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Autore: Orso Scrive    19/01/2023    1 recensioni
Quando due anime vibrano di un amore vero e intenso, che arde nel profondo, è destino che si ritrovino sempre, oltre la vita, oltre la morte...
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A&A - STRANE INDAGINI'
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27.

 

 

Per alcuni minuti che parvero interminabili, non accadde nulla.

Quando il vento misterioso aveva attraversato la stanza, sferzandolo da parte a parte, Alberto era indietreggiato per istinto. Aveva sfiorato Aurora e aveva cercato la sua mano, per avere una parvenza di conforto. Le loro dita si erano strette, e lei aveva continuato a tenere saldo Daniele, che ormai tremava come una foglia abbandonata nella tempesta e non faceva più nulla per trattenere le lacrime.

Uniti a quel modo, tutti e tre avevano tenuto gli occhi puntati addosso a Sophia, cercando di scoprire se il suo tentativo avrebbe sortito qualche risultato.

«Credete che…» cominciò a dire Aurora.

Un roco sospiro di Sophia la interruppe.

La donna si piegò in avanti, fino a sfiorare il pavimento con il mento. Cominciò a fare respiri sempre più profondi. Il suo petto si alzò e si abbassò rapidissimo, facendo tintinnare una delle collanine che portava al collo, piena di ciondoli dal significato arcano. Un suono che si sovrappose a un fischio che le usciva dalla bocca e dal naso. C’era qualcosa che sibilava, nei suoi polmoni.

Qualcosa di non buono.

«Sta male!» esclamò Manfredi. Gli sembrava di aver riconosciuto i sintomi di un enfisema. «Dobbiamo aiutarla…!»

Fece appello mentale alle tecniche di pronto soccorso che aveva appreso al corso a cui era stato obbligato a partecipare all’epoca dell’accademia militare. Erano passati un po’ di anni. Forse troppi. Scoprì di non ricordare un granché.

Cazzo, devo segnarmi di dire a Iannaccone che ho bisogno di un ripasso. Dovrà iscrivermi a qualche corso di aggiornamento. Ma scommetto che quel vecchio tirchio si guarderà bene dal farmelo fare.

Non era il momento di pensare al suo superiore.

Sophia emise un gemito. All’improvviso, come spinta da una molla invisibile, si rizzò sulle ginocchia e si irrigidì. Inarcò la schiena e spinse la testa verso l’alto. Cominciò a tremare sempre più forte. Dalle labbra semichiuse iniziò a uscirle una bava biancastra, screziata di rosso.

«Porco di quel…!» Manfredi non riuscì a trattenersi dal chiamare in causa una delle massime divinità. Giove, o qualcosa di simile.

Fece per scattare verso di lei, ma la mano di Aurora, per quanto sudata a causa della tensione, restò salda nella sua e lo trattenne.

«Aspetta, Manfredino…» sussurrò, senza staccare lo sguardo da ciò che stava succedendo davanti a loro.

Ci fu un altro movimento. Dapprima quasi non lo notarono, da quanto fu debole. Poi però divenne chiaro. Valeria si era mossa. Si mosse ancora una volta. Il suo volto, pallido, con gli occhi spalancati e segnati dalle occhiaie, si girò a fissare Sophia. Anche la ragazza si alzò sulle ginocchia.

Daniele sussultò.

«Vale!» chiamò. «Vale!»

Lei lo ignorò. Forse non lo sentì nemmeno.

Restando sulle ginocchia, Valeria allungò le braccia, posò i palmi aperti sul petto di Sophia e la spinse, allontanandola da sé. La ragazza urlò, articolando parole e suoni in una lingua sconosciuta.

«Mg! Ymg' mgep mgepch' n'ghft'drn, vulgtmnah Y' ephaikick ymg' ph'nglui cahf ' agl hup hh' ymg' mgepnog!»

Sophia mugolò qualcosa di incomprensibile in risposta, finendo sdraiata sulla schiena. Attorno a loro, guizzando ed emettendo scintille colorate, le fiamme delle cinque candele si sollevarono all’unisono, unendosi fino a formare una specie di rete luminosa, che le imprigionò entrambe.

I tre spettatori di quella specie di pantomima erano poco meno che sconvolti. Quelle parole impossibile da decifrare continuarono a risuonargli nelle orecchie, strappandogli brividi lungo la schiena. La luce della rete di fuoco li illuminò e li abbagliò, facendogli lacrimare gli occhi.

«Che cazzo succede…» piagnucolò Daniele.

Io so solo che il mio lavoro consisterebbe nell’andare a cercare reperti trafugati, quadri rubati e cose di questo tipo, pensò Manfredi. Al massimo dovrei trovarmi ad avere a che fare con qualche banda organizzata, ma per la maggiore con tombaroli da strapazzo e ladruncoli da due soldi. Ai corsi di addestramento sono stato istruito sul modo migliore per rincorrere un ladro e su come ammanettarlo senza fargli del male, ma nessuno ha mai parlato di roba del genere, e di certo nessuno mi paga abbastanza per tutto questo

«È il velo…» sussurrò Aurora. «È stato squarciato… davanti ai nostri occhi…»

Manfredi non aveva idea di che cosa intendesse dire.

Nemmeno gliene fregava nulla.

Voleva solo che tutta quella faccenda finisse in fretta.

 

* * *

 

«Edith, per favore, non commettere la stessa colpa di tuo padre», implorò la vecchia, senza smettere di fissare la giovane. «Non lasciarti trascinare da un cieco furore come fece lui…»

Era distesa a terra, e respirava a fatica. Sembrava più minuta e antica che mai. La ragazza, nuda e bellissima, incombeva su di lei, pronta a colpirla ancora. Ricordava un terribile angelo della morte venuto a portare la sua vendetta.

«Io non sono lui!» gridò la giovane, furibonda. Tremava ed era sconvolta. Il rossore le si allargava sul petto, chiazzandole la pelle del seno e rendendola ancora più affascinante. «Non osare nemmeno di fare un paragone del genere! Quel mostro è andato all’inferno, come meritava!»

«Allora dimostralo», gracidò la vecchia, fissandola. «Lascia che quella povera creatura innocente viva. Non prenderti la sua vita. Sarebbe un’ingiustizia. Questa storia è cominciata con qualcosa di profondamente ingiusto, storto e sbagliato… lascia che, almeno, possa concludersi con un lieto fine. Il tuo amore, quello di Marta, il vostro amore, sopravvivrà a tutto questo, te lo prometto, ma voi dovete guardare e andare avanti…»

Edith fece una smorfia rabbiosa.

«Avanti?!» ripeté. «Ho atteso per tutto questo tempo che Marta tornasse da me, e ora dovrei andare avanti senza di lei?!»

La vecchia scosse il capo.

«Con lei, Edith, non senza di lei… con lei… per sempre con lei… ma non in questo modo…»

La ragazza fece un passo in avanti.

«E allora come?» disse.

La vecchia non disse nulla. Respirava in modo sempre più affannoso. Sembrava che non ne avesse più per molto. Questa volta fu Marta ad aprire bocca. Le parole le uscirono flebili ma nitide dalle labbra che il freddo aveva screpolato.

«Hai atteso per tanto tempo il mio ritorno», sussurrò. «Ma quanto a lungo lo hai fatto, amore mio? Da quanto davvero mi aspetti, Edith?»

Edith si girò di scatto verso di lei. Le sorrise.

«Mesi, tesoro. Dall’inizio dell’autunno. Temevo che non saresti più tornata, pensavo di averti persa… ma mio padre ha detto di aver rubato e distrutto lui, tutte le lettere che mi hai scritto… e forse, dentro di me, ho sempre saputo che non te ne saresti potuta andare davvero, che non mi avresti abbandonata in quel modo, senza nemmeno una spiegazione. Sono stati mesi terribili, ma ora sono finiti, ora siamo insieme, ed è questo che conta.» Si girò a guardare la donna. Una smorfia sprezzante le contrasse la mascella. «E non sarà questa vecchia racchia spuntata da chissà dove a separarci, te lo assicuro. Questo decrepito sacco di ossa scheggiate non ci farà del male. Un roito simile non mi fa paura!»

«Un po’ di cortesia da parte tua non guasterebbe, però», bofonchiò la vecchia, leggermente offesa. «Avrei voluto vedere come ti saresti ridotta tu, alla mia età, se avessi avuto occasione per arrivarci.»

«Mesi…» ripeté Marta. Scosse il capo, cercando di schiarirsi le idee. «Mesi… sospesi nell’irrealtà di un sogno… mesi come anni… anni come decenni…»

Edith tornò a guardarla, confusa. Non capiva che cosa stesse dicendo.

«Come…?» sussurrò.

La vecchia riuscì a rimettersi in ginocchio. Il suo respiro era sempre roco, ma sembrava che stesse tornando regolare.

«Decenni, sì», mormorò. Ormai, la sua voce gracchiante era ridotta a un flebile e stridulo sussurro. Sollevarsi doveva averle fiaccato le ultime forze su cui ancora poteva contare. «Sono quasi dodici decenni che vi aspettate… una lunga attesa, da quando il velo della morte è disceso sui vostri corpi… anche se ci sono anime per cui l’attesa è stata molto più lunga, e per alcune ancora non è finita, dopo interi millenni… ma l’amore non può essere sconfitto, non dall’odio, non dalla violenza, tantomeno dal tempo, che non può nulla contro le anime, e che può regnare solo su un mondo, che non è questo… e adesso vi siete ritrovate, adesso siete insieme, come doveva essere…»

Qualcosa scattò all’unisono dentro le due ragazze. La consapevolezza di tutto, all’improvviso, si fece largo dentro di loro. I loro occhi si sciolsero in lacrime disperate. Corsero una verso l’altra e si strinsero in un nuovo abbraccio, il più stretto, forte e avvolgente che si fossero mai date.

«M-ma noi…» singhiozzò Edith, sfregando il viso contro il collo di Marta, «…ma noi siamo vive… noi ci amiamo»

«Sì, amore mio… noi siamo vive… e ci amiamo… perché l’amore non può morire mai per davvero…» sussurrò Marta, accarezzandole la schiena. Teneva gli occhi chiusi, e attraverso le palpebre serrate scivolavano lacrime calde e salate, abbondanti. «Ti ricordi quella promessa che ti feci? Le parole che ti dissi? Che ti avrei amata in vita…»

Edith sussultò tra le sue braccia. Non si lasciarono andare. Se possibile, si avvinghiarono con maggiore forza.

«…e che mi avresti amata in morte…» disse, tra i singhiozzi.

Restarono strette, mentre attorno a loro la stanza cominciava a sfumare sempre di più, circonfusa di una luce evanescente e misteriosa. Entrambe, attraverso il velo delle lacrime, tornarono a cercare la vecchia, che stava già ridiventando ombra tra le ombre, riassorbita là da dove era giunta. Nonostante si stesse facendo sempre più difficile poterla scorgere, videro con chiarezza che sorrideva. Un sorriso dolce, rassicurante, forte come l’eternità. Un sorriso che voleva dire che non avrebbero dovuto avere paura di nulla, perché non ce n’era bisogno.

«Non siate tristi, piccole mie», sussurrò ancora, mentre la sua forma svaniva davanti ai loro occhi bagnati di pianto. «Non è la fine… non lo sarà mai… è come avete detto voi… l’amore non può mai morire… è l’eterno e inarrestabile ritorno… vi siete trovate una volta… lo farete ancora e ancora, perché le vostre anime sono unite, sono unite da un filo che non potrà mai essere spezzato…»

La voce della vecchia divenne un’eco sempre più flebile e lontana. La sua figura disparve nella luce, che riempì tutto quanto.

Un dolce calore discese su Edith e Marta.

Le due ragazze restarono insieme. I loro occhi si incontrarono ancora una volta mentre le loro labbra si univano in un ultimo bacio…

 

 

 

…ma non sarebbe stato l’ultimo…

 
   
 
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