesso però è meglio che vada. Tu cerca di riposare.

Ad Oscar non sfuggì la contrazione della mascella di André, né il tono improvvisamente diverso con cui le parlò, quasi incolore rispetto alla dolcezza con cui le aveva raccontato del sogno e della sua preoccupazione per lei. D’un tratto sì sentì una stupida per la facilità con la quale si era arresa a tutte quelle sensazioni nuove a cui soltanto ora era riuscita a dare un nome. Non voleva che lui potesse leggerle in viso la delusione di vederlo andarsene, e non era da lei mendicare attenzioni. Gli rispose cercando invano di simulare lo stesso distacco, ritrovandosi ben presto a dire più di quanto avrebbe voluto.
- Certo…sarai stanco. Domani ci aspetta una lunga giornata ed io ti faccio perdere tempo con le mie paure inesistenti. Devo essere proprio una seccatura. Buonanotte André.

Si pentì immediatamente per essersi esposta in modo così palese. Non appena ebbe pronunciato il suo nome, lo superò con un passo per aprire la porta e lasciare che uscisse, prima di tradire di nuovo il dolore che sentiva nel cuore. Afferrò la maniglia e fece per tirarla verso di sé ma si accorse di non riuscire a muovere la mano…perché le dita di André circondavano le sue, impedendone il movimento.
- Oscar….
Era alle sue spalle: la voce bassa e roca, quasi un sussurro tra i capelli, le regalò un brivido alla base del collo. Poteva sentire su di sé il calore del suo corpo, così vicino che il cuore prese a martellarle nel petto.
- Come puoi pensare di essere una seccatura, o una perdita di tempo? Non hai idea di quanto stia lottando contro me stesso per trovare la forza di lasciare questa stanza.
In quell’istante André capì che non sarebbe più riuscito a tenersi tutto dentro: le parole sembravano farsi largo in lui come un fiume in piena, senza alcuna possibilità di contenerle.
- Questi giorni in cui non sono stato al tuo fianco, sono stati peggio di…un’agonia. Ore e minuti che si susseguivano sempre uguali, senza fine, come dilatati dalla tua assenza…perché sei tu che scandisci il mio tempo, Oscar. E non c’è stato un solo pensiero che non fosse tuo. Io non ho che te dentro l'anima.

Oscar ascoltava, in silenzio, il viso ancora rivolto alla porta ed il corpo come immobile…ma dentro di lei si agitavano mille emozioni in lotta tra loro. Desiderava che André le parlasse ancora e al contempo temeva ciò che avrebbe potuto dirle… Aveva afferrato quella maniglia con rabbia, per non concedere altro spazio all’amarezza che l’aveva assalita, e adesso non riusciva quasi a muoversi. Non voleva farlo. Tratteneva anzi il respiro, in attesa della sua voce.
- Non immagini neanche cosa significhi per me stare al tuo fianco… Credi che sia solo per obbedienza nei confronti di tuo padre? Perché mi ha destinato ad essere il tuo attendente? Non è un compito per me, Oscar! Non lo è mai stato. È…il senso stesso della mia vita.
Le si fece ancora più vicino, fino a sfiorarle quasi la schiena. Le braccia gli dolevano dal desiderio di stringerla a sé.
- Per anni ho cercato di proteggerti in ogni modo possibile. Ti ho seguita giorno dopo giorno, affrontando ogni cosa insieme, nell’illusione di poter vegliare su di te come un’ombra fedele, che necessita solo della sua luce per poter esistere. E credevo mi sarebbe bastato, davvero. Ma non è così, non più.

Lasciò la mano con cui stringeva quella di lei e l’appoggiò alla sua spalla, tirandola delicatamente verso di sé perché si girasse: voleva confessarle il suo amore guardandola negli occhi. Oscar si volse finalmente verso di lui, il corpo appoggiato al legno freddo della porta, ed il cuore che sembrava sul punto di fuggirle dal petto: nel suo sguardo un misto indecifrabile di speranza ed inquietudine. Nonostante temesse di poterla perdere,  per André era ormai impossibile rinunciare a dirle ogni cosa.
- Se solo sapessi che tormento sia starti così vicino e non poterti sfiorare… Sentire la pelle quasi bruciare per il bisogno di toccarti, e l’anima spezzarsi per la consapevolezza di non averne alcun diritto… Io ti amo, Oscar, di un amore che non riesco neppure spiegare…sarebbe come spiegare perché vivo. Ma ho così tanta paura…paura che queste parole finiranno per allontanarti me…
Le tolse la mano dalla spalla per avvicinarla al suo viso, cedendo alla tentazione di un’ultima fugace carezza: le sfiorò una guancia con la punta delle dita, ritirando subito il gesto per timore di aver osato troppo. Ma non poté, poiché si ritrovò d’improvviso la mano stretta in quella di lei, che fino a quel momento non aveva reagito in alcun modo.

Per tutto il tempo Oscar non si era mossa, ma aveva ascoltato ogni singola parola come se fosse l’unico suono rimasto al mondo. Per un solo brevissimo istante aveva immaginato se stessa voltarsi ed aprire la porta per poter fuggire, come aveva fatto la sera del ballo, come aveva fatto di nuovo con Fersen. Ma al solo pensiero di lasciare André, il cuore aveva preso a sanguinarle, quasi fosse stato trafitto da uno stiletto. Non sarebbe mai potuta scappare da lui: lo sentiva dentro di sé come fosse la più semplice delle verità. E per quanto sapesse così poco dell’amore, non ebbe più alcun dubbio su ciò che provava per lui.
Si portò la sua mano al volto e appoggiò la guancia al palmo, cercando apertamente lo stesso contatto che André le aveva rubato per un attimo soltanto: quel calore ormai familiare le diede la forza di parlare.
 - Non mi allontanerò da te, non potrei mai farlo. Sarebbe come…abbandonare il mio cuore. Io…credevo appartenesse ad un altro…ma non è così. Ora so che non lo è mai stato.
André la guardava così intensamente che Oscar sentì una lacrima sfuggirle e perdersi tra le sue dita.
- In questi ultimi giorni sono accadute così tante cose… Ho rischiato di perderti, e non soltanto in sogno. André, senza di te io…non potrei vivere.
Intrecciò la mano alla sua senza mai abbandonare quegli occhi di smeraldo che tanto avevano sacrificato per lei.
- Tu mi parli d’amore ed è come se leggessi dentro di me. Forse anch’io dovrei avere paura…e sì, sono spaventata…ma sono anche…felice. Perché adesso so…che anch’io ti amo, André.

Non riuscì a dire altro perché l’emozione le chiuse la gola, ma l’infinita dolcezza con cui gli sorrise seppe ripagare André di qualsiasi silenzio. Con il braccio le cinse la vita, attirandola a sé per reclamare con le labbra ciò che la sua mente ancora stentava ad accettare.
Scostò la mano dal suo viso e piegò le dita per accarezzarla ancora, lasciando scorrere le nocche sulla sua pelle liscia inumidita dal pianto. Con il pollice le sfiorò il labbro inferiore, invitandola a dischiudere la bocca  prima di chinarsi finalmente su di lei. La baciò a lungo, con deliberata lentezza, per godere appieno della sua innocente morbidezza, donandole il proprio respiro mentre le rubava il suo. La cercò con la lingua, catturandola in una danza che si fece ben presto vertigine. E più si perdeva nel suo dolce sapore, più a fondo voleva gustarlo per farlo suo. Era quello dunque il paradiso? Assaporare il frutto proibito senza poterne avere mai abbastanza? La strinse a sé, concedendosi un istante di pura soddisfazione maschile quando la sentì gemere tra le sue labbra.

Oscar si era abbandonata contro il suo petto, sopraffatta dalle sensazioni così intense che la bocca di André la invitava a scoprire: mai avrebbe immaginato di poter provare qualcosa di simile, era come se un piacere intenso, mai provato prima, avesse raggiunto ogni parte del suo corpo, sovrastando in un solo istante qualsiasi altro sentire. La pelle improvvisamente sensibile pareva essersi risvegliata al tocco sapiente di quelle labbra gentili ma decise, in grado di amplificare ogni percezione: la leggera pressione della mano di André sul fianco, il calore delle sue dita attraverso il tessuto sottile della camiciola, e il suo corpo forte e solido che la sorreggeva. Quando la bocca di lui chiese di più ed il bacio si fece profondo e bagnato, le gambe furono sul punto di cederle: si aggrappò allora alla sua camicia, pregando in silenzio che quel momento non avesse mai fine.

Si separarono solo per riprendere fiato, le palpebre ancora chiuse quasi rifiutassero di abbandonare la magia appena condivisa: nel petto la corsa impazzita di due cuori che battevano ormai l’uno per l’altro. Fu André il primo a trovare la forza di parlare.
- Dio, Oscar! Non credevo avrei mai provato una gioia simile in tutta la mia vita!
Appoggiò la fronte contro la sua, immergendo gli occhi in quel mare blu in cui vide rispecchiato il suo amore.
- Sei felice? – gli domandò Oscar.
- Felice? Vorrei gridarlo così forte sino a farmi sentire dal re in persona! Ma non credo che qui a palazzo apprezzerebbero...
Le strappò un sorriso che le illuminò il volto, facendolo sentire completamente inerme di fronte a tanta bellezza. Si chinò su di lei per conquistare di nuovo le sue labbra, ma in quell’istante il vento spalancò improvvisamente la finestra, inondando la camera con una folata così gelida da smorzare quasi il fuoco nel caminetto. André corse subito a richiudere i vetri, spingendoli con forza per contrastare la violenza con cui la pioggia cercava di irrompere nella stanza. Poi prese un ciocco vicino al camino e si inginocchiò per ravvivare le fiamme e riportare al più presto un po’ di calore nell’aria diventata umida. Quando si volse verso Oscar, la vide stringersi le braccia nel tentativo di contrastare il freddo: era rimasto così stupito dalle sue lacrime, da non aver neppure pensato a quanto fosse troppo leggera quella camiciola, né tanto meno si era accorto che fosse scalza. E l’aveva persino tenuta in piedi a parlare! Prese subito una coperta dal letto e tornò da lei, mettendogliela sulle spalle per poi attirarla a sé ed avvolgerla in un abbraccio, strofinandole vigorosamente le mani sulla schiena nel tentativo di darle un po’ di tepore. 
- Dovresti tornare a letto, sai? Prima di prenderti un malanno. Riesco a sentire i brividi anche solo stringendoti…

André aveva ragione, ma l’idea di lasciare le sue braccia era più insopportabile di qualsiasi disagio. Oscar adagiò il capo sul suo petto, azzardando una richiesta che sentiva venirle direttamente dal cuore.
- Non andare via....resta qui con me, come quando eravamo bambini. Ti ricordi, André? Venivo da te spaventata per il temporale, e tu mi tenevi stretta. Solo in quel momento ogni cosa diventava...pace.
E come avrebbe potuto dimenticarlo? Il ricordo di quei momenti in cui Oscar si rifugiava da lui era tra i più preziosi che serbasse nel cuore, custodito gelosamente insieme al suo grande amore per lei. Le diede un bacio tra i capelli, rivendicando finalmente il diritto di poterlo fare senza doverla sorprendere durante il sonno, come aveva fatto la notte del suo ferimento, quando l’aveva ritrovata a fianco del letto. Riconobbe sorridendo il suo inconfondibile profumo di lavanda, e lo inspirò a pieni polmoni. Poi con una mano le sollevò dolcemente il mento, indugiando ancora con il pollice sulle sue labbra di rosa.
- Certo che mi ricordo. E ogni sera speravo che tuoni e fulmini si abbattessero su Versailles, solo per averti con me. Vieni…

L’accompagnò al letto, facendola sdraiare, poi girò dal lato opposto e la raggiunse sotto le coperte: prese posto dietro di lei, cingendole la vita con un braccio per attirarla contro di sé. Sentendosi protetta dal suo calore, Oscar si accoccolò contro il suo petto, cercando subito la sua mano per intrecciarne le dita con le sue. Per un attimo soltanto le nocche di André le sfiorarono la parte inferiore di un seno, ma le bastò quel contatto casuale perché un fremito improvviso l’attraversasse, spezzandole il respiro. E poi di nuovo un altro brivido, ancora più intenso, quando lui, il viso immerso nei suoi capelli, la baciò sul collo: il suo alito caldo sembrava averle risvegliato in un istante tutta la pelle. Chiuse gli occhi lasciandosi sommergere da quelle sensazioni travolgenti, senza sentire più il bisogno di spiegarle a se stessa: sapeva ormai quale fosse l’unica vera risposta.

André aveva il cuore talmente colmo di gioia che temeva potesse esplodergli nel petto. Oscar lo amava…amava lui! E poterla abbracciare in quel modo, fino a percepire il ritmo del suo respiro sollevare ed abbassare dolcemente la mano con cui la teneva stretta, andava oltre qualsiasi immaginazione. Non poté evitare di dare voce al suo pensiero. 
- Sai, Oscar, solo nelle mie più recondite fantasie ho potuto stringerti così... Ho paura di svegliarmi e scoprire che si tratta soltanto di un sogno.
Sentì la mano di lei accarezzare delicatamente la sua, e poi d’improvviso un pizzico sul dorso, tanto inatteso da strappargli una piccola protesta.
- Ahi! Perché lo hai fatto?
- Ti ho pizzicato perché avessi la certezza che non si tratta di un sogno…

Oscar gli rispose quasi ridendo, poi si rigirò nel letto, lasciandosi avvolgere dal suo abbraccio; sul viso aveva un’espressione vagamente maliziosa che André avrebbe voluto cancellare con un bacio… La guardò con infinita tenerezza: quella era la sua Oscar!
- Sai, riesco a vedere ancora la stessa bambina dispettosa con cui giocavo, ben nascosta nella splendida donna che sei diventata.
Le si avvicinò per assaporare ancora la sue labbra, ma venne interrotto da una domanda che lo colse di sorpresa.
- André…un giorno...mi racconterai di queste tue…fantasie?
Oscar si sentì avvampare appena pronunciate quelle parole: come le era venuto in mente di chiedere una cosa simile?? Avrebbe dovuto vergognarsi per la propria sfrontatezza…e invece sperava soltanto che lui rispondesse. André colse tutto il suo rossore, che come un’onda venne a scaldargli il cuore: avrebbe ricordato per sempre quell’unico momento di timidezza, con la certezza che fosse stato per lui, e per lui soltanto. Le sorrise prima di punzecchiarla un po’.
- Credo proprio di no, sai?
A fatica riuscì a reprimere una risata di fronte allo sguardo deluso con cui Oscar reagì alle sue parole: la trovava semplicemente irresistibile. Le si avvicinò ad un orecchio, per sussurrarle il resto con la stessa voce bassa e roca con cui l’aveva ringraziata nelle scuderie.
- Te le mostrerò, invece.

Non le permise di rispondere. Catturò di nuovo la sua bocca annullando in un istante rossore, timidezza, delusione, e qualsiasi altra emozione che potesse distoglierla dalle sue labbra. La desiderava come non mai, ma le avrebbe lasciato tempo perché anche lei capisse di volerlo. Sentì la sua mano accarezzargli il fianco, prima di staccarsi da lei.
- Ti amo, André.
Si sarebbe mai abituato a queste parole? Esisteva al mondo un suono più soave?
- Non credevo lo avresti mai detto, Oscar. Davvero.
- Non credevo sarebbe mai stato così bello dirlo. Ti sembrerà sciocco, ma è come...se in fondo al cuore avessi sempre saputo di amarti, senza mai rendermene veramente conto. Adesso invece mi sembra la cosa più naturale in assoluto…

Fu Oscar questa volta ad imporre il silenzio, avvicinandosi al suo viso per cercare un nuovo bacio, poiché già ne sentiva la mancanza. Aprì la bocca per lui, invitandolo a perdersi dentro le sue labbra, e a lasciare che fossero loro a parlare d’amore.
Fuori il temporale non accennava a placarsi, ed i vetri sembravano tremare sotto gli scrosci violenti della pioggia insistente, ma nulla avrebbe mai potuto disturbare l’assoluta perfezione di quel momento, che, solo, era valso l’attesa di tutta una vita.

Fine



PS: come molti di voi avranno già intuito, il titolo di questo capitolo è preso in prestito da una canzone di Tiziano Ferro del 2014
   
 
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