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Autore: Wymagalt    27/01/2023    1 recensioni
Il mio nome è Delphini Mathildis Black e sono nata il 9 febbraio del 1976. Sono la figlia del Signore Oscuro, Lord Voldemort e della sua più fedele Mangiamorte, Bellatrix Lestrange. Ti chiederai perché abbia scelto di raccontarti la mia storia. Credo principalmente per lasciare una traccia di me che non sia stata riscritta, convalidata o manomessa da mani altrui. Spero avrai la pazienza di accompagnarmi per queste pagine, lasciando fuori i pregiudizi, le paure e le resistenze che naturalmente avrai nei miei confronti. Ti chiedo di tentare. E alla fine, magari, riusciremo a incontrarci da pari: tu con la tua storia e io con la mia.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Delphini Riddle, Famiglia Lestrange, Famiglia Malfoy, Famiglia Nott | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Più contesti
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IV.

Ho passato tutta la mia vita a rincorrerlo, mio padre. La prima volta che ho camminato, ho messo un piccolo passo incerto dietro l’altro, in diagonale, dalle braccia di mia madre verso di lui, aggrappandomi alla fine ai suoi pantaloni, le lunghe gambe che scendevano dal divano di casa Lestrange. Credo che mia madre abbia riempito quel momento di tutto il simbolismo possibile. Non so cosa abbia pensato mio padre.
La prima volta che l’ho chiamato “papà” credo di aver rischiato di uccidere il mago oscuro più potente di tutti i tempi. Ero nel mio box di legno bianco – un’atrocità regalatami da zia Cissa e Lucius, credo che mio padre non glielo abbia mai perdonato – e lui mi aveva appena poggiato tra i cuscini e peluche:
“Non ho mai visto una bambina più viziata” aveva commentato, guardando di traverso mia madre.
“Mio Signore…” aveva iniziato lei “La bambina sta con sua nonna la maggior parte della giornata, ha bisogno di qualcosa che la possa divertire un po’” aveva sorriso, complice. Ha sempre saputo come raggiungere mio padre. Infatti, lui si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.
“Forse non dovrei lamentarmi a vederla così ben curata, non è vero? Tu cosa dici, Delphini? Ti stanno viziando troppo tua nonna e i tuoi zii?”
Devo aver risposto con qualche lallazione incomprensibile, per farmi riprendere in braccio.
“Sembrerebbe di no…” aveva commentato mio padre, prima di girarsi verso la porta. Nello sforzo di richiamarlo a me, mi misi a piangere.
“No, Del, non devi fare così!” aveva sbuffato mia mamma, avvicinandosi per prendermi in braccio. Povera inconsolabile Delphini. È così però che dissi per la prima volta “papà!”. Segretamente, mia madre mi stava allenando da qualche settimana, consapevole che se non l’avesse fatto lei, quel momento avrebbe potuto essere sostituito a quando sarei stata abbastanza grande da articolare le parole “Mio” e “Signore”. Mia madre non voleva questo per me. Forse, non voleva questo per lui.
Non ricordo l’espressione sul volto di mio padre, ma dev’essere stata esilarante. È per queste piccole libertà, che ho sempre avuto la possibilità di prendermi, che, alla fine, non si è più lamentato quando zio Rabastan mi chiamava “Principessa” o per i doni che mi facevano.
Zio Rab aveva fatto la scuola con lui, è una verità che penso di aver sempre saputo… si vedeva dal modo in cui si comportavano l’uno con l’altro. Ho sempre saputo che mio padre era temuto, da mia nonna, da zia Cissa e Lucius, da chiunque fosse alla sua presenza. Anche mia madre lo temeva, ma in un modo diverso dagli altri e molto più simile al mio: era il timore che si ha per un dio di cui si teme il giudizio, non per un predatore di cui si teme il morso. Zio Rabastan non lo temeva, lo rispettava. Era un rispetto fatto di quell’affetto fraterno, e probabilmente non richiesto, di cui la vita benedice gli amici. Mio padre avrebbe potuto torturarlo e Rabastan avrebbe continuato a vedere loro due, ragazzi, in una rissa. Credo che a zio Rab io sia piaciuta da subito, perché c’è tanto di quel ragazzo in me e che mio padre fa finta di non vedere. Io sono una Black e non c’era macchia in me. Sarà perché il nero nasconde i contorni.
   
 
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