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Autore: Stillathogwarts    07/01/2023    2 recensioni
Hogwarts, ultimo anno di scuola dopo la guerra.
Due diari gemelli, due anime spezzate dalla guerra che trovano conforto l'uno nell'altra, nella garanzia dell'anonimato.
Hermione Granger torna al castello per completare gli studi e come lei, molti studenti che non hanno potuto sostenere i M.A.G.O. durante il regime dei Mangiamorte fanno altrettanto.
Per ordine del Wizengamot, Draco Malfoy e altri Serpeverde sono obbligati a ripetere il settimo anno come condizione per essere reintegrati in società.
I docenti elaborano un programma per incentivare la cooperazione tra Case, dando il via alla formazione di nuove amicizie e nuovi legami che sfidano i dissapori passati e gettano le basi per un futuro migliore, nei confronti del quale il mondo magico nutre profonde speranze.
Il tutto mentre una nuova minaccia incombe sul castello e mina l'equilibrio appena ristabilito dopo gli eventi orribili della guerra e i buoni propositi degli studenti.
| DRAMIONE (slow burn) | Personaggi leggermente OOC
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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CAPITOLO 50
I Diari Gemelli







 

 
Hermione
 
 
Avevano appena finito gli esami e si stavano godendo una bella giornata in giardino, quando Adrian Pucey si presentò al castello e li raggiunse con un’espressione greve in volto. Hermione sentì Draco irrigidirsi alle sue spalle, così gli posò una mano sulla gamba per infondergli calma.
«Malfoy», lo salutò il giovane, poi diede un bacio sulla guancia a Hermione, gesto che il biondino trovò abbastanza importante da commentare con un sonoro sbuffo di irritazione, ma che gli altri due decisero di ignorare.
Adrian prese posto davanti a loro. «Hermione, ho delle cose di cui discutere con te e non potevo aspettare che lasciassi Hogwarts.»
La ragazza sospirò. Sapeva già che cosa riguardasse tutta quella faccenda.
«Sputa il rospo.»
Lui si inumidì le labbra e tirò fuori dei documenti, che le porse con cautela.
«Oh», commentò Hermione. «Sono…»
«I tuoi genitori sono ufficialmente considerati morti, Mione», spiegò Adrian. «Il procedimento per la rilevazione della tua eredità si è avviato, serve la tua firma lì.»
«Perché stai rinunciando alla parte che i miei hanno deciso di lasciare a te?»
«Perché non è veramente mia, Hermione e comunque non ne ho bisogno», rispose lui, abbozzando un sorriso.
«Non c’è un modo per farla avere a loro?» chiese ancora la ragazza. «Per trasferire tutto questo sui loro conti, o…»
Adrian scosse il capo. «Come lo giustificheresti?»
Lei sospirò rassegnata. «Quindi… non c’è proprio più speranza di riaverli indietro?»
L’ex-Serpeverde trattenne il respiro per un secondo e scambiò un’occhiata fugace con Draco che destò i sospetti della Grifondoro.
Hermione si accigliò. «Cosa succede?»
«Ho trovato qualcosa, in effetti» rivelò Adrian, «sui libri che mi ha passato Draco…»
Lei si voltò di scatto a guardare il biondino, ma lui aveva improvvisamente sviluppato un interesse per il Platano Picchiatore che si contorceva in lontananza.
«Il problema è che sono passati due anni, sarebbe comunque rischioso tentare il procedimento, perché la loro mente ormai si è stabilizzata su quella realtà e ripristinare la vecchia potrebbe comportare complicazioni gravi» mormorò mesto. «I Babbani hanno una costituzione diversa dalla nostra, Hermione…»
La ragazza trattenne un singulto, mentre le mani di Draco si chiudevano con più forza attorno alle sue spalle.
«Ovviamente sta a te decidere, ma prima che tu lo faccia, dovresti sapere le… novità.»
«Quali novità?»
Adrian esitò per un istante, ma alla fine parlò. «Hanno… loro hanno adottato due bambine, Hermione» dichiarò in un sussurro.
«Oh», esclamò lei spiazzata.
Non sapeva come sentirsi in merito a quella notizia.
Rimpiazzata? Triste perché non le avrebbe conosciute mai? Felice di sapere i suoi genitori contenti e al sicuro?
«Come… come si chiamano?»
«Le hanno chiamate Jeanine e Adrienne», disse lui, sorridendo appena.
Gli occhi di Hermione si riempirono di lacrime: avevano scelto dei nomi che ricordavano i loro; Draco la abbracciò da dietro, ma non disse nulla. Non lo avrebbe mai fatto davanti agli altri. Dopo, quando sarebbero rimasti nuovamente da soli, l’avrebbe rassicurata, l’avrebbe confortata e le avrebbe permesso di sfogarsi con lui. Le avrebbe sussurrato dolci paroline che avrebbero fatto le fusa alle sue orecchie e le avrebbe dato la forza di sorridere di nuovo.
«Ora, Mione, se tu vuoi provare comunque a…»
«No», disse lei, tirando su col naso. «Non ho intenzione di tentare un procedimento che potrebbe danneggiare il loro cervello, rischiare di lasciare sole quelle bambine… preferisco saperli felici e in salute al riaverli con me, se in tal caso c’è il pericolo di compromettere la loro sanità.»
Adrian annuì. «Sapevo che avresti fatto la scelta giusta», disse lui. «Ecco perché avevo lasciato a te la decisione in merito a questo.»
Le passò il documento da firmare, con una postilla aggiuntiva: Adrian avrebbe appoggiato qualsiasi decisione avrebbe preso lei.
«Voi Serpeverde vi date davvero poco credito», sbuffò Hermione e il giovane fece spallucce in risposta.
La ragazza si sporse in avanti e iniziò a compilare i fogli, con il cuore appesantito da un grosso macigno. Stava praticamente dicendo addio ai suoi genitori in quel momento, per sempre.
«Adrian, ho bisogno di un favore», disse poi, tornando a guardarlo. «Se a te non serve o non la vuoi… puoi mettere in vendita la casa? Io non posso tornare lì.»
 
***
Draco
 
Settimo Piano, ore 21.
Corridoio della Stanza delle Necessità.
Porta il diario.
 
Draco percorse il corridoio in uno stato che versava a metà tra il confuso e il terrorizzato.
Hermione non aveva lasciato detto altro e lui non riusciva proprio a capire il motivo per cui gli avesse chiesto di raggiungerla in quel luogo e di portarsi dietro il diario, per giunta.
Avrebbero lasciato Hogwarts per l’ultima volta il giorno dopo; avevano le valigie da fare e Draco voleva sfruttare il tempo che gli rimaneva da trascorrere nella stanza dove avevano condiviso una quantità innumerevole di momenti piacevoli, non andarsene in giro per la scuola a vagabondare.
La intravide in lontananza, mentre camminava avanti e indietro agitatamente; vederla in ansia non fece che fargli tendere i nervi ulteriormente.
«Ehi», la salutò per attirare la sua attenzione, con voce leggermente tremante.
«Lo hai portato?» gli domandò senza fare preamboli.
Draco allungò un braccio e le mostrò il diario che teneva stretto in mano.
E poi lei gli sorrise e il mondo divenne così luminoso che i suoi muscoli si rilassarono tutti in una volta.
«Che cosa succede?»
«Draco Malfoy, ti fidi di me?»
Draco corrugò la fronte, ma annuì.
Hermione tirò fuori anche il suo diario. «Ho bisogno che tu entri con me nella Stanza delle Necessità, ora.»
«Perché? Cosa vuoi fare?»
«Lasciare i diari dove li abbiamo trovati, ovviamente» asserì lei con convinzione.
«Che cosa? Ma… è grazie ai diari se siamo insieme ora!» obiettò lui, guardandola come se fosse impazzita tutto d’un tratto.
«Esattamente» affermò lei, come se quello fosse un argomento a sostegno della sua tesi e non contro. «Magari un giorno faranno per qualcun altro quello che hanno fatto per noi.»
«Hermione! Non voglio lasciare i diari! Hanno un… valore affettivo» protestò indignato Draco, pronunciando i termini finali in un suono soffocato, quasi buffo da sentire per via dello sforzo che stava facendo dell’ammettere di dare peso a un sentimentalismo del genere.
«È grazie a questo se ho capito che sei la mia anima gemella! Io!» aggiunse teatralmente, «Draco Malfoy! Io che neanche ci credevo a questa roba!»
Lei gli sorrise; si stava evidentemente impegnando a non scoppiare a ridere per la sua drammaticità. «E non credi che sarebbe orrendo da parte nostra negare a qualcun altro di godere della medesima possibilità?»
Draco sbuffò. «Cosa ti importa di qualcuno che potrebbe non esistere?»
«Oppure, potrebbe esistere. Magari lì fuori c’è o ci sarà un ragazzino come te, che avrà bisogno di quel diario per avere speranza. Che troverà l’amore tra le pagine ingiallite di questi diari e quell’amore potrebbe salvarlo» insisté lei. «O semplicemente renderlo felice.»
«Oppure no e avremmo abbandonato la cosa che ci ha avvicinati inutilmente. Non se ne parla. Sono egoista, Granger, ricordi?»
«Ricordo anche che qualche mese fa eri disposto a lasciarmi perché credevi che fosse la cosa migliore per me, per proteggermi», disse lei. «Questo si chiama altruismo, Draco. Anche se in una forma che non condivido.»
Draco sbuffò di nuovo. «Sì, non ti ci è voluto molto a convincermi a desistere però, no? Perché sono egoista, Granger.»
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Draco, sei felice?»
«Cosa?»
«Con me» specificò lei. «Sei felice?»
«Che domande fai, Granger?» le domandò, afferrandola con il braccio libero e attirandola a sé. Le accarezzò il viso dolcemente e poi si chinò a lasciarle un bacio casto, ma carico di sentimento, sulle labbra.
«Non sono mai stato così felice in vita mia», rispose con gli occhi chiusi. «Mi correggo, non sono mai stato felice in vita mia, prima di te.»
Lei sorrise di nuovo. «E non ti piacerebbe sapere che un giorno qualcuno potrebbe essere altrettanto felice grazie a questi stessi diari?»
Draco sospirò. «Mi convincerai in un modo o nell’altro, non è vero?»
Hermione annuì.
«Andiamo, allora» sospirò con un gemito lamentoso. «Prepotente.»
«Draco Malfoy che dà della prepotente a me!» commentò lei sghignazzando. «Come cambiano le cose…»
«Chiudi il becco, Granger.»
Non aveva intenzione di smettere di sbuffare.
Voleva che Hermione percepisse tutto il suo disappunto; si sarebbe assicurato di ricordarglielo per il resto della loro esistenza. Non solo lo stava facendo entrare un’altra volta nella Stanza delle Necessità, ma lo stava obbligando a separarsi dagli oggetti a cui teneva di più al mondo alla luce di uno sconfinato altruismo che non approvava minimamente.
«Che cos’hai messo nel tuo diario?» le domandò quando la vide inserire un foglio all’interno del taccuino.
«Oh, solo una lettera.»
«E cosa ci hai scritto?» indagò ancora, curioso.
«La storia dei diari. Trovare la lettera dei proprietari originari mi aveva dato speranza durante la guerra. Spero che la mia faccia altrettanto per quelli futuri.»
«E poi?» chiese cercando di afferrare la missiva per leggerla. «Cos’altro ci hai scritto?»
Hermione allontanò il braccio da lui e gli rivolse un sorriso beffardo.
«Un giorno te lo dirò, Draco Malfoy», dichiarò con aria solenne. «Forse.»
«Forse
«Potrei sempre decidere di lasciare che resti un segreto tra me e chi verrà dopo.»
«Non sono d’accordo, Granger» affermò lui, incrociando le braccia al petto.
«Non mi importa, Malfoy.»
§
Il giorno del processo a Lucius Malfoy, non avevano ancora finito di sistemarsi nella villa di Oasis.
Avevano lasciato Hogwarts tre settimane prima, ma erano stati sommersi dalle cose da fare, faccende da sbrigare, - molte concernenti la sua stessa eredità -, gente che la Granger teneva a salutare, - come la famiglia Weasley al completo, per rammarico di Draco -, e persone che voleva presentargli, ovvero sua zia Andromeda e il suo cuginetto di secondo grado, Teddy.
Andromeda si era dimostrata molto aperta e benevola nei suoi confronti e lo aveva accolto fin da subito come un membro della famiglia, sostenendo che, in fondo, non si erano mai conosciuti veramente e che era disposta a perdonarlo per i suoi sbagli, a concedergli una possibilità. E se per la prima ora di cena Draco aveva cercato con tutte le sue forze di restare indifferente al cuginetto e di tenere un atteggiamento sobrio, per la fine della serata si era ritrovato a ridere delle buffe esibizioni che il piccolo faceva del suo potere di Metamorfomago e a scherzare con lui e con gli altri commensali come se tutto ciò fosse stato normale per lui; una settimana dopo, Teddy era divenuto il destinatario di gran parte delle uscite del conto alla Gringott della famiglia Malfoy, conto di cui, alla luce della dipartita di Lucius, era ora titolare.
Il risultato di tutto quell’affaccendarsi in giro, era stato che la loro villa a Oasis era ancora invasa da scatoloni, bauli e mobili da sistemare e loro sarebbero dovuti partire per Parigi due giorni dopo; Hermione aveva insistito per viaggiare con i mezzi Babbani e Draco era sicuro che quello facesse parte di un suo piano per terrorizzarlo e poi prenderlo in giro per gli anni a venire.
Aereo.
Sembrava il nome di un Artefatto Oscuro, alle sue orecchie.
«Se succede qualcosa puoi sempre Smaterializzarti», gli aveva risposto quando aveva esternato i suoi dubbi circa l’affidabilità del mezzo. «Ci è concesso usare la magia davanti ai Babbani in caso di vita o di morte. Però te lo dico, se dovessi farlo e non cercassi di portare via quanti più passeggeri possibili, ti farei rinchiudere ad Azkaban.»
«Non sono un eroe, Granger!»
«Neanche Deadpool, eppure salva la gente ugualmente.»
«Chi
«Lascia stare. Hai davvero tanto da recuperare, Draco Malfoy.»
La mano di Hermione sulla sua schiena lo distrasse da quei pensieri; si voltò lentamente a guardarla, mentre lei abbozzava un debole sorriso e si accingeva a fare il nodo alla sua cravatta.
«Non dovresti bere così presto al mattino.»
«Oggi è solo un’eccezione, Granger» rispose in un sussurro flebile; lei gli diede una strizzatina sul braccio, appena sopra il gomito.
Draco si morse l’interno della guancia, poi sospirò. «Non so cosa aspettarmi» ammise stancamente, «cosa augurarmi.»
Lei lo abbracciò di lato e lui chiuse gli occhi.
«Voglio che paghi per quello che ha fatto» sussurrò, «ma al contempo…»
«Speri che non lo condannino al bacio del Dissennatore» terminò Hermione per lui.
Il biondino annuì. «Sono una cattiva persona se mi importa comunque di quello che gli succede?»
«No», gli disse lei, senza esitazione. «Resta pur sempre tuo padre. E il bacio è… insomma, sto presentando quella mozione al Ministero per rimuovere i Dissennatori da Azkaban per un motivo.»
Lui si passò una mano tra i capelli e poi si voltò verso di lei, tirandola a sé.
La baciò con dolcezza. «Sei sicura di voler venire?» le chiese, «Non devi sentirti obbligata…»
«Voglio starti accanto, Draco», affermò lei decisa. «Sempre.»
Draco la strinse un po’ più forte.
Non ti meriterò mai…”, pensò tra sé e sé, ma non espresse quel pensiero a voce alta, perché Hermione gli aveva proibito categoricamente di indugiare in quel tipo di considerazioni e non voleva contrariarla. Ovviamente, questa sua accondiscendenza in merito a quella richiesta non aveva nulla a che fare con la minaccia di venire trasformato in un furetto e lasciato sotto Trasfigurazione per due giorni interi; Hermione aveva specificato che non si sarebbe privata della sua compagnia più a lungo di così, per quanto carino lo potesse trovare in versione furetto bianco.
«Andiamo, è ora.»
§
Lucius si era dichiarato colpevole senza neanche provare a difendersi. Aveva anche confessato di non pentirsi assolutamente delle sue azioni, perché per lui niente aveva più importanza del preservare il retaggio della sua famiglia e impedire che suo figlio lo disonorasse.
Draco aveva ringraziato per tutto il tempo di avere la mano di Hermione da stringere, nascosta sotto il banco e quando il Wizengamot aveva emesso la sentenza, condannando Lucius alla pena massima, ovvero il bacio dei Dissennatori e Azkaban a vita, il biondino non era più certo di come si sentisse al riguardo.
Aveva parlato con una tale cattiveria della ragazza che amava, delle atrocità che aveva desiderato per lei, di come fosse intenzionato a distruggere la loro felicità e il futuro che lui aveva lottato per avere, che non era più sicuro che gli dispiacesse del destino a cui stava andando incontro suo padre.
Avevano optato per un’esecuzione immediata.
Quando erano state fatte scendere le barriere protettive e il Dissennatore era stato liberato nell’ambiente, Draco aveva trascinato Hermione contro il suo petto e le aveva bloccato la visuale.
«Non guardare», le aveva sussurrato in un orecchio e anche se aveva avvertito una leggera resistenza iniziale da parte sua, quando l’effetto, seppur mitigato, della creatura iniziò a farsi sentire anche su di loro, la ragazza si arrese e restò immobile contro di lui.
Lei aveva dei trascorsi orrendi con quegli esseri; era quasi stata sul punto di ricevere il bacio lei stessa, insieme a Potter e Sirius Black, quando erano solo al terzo anno a Hogwarts, su tentata esecuzione di circa un centinaio di creature oscure, non un singolo Dissennatore come in quel caso.
«Neanche tu», sussurrò flebilmente la giovane, ma quello era un lusso che Draco non poteva permettersi; si limitò a stringerla più forte a sé, chiedendole in silenzio solo un po’ di calore umano.
Si voltò a guardare sua madre, rigida e impassibile; poteva vedere chiaramente l’intensità con cui si stava affaccendando a ricorrere all’Occlumanzia in quel momento, la disperazione con cui si stava aggrappando alle sue abilità con tutte le forze che aveva in corpo. Per quanti errori Lucius potesse aver fatto anche nei confronti di sua madre, per quanto in disaccordo potessero essere stati spesso, Draco sapeva che lei lo amava e che quello a cui stavano assistendo non era semplice per Narcissa Malfoy.
Le tese una mano e la donna, con sua sorpresa, la strinse.
§
Narcissa era stata ritenuta all’oscuro delle azioni di Lucius e contraria ad esse, anche alla luce dell’indizio che aveva inviato a Draco non appena aveva carpito delle informazioni in merito a quella faccenda.
Pansy, invece, era stata condannata a dieci anni di reclusione; non abbastanza innocente da svignarsela, ma neanche la mente dietro a quel piano folle e crudele, una ragazza facilmente manipolabile da Lucius, cosa che lui stesso aveva ammesso durante il suo processo. Un burattino nelle sue mani, di cui si era approfittato facendo leva sui suoi sogni da ragazzina e sulle sue ambizioni alimentate dalla famiglia Parkinson stessa.
Hermione sorrise debolmente a Draco e indicò un punto alle sue spalle con un cenno del capo, poi si allontanò per raggiungere Potter e Weasley e concedere al biondino del tempo da solo con la madre.  
«Draco.»
«Madre.»
Restarono a guardarsi senza proferire silenzio per un po’, anche se nel loro modo singolare stavano, in realtà, comunicando.
Alla fine, dopo quelle che parvero ore, Draco sospirò. «So che non sei d’accordo in merito allo stile di vita che ho abbracciato nell’ultimo anno. Ma non capisco, perché mi hai aiutato?»
Narcissa mantenne la sua compostezza, mentre rispondeva al suo quesito. Si comportava come se non avesse visto il suo compagno di vita avere l’anima risucchiata da un Dissennatore solo mezz’ora prima, ma il suo stoicismo poteva ingannare il resto del mondo, non suo figlio.
«Ho avuto molto tempo per pensare dopo le ultime vicende al Manor, Draco» ammise con tono neutro. «Sai, dopo la guerra ho sperato a lungo che tu e tuo padre poteste riconciliarvi, che se tu avessi sposato una Purosangue e prodotto un erede maschio, sarebbe successo.»
«Puoi evitare di parlare in questi termini?» grugnì lui, interrompendola. «Non voglio eredi, voglio dei figli. Smettila di riferirti a me come se non fossi altro che una faccenda politico-economica.»
Narcissa si irrigidì. «Perdonami, figliolo.»
Lui sospirò sonoramente, ma poi la esortò ugualmente a continuare.
«Ho fatto quello che mi ha chiesto per questo, ti ho scritto quelle lettere e ho cercato di convincerti a lasciare perdere quella San-» le rivolse un’occhiataccia raggelante, che la costrinse a correggersi sul nascere, «ragazza, per questo motivo. Volevo solo riunire la famiglia. Te lo giuro, non sapevo del piano di tuo padre quando sei tornato a casa, ma quando l'ho sentito mandare Tinky a Hogwarts per spiarti, ho capito gran parte di quello che stava accadendo. Non sono riuscita ad avvisarti prima che la tua... ragazza ci finisse di mezzo, ma l'ho fatto immediatamente. Non avevo intenzione di assecondare un'altra volta le follie di Lucius, non importa quanto possa amarlo. Essere coinvolta in due guerre che non ho mai voluto combattere per me è stato un sacrificio più che sufficiente in nome del nostro amore, soprattutto visto che nell’ultima ho quasi perso il mio unico figlio.»
Draco deglutì, ma annuì in segno di comprensione.
«Quella volta… Mi hai chiesto di non portarti via la felicità» aggiunse ancora Narcissa. «E anche se non ne approvo la fonte, non ti farei mai una cosa del genere.»
Gli mise una mano sulla spalla. «Non voglio perdere mio figlio.»
Il giovane si passò la lingua sui denti, incerto su cosa dire.
«Draco, ho sempre e solo agito per il tuo bene» mormorò ancora lei, sospirando. «Sei l’unica famiglia che mi è rimasta e voglio fare parte della tua vita.»
Draco annuì brevemente. «Ti conviene iniziare a mostrare più apertura mentale e rispetto verso la ragazza che amo allora, madre», disse con fare autoritario. «Perché su questo non transigo. E se vuoi che continui a considerarti ancora parte della mia famiglia, la devi accettare nella sua interezza.»
Narcissa deglutì, ma fece un segno d’assenso con il capo.
«Mi aspetto che tu le porga delle scuse, comunque.»
La donna si irrigidì a quelle parole, ma non si scompose. «Assolutamente», convenne con un finto sorriso.
Il biondino represse a stento l’istinto di alzare gli occhi al cielo, poi fece per raggiungere nuovamente Hermione. Si fermò dopo qualche passò e si voltò verso la madre. «Non sono l’unica famiglia che ti è rimasta», mormorò a voce bassa, ma sapeva che lei lo stesse sentendo ugualmente.
Narcissa tornò a guardarlo e seguì la traiettoria del suo sguardo, per poi individuare la Granger che, insieme ai suoi amici, intratteneva un buffo bambino che esibiva delle orecchie da cane e un muso di papera; accanto a lei, composta e pacata, c’era Andromeda Tonks e li guardava tutti con estremo affetto.
La donna deglutì forte.
«Puoi venire con me, se vuoi», la informò Draco e la guardò speranzoso per qualche momento.
«Io… non credo che sia una buona idea.»
«Come preferisci», rispose il giovane. «Ma sappi che zia Dromeda è una donna comprensiva e tendente al perdono.»
«Zia Dromeda?» ripeté sorpresa Narcissa.
Il biondino annuì con un singolo cenno del capo.
Narcissa trasse due lunghi e profondi respiri, poi si rimise dritta e, inaspettatamente, seguì il figlio.
Quando furono vicini al gruppetto, il silenzio cadde immediatamente tra loro, mentre le due sorelle si scambiavano dei lunghi e intensi sguardi.
«Cissy», disse alla fine Andromeda, a mo’ di saluto.
Il labbro della donna tremò leggermente. «Dromeda.»
Continuarono a fissarsi senza proferire di parola per qualche altro istante, mentre Draco incrociava gli occhi di Hermione chiedendosi se la sua fosse stata una buona idea; Potter e Weasley fissavano la scena con gli occhi sbarrati e il piccolo Teddy trasformava il suo viso di continuo nel tentativo di riguadagnare l’attenzione dei presenti.
E poi successe l’impensabile: Andromeda allargò le braccia e, inspiegabilmente, il muro di vetro che era sempre stata Narcissa Malfoy andò in frantumi e andò incontro alla sorella con uno slancio, accettando la sua offerta di conforto.
«Dromeda», ripeté con voce strozzata, ma l’altra si limitò ad annuire.
«Lo so, lo so», le disse con fare rassicurante, «fa male. Ma andrà tutto bene, Cissy. Vedrai. Nessuno viene lasciato da solo nella nostra famiglia.»
§
«È stato surreale» commentò Draco, ancora scioccato, mentre tirava il braccio di Hermione per spingerla dentro la piscina; la posizionò con la schiena contro il suo petto e posò il mento nell’incavo del suo collo.
«Mia madre che perde il controllo», mormorò incredulo. «Credo che sia la prima volta nella storia che accade una cosa del genere.»
La ragazza sospirò. «Era in un momento di estrema fragilità, Draco», sussurrò comprensiva. «È un essere umano anche lei. Tu… vuoi parlare di… del processo?»
Il biondino scosse il capo. Non voleva pensare a Lucius, non voleva pensare ai Dissennatori e non voleva assolutamente rivivere quello a cui aveva assistito quella mattina, non in quel momento.
Non sentiva, comunque, che ci fosse molto da dire al riguardo.
Lucius Malfoy era stato graziato già troppe volte nel corso della sua vita; alla fine, aveva raccolto ciò che aveva seminato e si era scavato la tomba con le sue stesse mani. Draco era solo lieto che nel farlo non avesse trascinato lui e sua madre con sé. La volta precedente ci erano già andati troppo vicini.
«Vorrei sapere… che cosa ti ha detto mia madre, quando ti ha presa in disparte?» le domandò invece, sforzandosi di non suonare nervoso e di non farle percepire la tensione nel suo corpo.
«Mi ha chiesto scusa», rispose esitante Hermione; aveva la fronte corrugata, come quando stava cercando di risolvere un enigma.  
Draco chiuse gli occhi e sorrise tra sé e sé, prendendolo come un passo di sua madre verso la loro riconciliazione; il passo più importante e significativo che poteva fare, quello di cui lui aveva bisogno per riuscire a darle un’altra opportunità.
«Glielo hai chiesto tu?»
«Magari è solo in cerca di un nuovo inizio, Granger» affermò lui, «vorrebbe far parte della mia vita, a quanto dice.»
La ragazza si voltò a guardarlo. «Che cosa hai intenzione di fare?»
«Beh, le premesse sono buone, no?»
Hermione gli rivolse un sorriso incoraggiante.
«Tu cosa ne pensi?»
«Qualsiasi cosa ti renda felice, Draco, per me va bene» gli disse, accarezzandogli una guancia.
«Lo sai quello che intendo…»
«Io le ho detto che la posso perdonare, Draco.»
Il biondino la baciò. «Sei troppo per essere vera, giuro», mormorò tra un sospiro e l’altro, «troppo per essere mia…»
«Smettila…» iniziò a protestare, probabilmente già pronta a riesumare la minaccia della trasfigurazione, ma quando le labbra del biondino si spostarono sul suo collo, poi, lentamente, lungo le sue spalle, Hermione emise un singulto. «Oh», esclamò estasiata, «questo no, continua pure.»
Draco rise. «Allora», asserì afferrandola per i fianchi e voltandola, intrappolandola tra il proprio corpo e la parete del bordo piscina. «Pronta per Parigi, signorina Granger?»
§
Un gufo affannato planò sul loro tavolo mentre stavano facendo colazione in giardino. Era una bella giornata di sole estivo e non vedevano l’ora di tuffarsi in piscina e rilassarsi in tranquillità.
Draco sfilò le lettere dalle zampe dell’uccello e Hermione gli diede qualcosa da mangiare, poi, quando il gufo ebbe spiccato il volo, posò gli occhi su di lui, agitata.
«Sono i M.A.G.O.» disse con voce stridula. «Dimmi la verità.»
Il biondino alzò gli occhi al cielo, ma annuì.
La ragazza si portò le mani tra i capelli e scattò in piedi, iniziando a camminare avanti e indietro, freneticamente.
«Mi stai facendo girare lo stomaco, Granger.»
Hermione ignorò quella frecciatina e tornò a guardarlo; Draco la fissava con un sopracciglio sollevato.
Non poteva fare sul serio, non poteva essere veramente così ansiosa di sapere i suoi risultati… sapeva benissimo di aver preso il massimo in tutte le materie.
«Dammi quella lettera», ordinò in tono piccato. «Anzi, no! Fermo!» urlò quando la vide a mezzo centimetro dalla sua mano. «Io leggo i tuoi e tu leggi i miei, d’accordo?»
Draco rise. «D’accordo.»
Invertì le lettere e aprì quella di Hermione. «Tutte E», la informò, sorridendo. «Un vero spreco di carta, se vuoi sapere la mia. Si sapeva già.»
Lei strillò di felicità e gli gettò le braccia al collo con fervore. «Oh, sta’ zitto!» esclamò. «Stavo morendo nell’attesa!»
Il biondino scosse il capo, sghignazzando. «Dimmi i miei!»
«Tutte E, tranne una O…» rispose lei, «…in Babbanologia.»
Draco si accigliò. «Cosa?»
Allontanò leggermente il capo da lei e le strappò di mano la pergamena con i suoi voti. «Come posso aver preso O in Babbanologia quando tu sei la mia ragazza?»
Hermione fece ruotare gli occhi. «Era una delle poche materie che non facevi con me.»
«Sì, ma mi facevo te», ribatté lui, come se la cosa fosse in qualche modo pertinente all’ambito scolastico.
«Che battuta scadente persino per i tuoi standard, Malfoy» commentò la giovane, ridacchiando, ma il biondino continuava ad essere imbronciato e anche un po’ confuso.
Non era possibile!
«Sono serio», insisté. «Dev’esserci un errore. Voglio dire, abbiamo persino un feletono… e quel coso che usi per vedere i pupazzi animati…»
«Telefono e cartoni animati, che si vedono sul televisore», lo corresse ridendo con le lacrime agli occhi, poi si fece seria e si morse un labbro, probabilmente per fermare le risate. «Oltre Ogni Previsione, per l’appunto.»
Draco gettò la pergamena sul tavolo e sbuffò.
«Oh, andiamo» lo canzonò lei, alzandosi e afferrandogli una mano. «Hai tutto il tempo per imparare come si deve.»
Il biondino le rivolse un sorriso malizioso. «Tutto il tempo vuol dire tutta la vita, non è vero?»
Hermione si limitò a esibire un ghigno provocatorio, ma l’anello che portava al dito scintillò sotto la luce del sole per un momento, rispondendo al posto suo.

 
   
 
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