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Autore: Onda nel silenzio    13/01/2023    2 recensioni
1. La conta dell'atrocità - Dieci, venti, trenta milioni, moltiplichiamo per tre, che ne dici, tesoro?
A volte, nei momenti più impensati, senti ancora la voce di Arlong nella tua testa e la spalla brucia come se te la stesse mordendo a sangue.

2. Abbastanza - Nami si ruba tutto, anche le risposte che non hai.
3. Alla deriva - "Quando Nojiko ha deciso di raccontarci il tuo passato, io e Rufy non siamo rimasti ad ascoltare. Perché, secondo te?"
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arlong, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Cinquanta, cento, mille, inizia a contare, bambina.
Hai dieci anni quando scopri che tutti hanno un prezzo. Dieci anni e un cuore randagio senza più un rifugio.  
Sangue. 
Le avevi detto che non era tua madre, per il sangue. Le avevi detto che non lo era e che non lo sarebbe mai stata. Bellemere si era spezzata, ma poi aveva sorriso quando le avevi chiesto perdono. 
Ora lei quel sangue l'ha barattato per la tua vita.  
 
Cinquanta, cento, mille, impara a contare, bambina, fallo in fretta.
Tutto ha un prezzo. Il cibo, i vestiti, i libri, un tetto sopra la testa, la libertà.
Le linee che tracci su carta indicano quanti vali, la tua infanzia scivola via con loro giorno dopo giorno, mappa dopo mappa. La matita non trema, la mano è ferma, il foglio (bianco, come la gola di tua madre, quando –) non ha imperfezioni. 
Sono i ricordi a sfumare via in una nube di rimpianti. 
 
Cinquanta, cento, mille, non smettere di contare, bambina.
Casa odorava di buono, casa sapeva di sole, di pace, di sicurezza, di vita, il sorriso l'urlo lo sparo, il suo corpo riverso sul prato (non tremare non tremare ti prego Nami non tremare)
Chiudi gli occhi, la stanza è marcia e ingiusta e soffoca e – 
Chiudi gli occhi. Immagina un'isola. Un'isola piena di fiori e sentieri sempreverdi. 
Ascolta. Senti il suono delle onde e il verso dei gabbiani. Non c'è nient'altro intorno a te, nessun sussurro minatorio, nessuna risata sguaiata, nessun pianto strozzato. 
Vai avanti così. 
Sei brava, Nami. 
Quando riapri gli occhi la mappa è ancora a metà, ma è salva. Le sbavature si annidano solo dentro di te, mentre fai a pezzi i tuoi ricordi per non annegare. 
 
Cinquanta, cento, mille, è ancora troppo poco, bambina.
Le banconote tremano – paura senso di colpa riscatto – mentre le seppellisci sottoterra.
Sollevi lo sguardo verso le piante di mandarino, uniche testimoni del tuo segreto. 
Le risate di tua sorella e di tua madre si risvegliano in echi infiniti nella tua testa, vorticandoti attorno come fantasmi. 
Non torneranno più. 
 
 
 
 
 
 
Cinquecento, mille, duemila, hai iniziato a puntare in alto, ragazzina.
Non è così che avevi immaginato di vivere le tue avventure per mare, ma è bello evadere un po', provare il brivido dell'ignoto, assaggiare la vita al di fuori del villaggio. Anche se di corsa, anche se in costante fuga, inseguire luccichii e tintinnii di gioielli ti aiuta a non pensare, a seppellire i traumi. 
È la sola cosa che ti tiene a galla, lontana dalla prigione di mappe che non ti appartengono.
 
Mille, duemila, tremila, l'oro aumenta velocemente, ragazzina, non vedi com’è facile?
Niente più furti maldestri, è tempo di miglioramenti, di fughe vincenti, di senso di colpa che svanisce schiacciato dal desiderio di rivalsa. In fondo quelli che derubi sono solo pirati – feccia, al pari di Arlong. 
Punirli ti fa sente migliore, viva. È il tuo riscatto a metà, la rivincita indiretta che accumuli e custodisci per anni sotto la stessa zolla di terra, mentre il tuo corpo cambia e tu non hai tempo per accorgertene. 
 
Tremila, quattromila, cinquemila, azzera il conto, ragazzina.
Il giorno in cui noti di essere cresciuta è quello in cui un uomo col triplo dei tuoi anni tenta di infilarti a forza la lingua in bocca. Lo fai pentire di averci provato, ma il furto non va a buon fine. 
Non è dei soldi che t'importa. 
Rimpiangi il tempo sprecato. 
Quello, a differenza del tuo villaggio, non si può comprare. 
 
Dieci, venti, trentamila, le cifre salgono, ragazzina, e con loro sale anche la posta in gioco.
Sei pronta a tutto pur di cancellare la paura dai volti della tua gente (troppo tempo, hanno perso troppo tempo ad aspettare e tremare), restituirai loro il sorriso a qualunque prezzo. 
Troia mangiasoldi. È così che ti ha chiamata quel pirata scaltro da cui hai rischiato di essere presa – solo un bacio, non gli hai concesso altro –, ed è così che ti senti chiamare anche da Arlong nella tua testa, la sua voce un proiettile sibilante, il sorriso l'urlo lo sparo, il suo corpo riverso sul prato (non tremare non tremare ti prego Nami non tremare).
Rosso, c'era troppo rosso sul prato, quel giorno, ma la gola di Bellemere era intatta, bianca come un foglio vuoto. Mentre disegni ti sembra di vederla ancora in quello stato, e a volte, non puoi evitarlo, le lacrime scivolano sulle linee tracciate a matita, costringendoti a nascondere tutto e a ricominciare da capo. 
Non vuoi che Arlong se ne accorga.
Capirebbe che sei debole.
 
Trenta, cinquanta, centomila, agguanta e fuggi, ragazzina, non ti è permesso provare certi brividi.
Ricordi i suoi occhi scuri come abissi. Occhi scuri irrequieti, scanzonati, il suo sorriso un po' triste che si accendeva quando ti guardava.
Me la pagherai, è stata la sua promessa d'addio.
Non volevi usarlo, no – cercavi solo un aggancio per arrivare a quella ciurma di pirati fresca di tesori rinvenuti, ma preferisci che ti ritenga una puttana, una bugiarda che mirava soltanto a derubare suo fratello. Fa meno male pensare di avergli ceduto il corpo per mero gioco, quella notte, meno male dell'idea di aver provato qualcosa che non puoi vivere. 
Devi dimenticarlo, Nami. 
Cento, duecento, trecentomila, luccichii di gemme e fruscio di banconote per colmare i vuoti del tuo cuore.
 
È il soffocante bisogno di libertà che ti spinge a puntare sempre più in alto. 
L'hai riconosciuto. Insieme a quello strambo ragazzino di gomma c'è Zoro il Cacciatore di Pirati. Hai sentito parlare di lui, lo stimavi per il lavoro che faceva. Qualcosa – forse il sorriso da bambino di Rufy – ti dice che non devi biasimarlo se ha voltato le spalle alla sua missione, se ha scelto di diventare uno di quei pirati che in passato uccideva. Ma non hai tempo per farti domande. Non devi abbassare la guardia, il Cacciatore ti tiene d'occhio.
A giocare col fuoco rischi di bruciarti. 
 
 



 
 ***
 
 
 


Uno, due, tre, gli infiniti secondi che passano mentre lui affonda e non riaffiora.
Niente fuoco, solo acqua – eppure brucia comunque, eppure il suo corpo che annega riaccende l’urlo nella tua testa – Bellemere.
Devi lasciarlo annegare.
Devi lasciarlo annegare, Nami, o tutti capiranno –
Uno, due, tre, un sogno per un sogno.
Ti tuffi in acqua.
Lo salvi.
Ti salvi.
 
 
 
 
 
*** 




 
Settanta, ottanta, novanta milioni, che peccato, c’eri quasi.
La voce di Arlong diventa un ronzio indistinto nella tua testa, la sua risata sfrenata sbiadisce e si lacera in tanti piccoli pezzi di carta, gli stessi che Rufy distrugge sotto i tuoi occhi assieme alla tua prigione. 
Osservi i fogli strappati piovere a terra col cuore che trema. 
Non riesci neppure a pensarlo.
Eppure è vero. 
È finita.
 
 
 
 
 
 ***





Dieci, venti, trenta milioni, moltiplichiamo per tre, che ne dici, tesoro?
A volte, nei momenti più impensati, senti ancora la voce di Arlong nella tua testa e la spalla brucia come se te la stesse mordendo a sangue.
Eppure è finita, Nami. È finita da tempo. 
Posa la matita sulla scrivania, corri sul ponte della nave, all'aperto, esponi il tatuaggio alla luce del sole. Guardalo. 
Una girandola e un mandarino. 
Una girandola e un mandarino.
Niente squalo, niente sangue.
Va tutto bene. 
 
Dieci, venti, trenta milioni, perché continui a sentire la sua voce?
Otto anni di ricatti non si cancellano. Otto anni di ricatti lasciano i loro germi sottopelle. A stare nella tana degli squali o muori o fingi di essere parte del branco per sopravvivere. Tu sei sopravvissuta, Nami, ma forse hai finto per troppo tempo.
Sarà per questo che continui a contare, ad accumulare, a rubare tesori.
I tuoi occhi cercano di riflesso l’unico che non puoi avere.
Ha i capelli verdi come le terre in cui sognavi di evadere.
È forte e giusto come tu non sarai mai.
“E adesso che vuoi?”
Contare, accumulare, rubare…
Non stai cercando di ripagarti delle cose che non hai mai avuto – sei diventata uguale a lui. Non è un modo per compensare l'adolescenza non vissuta – sei diventata uguale a lui. Non è per il riscatto – sei diventata uguale a lui –, nessun trauma – sei diventata uguale a lui –, codarda – sei (sempre stata) uguale a lui.
“Sto parlando con te.”
Zoro ti fissa in ostile difensiva – uno, due, tre, i secondi passano in fretta –, lo guardi e non riesci a rispondergli. È diffidente, come sempre. Fa bene a esserlo – uno, due, tre, continua a contare, bambina.
Se ne sarebbe andato, quel giorno.
Se non fosse stato per Rufy, Zoro se ne sarebbe andato…
Affili un sorriso – bugiardo. “Mi devi il triplo dei soldi che ti ho prestato.”
Sei uguale ad Arlong.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 





Note
L'avvertimento "tematiche delicate" l'ho inserito per l'attaccamento al denaro di Nami, visto che qui l'ho spogliato della sua vena comica e l'ho reso morboso mi sembrava d'obbligo. Al momento non so se scriverò anche il punto di vista di Zoro, quindi per sicurezza pubblico questa cosa come una one-shot completa, non mi piace lasciare le cose a metà.
Grazie per aver letto. Un saluto!
  
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