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Autore: Losiliel    06/01/2023    1 recensioni
Morifinwë Carnistir Fëanárion, giovane nipote del re dei Noldor, vive in un meraviglioso palazzo nella splendente città di Tirion, in una terra benedetta da ogni ricchezza, circondato da una famiglia unita e numerosa. La sua vita sembra perfetta sotto ogni aspetto.
Peccato che lui non la pensi affatto così.
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[ Caranthir-centrico | coming of age | vita dei Noldor in Aman | Anni degli Alberi ]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caranthir, Fëanor, Figli di Fëanor, Nerdanel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Los Tales'
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3

Una tranquilla serata in famiglia

(o quando avresti quasi preferito andare a letto senza cena)

 

 

La sera della prima lezione di Morifinwë alla fattoria, la famiglia cenò al gran completo. Non capitava più tanto di frequente che si ritrovassero tutti insieme, col padre che talvolta si assentava per dedicarsi ai suoi progetti fino a tardi, Makalaurë spesso impegnato in concerti in giro per il paese, e Tyelkormo quasi sempre dedito ai suoi vagabondaggi.

Ma quella sera la lunga tavola della sala da pranzo era apparecchiata per nove persone, perché a loro si erano aggiunti Erlindiel, futura sposa di Makalaurë, e l’immancabile Findekáno. Il figlio del fratellastro del padre, nonché grande amico di Russandol, ultimamente sembrava aver preso casa loro come seconda dimora.

Era da poco passata l’ora prima: i raggi di Telperion a inizio fioritura riuscivano a malapena a varcare le alte finestre che davano a occidente, e creavano pozze di luce sul pavimento di marmo alla loro base. Sottili catene argentee appese al soffitto portavano sulla tavola bulbi di cristallo sfaccettato nei quali vorticavano i vapori della sacra rugiada.

Bastava un’occhiata alla tavola per capire che il padre si trovava in un intervallo tra un’invenzione e l’altra, e che, incapace di stare lontano dal piacere della creazione per più di mezza giornata, si era dedicato alla cucina. Accanto alle pietanze che costituivano la loro cena quotidianamente, infatti, c’erano piatti in cui si riconosceva chiaramente la mano di Fëanáro: verdure ripiene dai colori insoliti disposte sul vassoio in geometrie precise, e patate affettate sottili come petali, spolverate da spezie profumate e infilate in cima a bacchette sottili come fossero fiori.

Morifinwë, seduto al suo solito posto tra Nerdanel e Tyelkormo, esitò a servirsi per non essere l’artefice della distruzione di quelle opere d’arte.

Alla sua sinistra, il fratello selvaggio non si fece lo stesso problema e cominciò a prendere con entusiasmo da ogni piatto, demolendo senza pensarci due volte le architetture del padre.

Nerdanel si affrettò a togliergli il vassoio dalle mani e a offrirlo a Erlindiel, seduta tra lei e Makalaurë, riuscendo nel contempo a lanciare a Tyelkormo un’occhiata che la diceva lunga sul comportamento più opportuno da adottare in presenza di ospiti.

Fu Makalaurë a prendere il vassoio e a servire la sua fidanzata, che lo gratificò di un sorriso che avrebbe fatto sciogliere il metallo senza bisogno di una fiamma.

Erlindiel era una fanciulla dal viso ovale e dai luminosi occhi castani, con fossette sulle guance che spuntavano ogni volta che sorrideva, il che accadeva spesso. Era stata per alcuni anni l’insegnante di musica di Morifinwë, quando era piccolo, e lui l’aveva adorata perché coi suoi modi sempre gentili e la sua infinita pazienza era riuscita a fargli piacere una materia che lo metteva a disagio come poche altre. Forse era per questa sua particolare simpatia che non aveva battuto ciglio quando suo fratello aveva annunciato il fidanzamento, anzi, ne era stato felice, anche se una parte di lui riteneva inappropriato che il secondogenito di Fëanáro si sposasse con qualcuno che non fosse a sua volta imparentato con una delle tre case regnanti.

Morifinwë distolse lo sguardo dalla coppia che si stava scambiando sorrisi complici e lo riportò sul resto della tavolata.

Di fronte alla mamma sedeva Fëanáro, con il piccolo Curufinwë da un lato e Russandol dall’altro; Findekáno chiudeva la fila. Loquace e disinvolto, il cugino sembrava trovarsi a suo agio in ogni situazione, una capacità che Morifinwë gli invidiava molto.

Forse a causa della presenza di Erlindiel, la serata procedeva insolitamente tranquilla, Tyelkormo non se n’era ancora uscito con qualche battuta fuori luogo e Findekáno, la cui parlantina aveva del proverbiale e al quale talvolta sfuggiva qualche frase a sproposito, era insolitamente silenzioso.

Morifinwë addentò un pezzo di pane e si chiese quanto sarebbe durato.

– Verrete a stare qui da noi dopo il matrimonio? – domandò il padre rivolgendosi alla coppia di fidanzati.

– Forse più avanti – rispose Makalaurë.

Morifinwë non poté fare a meno di notare la sicurezza con cui il fratello aveva risposto, pur sapendo che su quel punto lui e il padre non erano affatto d’accordo. Fëanáro avrebbe voluto che la famiglia restasse unita, ma Makalaurë aveva sempre rivendicato la sua autonomia, e quella sera non sembrava più intenzionato del solito a scendere a compromessi. Il secondogenito aveva una fiducia in sé stesso che talvolta sembrava superare persino quella di Russandol. Morifinwë si chiedeva spesso se fosse stato così da sempre, o se quando era più giovane anche Makalaurë si fosse sentito schiacciato dalle aspettative, come lo era lui.

– Per qualche anno abiteremo ad Alqualondë – spiegò Makalaurë, – dove Erlindiel è voce solista del coro di re Olwë – nel dir questo rivolse uno sguardo carico di orgoglio alla sua fidanzata. Poi tornò a dedicarsi alla sua verdura, come se non avesse altro da aggiungere.

Fëanáro accettò la risposta più serenamente di quanto Morifinwë si sarebbe aspettato e continuò a informarsi sui progetti dei suoi figli: – E tu, Turkafinwë, a cosa intendi dedicarti adesso che hai terminato il tuo percorso con Oromë?

Tyelkormo, che si stava ingozzando di patate, ci mise un tempo sorprendentemente veloce a deglutire e rispose, con prontezza: – Stavo pensando alla proposta del nonno, quell’incarico per mappare i territori a nord. – Poi spiegò, rivolgendosi a Erlindiel che negli ultimi anni aveva abitato lontano da Tirion: – Col problema della sovrappopolazione che comincia a farsi sentire qui in città, trovare nuove aree adatte all’urbanizzazione è una cosa che non si può più rimandare.

– È un incarico che richiede concetti di cartografia non da poco – osservò Fëanáro, con un accenno di scetticismo nella voce.

– Non sono mai stato uno da poco, papà – disse Tyelkormo con un sorriso che sconfinava nel ghigno, e riprese ad abbuffarsi come se niente fosse.

Il piccolo Curufinwë fece per dire la sua, ma fu interrotto dal padre che aveva posto l’attenzione su di lui.

– Tu di cosa ti stai occupando invece? – domandò Fëanáro al suo ultimogenito.

Morifinwë non poté fare a meno di notare di essere stato scavalcato.

– Ho cominciato il libro che mi hai consigliato – rispose il piccolo, illuminandosi tutto, – lo trovo interessante. Ne parlerò col maestro di storia alla mia prossima lezione.

– A proposito di lezioni – intervenne Nerdanel, – com’è andata alla fattoria, Carnistir?

A Morifinwë tornò in mente la serie di brutte figure collezionate quel pomeriggio e decise di stare sul vago. – È un po’ seccante dover andare così lontano… – cominciò.

– Dove abita il maestro, in cima al Taniquetil? – commentò Tyelkormo, sollevando appena lo sguardo dal piatto.

– … ma per il resto bene – concluse Morifinwë, ignorando il fratello.

Nel silenzio che seguì, capì che doveva dire qualcos’altro e se ne uscì con ciò che lo assillava di più da quando aveva saputo che il maestro si sarebbe trasferito: – Continuo a non capire come possa aver scelto di andare a insegnare tra gli agricoltori uno come Arsanarwë.

– Non è così strano – intervenne Findekáno, che era stato zitto fin troppo per le sue abitudini, – le persone a servizio, ormai, sono un retaggio del passato.

– Un che? – chiese Tyelkormo.

– Una cosa che si eredita dal passato, idiota – disse Curufinwë, ergendosi sulla sedia accanto a suo padre come se potesse arrivare al suo livello con un mero sforzo di volontà.

– Dove hai imparato quella parola? – gli domandò Nerdanel.

– Se uno è idiota, come altro dovrei chiamarlo? – rispose il piccolo.

– Intendevo “retaggio” – precisò la madre.

– L’avrà letta sul libro che ha trafugato dalla biblioteca – disse Tyelkormo.

– Quando avete finito – intervenne Fëanáro, non riuscendo a nascondere un certo divertimento, – Findekáno può andare avanti a esporci la sua visione della storia… o forse dovrei dire: la visione della storia del mio fratellastro – aggiunse, guadagnandosi un’occhiataccia da Nerdanel.

– I nostri servitori derivano dal periodo della Grande Marcia – riprese Findekáno, un po’ meno spavaldo. – Alcune persone erano più predisposte al comando e alla difesa degli altri…

– I Cacciatori, così venivano chiamati – interruppe Tyelkormo, dando prova di un’insospettabile conoscenza della storia.

– Sì, esatto – confermò Findekáno, prima di riprendere il filo del discorso: – Altre persone, invece, erano più adatte a mansioni di supporto. In pratica, queste ultime venivano difese, e in cambio si occupavano delle cose essenziali alla sopravvivenza di chi li proteggeva.

– Il punto è che adesso tutto ciò non è più necessario – concluse per lui Russandol. – Qui non c’è bisogno di protezione, non ci sono rischi per la vita né di altro genere, quindi i costumi stanno cambiando.

– Ma non è solo una questione di protezione – esclamò Morifinwë, – le persone al nostro servizio hanno l’opportunità di vivere in uno dei più bei palazzi della città, di lavorare per i più alti esponenti del nostro popolo. Perché mai dovrebbero preferire una… una fattoria?

– Forse perché vogliono essere liberi di fare solo quello che vogliono? – suggerì Tyelkormo, scandendo bene le parole perché non si perdesse il tono retorico della domanda.

– Nessuno è libero di fare solo quello che vuole – disse Russandol, e Findekáno gli rivolse uno sguardo accigliato, ma non fece commenti.

– No, forse hai ragione – borbottò Tyelkormo tra sé.

Poi scrollò le spalle e, partendo all’attacco di un altro vassoio di carne alla brace, cambiò completamente discorso e umore: – Allora, avete cominciato ad allenarvi per le gare di Minulvórë?

Makalaurë gli puntò addosso la forchetta con fare minaccioso. – Io no di certo! – esclamò, – la sera suonerò e voglio evitare di rompermi una mano, come l’ultima volta. Faccio ancora fatica a premere l’ultimo tasto del flauto.

– Come la fai lunga per un paio di dita rotte! Quando stavo con Oromë e cacciavamo il cinghiale…

– Tyelkormo, non serve che ci illustri nel dettaglio ogni frattura che ti sei procurato durante la tua interminabile adolescenza – disse Nerdanel, poi rivolse a Morifinwë uno sguardo che lo invitava a dire la sua.

Lui esitò.

Il ricordo del suo ultimo fallimento bruciava ancora, nonostante fosse passato quasi un anno: nella gara di nuoto aveva subito una vergognosa sconfitta da parte di suo cugino Angaráto, che non era molto più grande di lui.

Neanche gli avesse letto nel pensiero, Tyelkormo disse: – È l’ultima occasione che hai di battere quello sbruffone di Arafinwion, sai che l’anno prossimo verrà inserito nella categoria adulti.

E gli offrì il vassoio della carne, come se Morifinwë potesse continuare a mangiare dopo che era stato tirato in ballo l’argomento gare. Sentiva lo sguardo del padre su di lui e aveva lo stomaco chiuso perché sapeva di essere stato una delusione, l’unico dei suoi figli che non aveva portato a casa una vittoria.

– Lo so – ammise, guardando nel suo piatto vuoto, e sentì il bisogno di giustificarsi: – L’anno scorso sono partito male, e in più ero affaticato perché il giorno prima…

– Non andare sempre alla ricerca di scuse, Morifinwë – lo interruppe Fëanáro.

Morifinwë deglutì: – No, papà.

Poi aggiunse, sapendo che era ciò che il padre voleva sentire: – Non ho intenzione di ripetere gli stessi errori.

Ed era la verità, si era allenato duramente nelle ultime settimane; ogni volta che aveva potuto era sceso al lago e aveva nuotato fino allo sfinimento.

– Io parteciperò solo all’equitazione – disse Russandol, e Morifinwë capì che l’aveva fatto apposta per sviare l’attenzione da lui e gliene fu grato. – Non sono riuscito ad allenarmi molto e sono certo che finirei per fare brutta figura in altre discipline.

– Ne dubito – disse Makalaurë, a mezza voce.

– Tu, Findekáno, a cosa ti sei iscritto? – domandò Erlindiel.

Findekáno mise giù le posate e contò sulle dita: – Dunque. Equitazione – e lanciò uno sguardo a Russandol alla sua sinistra, – arrampicata, tuffi…

– Noto che hai accuratamente evitato le discipline in cui concorro io – intervenne Tyelkormo, che eccelleva nel tiro con l’arco, nella corsa e nella lotta.

– … e tiro con l’arco. Contro di te, sbruffone – concluse Findekáno.

Curufinwë si sporse oltre al padre per guardare il cugino seduto due posti dopo di lui. – Quella è una mia prerogativa – disse.

Findekáno inarcò un sopracciglio: – Il tiro con l’arco?

– Insultare mio fratello.

– Perché non partecipi anche tu, Atarinkë? – chiese Nerdanel, senz’altro per interrompere una lite nascente.

– Nella categoria “bambini”? – disse il piccolo, con una smorfia di disgusto sulle labbra.

– No, in quella “petulanti rompiscatole”, se solo ci fosse – non riuscì a trattenersi Morifinwë, – in quale altra categoria vorresti competere? Tu sei un bambino.

Findekáno rincarò la dose: – Se vuoi ti iscrivo alle gare a cui partecipa la mia sorellina.

Curufinwë non si lasciò intimidire: – Se vuoi dico a tutti cosa fai quando…

– Bene! – interruppe Nerdanel alzando una mano, – dichiaro chiuse le ostilità per stasera, non dimenticatevi che abbiamo ospiti – aggiunse, chiaramente riferendosi a Erlindiel.

– Grazie zia – fraintese di proposito Findekáno, – ma non occorre che mi difendi…

Russandol si girò verso di lui: – Mangia e taci, per una volta – lo rimproverò, ma con quel sorriso particolare, che saliva fino agli occhi, e che riservava solo al suo più caro amico.

Morifinwë sentì sua madre accanto a lui che allungava una gamba sotto il tavolo.

Fëanáro, di fronte a lei, ebbe un impercettibile sussulto e subito si rivolse a Erlindiel dicendo: – Sapete già dove alloggerete ad Alqualondë?

E la conversazione riprese su toni più miti, e in breve si frammentò in un chiacchiericcio tranquillo.

Morifinwë osservò Russandol che parlava a bassa voce con Findekáno, e suo padre, chinato verso Curufinwë che ascoltava il piccolo con attenzione, mentre Tyelkormo lo interrompeva con commenti più o meno ironici nel chiaro tentativo di infastidirlo, e sua madre, girata verso la coppia di fidanzati, che discuteva dei preparativi per le nozze.

Non per la prima volta, si chiese se avrebbe mai avuto un posto nella sua famiglia come sembravano averlo tutti gli altri.

 

 


NOTE

Grazie a chi ha letto!

La Grande Marcia (Great March), o Grande Viaggio (Great Journey), è il lungo viaggio che ha condotto gli Eldar dal luogo del Risveglio, nella Terra di Mezzo, fino in Aman.

Nomi canonici, conversione Quenya - Sindarin
Morifinwë, Carnistir = Caranthir
Findekáno = Fingon
Tyelkormo, Turkafinwë = Celegorm
Fëanáro = Fëanor
Curufinwë, Atarinkë = Curufin
Makalaurë, Kánafinwë = Maglor
Russandol = Maedhros
Angaráto = Angrod
Arafinwion = figlio di Arafinwë, cioè di Fingolfin

Personaggi di mia invenzione
Erlindiel, la fidanzata di Makalaurë. Nome composto da Er- (one, alone, single) e linda (singer), interpretabile come: “la fanciulla che canta da sola”
Arsanarwë, il maestro di matematica di Morifinwë

Nomi di mia invenzione
Minulvórë, la festa di fine estate, o della vendemmia. Si potrebbe tradurre come “primo autunno”, perché Ulvórë è il nome che ho dato a una stagione simile al nostro autunno (maggiori spiegazioni, per chi le vorrà, nel prossimo capitolo)

  
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