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Autore: Gun    28/01/2023    2 recensioni
Sakura aveva sempre voluto vedere Kakashi senza maschera, anche se questo era troppo persino per lei...
Tutto inizia a causa dell'ennesimo ritardo di Kakashi, in una calda mattinata.
Tra imbarazzi, mutandine rubate, inganni ed incomprensioni, Sakura si addentra nel mondo dei piaceri fisici con l'aiuto dell'unico uomo che non avrebbe mai considerato. Ma se dall'amore può nascere il sesso, dal sesso può nascere l'amore?
KakaSaku.
Traduzione precedentemente pubblicata in parte da eveyzonk.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Tsunade
Note: Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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. 19 .

Addio

 

           

 

 

Sakura aggiustò le coperte del suo letto sospirando, per poi grattare via una macchia secca di mascara dalla federa bianca del suo cuscino: ecco cosa succedeva a piangere fino ad addormentarsi senza struccarsi prima.

Letto rifatto, ora sedeva sul bordo, osservando svogliatamente la stanza in cui si trovava. Le sembrava priva di energia, proprio come se stessa, e la luce mattutina che arrivava dalla finestra – fredda e pallida com’era – ricopriva tutto di un’aura cupa ovunque si posasse. Aveva ancora due ore libere prima del suo turno in ospedale, ma non c’era niente a riempire quel tempo, se non i suoi pensieri.

Da quel giorno in poi si sarebbe concentrata solo sul lavoro, gli allenamenti, le missioni e gli hobby; si sarebbe resa così impegnata da non darsi modo di pensare.

Perché quando pensava, si sentiva schiacciata dal peso della sua depressione.
Il ricordo dell’addio di Kakashi le stringeva il petto e le dava dolore fisico, e Sakura ormai sapeva che era amore quello che provava, anche se quel sentimento era fuori luogo.
Il pensiero di essere la causa del suo abbandono, invece, l’uccideva più delle lame di mille kunai.
Il pensiero che nonostante tutto Kakashi fosse indifferente a qualsiasi legame avessero le faceva venire voglia di morire.

Sua madre una volta le aveva detto di approfittare delle occasioni fin quando poteva, e Sakura l’aveva fatto e non se ne pentiva; ma non voleva commettere il suo stesso errore donando il suo cuore all’uomo sbagliato, per poi restarne delusa.

Kakashi non era come suo padre, però, e in più sensi.
Suo padre era di mentalità ristretta, non svolgeva mai un compito se non frettolosamente e in modo abbozzato, ed era fin troppo affezionato alla birra.
Al contrario, Kakashi era diligente, tollerante e stava lontano dai vizi.
Eppure, tra loro c’era una sottile somiglianza: il loro vago disinteresse e l’apatia verso le persone che dipendevano da loro, e scarsi gusti in quanto a donne.

Erano proprio quelle qualità di suo padre che avevano distrutto la sua famiglia, e Sakura non poteva permettersi di amare un uomo con una natura altrettanto altalenante.

“Lo dimenticherai”, si incoraggiò, poggiandosi al davanzale. Il cielo pallido che sovrastava i tetti sembrò volerle ricordare che c’era tanto da vedere nel mondo, che valeva molto di più dei sentimenti che provava. “Credevi di non poter dimenticare Sasuke, ma l’hai fatto”.

Sì, la partenza di Kakashi l’avrebbe aiutata. Lontana da lui, non avrebbe dovuto vederlo ogni giorno e pian piano sarebbe diventato solo un dolce ricordo da custodire. Nelle notti solitarie avrebbe pensato a lui, al suo calore, al loro fare l’amore lentamente quando erano troppo eccitati per dormire, ma troppo stanchi per muoversi.

Avrebbe ricordato ogni tocco, ogni bacio ed ogni carezza – dal modo in cui premeva le sue spalle quando la prendeva da dietro, ai colpetti che le dava sul naso quando pensava che avesse fatto o detto qualcosa di carino, quando facevano colazione insieme.
E i suoi sguardi – quelli lunghi e teneri che le rivolgeva quando credeva che lei non lo notasse – potevano essere scambiati per amore, ma chissà cosa c’era dietro quell’occhio dal colore del metallo, quando la guardava. Quando la loro relazione era cominciata, era solito aggiungere dei sorrisini a quelle occhiate; ma nell’ultimo periodo, non lasciava trasparire alcuna emozione ed il suo sguardo appariva vuoto.

Kakashi non era felice, negli ultimi tempi.
Anche se le aveva permesso di intrufolarsi nel suo letto e le aveva dato tutto ciò che voleva, il suo atteggiamento era sempre un po’ troppo serioso e le sue spalle rigide. Sakura era sicura che ormai non trovasse né il suo corpo, né la sua compagnia, così tanto piacevoli ormai: il brivido del nuovo si era esaurito. Forse era solo perché Sakura era una sua studentessa se non riusciva a scaricarla come aveva fatto con qualsiasi altra donna, e per colpa di quell’assurda situazione aveva continuato ad intrattenerla controvoglia.
Sakura – lasciandolo libero – gli aveva solo fatto un favore.
E ne aveva fatto uno anche a se stessa.

Chissà cosa c’era ad attendere Hatake Kakashi ora.
Sakura lo immaginava a divagare tra le colline, oltre i boschi, passando da città in città, Icha Icha alla mano e perfettamente soddisfatto. Avrebbe continuato a schivare la gente, senza dubbio, ma bravo com’era a parole, non gli sarebbe risultato difficile ottenere una stanza in cui passare la notte, o un pasto gratis, e perché no – magari anche compagnia a letto inclusa nel patto.

Sakura sapeva che non avrebbe dovuto preoccuparsi per lui, una volta lontano. Era sopravvissuto ai pericoli, da solo, per anni prima che lei nascesse, e avrebbe continuato a farlo senza di lei.

Eppure, faceva così male…

Poggiò una guancia sulle nocche e abbassò gli occhi sulla strada. Era giornata di mercato e i mercanti inondavano Konoha pieni della loro merce, affollando le strade. Passavano così tante persone sotto la sua finestra, che i visi si confondevano tra loro.
Eccola lì, Konoha.
Eccola lì la folla inferocita che aveva costretto l’uomo che amava ad andarsene.
Ricordava di aver fatto parte di quella mentalità maligna, da piccola, quando disprezzava Naruto solo perché lo facevano tutti, solo perché era diverso dagli altri. Non ne andava affatto fiera, ed ora che tutto quel disprezzo era rivolto a lei, si chiedeva come avesse fatto Naruto a non odiarli tutti. Dopo appena una settimana in quello stato, lei stessa si sentiva delusa da quel villaggio e dalla popolazione che prima considerava la migliore di tutte le Cinque Nazioni.

Poi, all’improvviso, una sola faccia si distinse dalle altre; forse perché era coperta da una maschera.

Kakashi.

Alzò lo sguardo verso di lei e la salutò allegramente, per poi entrare nel portone del suo edificio. In panico, Sakura si assicurò che il suo make-up fosse a posto e che il suo appartamento fosse ancora in ordine; poi andò alla porta e attese che Kakashi bussasse.

Quando aveva cominciato a pensare che forse era andato a trovare uno dei suoi vicini, lui arrivò. Attese un paio di secondi prima di aprirgli, giusto per non fargli capire di averlo aspettato con una mano sul pomello; poi aprì la porta ed accolse il suo ex amante con un sorriso flemmatico.

«Kakashi-sensei» salutò. «Che ci fai qui?»

Ne ebbe una vaga idea quando si rese conto che non fosse da solo. Al sicuro tra le sue braccia e stretta contro al suo petto, c’era la sua piccola compagna verde: Mr. Ukki. Quando Naruto gliel’aveva regalata – come aveva fatto con lei e Sasuke  Mr. Ukki non era altro che una piantina; ora, invece, era alta almeno mezzo metro e con un foltissimo fogliame, a dimostrare quanto Kakashi l’avesse curata negli ultimi anni.

«Il fatto è che…» cominciò. «Pensavo di portarla con me, ma non so se tutto quel camminare faccia bene ad una pianta. Quindi mi stavo chiedendo se forse–»

«Se posso prendermene cura?» finì per lui. Guardò Mr. Ukki – e forse Mr. Ukki guardò lei, a modo suo – e prese la sua decisione. «Non c’è problema, può stare accanto a Mrs. Uno».

Lo invitò ad entrare e lo condusse verso la sua camera da letto – come aveva fatto tante volte prima di allora – e aprì la finestra per fare spazio al nuovo ospite sul suo davanzale. Buttò via furtivamente un vaso di plastica con dei gerani morti e indicò lo spazio ora vuoto. «Può stare qui.»

Kakashi non sembrava rassicurato. «Non ha mai vissuto all’aria aperta».

Sakura lo fissò. «È una pianta» disse lentamente.

«E se dovesse sentirsi solo?» chiese Kakashi, preoccupato.

Si chiese se la stesse prendendo in giro, ma con Kakashi non si sapeva mai. «Mrs. Uno gli terrà compagnia» spiegò, indicando la piantina alta la metà di Mr. Ukki. «Forse ci daranno dentro e impollineranno, addirittura».

Kakashi la guardò scettico. «Il nome della tua pianta sembra implicare che è sposata. Sarebbe piuttosto scandaloso, non credi?»

«Non credo che a Mr. Ukki faccia specie,» ribatté. «Tale padrone, tale pianta».

«Touché» sospirò Kakashi, porgendole riluttante il suo compagno. «Va innaffiata tutti i giorni, ed ecco il suo mangime – dagliene giusto due gocce insieme all’acqua, ogni tre settimane».

Sakura prese la bottiglina e se la rigirò tra le dita, per poi guardare Kakashi irrequieta. «Quindi stai davvero per andartene?» chiese a bassa voce. Se ne era resa conto dal momento in cui aveva visto la pianta.

«Sì, tra un’ora o due» le rispose calmo, evitando di guardarla negli occhi.

«Solo un’ora o due?» sentì il cuore annodarsi. «Hai preparato le scatole? Hai preso tutto quello che ti serve? Sicuramente hai bisogno di più tempo per–»

«Ho solo un altro paio di cose da fare» la interruppe dolcemente. «Ho svuotato il frigo, ho dato tutto il cibo ai vicini, ho fatto staccare acqua ed elettricità, e appena avrò sbrigato un paio di commissioni alla Torre dell’Hokage, potrò partire».

Sakura annuì silenziosamente. «Capisco» disse. «Non dirai addio a nessuno?»

Kakashi spostò il peso da una gamba all’altra. «Preferirei svignarmela melodrammaticamente e lasciare tutti col dubbio. È più divertente».

Sakura gli sorrise debolmente. «Credo ancora che non serva che te ne vada, Kakashi» gli disse, ritornando ai loro modi confidenziali. «Non puoi ripensarci?»

«Ci ho ripensato, tantissime volte» ammise. «Ma alla fine arrivo sempre alla stessa conclusione. Devo andare, Sakura… È meglio per tutti».

Sakura strinse forte le labbra; provò ad annuire ancora, ma le venne fuori solo una minima oscillazione.

«Non dispiacerti per me» le disse Kakashi. «Al contrario, io preferisco vederla come una cosa buona. Posso accettare qualsiasi missione io voglia e quando mi va, cambiare un hotel a notte, ed ingozzarmi col servizio in camera per il resto del– …per molto tempo. Jiraya diceva spesso che gli stavo a cuore perché siamo molto simili; se è così, allora mi godrò la mia libertà come ha fatto lui».

Sakura non era sicura che quelle fossero le sue vere considerazioni. «Sei davvero testardo» sospirò.

«Credo di sì» fece spallucce. «Ma mai quanto te».

Sakura si accigliò, troppo occupata a chiedersi cosa volesse dire per rispondergli. In quella breve pausa, Kakashi si fece coraggio e si avviò alla porta. Sakura lo seguì, e quando lui si fermò improvvisamente, per poco non gli andò addosso.

«È il momento di salutarsi» le disse; quelle parole stridevano nelle orecchie di Sakura. «Non credo ci rivedremo, quindi…»

«Che stai dicendo?» chiese, incredula. «Hai detto di avere ancora un po’ di tempo prima di partire».

«Sì, ma–»

«Ci vediamo ai cancelli» disse fermamente. «Ci saluteremo lì».

La fissò. «Non c’è bisogno di–»

«Voglio farlo» lo interruppe. «E ti farò ciao con la mano fino a quando non sparirai all’orizzonte, quindi non credere di potertene andare con una stretta di mano veloce sul mio pianerottolo. Dirmi addio sarà l’ultima cosa che farai a Konoha, non la decima sulla lista delle cose da fare. Non insultarmi così».

Kakashi rise e si massaggiò la nuca. «Se la metti così…»

«Bene, allora ci vediamo all’ingresso tra un’ora» disse decisa, sapendo bene che Kakashi sarebbe comparso tra non meno di due. «Va bene?»

Sospirò, sconfitto. «Okay».

Allungò una mano, come a volerla poggiare sulla sua spalla, o testa, o forse guancia; ma sembrò ripensarci e si trattenne con un sorriso vago. «Okay» ripeté.
Poi si voltò ed uscì di fretta.

Sakura sospirò e buttò la testa all’indietro. «Idiota» mormorò all’appartamento vuoto, senza sapere se si stesse riferendo a Kakashi o a se stessa.

In mancanza d’altro da fare, si mise le scarpe ed uscì, avviandosi ai cancelli. Avrebbe aspettato lì godendosi l’aria fresca, e con un po’ di fortuna avrebbe salutato Kakashi in tempo per andare al lavoro. Le strade erano così piene che nessuno la riconobbe: le spalle degli estranei cozzavano con le sue, e doveva farsi strada tra i gruppetti molesti che si bloccavano il passaggio fermandosi a chiacchierare al centro della strada, ma era un sollievo passare inosservati.

Le bancarelle del mercato costeggiavano la strada che portava all’ingresso, quindi Sakura si sedette su uno dei dissuasori in legno posti all’entrata, per osservare l’attività della gente avanti a lei.
Alle sue spalle si estendevano le terre e i boschi che circondavano Konoha, ma Sakura non aveva il coraggio di guardarle, perché avrebbe significato affrontare il fatto che da lì a poco Kakashi le avrebbe oltrepassate.

«Hey, Sakura».

Ino si districò dalla folla per avvicinarsi a lei, insieme ad una ragazza bionda che Sakura non conosceva. «Vuoi fare un giro per le bancarelle con noi?» chiese Ino. «Dovresti vedere che bei dipinti ci sono allo stand dell’arte».

«Magari più tardi» le rispose.

«Aspetti qualcuno?» e nonostante il tono di Ino fosse disinvolto, i suoi occhi non mentirono e si strinsero sospettosi e disapprovatori: a Sakura non serviva leggerle nella mente per sapere a chi si riferisse e cosa ne pensasse.

Fece spallucce. «Qualcosa del genere» le rispose. «Kakashi se ne va oggi… Lo aspetto per dirgli addio».

«Kakashi-sensei se ne va?» si sorprese Ino. «In missione? O per–»

«Per sempre» finì Sakura per lei, con una punta di stizza. «Se ne va per sempre».

«Oh» Ino le sorrise imbarazzata. «Beh, ci vediamo dopo allora…»

Si voltò e prese ad allontanarsi, seguita dall’altra bionda, alla quale sussurrò: «È quella di cui ti hi parlato» quando pensava erroneamente di essere abbastanza lontana.

Scuotendo la testa, Sakura alzò gli occhi al cielo e si rassegnò ad aspettare. Guardò l’orologio, e poco a poco passò un’ora. Di Kakashi nemmeno l’ombra, ma se lo aspettava. Chi invece apparì, la sorprese molto.

«Kakashi se ne va, eh?» le chiese Genma, avvicinandosi col suo inseparabile stuzzicadenti in bocca. «È un peccato tremendo. Vero, Shizune

«È proprio da lui prendere una decisione del genere così in fretta» rispose fiaccamente Shizune. «Non mi sorprende affatto».

Si fermarono a conversare accanto al pilastro in pietra del cancello, e Sakura capì che avevano intenzione di restare a salutare Kakashi, come lei. Era giusto, considerando che fossero suoi amici, ma Sakura non poté fare a meno di sentirsi infastidita all’idea di perdere il suo ultimo momento da sola con Kakashi.

Poi arrivò Tenzō. «Ho sentito dire che Kakashi-sempai se ne va» le disse. «È così?»

Lei annuì.

«Così all’improvviso… Aveva intenzione di svignarsela, non è vero?» le sorrise cinico. «Lo nasconde bene, ma c’è qualcosa di melodrammatico in quell’uomo».

«Trova gli addii imbarazzanti» gli disse Sakura. «Non voleva attirare l’attenzione».

«E gli piaceva l’idea di lasciarci tutti a bocca aperta, vero?»

«Anche quello».

Dopo Tenzō, arrivò la ragazza del ramen. «Stavo comprando qualche nuovo utensile» le disse Ayame, «quando quella tua amica bionda mi ha detto che Kakashi-san se ne va oggi. È già partito?»

«No, non ancora» le rispose Sakura, sorpresa di vederla.

«Oh, menomale» sorrise, sedendosi sul palo accanto a Sakura e Tenzō. «Non voglio che gli resti un brutto ricordo di me, e credo di essere stata un pochino rude l’ultima volta che ci siamo parlati. E poi è sempre stato un caro cliente di papà, così–»

«Se ne va già?» arrivò Naruto, fiato corto e sudore grondante. «Se ne va oggi

Sakura restò impressionata dall’abilità di Ino nello spargere le notizie. Se c’era un messaggio urgente da inviare da una nazione all’altra, altro che aquile! Lasciate fare ad Ino.

«Già, sta per partire» rispose stizzita all’idea che i suoi ultimi momenti con Kakashi svanivano nel nulla. Non voleva condividerlo con così tanta gente.

«Hai parlato con Hinata?» affannò Naruto.

Sakura si accigliò. «No. Cosa c’entra ora?»

«Ah, dannazione…» Naruto collassò al suolo e ci restò per lunghi minuti per riprendere fiato.

«Hai corso per tutto il villaggio?» chiese incredula.

«Sì, ma quel bastardo di Sasuke si è rifiutato di correre», motivo per cui il ragazzo in questione arrivò dopo dieci minuti dopo Naruto.

«Perché Kakashi se ne va?» fu la prima cosa che chiese.

Sakura schivò la domanda. «Sei qui per dirgli addio?» gli chiese. «Carino da parte tua».

Sasuke incrociò le braccia con indifferenza. «Pura curiosità. E non ho altro da fare».

«Capisco» gli sorrise ironica Sakura, sospettando che a Sasuke sarebbe mancato il suo maestro molto più di quanto gli facesse piacere ammettere.

Arrivarono altre persone: alcuni li conosceva, la maggior parte no. Vide anche Izumo e Kotetsu insieme a Raido, e poi Ibiki ed Ebisu, ed anche Iruka-sensei, e tutti le chiesero se Kakashi se ne fosse già andato e restarono per salutarlo. Poi la gente cominciò a notare la piccola folla accumulata davanti ai cancelli e cominciarono a chiedere cosa stesse succedendo, e quando sentivano che il Copy Ninja stesse per lasciare Konoha, si fermavano per dirgli addio. Persone che Sakura nemmeno credeva avessero mai parlato a Kakashi o che avessero solo sentito il suo nome, volevano partecipare alla sua festa d’addio; Sakura fu costretta ad arrendersi al fatto che Kakashi non fosse solo suo: era di Konoha, e tutti loro volevano un ultimo saluto.

Ma con tutta quella gente, Kakashi non l’avrebbe nemmeno notata.

«Bella folla, eh?» disse Ino, facendosi strada verso di lei. «Sembravano tutti interessanti quando ho dato la notizia».

«Non dirmi che anche tu vuoi dirgli addio» le disse Sakura, alzando un sopracciglio.

Dietro Ino apparì Choji. «Non saremmo vivi se non fosse stato per Kakashi-sensei. Ci ha salvato la vita contro quell’Akatsuki coi tentacoli. Vero, Ino?»

«Vero, vero» ammise Ino, riluttante.

«È un tipo a posto» si intromise Shikamaru, mani in tasca. «Lo sanno tutti. Credo sia per questo che così tanta gente vuole dirgli addio».

«Se piace a così tanta gente, perché non si sono comportati meglio con lui?» chiese Sakura, infastidita.

Ino sembrò a disagio, ma fu Sasuke a schiarirsi la voce per parlare. «In genere, non si apprezza quello che si ha fino a quando non si rischia di perderlo. Le circostanze ci rendono ipocriti. Naruto, ti vuoi alzare?»

«Dov’è Hinata-chan??» piagnucolò da terra. «Dovrebbe essere già qui!»

Sakura buttò di nuovo un occhio al suo orologio e sospirò ansiosa. Erano passate due ore, doveva essere già all’ospedale a timbrare il turno, e Kakashi aveva detto che sarebbe stato lì un’ora fa. Possibile che avesse cambiato idea? Possibile che volesse rimanere, dopotutto?

E se invece stesse facendo un ultimo giro della città?

Si guardò intorno e, osservando la folla, si disperò. C’era così tanta gente a salutarlo che sarebbe stata travolta dalla marea prima di poterlo raggiungere. Forse si sarebbe guardato intorno chiedendosi “dov’è Sakura?” e anche se avesse gridato “sono qui!”, sarebbe stata coperta da persone molto più alte di lei e Kakashi se ne sarebbe andato con un’alzata di spalle.

Sasuke e Naruto battibeccavano a pochi passi da lei, discutendo su a chi sarebbe mancato di più Kakashi (“A te!” “No, a te!”) e Ino si era allontanata insieme al suo team per parlare di tutt’altro, ma doveva essere qualcosa di molto divertente, visto il modo in cui si sbellicava dalle risate. Sakura se ne stava seduta da sola sul suo palo con lo sguardo fisso sulle sue ginocchia, con una parte di sé che sperava che andassero tutti via. Arrivò qualcun altro, ma Sakura non ci faceva ormai più caso.

Almeno, non fino a quando la persona in questione non si accucciò di fronte a lei e le scrutò il viso sorridendo. «Sembra che qualcuno ti ha preso a calci il cane».

Era Kakashi, anche se Sakura ci mise un attimo di troppo a capirlo, perché non indossava l’uniforme e il suo viso era completamente scoperto. Spalancò la bocca per la sorpresa ed il sorriso di Kakashi si ingrandì in risposta.

Ma certo! Avrebbe voluto prendersi a calci per la sua stupidità. Ovviamente non avrebbe indossato l’uniforme! Ma era ciò che Sakura, e chiunque dei presenti, si aspettava: un uomo mascherato, dai capelli bianchi e nell’uniforme di Konoha; ma non indossava nemmeno il suo copri fronte, e l’effetto generale era disorientante.

Sakura lo guardava in shock. «Perché non hai–»

«Perché non mi servirà» le rispose, guardandola in quel suo vecchio modo che sembrava dire “tu” e “solo tu”. C’era una folla di almeno cento persone riunitesi per vederlo, ma lui sorrideva solo a Sakura, quel suo sorriso che gli disegnava delle adorabili fossette sulle guance e che gli faceva arricciare la cicatrice – ora vistosamente libera – sotto l’occhio.
Occhio che teneva chiuso con la sola forza della concentrazione, ora che non c’era niente a coprirlo.

Sakura non si era mai resa conto che Kakashi avesse altri vestiti oltre alle uniformi, eppure eccolo lì, in abiti civili. Una maglietta blu a maniche lunghe, stretta sui fianchi da un obi chiaro annodato, anche se i pantaloni e gli stivali erano più o meno sempre gli stessi. Portava un vecchio zaino di pelle in spalla, le cui cinghia si incrociavano sul suo petto e quello – insieme alla sciarpa giallina arrotolata al collo – era tutto ciò che aveva intenzione di portare con sé. Era praticamente irriconoscibile, specialmente per chi non ne conosceva il viso. Ragion per cui fu Sakura l’unica a notarlo.

«Quindi te ne vai» gli disse, cercando di mantenere ferma la voce, mentre gli occhi si imbevevano avidamente alla sua vista.

«Sì» annuì.

«Adesso» gli disse.

«Sì», le sorrise di nuovo, e Sakura fu costretta ad abbassare ancora lo sguardo, deglutendo rumorosamente.

«Per favore, ripensaci» sussurrò.

Lui rise. «No».

«Ma…» Mi mancherai! Ti amo! E ti ammazzerò! «Ma io–»

«Kakashi-sensei

 

 

 

 

Quel giorno doveva fare caldo, perché chiunque Kakashi incontrasse, aveva le guance rosse. Dal canto suo, il clima era abbastanza fresco da dover indossare una sciarpa, ma forse era un problema suo.

Anche l’Hokage gli era sembrata accaldata, quando le aveva consegnato il copri fronte ed il contratto sul quale aveva agonizzato per tutta la notte. Si accigliò al notare la sua firma sul documento, come se avesse esaminato in cerca di cavilli, per poi schiarirsi la voce.

«Sembra tutto a posto» disse infine. «Hai sistemato tutti i tuoi affari?»

Kakashi annuì. «Sì, Hokage-sama».

Aveva lasciato Mr. Ukki a Sakura, era tornato a casa a cambiarsi, preso le cose che avrebbe portato con sé ed aveva detto addio alle quattro mura nelle quali aveva vissuto per la maggior parte della sua vita. Da lì sarebbe andato ai cancelli, detto addio a Sakura una volta per tutte e poi avrebbe cercato di ricordarsi la strada per Kuroshima, la capitale del paese neutrale ad est in cui c’erano belle donne, hotel a buon mercato e dove nessuno avrebbe riconosciuto un ninja solo vedendolo da lontano.

«Ricordati di fare rapporto almeno una volta al mese, così possiamo tenere traccia dei tuoi spostamenti. Se non ti farai vivo, invierò una squadra di ricercatori che ti riporteranno a calci qui per dare spiegazioni».

«Salterei un rapporto solo se fossi morto, Hokage-sama» le sorrise.

«Sarà meglio per te» ribatté lei. «Se ti becchiamo a cospirare con altri villaggi, sei più che morto».

«Lo capisco, ma il fatto che io lasci il villaggio non significa che io non vi sia più leale».

«Bene, allora non avremo problemi» gli sorrise a labbra strette. «È stato un piacere conoscerti, Hatake Kakashi».

«Altrettanto, Hokage-sama».

 Kakashi strinse la mano che Tsunade gli aveva offerto e le rivolse un breve inchino.

«Prenditi cura di te» gli disse poi, con tono vagamente dolce.

«Farò del mio meglio» rispose, ricambiando il suo sorriso. Le guance dell’Hokage si imporporarono, e fu costretta a distogliere lo sguardo. «Forse dovrebbe aprire la finestra, Hokage-sama, sembra accaldata».

Tsunade indicò la porta infastidita. «Puoi andare».

Kakashi non si affrettò per raggiungere i cancelli. Passeggiò per il mercato occhieggiando le bancarelle con interesse, e finì per comprare tre portapranzi, un bel kunai in acciaio con un nastro blu ed un pacco di caramelle che buttò al primo bidone quando si rese conto che fossero alla banana. Stava procrastinando e lo sapeva, ma non aveva fretta. Ogni passo che faceva era un passo in più verso Sakura, e lo avrebbe portato più vicino a compierne molti di più per allontanarsi da lei.

«Fiori, signore?»

Kakashi si voltò verso la ragazza dietro la bancarella. Gli sorrideva porgendogli un’orchidea bianca ed era circondata dai fiori più esotici che avesse mai visto. «No, grazie» le rispose.

«Di sicuro un bell’uomo come lei avrà qualcuno felice di ricevere un dono da parte sua» disse, annusando il fiore.

Lo sguardo di Kakashi fu attratto da un cestino di gigli dai petali bianchi e rosa.
Sapeva che a Sakura piacessero i gigli ed il rosa, quindi con ogni probabilità le sarebbero piaciuti dei gigli rosa, ma forse sarebbe stato inappropriato regalarglieli. Non voleva confonderla con un regalo d’addio, e dopo aver visto cosa aveva fatto del suo ultimo regalo, non credeva avrebbe apprezzato molto il pensiero.

«La ringrazio» disse ancora, «ma no».

Riprese a camminare fino a quando non riuscì a scorgere la cima dei cancelli all’orizzonte. Si fermò per l’ultima volta ad una bancarella che vendeva degli strani dischi luccicanti per i quali finse interesse, fino a quando non fu costretto a riprendere il suo cammino.

Quando si fu districato dalla folla mercantile, ne notò un’altra raggruppata all’ingresso del villaggio. Doveva esserci una grossa missione in programma, se tanta gente si trovava all’entrata di un villaggio come Konoha, ma dov’era Sakura?

«Permesso» disse, facendosi strada tra la massa, in cerca di una macchia rosa e rossa che avrebbe distinto Sakura dal resto.

Ed eccola lì, seduta su un palo con uno sguardo cupo e basso, come una bambina in punizione. Non lo riconobbe immediatamente quando le si accovacciò di fronte, probabilmente perché non era abituata a vederlo senza maschera ed uniforme in pubblico.

Sakura non voleva che se ne andasse, a giudicare dalle sue parole mozzicate e la tristezza negli occhi. Sembrava volergli dire qualcosa, ma non era facile per lei farsi coraggio e parlare, come lo sarebbe stato per qualcuno come Naruto. I suoi sentimenti erano più celati e custoditi, riservati solo a lei. E forse era meglio così, perché parlare ora avrebbe solo complicato di più le cose.

Voleva baciarla, almeno per l’ultima volta, ma più di tutto voleva vederla felice e sorridente. E per farlo accadere, doveva andarsene e non confonderla con i suoi sentimenti. Si sarebbe accontentato di un addio e forse un breve abbraccio, per poi dileguarsi silenziosamente nel nulla.

Ma spesso il fato cospirava contro di lui.

«Kakashi-sensei!»

Kakashi alzò lo sguardo e vide Naruto, che lo guardava come se avesse avuto due teste. Il chiacchiericcio intorno a lui si affievolì immediatamente e tutti si voltarono a guardarlo, innervosendolo; si chiese se volessero linciarlo.

«Hey, non porti la maschera…» disse Ayame, guardandolo scioccata.

«Whoa…» Genma perse lo stuzzicadenti di bocca.

«Oddio…» Ino fece un passò indietro e calpestò un piede di Choji, le guance le si erano arrossate.

Kakashi si mise in piedi, accigliato. «Immagino abbiate saputo che sto per andarmene, quindi questo è un addio» disse solenne. «Non mi sarei mai aspettato un commiato…»

Lo fissavano tutti come se non riuscissero a riconoscerlo: li aveva sicuramente sorpresi mostrandosi audacemente a viso scoperto.
Ma ora cosa si aspettavano da lui? Un discorso? Che li salutasse facendo ciao con la mano? E poi, non si rendevano conto di quanto fosse maleducato fissarlo in quel modo?

Tese una mano a Naruto per aiutarlo ad alzarsi. Una volta in piedi, gli diede una pacca sulla spalla e gli sorrise, sebbene Naruto non ricambiò. «Naruto, all’inizio non ero sicuro che mi piacessi, ma hai fatto ricredere me e tutti i presenti più volte. Sono fiero di te, e sono sicuro che continuerai a crescere anche senza di me». Fece una pausa. «Ma lascia perdere un po’ il ramen, altrimenti crescerai solo in larghezza».

Naruto aprì la bocca per ribattere, ma Kakashi si spostò su Sasuke. «Una volta mi hai detto che avevi solo due scopi nella vita: uccidere tuo fratello e rifondare il tuo clan. Congratulazioni per il primo, e buona fortuna per il secondo. Hai sempre ecceduto in tutto, quindi mi aspetto grandi cose da te, anche se non sarò qui per darti consigli sulle ragazze, d’ora in poi».

Sasuke lo fissò.

Kakashi sospirò. «Vuoi un abbraccio?»

«Non ti azzarda–»

«Vieni qui!»
Kakashi attirò il giovane uomo in uno stretto abbraccio. «Se avessi avuto un figlio, sono sicuro che sarebbe stato simile a te».
Sciolse l’abbraccio e congedò un imbarazzato Sasuke con un caldo sorriso. «Il che mi rende tremendamente felice di non averne avuti».

Poi si voltò verso gli altri conoscenti.

«Genma, grazie per tutti i soldi che mi hai prestato, vedrò di restituirteli un giorno. Shizune, prenditi cura dell’Hokage. Ayame, la tua cucina è la migliore, salutami tuo padre. Shikamaru, la tua intelligenza certe volte mi fa sentire minacciato, ma in generale mi piaci. Lo stesso vale per te, Choji. Ino… Il rossetto rosa ti sta meglio del rosso. E Tenzo, non farti bullizzare dal mio team in mia assenza – e tieni d’occhio quella coi capelli rosa, è una combinaguai».

Poco alla volta superarono tutti lo shock del suo nuovo look e si fecero avanti per salutarlo.
Scambiò strette di mano e sorrisi, ricevette pacche sulle spalle ed accettò qualche bacio sulla guancia dalle signorine più audaci – due da Ino che fece un altro giro. Chiunque avrebbe pensato che fosse un amico intimo di ognuno di loro.

Tanti dissero che la sua partenza era una perdita e che avrebbero sentito la sua mancanza, ma Kakashi non ci credette fino in fondo. Guardando i visi di chi lo circondava – alcuni noti, altri sconosciuti – si rese conto che molti di loro fossero lì per godersi lo spettacolo. Non erano interessati a dirgli addio, ma ai pettegolezzi che sarebbero ricominciati una volta messo piede fuori dal villaggio. Qualcuno probabilmente era anche contento di vederlo sbattuto fuori, e in tanti pensavano che se lo meritasse.

Si guardò intorno in cerca di Sakura ancora una volta, e quando la vide scomparire tra la folla la tirò per mano. Era evidentemente infastidita ed evitava di guardarlo, quindi Kakashi intrecciò le dita alle sue e le strinse forte.

«Sakura, questo è un addio».

Si accigliò e continuò a non guardarlo. «Sentirai freddo» disse, a bassa voce.

«Starò bene».

«Dove sono le valigie? Non hai abbastanza cose».

«Ho tutto ciò che mi serve».

«Ma…» la voce si incrinò. Poi si fece coraggio e lo guardò negli occhi. «Non parlare agli sconosciuti».

Kakashi le sorrise. «Promesso».

«E… Mangia sano e ricordati di cambiarti l’intimo tutti i giorni. Non dimenticarti di fare il bagno».

Un paio di donne si coprirono la mano con la bocca e sghignazzarono.
A Kakashi non importava. «Non lo dimenticherò».

«E non mangiare niente di quello che ti viene offerto. Non combattere. Non accettare missioni di rango S perché non potremo guardarti le spalle e ti farai ammazzare».

«Sakura…»

Le guance di lei si rigarono di lacrime. «E devi almeno scriverci e farci sapere se stai bene, così non ci preoccuperemo. Anzi, ci preoccuperemo lo stesso, ma un po’ di meno se ti ricorderai di noi».
A quel punto non poté più continuare. Chinò la testa e i capelli le schermarono il viso, nascondendo i suoi sentimenti a tutti i presenti. Gli ricordò di quando l’aveva trovata sull’altalena, quando quella sottospecie di uomo l’aveva scaricata e lei aveva fatto di tutto per non mostrare a Kakashi quanto questo la ferisse. Sakura aveva il brutto vizio di affezionarsi alle cose inutili e non si risparmiava mai. Ma aveva fatto in fretta a dimenticare Ikki… Sperava che sarebbe stato lo stesso con lui.

Kakashi la attirò dolcemente in un abbraccio silenzioso. Sakura nascose il viso contro la sua spalla, mentre lui le carezzava la nuca, e gli stava così bene addosso che era un’ingiustizia che non fosse sua. Non voleva lasciarla andare, non voleva che quella fosse l’ultima occasione per stringerla o toccarla; provava un dolore mai sentito prima a quel pensiero.

Dietro di Sakura c’era Naruto, e quando incrociarono gli sguardi, Naruto abbassò gli occhi tristemente. Solo lui era a conoscenza dei suoi sentimenti, ma se aveva a cuore il bene di Sakura, avrebbe tenuto la bocca chiusa.

«Sai perché lo faccio, vero?» le sussurrò.

«Forse lo capirò un giorno» rispose, con voce spezzata dal pianto.

La lasciò andare e, dopo aver dato un’occhiata agli occhi gonfi e al naso arrossato, cercò un fazzoletto in tasca: senza maschera gli capitava spesso di starnutire per l’allergia e ne aveva sempre qualcuno a portata di mano. Sakura lo accettò e si soffiò il naso.

Quando provò a restituirglielo, lui rifiutò. «Uh… puoi tenerlo» le disse. «Così un giorno tornerò a riprenderlo».

Sakura lo guardò, confusa. «Ma è solo un fazzoletto di carta». La procedura usuale era di buttarlo nel cestino più vicino.

«Lo so» sospirò sconfortato. «Avrei dovuto dartene uno di stoffa, ma non fanno per me. Temo che dovremo accontentarci».

Un flebile sorriso le illuminò il volto e riscaldò il cuore di Kakashi. «Lo custodirò gelosamente allora» gli assicurò.

Quello sarebbe stato il momento perfetto per baciarla.
Lo voleva così tanto che aveva il cuore in gola e gli faceva male il petto, ma non era il caso di lasciarsi andare. C’erano abbastanza volti accigliati solo al vederli parlare ed abbracciarsi, lo avrebbero spedito via a calci se avesse provato a darle un bacio.

Dopo essersi costretto ad allontanarsi da lei, Kakashi si guardò intorno. Gli sguardi erano stranamente più cupi ora; alcuni addirittura sembravano colpevoli.

«Non resta altro da dire» annunciò, rivolgendosi alla folla silenziosa. «Ma siete un branco di ipocriti, traditori, falsi e bugiardi, e vi voglio bene e mi mancherete davvero tanto. Fatta eccezione per giusto tredici di voi».

Si guardarono tra di loro imbarazzati.

«Addio».

Rivolgendo un ultimo sguardo a Sakura per sorridere solo a lei, si voltò e prese a camminare.
Oltre i pilastri, oltre i cancelli, giù per la strada polverosa. Nessuno lo chiamò né lui si voltò, e presto i suoni di Konoha sparirono alle sue orecchie fino a quando non poté sentire altro che il vento tra le foglie ed il battito del suo cuore che si faceva via via più lento ad ogni passo in più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come sempre, mi dispiace infinitamente non poter aggiornare con più costanza, ma il lavoro ruba la maggior parte del mio tempo. Ringrazio comunque chi ha la pazienza dell'attesa.
Questo è stato il capitolo più breve e doloroso di tutta la storia.
Mi è sempre piaciuto il modo in cui mostra tutta l’ipocrisia di Konoha con un piccolo e significativo gesto, ma forse è come dice Sasuke: ci rendiamo conto di quello che abbiamo solo quando stiamo per perderlo.
Certo, Konoha senza Kakashi perde un bel po’ di valore.
Ho letteralmente adorato il Team 7 qui: a partire dalla disperazione di Naruto che vede Hinata come l’ultima spiaggia per far restare Kakashi, al discorso di Kakashi a Sasuke (la mia parte preferita) e all’addio a Sakura.
Quello che ho detestato, invece, è Ino che sparla di Sakura ancora una volta. Non posso farci niente, non trovo che la rispecchi. Per quanto civettuola possa essere, non ferirebbe mai Sakura in quel modo.
Il prossimo capitolo sarà il penultimo e… niente, non ce la faccio!
Alla prossima!
 

  
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