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Autore: Ghost Writer TNCS    07/01/2023    2 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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29. Un esercito infinito

Come previsto da Havard, il sisma causato dal pianeta aveva reso molto più facile conquistare la città di Gurtra: con le mura parzialmente crollate e i difensori ancora nel panico, il figlio di Hel era riuscito a guidare i suoi uomini alla vittoria, e aveva costretto il figlio di Nergal a una frettolosa ritirata.

Ma catturare Gurtra era solo una parte del piano: come per ogni conquista, doveva consolidare il suo controllo sulla città, e questa volta il Clero sembrava determinato a impedirglielo a qualsiasi costo. Ormai non si trattava più di difendere una città strategia e le miniere circostanti: i servi degli dei volevano porre fine alla sua ribellione una volta per tutte.

«Znakkar, spostatevi verso la breccia!» ordinò il pallido con un messaggio mentale a uno dei suoi capitani.

Era passata una settimana dalla presa della città, e quella era già la terza volta che si misuravano con le truppe del Clero per difenderla. Grazie alle bacchette erano riusciti a riparare le mura molto velocemente, ma gli inquisitori nemici erano altrettanto abili a usare le loro benedizioni per distruggerle nuovamente.

«Morgran, concentratevi sul drago artico!» ordinò il figlio di Hel puntando il suo bastone d’ossa contro il rettile bianco. Al contrario della maggior parte dei draghi, i draghi artici sputavano ghiaccio, e quell’esemplare particolarmente robusto aveva già congelato un gran numero di truppe.

Il capitano dei cavalieri, un demone dai tratti aguzzi, ricevette l’ordine grazie alla telepatia e subito guidò la sua squadra contro il bersaglio.

Sebbene gli inquisitori disponessero di cavalcature più grandi e potenti, il cielo era l’unico ambito in cui le truppe di Havard potevano vantare una superiorità numerica. E il merito era tutto di Zabar: mentre il Clero doveva allevare la maggior parte dei suoi draghidi, la magia di doma del demone gli consentiva di sottomettere praticamente ogni draghide selvatico, rendendo molto più rapido l’ottenimento di nuove unità.

Proprio grazie a questa disparità l’inquisitore nemico si ritrovò improvvisamente circondato da una decina di draghidi. La sua cavalcatura spalancò le fauci e scatenò un torrente di ghiaccio che congelò un paio di nemici, ma gli altri cavalieri lo investirono con gli incantesimi delle loro bacchette e riuscirono ad abbatterlo.

Havard osservò la scena solo di sfuggita, perché la sua attenzione era già rivolta verso la nuova schiera di nemici diretta verso il portone principale. Il figlio di Hel si trovava proprio sulle mura poste sopra l’ingresso perché da lì poteva seguire l’evolversi dell’intera battaglia. Una grande e sanguinosa battaglia, tanto violenta quanto quelle a cui aveva assistito nei giorni precedenti. Vedeva cadaveri ovunque e non c’era momento in cui non avvertisse un’anima lasciare il proprio corpo. Molte svanivano nel regno di infernale di Nergal, altre in quello di sua madre, ma ce n’erano anche alcune che sfuggivano a entrambi e che restavano nel regno dei mortali, tramutandosi in spiriti inferiori. Avrebbe dovuto occuparsi anche di loro, ma non era quello il momento.

Il fragore di un corno ruppe improvvisamente il trambusto della battaglia, imitato poco dopo da altri della stessa tonalità: era il segnale per le truppe del Clero di ritirarsi. La battaglia andava avanti da ore e il sole stava per tramontare: gli attaccanti erano stremati almeno quanto i difensori.

Il figlio di Hel osservò i nemici che si allontanavano, questa volta in maniera un po’ più lenta e ordinata delle precedenti. Ciò che non cambiò fu la distesa di cadaveri che si lasciarono dietro: soldati del Clero soprattutto, ma anche centinaia di guerrieri di Havard.

Anche i seguaci di Havard si ritirarono all’interno di Gurtra, visibilmente provati dalla dura battaglia, e sempre meno numerosi. I guaritori erano già pronti per assisterli, così come le squadre incaricate di riparare le mura. Dovevano agire in fretta: il Clero poteva tornare all’attacco in qualsiasi momento.

Come dopo ogni battaglia, Havard si riunì con i suoi capitani per avere un resoconto delle perdite e pianificare le mosse future. Anche questa volta il responso fu impietoso.

«Se continua così, resisteremo al massimo ad altre due battaglie» affermò Bah’soit, il troll a capo della fanteria pesante.

«Non resisteremo più di due giorni in ogni caso se non troviamo altro cibo» ribatté un orco dalla carnagione particolarmente scura, quasi nera. «Stiamo già ricevendo razioni ridotte: come facciamo a combattere a stomaco vuoto?»

«Non abbiamo notizie dei rifornimenti?» chiese il demone a capo dei cavalieri di draghidi.

«Se tutto va bene, dovrebbero arrivare insieme ai rinforzi» spiegò Reton, il vicecomandante nonché leader della fanteria. «Non prima di sei giorni.»

«Sei giorni?! Non dureremo sei giorni!» esclamò l’orco dalla carnagione scura. «Dobbiamo prendere il cibo dai cittadini!»

«Non farò patire la fame agi abitanti di Gurtra» dichiarò Havard. «Se ci vedono come dei predoni, si rivolteranno alla prima occasione, e a quel punto saremo spacciati.» Prima che il suo subordinato potesse ribattere, il pallido proseguì: «Ma condivido la tua preoccupazione. Se necessario abbatteremo il bestiame presente in città per rifornire le scorte di carne.»

«E come facciamo per la mancanza di uomini?» chiese Bah’soit. «Per quanti ne uccidiamo, gli dei continuano a mandare nuove truppe.»

«Abbiamo già reclutato tutti gli uomini in città» ammise Reton. Si voltò verso Havard. «Se i rinforzi non arrivano in tempo, ci schiacceranno.»

Il pallido era consapevole della gravità delle circostanze in cui si trovavano, ma nei suoi occhi ardeva ancora la determinazione. «La nostra situazione è difficile, è vero. Gli dei stanno mandando contro di noi tutto ciò che hanno pur di distruggerci.» Li guardò con intensità. «Ma non ci sono ancora riusciti. E non ci riusciranno finché resteremo uniti e combatteremo per ciò in cui crediamo.» Di nuovo fece una breve pausa. «Saremo anche a corto di cibo, ma lo stesso vale per i nostri nemici: neanche il Clero ha mai affrontato un assedio così lungo, e avere più uomini vuol dire che hanno bisogno di molto più cibo di noi: vi assicuro che i nostri nemici saranno affamati quanto noi. Ma soprattutto ricordate questo: gli dei avranno anche più soldati, ma gli unici che dobbiamo davvero temere sono gli inquisitori. E per ogni inquisitore che uccidiamo, gli dei perdono una pedina insostituibile.» La sua voce era ferma e risoluta. «Il nostro vantaggio è che ognuno di voi è meglio equipaggiato dei nostri nemici, e finché sfrutteremo questo vantaggio, potremo resistere. Quindi d’ora in avanti ci concentreremo sulla difesa. Voglio più uomini sulle mura: dobbiamo sfruttare tutte le bacchette disponibili. Anche i fabbri-alchimisti si uniranno a noi per supportarci.» Guardò Qraxàr, il capo di tale squadra. «So che non siete dei guerrieri, ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti.»

Il goblin annuì. «Faremo del nostro peggio.»

«La fanteria resterà all’interno della città per respingere i nemici che riusciranno ad aprire una breccia. Dovrete essere rapidi a spostarvi e compatti durante gli scontri: con i nuovi scudi a torre vi basterà pressare i nemici per spingerli all’esterno.»

Questa volta furono Reton e altri tre orchi ad annuire.

«Bah’soit, i troll dovranno dividersi in vari gruppi per supportare le altre unità. E concentratevi anche voi sulla difesa: non voglio nessuno fuori dalle mura.»

«Mi assicurerò che nessuno si allontani» confermò l’imponente guerriero.

«Morgran, voi cavalieri continuate a occuparvi degli inquisitori. Se perdiamo il controllo del cielo siamo finiti, quindi fai tutto il necessario per mantenere i vostri draghidi nel pieno delle forze.»

Il demone fece spallucce. «Con tutti questi cadaveri, almeno loro non patiscono la fame.»

Havard si assicurò di dare disposizioni dettagliate a tutti i suoi capitani, così che ognuno di loro sapesse esattamente cosa fare.

«Combattete per vincere e senza sprecare le forze» si raccomandò. «Costi quel che costi, noi terremo Gurtra.»

I suoi uomini annuirono con decisione, dopodiché si congedarono per andare a prepararsi alle future battaglie.

Rimasto solo, il figlio di Hel si sedette su quello che in precedenza era il trono del governatore della città. Era uno scranno alto e solenne, fatto di grandi ossa di animali, pelliccia e tenuto insieme da piastre di ferro di fattura discreta.

Qualcuno bussò al portone di legno della stanza.

«Avanti.»

Nambera spinse con tutte le sue forze per aprire il pesante battente. «Mi hai chiamato?»

Havard annuì. «Qual è la situazione dei feriti? Quanti potranno tornare a combattere?»

«Alcuni hanno delle ferite piuttosto gravi, ma almeno un terzo dovrebbero riuscire a tornare in campo entro una settimana.»

«Non abbiamo una settimana. Quanti saranno pronti per domani?»

«Domani?» L’anziana orchessa ebbe un attimo di esitazione. «Una ventina forse. Ma non resisteranno a lungo una volta incontrati i nemici.»

Il pallido si fidava del giudizio di Nambera, per questo non gli piacque per nulla quella risposta.

«Dunque, i rinforzi non arriveranno molto presto, vero?» esalò la donna.

«Potrebbero non arrivare affatto» ammise Havard a bassa voce. «Per quanto ne sappiamo, gli uomini del Clero potrebbero aver intercettato i messaggeri, o anche le truppe stesse.» Serrò i pugni. «Siamo troppo pochi, siamo sempre troppo pochi. Per ogni nemico che uccidiamo, ce ne saranno sempre altri dieci pronti a prenderne il posto. E nel frattempo i miei uomini continuano a morire.»

«Noi stiamo facendo il possibile per curare i feriti, ma…»

«Non sto dicendo che è colpa dei guaritori» la interruppe il pallido. «Dico che ho bisogno di più soldati. Molti più soldati.» Guardò Nambera dritto negli occhi. Dalle sue iridi verde chiaro spirava determinazione e consapevolezza. «Tanti quanti le pile di cadaveri dentro e fuori questa città.»

L’anziana orchessa esitò. «Non… Non mi dirai che…»

Il figlio di Hel annuì gravemente.

Nambera abbassò lo sguardo.

Havard si alzò e la raggiunse. «Lo capirò se non sarai d’accordo.»

Lei sollevò la testa di scatto. «Certo che non sono d’accordo! Come sacerdotessa di Hel e come la donna che ti ha cresciuto, non posso essere d’accordo!»

«Mi dispiace, ma devo farlo. E lo farò. Spero riuscirai a perdonarmi.»

Nambera scosse mestamente il capo. Gli poggiò la mano sul cuore. «No, Havard. Se davvero comprendi la gravità di ciò che vuoi fare, sarai tu a dover perdonare te stesso.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Dopo qualche capitolo dedicato a Tenko, D’Jagger e compagnia, è giunto il momento di vedere come se la sta cavando Havard. Il figlio di Hel è ancora a Gurtra, e sta affrontando un duro assedio messo in atto dalle ben più numerose truppe del Clero.

Ma c’è una soluzione. Una soluzione che a Nambera non piace, e che lo stesso Havard avrebbe sicuramente preferito evitare. Non ho voluto rivelare di cosa si tratta, ma immagino riuscirete a farvi un’idea ;)

Dunque è tutto per il momento.

A presto e buon 2023 :D


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