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Autore: Red_Coat    07/01/2023    1 recensioni
"Per tutto questo tempo ho passato ogni singolo giorno della mia vita cercando un modo per riunirmi alla mia famiglia. Per riavere mia madre e mio padre, e dire loro quanto mi siano mancati. Ho speso tutto quello che avevo ... pur di poterli salutare un'ultima volta.
Se sono arrabbiata?? Si. Decisamente. Mi fa rabbia che anche il più grande potere del mondo non sia in grado di far nulla per aiutarmi!"
Emilie Gold è l'unica figlia femmina del Signore Oscuro e della sua amata Belle. Cresciuta nell'amore, curiosa come sua madre e abile nella magia come suo padre, ben presto si renderà conto di quanto il tempo possa essere paziente medico e al contempo spietato nemico. E nel tentativo di rendere possibile l'impossibile, scoprirà quanto il prezzo della magia possa essere alto, e quanto il Maestro tempo possa realmente cambiare anche il più oscuro dei cuori.
(coppie: SwanFire; RumBelle. Questa storia è una rivisitazione degli eventi della serie, potrebbero esserci spoiler così come potrebbero esserci coppie canon mai nate o fatti importanti della trama mai accaduti. Il punto di partenza dalla fine della terza stagione.)
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Baelfire, Belle, Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Episodio X – Chi ha paura del drago
 

Passato,
Epoca post primo sortilegio,
Monte Olimpo.


Era fatta. Dopo aver superato lo scoglio del fiume delle anime e aver permesso agli dei di mettere alla prova il suo cuore di figlia devota, Emilie Gold proseguì sicura il cammino che restava da fare, convinta che niente e nessuno potesse più frapporsi fra lei e il nuovo lieto fine per la sua famiglia.
Attraversarono i vasti campi che circondavano l'Olimpo, fu una traversata più lunga del previsto che costò loro due giorni e mezzo di cammino lungo le sponde del fiume, ora diventato un placido torrente. Non fu spiacevole, anzi. Il clima mite e il terreno fertile offrirono ore di sole a sufficienza per permettere alla giovane Gold di migliorare la sua abilità con l'arco e cibo e acqua fresca in abbondanza per risollevare il morale e la salute della banda di Robin Hood.
Tuttavia, una volta giunta a pochi chilometri dall'ingresso della caverna in cui era imprigionato il dio del tempo, un'ombra calò sul suo cuore.
Era l'alba, il sole appena sorto illuminava una pianura spoglia e sassosa ricoperta da grossi massi caduti dalla cima del grande Monte, voragini, scheletri anneriti ed enormi chiazze di fuliggine lungo tutto il sentiero tortuoso che conduceva all'ingresso buio dell'enorme antro, ben visibile anche da quella distanza.
Nascosti dietro la barriera sassosa che delimitava il confine dell'area, Robin Hood, Emilie Gold e un piccolo gruppo di uomini osservarono attentamente il campo di battaglia.
 
«Per tutti i diavoli...» mormorò stupefatto Will Scarlett, lasciando scorrere gli occhi su tutta quella desolazione.
«A quanto pare non siamo i primi ad aver tentato questa impresa.» commentò Robin Hood, facendosi pensoso e rivolgendo la sua attenzione ad Emilie, che gli stava accanto.
 
Lo fecero tutti, e solo allora si accorsero di una strana luce nel suo sguardo. Non li stava ascoltando, osservava a occhi sgranati il cielo e tratteneva il fiato, a bocca spalancata.
Sembrava avesse paura... anzi terrore.
Milan fu la prima a capirlo, e provò a riscuoterla toccandole la spalla e chiamandola per nome. La vide riaversi bruscamente, rivolgendole uno sguardo spaesato.
 
«Qualcosa non va?» chiese.
 
Alle sue spalle Ewan le rivolse uno sguardo preoccupato, vedendola tacere, visibilmente a disagio.
A centrare il punto, senza volerlo in realtà, fu il Fante di Cuori.
 
«Che c'è?» la canzonò con disinvoltura «Non mi dire che hai paura di un drago?»
 
Ma quella battuta parve non piacere affatto alla figlia del Signore Oscuro, che gli rivolse uno sguardo gelido e tagliente, talmente tanto che se si fosse trattato di una spada lo avrebbe di sicuro ucciso sul colpo.
Si zittì, rabbrividendo e abbassando gli occhi.
 
«Emilie...» le disse Ewan, tentando di incoraggiarla «Non sarai da sola, se vuoi. Noi ti guarderemo le spalle.»
«Ewan ha ragione.» confermò Robin Hood «Non dovrai preoccuparti, al bestione pensiamo noi. Tu pensa a portare a termine la tua missione.»
 
Continuando a tacere, Emilie tornò a fissare gli scheletri che costellavano il sentiero.
"Io... non ho paura" pensò, sentendo il cuore tremare come gelatina. Era vero, in un certo senso. Non aveva paura della morte, quella dei suoi genitori le aveva insegnato ad affrontarla, né dell'ignoto, o di un qualsiasi altro pericolo. Avrebbe affrontato anche un dio per amore di suo padre, ma la paura era qualcosa di razionale, nulla che non si potesse risolvere conoscendo ciò che poteva provocarla.
Ben diversa era una fobia, come quella che provava lei verso i draghi.
Quei mostri alati, dalle grandi zanne e gli occhi vitrei, capaci di scuotere un monte con un ruggito e abbattere una foresta con un solo alito di fuoco.
Aveva radici antiche, quel suo terrore, talmente tanto che non era ancora riuscita a capire né quando avessero attecchito né quale fosse stata la vera causa.
Suo padre era stato definito da tutti un codardo prima di diventare un Signore Oscuro, un uomo negletto, capace di lasciarsi spaventare perfino dalla propria ombra. Quell'onta lo aveva perseguitato per molto tempo prima che qualcuno riuscisse a insegnargli il coraggio, talmente tanto che perfino dopo la nascita dei suoi due figli, Gideon ed Emilie, aveva continuato a sentirsi tale a volte, costringendo Belle a rassicurarlo, seguitando paziente a ricordargli quanto in realtà le sue stesse azioni avessero reso quelle accuse nulle da tempo ormai.
Lentamente quelle rassicurazioni avevano sortito il loro effetto ed Emilie era cresciuta ammirando un Tremotino disposto ad affrontare tutto pur di proteggere la propria famiglia oltre che se stesso.
Le aveva insegnato il coraggio, diventando assieme a Belle un esempio da imitare anche in questo campo.
Eppure, un piccolo seme di quella codardia doveva essere rimasta sepolta nei geni che le aveva trasmesso, fino a che un giorno, del tutto inaspettatamente, non si era palesata ai suoi occhi.
Aveva sedici anni, e come sua madre era un'avida lettrice di libri di ogni genere. Soprattutto, amava leggere la sera, prima di scivolare nel patinato mondo dei sogni.
Leggeva favole, o racconti di avventure ambientati in ogni luogo del mondo, in modo da avere un mondo sempre diverso da visitare in sogno. Una sera era intenta a leggere un volume che racchiudeva antiche leggende della foresta incantata quando, voltando pagina, si ritrovò di fronte a un'illustrazione piuttosto realistica di un drago nell'atto di spalancare le sue fauci verso il lettore.
Era un libro incantato, quindi come tutte le altre illustrazioni che conteneva anche quella sembrava muoversi, come se volesse uscire fuori dalla cornice d'oro che la intrappolava.
Forse fu anche merito del buio totale e del silenzio che l'avvolgevano, che resero più vividi i colori e i movimenti. Di fatto, fu colta da un terribile spavento che la indusse a tapparsi la bocca per non urlare e a richiudere il libro, gettandolo lontano.
Per fortuna nessuno la sentì, perché suo fratello era partito per l'università e i suoi genitori erano fuori a guardare le stelle, stretti in un abbraccio.
Ma il cuore seguitò a batterle in gola per un bel po', gli occhi si riempirono di lacrime e per un po' non fu in grado di chiudere occhio, fissando il buio di fronte a sé a palpebre sgranate, come se temesse che quell'orrida creatura potesse ripresentarsi non appena lei avesse smesso di guardare.
Quella fu la prima volta che le capitò di vedere un drago, anche solo attraverso le pagine di un libro. E seguitando ad alimentare inconsciamente quella suggestione da quel giorno stette ben attenta a evitare in ogni modo quell'argomento, anche solo menzionando quella parola, cercando invano nel frattempo di capire da cosa derivasse quel suo terrore.
In fondo, volendo essere razionali, non era stato che un attimo di sorpresa, e dopo quel giorno aveva avuto modo di assistere a molte altre manifestazioni anche più terrificanti, prima fra tutte la visione della versione peggiore di suo padre, il Coccodrillo del Desiderio.
Eppure null'altro era stato capace di provocarle quel terrore paralizzante che l'aveva colta quella sera e che continuava a intrappolarla ogni volta che provava anche solo a pensarci.
"Io non ho paura..." si ripeté, seguitando nel frattempo a fissare negli occhi uno a uno i suoi compagni di viaggio mentre il desiderio di scappare via lontano da quel posto il più veloce possibile si faceva sempre più pressante.
"Non temo gli scheletri, né il buio, la solitudine, men che meno la magia nera o il Signore Oscuro."
Ma i draghi, quelli sì. Di quelli aveva un terrore spropositato, che trasformò i suoi più grandi propositi in cenere e le sue gambe in neve sciolta al calore del sole.
Sospirò, rendendosi conto di dover fare o dire qualcosa.
Tornò a guardare negli occhi l'unico presente che fosse stato in grado di far breccia nel suo cuore, e d'improvviso si ricordò del più grande insegnamento ricevuto.
Il vero amore rende possibile ogni cosa, perfino far nascere il coraggio in un cuore ormai assuefatto alla paura.
Annuì, seguitando a guardare il suo arciere, che le sorrise annuendo a sua volta.
 
«Io...» iniziò, ma dovette fermarsi di nuovo, scuotendo con vigore il capo per tentare di allontanare un altro brivido «Avete ragione, non posso rinunciare proprio ora.»
 
Quindi si alzò, e stringendo la mano con l'anello regalo di suo padre al petto decise.
 
«Andiamo. Entro stasera l'occhio di Cronos sarà mio, costi quel che costi.» poi si voltò verso tutta quella desolazione e aggiunse sottovoce, determinata «Te lo giuro, papa. Gli altri ci hanno provato, io ci riuscirò.»
 
Più facile a dirsi che a farsi in realtà.
 
***
 
Non appena Will, Mulan, Ewan ed Emilie Gold misero piede sul "suolo sacro" oltre la barriera di roccia, il drago che se ne stava accucciato all'ingresso della caverna lo percepì e si alzò, guardando verso di loro, ancora troppo distanti per accorgersi di lui.
Lo fecero quando, ruggendo, si levò in volo spiegando le sue enormi ali dorate e dirigendosi a gran velocità nella loro direzione.
 
«Oh, accidenti...» mormorò preoccupato Will Scarlett.
 
Ewan fece per rivolgersi alla sua amata, al suo fianco, ma la vide chiudere gli occhi e partire in quarta verso la caverna, la mano con l'anello stretta a pugno sul cuore. Corse più che poteva, continuando a tenere gli occhi fissi sull'antro e cercando di ignorare tutto il resto, incluso il folle terrore che di nuovo s'impadronì di lei.
 
«Voi pensate al drago, io la seguo!» decise Ewan.
 
Mulan annuì, sicura.
 
«Va'!» rispose sfoderando la spada.
 
Will non riuscì a reagire, ritrovandosi da solo assieme alla donna e vedendo il bestione avvicinarsi sempre più a loro, ruggendo e tagliando l'azzurro del cielo con soffi d'alito infuocato.
 
«Dannazione!» esclamò, contrariato.
 
Ma quanto doveva costargli avere la possibilità di stringere tra le mani quel maledetto occhio? Aveva sperato che fosse la figlia di Tremotino a pagare il prezzo più alto, invece...
Frenò bruscamente i pensieri, perché la sua compagna d'armi era già corsa in aiuto di Gold e del suo "scudiero", perché il drago si stava dirigendo verso di loro.
Sospirò spazientito, quindi strinse di più il suo arco e mormorò
 
«Se non fosse per quello stupido patto! Comincio a chiedermi se ne valga la pena.» quindi scattò anche lui, accorrendo a dare man forte agli altri tre mentre alle loro spalle Robin Hood e la sua banda organizzavano una buona retroguardia.
 
 ***
 
Emilie corse fino a non sentire più le gambe, fino a che il fiato riuscì a uscire dal petto.
Poi, d'improvviso il drago ruggì alle sue spalle, troppo vicino, e lei si lasciò sfuggire un grido.
Fece appena in tempo a nascondersi dietro a una roccia larga quanto bastava per riparare un uomo inginocchiato o seduto, che il drago rovesci proprio a pochi metri da lei tutto il fuoco e lo zolfo di cui era capace.
 
«Emilie!» gridò Ewan, vedendola scomparire dietro la roccia e sentendo il suo urlo.
 
Ma lei era troppo terrorizzata e il ruggito del drago troppo forte perché riuscisse a udirlo.
Strinse le ginocchia al petto sprofondando il viso dietro di esse e strizzando le palpebre chiuse, annaspando e piangendo come una bambina.
"No!" pensò "Non ce la faccio, papa. Non ci riesco!"
Negletta, umiliata, già sconfitta.
Fu così che la trovò Ewan, e quando le sfiorò un braccio per tentare di risvegliarla lei sobbalzò, lanciando un altro urlo.
 
«Sono io, sono Ewan! Emilie, sono io...» si affrettò a ricordarle, guardandola negli occhi e vedendola lentamente riprendere il controllo di sé stessa, mentre le voci di Mulan e Will Scarlett si facevano sempre più vicine.
 
Erano riusciti a distrarre il drago, ma non sarebbe durata a lungo.
Solo che...
 
«Ewan...» piagnucolò disperata la giovane Gold, poi scosse il capo, sempre più decisa, aggrappandosi a lui.
 
Il ragazzo sorrise intenerito.
 
«Emilie, ricordati perché sei qui.» la incoraggiò «Tuo padre. Il tuo lieto fine.»
 
Ma lei riprese a singhiozzare, abbassando gli occhi e scuotendo di nuovo la testa.
 
«Non ci riesco. Non riesco a muovermi. Io...» un singhiozzo la interruppe «Ho troppa paura.»
 
A quel punto il ragazzo sospirò, cercando di farsi venire un'idea, un modo giusto per aiutarla e ridarle coraggio.
Ci pensò su un istante, poi annuì.
 
«D'accordo.» disse, avvicinandosi e tenendo le braccia «Aggrappati a me.»
 
Finalmente la ragazza sembrò riaversi. Riaprì gli occhi e li puntò stupefatta nei suoi, sinceri e sicuri.
 
«Cosa?» domandò incredula.
«Forza.» la incoraggiò l'arciere scocciandole un occhiolino «Non abbiamo molto tempo, la caverna è a pochi passi e ci basterà entrare per essere al sicuro. Aggrappati a me e chiudi gli occhi, ti ci porterò io.»
 
Impressionata e grata, d'un tratto Emilie sentì uno strano calore impadronirsi del suo cuore, e non ebbe più alcun dubbio.
Obbedì, avvolgendogli le braccia attorno al collo e sprofondando il capo nel suo petto forte, che sapeva di foresta, e libertà.
Sentì il battito regolare del suo cuore, e un nodo le si legò in gola. Chiuse gli occhi e cercò di non pensare al drago, al suo ruggire, alla puzza di morte e zolfo che li circondava, e al calore del fuoco che li opprimeva.
E proprio allora accadde l'ennesimo miracolo, anche se lì per lì lei non riuscì ad accorgersene.
L'anello che portava al dito tornò a illuminarsi, quel sentimento strano, di calore e fiducia, appena nato sembrò amplificati e la sua mente si riempì di ricordi.
Sua madre, suo padre, i loro sorrisi, i loro baci, tutte le volte che il solo ricordo dell'altro li aveva salvati e risvegliati.
Scoppiarono silenziosamente nella sua testa e nel suo cuore, spazzando via tutto il resto e circondando come una meravigliosa cornice l'amore che si era resa conto di provare per quel ragazzo. All'improvviso non ebbe più alcun dubbio, e come emergendo da quel sogno meraviglioso l'immagine del Tremotino alla fine del Tempo tornò da lei, guardandola e sorridendole.
 
«Papa?» chiese, confusa e stupita.
 
L'uomo la strinse a sé, teneramente; grazie al potere dell'anello che portava al dito per un breve attimo il Tremotino alla fine del Tempo riuscì a farsi nuovamente avvertire da lei, poi la lasciò andare e il calore del suo abbraccio e il battito del suo cuore si confusero con quelli del giovane arciere che, senza mai guardarsi indietro, la strinse forte e riuscì a portarla sana e salva oltre la soglia della caverna, al sicuro dal peggiore dei suoi incubi.
 
«Emilie, apri gli occhi. Siamo al sicuro adesso. Siamo arrivati.» la risvegliò dolcemente.
 
Confusa, avvolta in un piacevole torpore, le guance imporporate e i sensi ancora storditi da quello strano déjà-vu, la ragazza obbedì, ma nel momento in cui i loro occhi s'incontrarono vide la luce dell'anello sfavillare ancora per un attimo prima di spegnersi di nuovo, e d'un tratto ogni cosa le fu chiara.
Arrossì, fissandolo come se lo vedesse per la prima volta. E lui fece lo stesso.
In quell'attimo, le loro labbra iniziarono ad avvicinarsi ma la voce di Mulan li interruppe.
 
«State bene?» domandò.
 
Era appena entrata nella caverna dando loro le spalle, senza accorgersi di averli interrotti.
 
«Oh, io direi che stanno alla grande. Anche meglio di noi.» aggiunse Will con un mezzo sorriso, guardandolo e spingendo anche la guerriera a farlo.
 
L'attimo era passato, ma era stato troppo intenso per essere ignorato.
Sorridendole e arrossendo a sua volta, Ewan la lasciò andare, permettendole di tornare coi piedi per terra. Non appena l'ebbe fatto, Emilie avvampò abbassando gli occhi e accennando ad un inchino, allargando le braccia e mormorando un sincero e imbarazzato.
 
«Grazie...»
 
L'arciere si portò il pugno chiuso al petto, annuendo con amore e profondo rispetto, lanciandole un lungo, eloquente sguardo prima di rispondere con altrettanta sincerità.
 
«Nessun problema.»
 
Rispettando la loro intimità, Mulan sorrise distogliendo lo sguardo. Diversa fu la reazione di Will Scarlett, che li osservò tristemente, un peso sul cuore.
L'attimo in cui il vero amore trova la forza di sbocciare. Lo ricordava bene, anche troppo. Ed era talmente grande il rimorso per aver permesso a quel fiore di appassire che sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa pur di tornare indietro e concedersi una seconda possibilità.
Qualsiasi cosa. Anche ad un patto col Signore Oscuro, o in alternativa con sua figlia.
Un rumore li distrasse riportando le loro menti alla realtà. Era un forte tonfo, che scosse il terreno talmente forte da far vacillare i loro piedi.
Mulan allargò le braccia cercando di ritrovare l'equilibrio, Will Scarlett fu costretto a cadere in ginocchio. Emilie ed Ewan invece si ritrovarono a sorreggersi a vicenda, rivolgendosi un sorriso.
L'arciere le strinse la mano, e in quel semplice gesto la giovane Gold si ritrovò, riacquistando quel coraggio e quella sicurezza capaci di condurla fino alle pendici del monte Olimpo e anche oltre. Al cospetto del Tempo.
D'un tratto, una voce cavernosa tuonò giungendo dal fondo della grotta, ove si era accesa una fioca luce come quella di una torcia.
 
«Venite avanti, voi!» disse calma ma autoritaria.
 
I quattro si guardarono facendosi seri e tornando a ergersi saldi, uno di fianco all'altro, formando una squadra compatta.
Ewan presa la mano della sua amata, sorridendole e annuendo. Lei lo lasciò fare, restituendogli il sorriso con dolcezza.
Quindi guardò Mulan alla sua destra, e prese anche la sua, spingendola a fare lo stesso con un sempre più esitante Fante di Cuori, che rimase per un istante di troppo a fissare quel palmo aperto verso di lui prima di decidersi ad accettare e unirsi alla squadra.
A convincerlo del tutto fu lo sguardo cupo che Emilie Gold gli rivolse, come a ricordargli del loro tacito accordo.
"Vuoi l'Occhio? Allora guadagnatelo."
Sospirò, quindi afferrò la mano di Mulan e insieme, tutti e quattro, iniziarono ad avanzare verso l'ombra che si stagliava sull'enorme parete alla fine del lungo corridoio di fronte a loro.
Ad attenderli, trovarono un enorme ciclope barbuto, vestito con una lunga tunica del colore della notte e seduto su un trono d'oro, al centro di una stanza quasi del tutto spoglia, fatta eccezione che per le torce appese alle pareti e un enorme tavolo di legno su cui era aperto un libro altrettanto importante era troppo in alto per riuscire a scorgerne il contenuto, ma Emilie non ne ebbe bisogno, così non ebbe bisogno di chiedersi come mai l'unica palpebra del gigante fosse chiusa.
C'era un medaglione d'oro zecchino al centro del suo petto, di forma allungata con al centro una gemma che, non appena loro fecero il loro ingresso nella stanza si animò, trasformandosi in una grossa cornea al cui centro brillava una pupilla azzurra e limpida come il cielo fuori da quel covo.
Ne furono sorpresi. Tutti tranne lei, che lo fissò con vittoriosa soddisfazione.
Eccolo, finalmente. L'occhio di Cronos, e con lui il libro in cui il dio prendeva nota di ogni evento fondamentale, decidendo così i punti fissi nel tempo, e il destino di ogni anima.
Ora non le restava che impossessarsene, ma prima c'era un'ultima questione da risolvere.
Lentamente, il gigante alzò una mano verso di lei, mentre quel gigantesco occhio prese a osservarla fissandola quasi volesse tentare di guardarle nell'anima.
Mentre Ewan e Mulan cercavano di non perdere di vista la sicurezza del gruppo, Will Scarlett osservò con attenzione la figlia del Signore Oscuro, vedendola sostenere con incredibile maestria quello sguardo penetrante e rabbrividendo assieme a tutti gli altri quando senti il dio esordire, con solennità.
 
«Benvenuta, Emilie Gold.
Ti sembrerà strano saperlo, ma ti stavo aspettando.»
 
***
 
Passato,
Hopkins, Minnesota.
Anno 1998
 
Sola nella sua stanza, avvolta dal buio e dal silenzio e ancora vestita con la sua giacca di pelle nera, la ragazza piangeva tutte le sue lacrime abbandonata sul pavimento in legno, mentre dalla finestra le luci blu della volante che l'aveva ricondotta a casa continuavano a lampeggiare sulle pareti grigie tappezzate di poster, gettando sinistri bagliori mentre dal salotto provenivano ovattate le voci dei coniugi Page, i suoi genitori adottivi.
Li odiava. E odiava sé stessa per aver, ancora una volta sbagliato tutto, mandando all'aria l'unica amicizia ch'era riuscita a costruirsi. Emma Swan. Un nome che avrebbe ricordato per sempre.
Alzò il braccio verso il soffitto e accarezzò la piccola stella nera sul polso. Proprio in quell'attimo una luce intensa sfolgorò alle sue spalle, inducendola ad alzarsi spaventata.
Durò un istante solo, e non appena il buio tornò, di fronte a lei vide una ragazza poco più grande, vestita di pelle nera con stivali a punta e un soprabito a frange color terra bruciata, il cui colletto appuntito le sfiorava gli zigomi dolci incorniciando alla perfezione quel volto da bambina.
La guardò, e sorrise.
 
«Lilith Paige» la chiamò.
 
Lei trattenne il fiato, scrutandola con attenzione.
 
«Noi... ci conosciamo?» chiese, compiendo un passo in avanti per tentare di guardarla meglio.
 
La giovane sconosciuta seguitò a sorridere, intenerita.
 
«No, tu non mi conosci.» le spiegò, compiendo un altro passo verso di lei «Ma io conosco te. E la tua vera madre...»
 
Un colpo al cuore. Lily tornò a indietreggiare, sgranando gli occhi e trattenendo il fiato.
La mente fu invasa da mille domande, ma una fra tutte la sconvolse.
Come faceva quella ragazza a sapere così tanto di lei. Come se l'avesse udita, la sconosciuta seguitò, paziente.
 
«È difficile vivere in un mondo che non ti accetta mai per quello che sei, con il costante sospetto di essere tu quella sbagliata. Lo so... e posso aiutarti.»
«Come?» sbottò d'un tratto la ragazzina, stanca e spaventata da quella situazione surreale.
 
La giovane donna però non si lasciò scoraggiare. Seguitò a sorridere, e prima che lei potesse iniziare a minacciarla di chiamare i suoi, trasse dalla tasca un oggetto piccolo e strano, assieme a un pezzetto di carta ripiegato in più parti.
Seguitando a guardarla con un sorriso, si avvicinò al suo letto e vi appoggiò entrambi gli oggetti.
 
«Questo ti appartiene. E quello nel foglietto è il mio numero di telefono.»  le disse.
 
Quindi tornò al suo posto, indietreggiando, e preso tra le mani il ciondolo che portava al collo se lo portò alle labbra e sparì, così come era venuta, lasciandole un ultimo, enigmatico invito.
 
«Sai dove trovarmi, adesso. Quando sarai pronta.»
 
***
 
Presente,
Storybrooke
 
La Deville bianca e nera attraversò l'imponente cancello e i due giganteschi grifoni d'oro che Emilie Gold aveva posto a guardia dell'ingresso, sui pilastri che sostenevano le mura, percorse il breve viale alberato e si fermò di fronte all'ingresso maestoso della Villa, accanto all'auto della padrona di casa, una Chevrolet Corvette bianca con gli interni e il volante foderati neanche a dirlo in finta pelle di coccodrillo.
La prima a scendere fu proprio Emilie, accomodata sul sedile del passeggero di fianco al guidatore, ovvero proprio Cruella, che per tutto il tragitto non aveva potuto fare a meno di osservare stupefatta.
 
«Però...» mormorò ammirata, guardandosi intorno e chiudendo lo sportello alle sue spalle «I miei complimenti, tesoro. Ti sei sistemata proprio bene.»
 
La ragazza sorrise, scuotendo le spalle.
 
«Oh, ti ringrazio zietta.» replicò, apostrofandola con quel nomignolo anche se sapeva benissimo non le piacesse affatto «Ho dovuto fare qualche modifica all'arredamento e alla struttura per renderla degna del mio nome...» aggiunse, scoccando un occhiolino a suo padre, che sceso dall'auto le si accostò, ricambiando il sorriso con un eloquente e divertiti.
 
Gli si avvicinò e lo prese sotto braccio, appoggiando la testa sulla sua spalla. Tremotino la lasciò fare, lasciandole un affettuoso bacio sulla fronte e appoggiando la mano sulla sua.
Salirono insieme i pochi gradini che li dividevano dall'imponente portone d'ingresso, seguiti dalle due regine del male.
Non appena le due colossali ante di legno nero si spalancarono, di fronte a loro si aprì un ambiente lussuoso e luminoso, molto diverso da quello che Mr. Gold aveva conosciuto durante il viaggio di nozze con sua moglie, fatto di colonne di marmo bianco e grigio, rifiniture d'oro e pietre preziose, tende in broccato e seta, vetrate colorate in stile gotico e suppellettili pregiate.
Sua figlia li guidò sicura attraverso i corridoi ampi e pieni di statue e preziosi quadri, fino a una stanza ampia circondata da vetrate che davano sul mare a sud, su una veduta della città a est e sulla foresta a nord.
La riconobbe subito, era la prima stanza in cui Belle lo aveva portato proprio per mostrargli quel meraviglioso panorama, e riuscì a farlo nonostante il legno che rivestiva le pareti avesse lasciato il posto a carta da parati viola con disegni floreali argento, e molti mobili fossero stati spostati in altri luoghi della casa, di modo da lasciare spazio a un lungo tavolo di marmo nero di forma ovale, sorretto da un’unica base che aveva la forma di un tronco robusto e nodoso, le cui radici sembravano sprofondare nel parquet tirato a lucido, unico finimento rimasto invariato.
Un'altra cosa di cui i tre si accorsero furono le numerose telecamere poste in ogni angolo della casa, ma la sorpresa più grande fu trovare, posto al centro del tavolo, uno dei tesori più preziosi contenuti in quella casa.
Il cappello dello stregone, in cui brillavano numerose nuove stelle, e accanto a lui Killian Jones li fissò torvo, irrigidendo la mascella e lanciando a padre e figlia uno sguardo di fuoco.
 
«Oh, e questo bel cagnolino da guardia chi è?» domandò stupita e affascinata Cruella.
 
Mentre Tremotino ignorava totalmente sia lei sia  il suo peggior nemico, avvicinandosi al capello e osservandolo con perfida soddisfazione, Emilie rivolse un'occhiata di sufficienza al Capitano, per poi replicare.
 
«Oh, credimi zietta, è tutta apparenza. Rimarresti delusa.»
 
Di nuovo, Killian le rivolse un'occhiata torva e offesa, a cui lei rispose con un ghigno, avvicinandosi e sfiorandogli la schiena con le lunghe unghie tinte di nero.
 
«Bravo bambino.» mormorò, avvicinandosi di più in modo che solo lui potesse udirla.
 
Lo vide stringere i pugni.
 
«Oh, che peccato.» fece nel frattempo Cruella, perdendo rapidamente interesse nei suoi confronti e avvicinandosi al Signore Oscuro.
«È quello che penso?» domandò Ursula, concentrandosi su ciò che era veramente importante.
«Va a ubriacarti sotto coperta, pirata.» concluse a quel punto la lucertolina, imponendo di nuovo il suo volere «Ti ho lasciato del rum in più nella stiva, così Granny non sarà costretta a vedere la tua brutta faccia.»
 
Jones tentò di resistere, fissandola negli occhi con aria minacciosa e allungando l'unica mano buona verso la pistola che portava al fianco, unica arma rimastagli, ma alla fine fu costretto a soccombere, e senza dire nient’altro lasciò di corsa la stanza, sbattendo la porta dietro di sé. Emilie chiuse gli occhi e scosse il capo, increspando appena le labbra. Poi guardò suo padre e sorrise, incontrando il suo sguardo d'approvazione.
 
«È così difficile avere un animale domestico.» commentò ironica.
 
Tremotino sogghignò. Di tutte le conquiste di sua figlia, quello di aver reso praticamente innocuo quel pirata fastidioso era il più apprezzabile.
Anche se l'averlo usato per riempire quel cappello al posto suo e sbarazzarsi delle fate in un colpo solo rischiava seriamente di scavalcarlo.
Emilie si avvicinò a lui e gli sorrise, poi raggiunse la punta nord del tavolo e scostò la sedia -o per meglio dire il trono-rivestita dello stesso broccato viola delle pareti, invitandolo a sedersi.
 
«Prego, accomodatevi.» disse, estendendo quell'invito alle sue due ospiti.
 
Le due donne si scambiarono un sorriso e presero posto l'una di fronte all'altra, lasciando una sedia di distanza da loro per permetterle di scegliere dove accomodarsi e intuendo che volesse farlo restando vicino al genitore, ma non fu necessario.
Tremotino le prese la mano invitandola a sedersi sulle sue gambe, lei gli sorrise grata, annuì e appoggiando le dita sulle sue si accomodò in braccio a lui, allungando un braccio sulle sue spalle ma continuando comunque ad appoggiare il proprio peso a terra, sulla punta degli stivali.
Solo allora Cruella parve accorgersi di quell'altro, interessante dettaglio.
 
«Oh, ma quelli non sono...?» non fece nemmeno in tempo a finire la frase.
 
Padre e figlia ridacchiarono allo stesso modo, scambiandosi uno sguardo complice.
 
«Si, lo sono.» risolse Emilie.
 
Ursula scosse il capo, alzando gli occhi al cielo ma con un sorrisetto divertito sulle labbra.
 
«Ad ogni modo, veniamo agli affari.» decise infine la giovane Gold, scambiandosi un altro sguardo complice con suo padre.
«Un momento» la interruppe Ursula «Se questa è una riunione, non manca qualcuno all'appello. Oppure hai deciso di non invitarla.» lanciando un sorriso sghembo alla ragazza.
 
Durante il lungo periodo in cui aveva fatto parte della loro piccola gang, Emilie aveva cercato in ogni modo di nascondere la sua avversione nei confronti dei draghi, ma non era stato affatto facile, e alla fine, per un banalissimo errore, era stata scoperta.
Ma se Cruella e la stessa Maleficent avevano deciso di non giocare contro di lei quella carta, diverso era stato per la strega del mare, che non aveva mai nutrito troppa simpatia per Emilie, ritenendola poco affidabile anche sulla base di ciò che suo padre era stato capace di fare con loro.
Tuttavia, come la maggior parte delle volte in cui si erano ritrovate a bisticciare, Emilie le lanciò uno sguardo minaccioso e si aprì in un sorriso che sembrava più una smorfia.
 
«Malefica al momento non è in condizione di presenziare.» disse «Ed è per questo che prima di dare inizio al nostro piano ci aspetta un'ultima facile missione.»
«Mph. Che le è successo?» domandò ancora la strega del mare, insinuando poi «E perché non mi stupisce.»
 
Stavolta fu Tremotino stesso a parlare.
 
«È stata costretta a soccombere al suo fato.» spiegò, rivolgendo poi alla sua accusatrice un sorriso sagace «E prima che tu possa dire altro, non a causa mia. Semplicemente, com'è destino di ognuno di noi, ha subito la vendetta degli eroi.»
«È morta?» domandò a quel punto Cruella, svanita «Allora perché preoccuparci di lei?»
 
Mr. Gold e sua figlia sorrisero divertiti, dandole ragione in cuor loro.
 
«Perché potrebbe tornarci utile, nel nuovo mondo che stiamo per creare.» le rispose paziente Emilie.
«E come credete di riuscire a farla ritornare dalla tomba?» li incalzò Ursula, contrariata.
 
A quel punto la Lucertolina lasciò la parola al suo amato papà, rivolgendogli un sorriso e annuendo.
 
«Come tutti ben sappiamo, la nostra amica non è una comune umana.» spiegò il Signore Oscuro «E questo ci concede un piccolo vantaggio, la possibilità di prendere una scorciatoia per ovviare a questo problema.»
«Falla corta. Che volete che facciamo?» lo incalzò Ursula.
 
La parola tornò a Emilie, che prima di rispondere tornò a rivolgerle un'occhiata irritata.
 
«Solo una piccola recita, per permetterci di agire indisturbati.» le disse, poi si alzò e prese ad avanzare melliflua verso di lei, un passo avanti all'altro.
 
Ursula la scrutò con attenzione, ponendosi in allerta, ma quando la vide estrarre dalla tasca del cappotto che indossava una conchiglia dorata, l'astio lasciò il posto alla disperazione e alla sorpresa.
Rumplestiltskin sorrise, appoggiando i gomiti sul tavolo, giungendo le mani davanti alle labbra e rimanendo in silenzio a osservare sua figlia sventolare davanti agli occhi della strega del mare l'unica possibilità tangibile di ottenere il suo lieto fine.
 
«Dimmi, Ursula cara, la riconosci?» le chiese aprendosi in un sogghigno.
 
Questa sgranò gli occhi, senza riuscire a spicciare parola.
 
«Come... come l'hai avuta?» domandò.
 
Emilie si esibì nella stessa risata di Tremotino, che continuando a osservarla con attenzione si appoggiò allo schienale e tornò a sogghignare divertito. Più il tempo passava, più l'idea di dividere gli affari con sua figlia seguitava a piacergli sempre di più.
 
«Oh, è stato facile.» proseguì la giovane Gold «Più facile di quanto credi. Ma, dato che non hai fatto altro che crearmi problemi, non lo sarà altrettanto per te.» concluse.
 
Poi mosse le dita e fece roteare il polso, e in un attimo la conchiglia sparì.
Ursula scattò in piedi, guardandola negli occhi con astio.
Emilie ridacchiò di nuovo.
 
«La rivuoi, Ursula?» la provocò «Rivuoi la tua voce?»
 
La vide stringere i pugni.
 
«Non sfidarmi, tesoro.» mormorò.
 
Ma la Lucertolina non si lasciò intimidire.
 
«E tu smettila di abbaiare, non spaventi nessuno.» le rispose, poi tornò a mostrarsi allegra e a spiegare, paziente «A proposito di cagnolini. Ti ha fatto piacere rivedere Killian Jones? Spero di sì, perché ho mandato il tuo prezioso scrigno sulla sua nave. Se lo rivuoi, non dovrai far altro che raggiungerlo e fartelo ridare. Non si opporrà, garantito.» ridacchiò di nuovo.
 
Quindi si rivolse a Cruella, che aveva preso ad osservarla con lo stesso sguardo compiaciuto di suo padre. Lei sapeva il perché di quella vendetta.
Quando erano insieme, nella foresta incantata, dopo aver preso in ostaggio Belle, Ursula aveva violato il patto tra di loro: Lei le avrebbe aiutate a ottenere il loro lieto fine, ma loro non avrebbero dovuto rivelare ad alcuno, in particolare ai suoi genitori che erano all'inizio della loro storia d'amore, né la sua esistenza né i suoi piani.
Per puro orgoglio e per il gusto di ricordarle chi fosse secondo lei il capo in quella banda, Ursula aveva violato quel patto, sbattendo in faccia a Belle la verità e costringendo Emilie a prendere una decisione dolorosa: usare un acchiappasogni per prelevare quei ricordi e permettere così alla sua storia di proseguire senza intoppi.
Belle non aveva sofferto, ma lei si. Era stato doloroso dover usare la magia su di lei per addormentarla e strapparle alcune memorie contro il suo volere, anche se per il suo bene.
Per questo subito dopo aver permesso ai suoi genitori di riunirsi, Emilie le aveva giurato.
 
«Hai commesso un grave errore, Ursula. E te ne pentirai. Nessuno rompe un patto con Tremotino senza conseguenze, e la stessa cosa vale per me che sono sua figlia.»
 
Sul momento comunque la ragazza lasciò correre, e quando giunse l'ora di salutarsi Ursula ricevette da lei solo uno sguardo torvo.
Ora, finalmente, era giunto il momento della tanto agognata vendetta, e fu davvero divertente per Cruella osservarla mentre la metteva in atto.
 
«Ah, dimenticavo.» aggiunse, tirando fuori dalla tasca il proprio cellulare, uno smartphone di ultima generazione «Lo scambio dovrà avvenire sul ponte, alla luce del sole...dove l'occhio fin troppo curioso di una fotocamera digitale può cattura queste immagini compromettenti per permettermi di mostrarli ai diretti interessati.»
 
A quel punto Cruella tornò a chiedere, divertita.
 
«E chi sarebbero?»
 
Stavolta non fu Emilie a chiarire.
 
«A questa domanda posso rispondere io.» disse Tremotino «Le uniche due persone verso cui Malefica prova un odio profondo, ancora insoluto. Biancaneve e il suo Principino Azzurrino.»
 
Emilie rise di nuovo, facendo eco a suo padre.
 
«Quindi è così?» replicò «Io sarò rischierò tutto e voi tre vi godrete la vittoria?»
 
Emilie ridacchiò di nuovo, poi si fece improvvisamente seria.
 
«Si, esatto.» annuì «E anzi, ti dirò di più. La conchiglia ora è incantata in modo che solo io posso restituirti la voce.» poi assunse un'aria innocente «L'ho promesso a tuo padre, e sai già quanto sia importante per me mantenere una promessa. Quindi lo farò solo dopo che i nostri per sempre felici e contenti si saranno avverati.» concluse, incattivendosi di nuovo.
 
Infine tornò a sorridere, scoccandogli un occhiolino e chiedendo, per l'ultima volta.
 
«Quindi, mia cara, cosa farai? Ti unirai a noi oppure cercherai invano di riavere il tuo lieto fine con le tue sole forze, magari tradendoci come avevi già in programma di fare?»
 
Ursula le lanciò un'ultima occhiata contrariata, scoprendosi smascherata e guardandosi intorno come aspettandosi una reazione da parte degli astanti. Nessuno di loro però reagì, in realtà sembrarono non essere affatto sorpresi da quella rivelazione. Vedendosi spalle al muro, sospirò e si arrese al diabolico intreccio della Lucertolina, rivolgendo a suo padre un complimento pieno di sarcasmo.
 
«Complimenti, Rumplestiltskin. Non solo ti somiglia, sei anche riuscito ad addestrarla alla perfezione.»
 
Ricevendo in risposta da lui un inchino appena accennato, sollevando un braccio, muovendo le dita e facendo oscillare la testa, in quella sua posa trionfante ormai fin troppo riconoscibile.
 
***
 
Brontolo era entrato nella chiesa come ogni mattina per assistere alla funzione e incontrare sorella Astrid per aiutarla nei suoi doveri di brava suorina, ma lo scenario che si era ritrovato davanti lo aveva sconvolto.
La navata era stravolta, le panche divelte l'altare era andato in frantumi. Delle suorine non c'era traccia.
Allarmato, le prime persone a cui aveva pensato di chiedere aiuto erano state ovviamente il vice sceriffo David Nolan e sua moglie Mary Margaret. Aveva mandato loro un messaggio ed era corso da Granny, aspettandoli pazientemente seduto al bancone del bar.
Dovette attendere molto, perché nel frattempo un altro messaggio li aveva raggiunti, invitandoli ad un appuntamento lì dove un tempo sorgeva il vecchio castello di legno dove Henry soleva nascondersi.
Erano le nove del mattino, e non appena giunsero sul luogo dell'appuntamento trovarono ad attenderli la giovane Gold, avvolta in un cappotto imbottito nero che la proteggeva dal vento sferzante.
Era seduta sull'altalena e osservava assorta le onde del mare, ma non appena udì i loro passi sulla ghiaia si voltò e sorrise.
Sembrava preoccupata, e lo erano anche Biancaneve e il suo Principe Azzurro.
 
«Avete fatto presto.» li accolse alzandosi.
 
I due la raggiunsero continuando a tenersi per mano.
 
«Il tuo tono ci è sembrato abbastanza allarmante.» replicò David.
«Cos'è successo?» la incoraggiò Mary Margaret guardandola negli occhi.
 
La giovane annuì, sprofondando le mani nelle tasche del cappotto.
Aveva esagerato il tono di proposito, servendosi dei pregiudizi che già nutrivano verso di lei per convincerli ad abboccare.
"Ho qualcosa da dirvi, e voglio farlo io prima che qualcun altro vi allarmi inutilmente."
Ora assunse un'aria seria e disse, senza mezzi termini.
 
«Stamane due mie vecchie amiche sono venute a trovarmi. Le conosco da parecchio tempo, vivevano a New York ma ora la città è diventata invivibile per loro, perciò le ho invitare a stare da me.»
 
Li vide trattenere il fiato guardandosi, mentre decidevano a chi spettasse la patata bollente. Alla fine fu David a chiedere, sulle spine.
 
«Chi sono?»
 
Emilie si fece seria, e attese ancora un istante prima di rispondere.
 
«Ursula e Cruella de Vil.»
 
La prima ad agitarsi fu Biancaneve, che sgranò gli occhi ed esclamò, scioccata.
 
«Cosa?!»
 
Ma suo marito le afferrò un braccio, rivolgendole uno sguardo rassicurante. "Tranquilla, ci penso io."
 
«Due cattive...» le fece gentilmente notare, tornando a concentrarsi su di lei.
 
Emilie scosse le spalle, sorridendo.
 
«Con me non lo sono state.» rispose semplicemente.
 
"E io non giudico le persone da questi patetici dettagliucci, a differenza vostra."
Volle dirlo, ma il suo sguardo fu molto più eloquente di mille parole.
 
«Del resto, Storybrooke non è la città dei nuovi inizi?» aggiunse invece «Perché non dare anche a loro una seconda opportunità?»
 
David e Mary Margaret le rivolsero un'occhiata preoccupata.
 
«D'accordo.» fece il Principe dopo un breve sospiro «Purtroppo però noi non abbiamo avuto la stessa esperienza. Ma se puoi prometterci che saprai tenerle sotto controllo possono restare.»
 
Di nuovo, Emilie Gold si aprì in un sorriso tranquillo.
 
«Oh, di zietta Cruella non dovete preoccuparvi. C'è un bel rapporto tra di noi, e poi a lei bastano qualche bottiglia di Gin e un po' di buona musica.»
«E della Strega del Mare che mi dici?» la incalzò Mary Margaret, stizzita.
 
A quella domanda, Emilie si scurì.
 
«Bhe, lei...» mormorò, storcendo il naso «Non so ancora se posso fidarmi. Men che meno dopo quello che ho visto stamattina. Ed è per questo che vi ho chiamati.»
 
Quelle parole furono un altro duro colpo da affrontare.
Biancaneve alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo.
 
«Che intendi dire?» domandò preoccupato il Principe Azzurro.
 
E a quel punto la Lucertolina si preparò a lanciare l'esca.
Fingendo di farlo controvoglia, trasse fuori dalla tasca il telefonino e mostrò loro un video di qualche secondo dove si vedeva chiaramente Ursula scambiare qualcosa con Killian Jones sul ponte della Jolly Roger, per poi scendere sotto coperta dopo essersi guardati intorno con circospezione.
 
«Mi fido poco di Ursula, per nulla di Killian Jones, che ha già dimostrato ampiamente il suo odio per me e la mia famiglia.» spiegò quindi, senza attendere una loro risposta «Come ho già detto, sono qui per proteggerli. Perciò stamattina quando l'ho sentita uscire di nascosto l'ho seguita, e ho deciso di parlartene.» disse «Anche perché...» seguitò
 
Estraendo dalla tasca del cappotto una copia del sonaglio di Malefica e mostrandolo loro, cercando di non lasciare che sul suo sguardo si palesasse la soddisfazione nel vederli sgranare gli occhi e trattenere di nuovo il fiato, terrificati. Era l'espressione che aspettava. I pesciolini avevano abboccato.
 
«L'ho trovato tra le sue cose. E non serve che vi spieghi cosa può significare questo per voi.»
«No, non serve!» sbottò a quel punto Biancaneve «E non era necessario neppure farle entrare a Storybrooke.» poi si aggrappò al braccio di suo marito e lo indusse a voltarle le spalle per poter parlare solo con lui «David, io non mi fido.» disse sottovoce «Come facciamo a sapere che non sia stata proprio lei a organizzare tutto?»
 
L'uomo stava per risponderle, ma Emilie lo anticipò.
 
«Credo di potervi convincere.» disse.
«Come?» domandò Nolan facendosi serio.
 
Di nuovo Emilie scosse le spalle.
 
«Sono la figlia di Tremotino. Mio padre ha iniziato a insegnarmi la magia e l'alchimia quando ero ancora una bambina, ho conosciuto tutte le sue versioni durante i miei viaggi nel tempo, e credo di riuscire creare un incantesimo simile a quello che usò per impedire a Regina di farvi del male.»
«Quindi...» soggiunse «stai suggerendo che potrebbe esserci un modo per riportare Malefica in vita?» chiese Mary Margaret, inquieta.
 
La giovane scosse la testa.
 
«Non so cosa intenda fare Ursula, né cosa centrino Uncino o Malefica in tutto questo.» mentì «Ma posso garantirvi che qualsiasi cosa accada voi e vostra figlia sarete al sicuro. Emma è la fidanzata di mio fratello, fa parte della mia famiglia quanto mio nipote Henry.» sorrise, e questa potè considerarsi l'unica verità che rendeva credibile quella ragnatela ben tessuta di bugie.
 
Difatti, vide i due ammorbidirsi, mentre riflettevano su quella proposta. Poi, considerando forse meno rischioso fidarsi di lei piuttosto che lasciare al caso una questione fondamentale come questa, James rivelò, anche se a fatica.
 
«Non è Malefica a farci paura, l'abbiamo affrontata una volta e possiamo rifarlo se restiamo insieme, ma...»
«Temete che Emma venga a sapere di quello che le avete fatto per salvarla dall'oscurità.» lo prevenne a quel punto La Lucertolina, annuendo «Lo so. Come vi ho già detto, durante i miei viaggi ho incontrato molte persone, inclusa Malefica. E ho saputo cosa è accaduto al suo uovo.» spiegò quindi, vedendoli rabbrividire.
 
Tornarono a tenersi per mano, spaventati alla sola prospettiva di dover affrontare quella verità con Emma. Allora lei ne approfittò per affondare l'ultimo colpo e portare a compimento il piano.
 
«Non dirò nulla ad Emma, ve lo prometto. E se mi darete qualche goccia del vostro sangue forse riuscirò a proteggere anche lei con una pozione o un amuleto. Ma mio padre non dovrà mai venire a sapere di questa discussione, questa è l'unico favore che vi chiedo.»
 
Non necessario per lo scopo, ma indispensabile per far sì che i due coniugi si fidassero di lei.
Si guardarono, e David fece per chiedere qualcosa ma poi annuì, sciogliendosi in un sorriso.
 
«Va bene.» risolse «Dove dobbiamo trovarci per... lo scambio?»
 
Esultano dentro di sé, Emilie addolcì la sua espressione e replicò.
 
«Qui va bene.» replicò guardandosi intorno «Mandatemi un messaggio appena sarete pronti.»
 
Si strinsero la mano, e di fronte a un pericolo simile perfino Mary Margaret riuscì a vedere nella figlia di Tremotino un valido alleato.
Dopotutto non sembrava una così cattiva persona, non quanto una strega del mare o un drago assetato di vendetta.
E quando ebbero modo di ascoltare le inquietanti rivelazioni di Leroy, non furono affatto sorpresi anzi, iniziarono a pensare di aver fatto la scelta giusta.
Volevano pensarlo. Era l'unico modo per non lasciarsi sopraffare da quel presentimento sempre più sinistro e incombente e non perdere completamente il controllo sulla realtà.
Il nano invece non si fidava minimamente della figlia di Tremotino, reputandola anche peggio del padre. Non ebbe timore a dirlo loro, quando gli raccontarono la conversazione avuta con lei.
 
«E voi le credete?» domandò scioccato «Tutti quanti conosciamo l'antipatia del Signor Gold per le fate, ora sua figlia fa entrare due cattive a Storybrooke a vostra insaputa e il giorno dopo le fate spariscono nel nulla. Coincidenze un po' troppo inquietanti, vi pare? Come facciamo a sapere che non sia opera loro, che non stiano architettando qualcosa alle nostre spalle?»
 
Biancaneve e il suo Principe ebbero un attimo di titubanza in cui tornarono a guardarsi negli occhi. A quel punto s'intromise Ruby, che aveva udito solo l'ultima domanda sopraggiungendo col vassoio.
 
«Scusatemi.» disse appoggiando il vassoio al centro del tavolo «Se posso intromettermi, io credo che possiamo.»
 
Biancaneve la guardò negli occhi, ponendosi in sincero ascolto. Si fidava dell'opinione di cappuccetto rosso, quindi decise di approfondire.
 
«Perché ne sei così sicura?» le domandò.
 
Ruby sorrise e scosse le spalle.
 
«Intuito. Di solito non mi sbaglio in queste cose.» quindi si rivolse a Leroy e aggiunse «E poi ricordatevi che è anche figlia di Belle, ed è arrivata qui per proteggere la sua famiglia.»
«Sarà, ma c'è qualcosa di losco qui, e io non mi fido neanche un po'.» soggiunse Brontolò scurendosi e scuotendo con vigore il capo.
 
Ruby alzò di nuovo le spalle e rivolse un ultimo sorriso ai tre.
 
«Ad ogni modo, stasera staremo un po' insieme, quindi domani ve lo saprò dire.»
 
Mary Margaret si corrucciò, poi sgranò gli occhi.
 
«Aspetta, stasera? Ma è luna piena.»
 
La donna annuì tranquilla.
 
«Si.» replicò «Mi ha chiesto di unirsi a me per una corsetta.» ridacchiò.
 
Stavolta fu James a rimanere stupito.
 
«È un lupo anche lei?» domandò.
 
Ma vedendola scuotere il capo riuscì a rasserenarsi un po'.
 
«No, non credo.» gli rispose lei «Ma conosce un incantesimo per mutare forma, quindi può accompagnarmi almeno fino all'alba.»
 
Mary Margaret prese a guardarla intensamente, con preoccupazione, ma non disse più nulla, attendendo la pausa tra il turno mattutino e quello pomeridiano per incontrarla da sola fuori dal locale e chiederle.
 
«Perché hai deciso di accettare questo incontro?» le chiese.
 
La vide stringere le spalle e alzare gli occhi al cielo limpido, piena di nostalgia.
 
«Ormai è da un po' che ci penso.» le rivelò «Mi manca il mio branco. Correre insieme, ululare alla luna. So che lei non è un vero lupo, ma... sarà bello fingere di non essere sola, anche solo per una sera. E poi... detto fra noi... credo che anche lei ne abbia bisogno. Non so perché, ma me ne sono accorta dai suoi occhi. È stata una richiesta sincera.»
 
Biancaneve annuì, è finalmente riuscì a ritrovare il sorriso.
Abbracciò la sua cara amica, quindi le batté una pacca sulla spalla e le scoccò un occhiolino.
 
«Divertiti allora.» concluse «Ma sta attenta, ti prego.» aggiunse.
 
Ruby Lucas annuì e tornò ad abbracciarla, stringendola forte.
 
«Grazie davvero. Anche tu...»
 
***
 
Prima di compiere il fatidico scambio, c'era ancora una cosa che James intendeva fare, ovvero parlare col suo vice sceriffo.
Emma Swan lo aveva raggiunto alla centrale immediatamente dopo aver ricevuto la sua telefonata, e dopo aver capito la situazione aveva annuito con sguardo serio.
 
«Hai già una pista da seguire?» gli aveva chiesto.
 
Lui aveva annuito, sospirando.
 
«In realtà le piste sarebbero due, non mi sento di escludere nulla.» replicò, tirando fuori dalla tasca il telefonino che la figlia stessa gli aveva regalato per natale e mostrandole il video che la Lucertolina gli aveva inviato.
 
La vide sgranare gli occhi appena vide l'inconfondibile sagoma del pirata.
 
«Uncino?» domandò sconvolta.
 
Il Principe annuì di nuovo, lasciandola ragionare.
La giovane donna fece andare ancora un paio di volte il video cercando di guardare la situazione nella maniera più lucida possibile. Certo non era facile.
 
«Non ha senso...» si lasciò sfuggire.
 
Killian Jones era diventato davvero così vendicativo da far del male alle fate, donne indifese?
Qualcosa dentro di lei le diceva di no, e lei sapeva bene di potersi fidare di quella vocina. Doveva esserci dell'altro.
 
«Chi è questa donna?» domandò allora.
 
Vide suo padre scurirsi in volto ancora di più.
 
«Ursula.» le rispose, e di nuovo notò la sorpresa dipingersi sul suo volto.
«Ursula? Quella della Sirenetta?» domandò «Non sapevo fosse a Storybrooke.»
 
Comunque in questo caso almeno si spiegava come conoscesse Killian Jones. Pirati e sirene andavano sempre di pari passo.
James annuì, sforzandosi di sorridere, e le spiegò.
 
«Non lo era, infatti. Viveva a New York, ma appena stamattina ha raggiunto Storybrooke per... far visita a un'amica.»
 
A quel punto la Salvatrice si fece più attenta, anche perché inspiegabilmente suo padre sembrava essere fin troppo a disagio.
 
«Sul serio? Chi? Ursula vive da lei?»
 
James seguitò ad esitare, facendo crescere in Emma i dubbi e i sospetti.
 
«Emilie Gold.» le disse infine, aggiungendo poi grave -E questo ci porta alla mia seconda pista.-
 
Nel sentire il nome della cognata, Emma si fece attenta. Emilie? Perché Emilie avrebbe dovuto ospitare una strega del mare? Anche se in effetti il suo cognome già di per sé poteva spiegare tante cose. Ma...
 
«Credi che centri anche lei?» chiese.
 
A quel punto Il Principe decise di essere il più sincero possibile.
 
«Sinceramente, non so cosa pensare.» replicò, poi si aprì in un sorriso dolce «È per questo che ho deciso di parlartene.»
 
Emma sorrise a sua volta.
 
«In virtù del mio superpotere?» domandò, facendo eco ai suoi pensieri.
 
David Nolan annuì seguitando a sorridere.
 
«Se c'è qualcuno che può sbrogliare la matassa, quella sei tu.» replicò, aggiungendo «E poi, Emilie sembra averti preso in simpatia.»
 
Emma annuì divertita, evitando di menzionare però la prima conversazione avuta con la ragazza che adesso, chissà perché, le tornò alla mente.
"Al di fuori di mio padre e della nostra famiglia, io scelgo gli obiettivi, non le persone. Perciò, anche se non nutro nessun odio nei vostri confronti, se un giorno o l'altro dovesse accadere di trovarci su due obiettivi differenti e contrastanti... beh, posso garantirti che agirò facendo tutto quello che posso per permettere a mio padre di essere felice.
Per ora non sarò una minaccia, né per te, né per Storybrooke."
Era passata qualche settimana da allora. Il suo obbiettivo era già cambiato?
Sospirò, tornando a guardare suo padre.
 
«Purtroppo, temo che per riuscire a farlo dovrò prima di tutto tornare a interrogare Uncino.»
 
Era la cosa più sensata da fare visto che il video lo mostrava chiaramente in atteggiamento piuttosto sospetto.
David Nolan annuì, ma con occhi preoccupati.
 
«Vuoi che ci vada io?» domandò.
 
Non gli piaceva affatto quel pirata. Men che meno sapere che continuava a provare dei sentimenti per Emma.
Sua figlia però sorrise e scosse il capo.
 
«Posso gestirlo. Il mio super potere funziona meglio con un faccia a faccia.»
 
Certo, sarebbe stata molto più felice di accettare il suo aiuto.
 
***
 
Il mare quel giorno era calmo, anche se il vento da ponente soffiava a tratti impetuoso increspandone a volte la superficie. Ma erano raffiche deboli, intermittenti, insufficienti a provocare una tempesta.
Uncino era seduto su una cassa ad ammirare lo spettacolo del tramonto che spandeva la sua luce sull'orizzonte rifrangendola sull'acqua limpida.
Sguardo serio, occhi lucidi e in mano la fiaschetta ormai vuota.
Quando sentì i passi risalire la scaletta e fermarsi a pochi passi da lui non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi per capire chi fosse.
 
«Emma Swan.» esordì, la voce ancora sicura nonostante la lieve sbronza.
 
Quindi si voltò e la vide fissarlo a braccia incrociate sul petto. Non era felice di vederlo, ma nel suo sguardo non c'era neanche la minima traccia di disgusto o altra emozione simile.
Era semplicemente seccata per tutta quella situazione.
 
«Se non ti conoscessi direi che ci hai preso gusto a venire a trovarmi. Dì la verità, non puoi fare a meno di un po' di me nella tua vita.» la provocò smargiasso, esibendosi in un sorriso sghembo.
 
Emma sospirò.
 
«Che ci facevi stamattina in compagnia di Ursula?» lo incalzò, andando dritta al punto.
 
Per un attimo lui parve stupirsi. La fissò negli occhi e quindi chiese.
 
«Tu come fai a...?»
 
La Salvatrice estrasse il telefono dalla tasca e gli mostrò il video, guardandolo prima impallidire, poi farsi livido di rabbia, stringendo a pugno l'unica mano buona.
 
«Maledetta Lucertolina. Ora capisco tutto.» bofonchiò, ma a voce così bassa che a malapena Swan riuscì a udirlo.
«Mh?» domandò inclinando il capo di lato «Chi è Lucertolina?»
 
Uncino sollevò di nuovo gli occhi verso di lei, quindi iroso replicò.
 
«Chi pensi che sia? Ti dico una sola cosa: la partita è truccata, Swan. E non puoi vincere una partita truccata. Prima che tu riesca a venirne a capo loro avranno già prevalso.»
 
Replica che la lasciò basita, talmente tanto da non indurla neppure a fermarlo quando lo vide voltarle le spalle e rientrare nella sua cabina, chiudendo a chiave la porta. E mentre lei decideva di lasciarlo solo con i suoi enigmi, lui si lasciò andare a un pianto liberatorio e rabbioso, pregando che l'indizio datole fosse sufficiente a liberarlo da quella prigione senza sbarre, perché stava iniziando davvero a non poterne più.
 
***
 
Intanto...
 
Nel silenzio tranquillo e assorto, tra scaffali pieni di ninnoli pregiati e chincaglierie, ognuna con la propria interessante storia, d'un tratto il dolce tintinnio del campanello posto sopra la porta d'ingresso si fece udire scuotendo appena l'aria.
Mr. Gold, intento a sbrigare le ultime faccende prima della chiusura, alzò il capo e vide apparire sull'uscio la sagoma minuta e slanciata di sua figlia, vestita di nero e illuminata dall'intensa luce rossa del tramonto.
La ragazza si fermò sull'uscio, attese che la porta si fosse rinchiusa alle sue spalle per esibirsi nello stesso sorriso soddisfatto che colorò le labbra di suo padre, quando vide cosa gli aveva portato.
 
«Hai fatto presto.» le disse, osservando la boccetta col sangue di Biancaneve e del suo Principe che la ragazza teneva tra pollice, indice e medio della mano destra, sollevata fin sopra alla testa in modo da renderla ben visibile.
 
Emilie ridacchiò, iniziando ad avanzare verso di lui.
 
«È stato facile.» disse «Fin troppo. Sono talmente terrorizzati che non hanno neanche provato a cercare un'alternativa.» appoggiandosi al bancone con entrambe le braccia e osservando Tremotino intascare il bottino per poi tornare a destreggiarsi tra gli scaffali.
Da sotto il bancone trasse una boccetta identica, solo piena di un liquido semi trasparente, ovvero la pozione protettiva che Emilie aveva promesso alla Real coppia. Da un cassetto chiuso a chiave invece tirò fuori una scatola di legno, la pose davanti a lei e la aprì mostrandole il contenuto.
Penna e calamaio, due bambole di pezza e alcuni spilloni.
Milly s'illuminò, guardando quei tesori con uno scintillio sinistro negli occhi.
 
«C'è tutto?» le chiese il Signore Oscuro.
 
Lei annuì, mordendosi le labbra in un gesto che all'uomo ricordò fin troppo sua madre, specialmente nella sua controparte Oscura, Lacey, opera di Regina.
Non amava ricordare quei momenti, ma a volte quel lato di Belle gli mancava, doveva ammetterlo. Ora non lo avrebbe più fatto, grazie alla loro unica figlia. Questo però significava forse che in fondo Lacey non era poi così diversa da Belle?
La vide annuire emozionata.
 
«È tutto perfetto.» gli rispose.
«Permettimi una domanda, principessa.» le disse a quel punto, con più dolcezza «A cosa ti servono delle bambole voodoo?»
 
Emilie si aprì in un sogghigno.
 
«Oh...» replicò, scuotendo le spalle «Voglio solo assicurarmi che tutti abbiamo quello che si meritano. Specie quando noi saremo fin troppo impegnati a goderci il nostro lieto fine.» concluse scoccandogli un occhiolino.
 
Tremotino sorrise.
 
«Davvero premuroso.» commentò, godendosi divertito la risata che sua figlia si lasciò sfuggire subito dopo, davvero così simile alla sua.
 
Infine lo abbracciò, raggiungendolo dietro al bancone e tornando a perdersi in quel calore, in quella stretta inconfondibile, prendendo ampie boccate di quel profumo forte e mistico.
Ancora un istante, poi controvoglia lasciò che quell'istante finisse e restando abbracciata a lui pose le mani sul suo petto, all'altezza del cuore, accarezzando la stoffa liscia e pregiata della giacca.
 
«Mi spiace di non poterti aiutare con Malefica.» mormorò afflitta.
 
Tremotino le prese le mani stringendole nelle sue. La guardò negli occhi e la vide arrossire.
 
«Ce la farò. Non devi preoccuparti.»
 
Poi le scostò una ciocca ribelle da davanti agli occhi accompagnandola dietro l'orecchio e le lasciò un bacio dolce sulla fronte.
 
«Tu pensa a goderti il momento, stasera.» suggerì scoccandole un occhiolino.
 
Milly annuì, grata. Proprio nel momento in cui stava per aggiungere qualcosa però, il telefono nella sua tasca squillò costringendola prestargli attenzione.
I suoi occhi s'illuminarono di nuovo quando vide il nome del chiamante, e senza parlare lo mostrò a suo padre, che sorrise.
 
«Anche l'ultimo tassello è andato a posto.» gli disse «Ora non mi resta che addobbare a festa la vecchia casa di Merlino e dare quella festa di benvenuto.»
 
Mr. Gold annuì.
 
«A proposito...» le disse, poi le fece segno di aspettare, schioccò le dita e, come per magia, dal retrobottega apparve un fantoccio strano, che si avvicinò ad Emilie e le fece un inchino allargando le braccia e piegandosi in avanti.
 
Era... una scopa. Il manico era il corpo e la paglia della saggina si divideva in due, formando le gambe.
 
Emilie si aprì in un sorriso larghissimo.
 
«Lasciale fare il lavoro sporco.» le disse suo padre, e a quel punto lei non poté esimersi dall'emettere un gridolino eccitato e ridere, gettandosi di nuovo al collo di suo padre e lasciandogli un bacio sulla guancia.
 
«Grazie, grazie, grazie!»
 
Aveva sempre desiderato averla, quella benedettissima scopa. La divertiva troppo, e poi era anche logico che il maggiordomo di casa sua fosse una scopa magica, no? Stava benissimo col resto dell'immagine che aveva voluto crearsi.
Tornò a guardarla e si corrucciò
 
«Ma per la festa tutti devono essere eleganti.» osservò, chiedendo poi direttamente alla scopa «Dimmi un po', sei più tipo da papillon o da cravatta?»
 
***
 
Lowell, Massachusetts
 
Era sera, una tranquilla serata di inizio autunno, e Lilith, ora conosciuta come Starla, aveva appena finito un lungo ed estenuante turno di lavoro da cameriera in una caffetteria di una stazione di rifornimento.
Salutò con freddezza i colleghi, quindi indossò il suo giaccone verde militare e si diresse spedita verso la sua macchina, un'utilitaria usata nera.
Ma una volta dentro, infilate le chiavi e accesi motore e fanali, si fermò, sospirando pesantemente e aggrappandosi al volante, come assorta in pensieri inquietanti.
Rimase a fissare l'oscurità che la circondava per un bel po', mordendosi le labbra. Poi spense di nuovo l'auto e trasse dalla tasca del cappotto il sonaglio a forma di zampa di drago e se lo rigirò fra le mani.
Dal suo incontro con quella misteriosa giovane donna erano passati anni ormai, lei era cresciuta e aveva colto l'occasione giusta per cambiare vita e città.
Eppure non aveva mai smesso di pensare a Emilie Gold e a sua madre, rimirando quell'oggetto ogni volta che il bisogno di averla accanto si faceva pressante.
Non la conosceva, non sapeva né perché l'avesse abbandonata né quale fosse il suo nome. Se volte, molto più spesso prima di quel fatidico incontro in realtà, aveva provato rabbia nei suoi confronti, rigettando perfino l'idea della sua esistenza.
Ma poi quel sonaglio così strano... e quella donna...
Sospirò di nuovo, nervosamente, quindi trasse fuori dalla tasca il cellulare e digitò il numero scritto su quel foglietto, mettendosi in attesa.
Basta esitare, era stufa di continuare a girare a vuoto intorno a domande senza risposta.
 
***
 
Bastarono appena due gocce di sangue. Non appena esse caddero dalla boccetta in cui erano conservate, quel mucchietto di polvere scuro quasi simile a cenere iniziò ad animarsi, come sospinto da un vento caldo e impetuoso la cui fonte era proprio quel sangue.
Rapidamente l'uragano s'ingigantì, la polvere si sollevò e iniziò a prendere forma e colore, divenendo prima una creatura di forma umana, ma più spettrale e rabbiosa, poi un enorme drago nero dagli occhi verdi. Infine, la signora dei draghi tornò al suo aspetto originale, quella di una bellissima donna matura che indossava delle corna nere come copricapo e un lungo abito nero in cui brillavano piccolissime gemme rosse, facendola sembrare vestita di braci ancora fumanti.
Al collo portava una collana fatta di gemme che ne potenziavano e preservavano i poteri, e tra le mani guantata di pelle nera stringeva uno scettro che raffigurava un drago nell'atto di spalancare le sue ali e le sue fauci.
Si guardò intorno, poi lanciò un occhiata ai tre responsabili della sua risurrezione.
Ursula e Cruella le rivolsero un ampio e sinistro sorriso, Tremotino si limitò a lanciarle un lungo sguardo, in attesa.
Non appena lo vide, Maleficent gli rivolse una smorfia, scrutandolo per intero.
 
«E così...» commentò «Alla fine c'è riuscita davvero a convincerti.»
 
Il Signore Oscuro annuì, compiendo un passo verso di lei e allargando le braccia.
 
«Benvenuta a Storybrooke, Maleficent.» la salutò «La città della rinascita, dove tutti possono avere il loro lieto fine.»
   
 
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