. 19 .
Addio
Sakura aggiustò le coperte del suo letto sospirando, per poi
grattare via una macchia secca di mascara dalla federa bianca del suo cuscino: ecco
cosa succedeva a piangere fino ad addormentarsi senza struccarsi prima.
Letto rifatto, ora sedeva sul bordo, osservando
svogliatamente la stanza in cui si trovava. Le sembrava priva di energia,
proprio come se stessa, e la luce mattutina che
arrivava dalla finestra – fredda e pallida com’era – ricopriva tutto di un’aura
cupa ovunque si posasse. Aveva ancora due ore libere prima del suo turno in
ospedale, ma non c’era niente a riempire quel tempo, se non i suoi pensieri.
Da quel giorno in poi si sarebbe concentrata solo sul
lavoro, gli allenamenti, le missioni e gli hobby; si sarebbe resa così
impegnata da non darsi modo di pensare.
Perché quando pensava, si sentiva schiacciata dal peso della
sua depressione.
Il ricordo dell’addio di Kakashi le stringeva il petto e le dava dolore fisico,
e Sakura ormai sapeva che era amore quello che provava, anche se quel
sentimento era fuori luogo.
Il pensiero di essere la causa del suo abbandono, invece, l’uccideva più delle
lame di mille kunai.
Il pensiero che nonostante tutto Kakashi fosse indifferente a qualsiasi legame
avessero le faceva venire voglia di morire.
Sua madre una volta le aveva detto di approfittare delle
occasioni fin quando poteva, e Sakura l’aveva fatto e non se ne pentiva; ma non
voleva commettere il suo stesso errore donando il suo cuore all’uomo sbagliato,
per poi restarne delusa.
Kakashi non era come suo padre, però, e in più sensi.
Suo padre era di mentalità ristretta, non svolgeva mai un compito se non
frettolosamente e in modo abbozzato, ed era fin troppo affezionato alla birra.
Al contrario, Kakashi era diligente, tollerante e stava lontano dai vizi.
Eppure, tra loro c’era una sottile somiglianza: il loro vago disinteresse e
l’apatia verso le persone che dipendevano da loro, e scarsi gusti in quanto a
donne.
Erano proprio quelle qualità di suo padre che avevano distrutto
la sua famiglia, e Sakura non poteva permettersi di amare un uomo con una
natura altrettanto altalenante.
“Lo dimenticherai”,
si incoraggiò, poggiandosi al davanzale. Il cielo pallido che sovrastava i
tetti sembrò volerle ricordare che c’era tanto da vedere nel mondo, che valeva
molto di più dei sentimenti che provava. “Credevi di non poter dimenticare
Sasuke, ma l’hai fatto”.
Sì, la partenza di Kakashi l’avrebbe aiutata. Lontana da
lui, non avrebbe dovuto vederlo ogni giorno e pian piano sarebbe diventato solo
un dolce ricordo da custodire. Nelle notti solitarie avrebbe pensato a lui, al
suo calore, al loro fare l’amore lentamente quando erano troppo eccitati per
dormire, ma troppo stanchi per muoversi.
Avrebbe ricordato ogni tocco, ogni bacio ed ogni carezza –
dal modo in cui premeva le sue spalle quando la prendeva da dietro, ai colpetti
che le dava sul naso quando pensava che avesse fatto o detto qualcosa di
carino, quando facevano colazione insieme.
E i suoi sguardi – quelli lunghi e teneri che le rivolgeva quando credeva che
lei non lo notasse – potevano essere scambiati per amore, ma chissà cosa c’era
dietro quell’occhio dal colore del metallo, quando la guardava. Quando la loro
relazione era cominciata, era solito aggiungere dei sorrisini a quelle occhiate; ma nell’ultimo periodo, non lasciava trasparire
alcuna emozione ed il suo sguardo appariva vuoto.
Kakashi non era felice, negli ultimi tempi.
Anche se le aveva permesso di intrufolarsi nel suo letto e le aveva dato tutto
ciò che voleva, il suo atteggiamento era sempre un po’ troppo serioso e le sue
spalle rigide. Sakura era sicura che ormai non trovasse né il suo corpo, né la
sua compagnia, così tanto piacevoli ormai: il brivido del nuovo si era
esaurito. Forse era solo perché Sakura era una sua studentessa se non riusciva
a scaricarla come aveva fatto con qualsiasi altra donna, e per colpa di
quell’assurda situazione aveva continuato ad intrattenerla controvoglia.
Sakura – lasciandolo libero – gli aveva solo fatto un favore.
E ne aveva fatto uno anche a se stessa.
Chissà cosa c’era ad attendere Hatake
Kakashi ora.
Sakura lo immaginava a divagare tra le colline, oltre i boschi, passando da
città in città, Icha Icha
alla mano e perfettamente soddisfatto. Avrebbe continuato a schivare la gente,
senza dubbio, ma bravo com’era a parole, non gli sarebbe risultato difficile
ottenere una stanza in cui passare la notte, o un pasto gratis, e perché no –
magari anche compagnia a letto inclusa nel patto.
Sakura sapeva che non avrebbe dovuto preoccuparsi
per lui, una volta lontano. Era sopravvissuto ai pericoli, da solo, per anni
prima che lei nascesse, e avrebbe continuato a farlo senza di lei.
Eppure, faceva così male…
Poggiò una guancia sulle nocche e abbassò gli occhi
sulla strada. Era giornata di mercato e i mercanti inondavano Konoha pieni
della loro merce, affollando le strade. Passavano così tante persone sotto la
sua finestra, che i visi si confondevano tra loro.
Eccola lì, Konoha.
Eccola lì la folla inferocita che aveva costretto l’uomo che amava ad
andarsene.
Ricordava di aver fatto parte di quella mentalità maligna, da piccola, quando
disprezzava Naruto solo perché lo facevano tutti, solo perché era diverso dagli
altri. Non ne andava affatto fiera, ed ora che tutto quel disprezzo era rivolto
a lei, si chiedeva come avesse fatto Naruto a non odiarli tutti. Dopo appena
una settimana in quello stato, lei stessa si sentiva delusa da quel villaggio e
dalla popolazione che prima considerava la migliore di tutte le Cinque Nazioni.
Poi, all’improvviso, una sola faccia si distinse
dalle altre; forse perché era coperta da una maschera.
Kakashi.
Alzò lo sguardo verso di lei e la salutò
allegramente, per poi entrare nel portone del suo edificio. In panico, Sakura
si assicurò che il suo make-up fosse a posto e che il suo appartamento fosse
ancora in ordine; poi andò alla porta e attese che Kakashi bussasse.
Quando aveva cominciato a pensare che forse era
andato a trovare uno dei suoi vicini, lui arrivò. Attese un paio di secondi
prima di aprirgli, giusto per non fargli capire di averlo aspettato con una
mano sul pomello; poi aprì la porta ed accolse il suo ex amante con un sorriso
flemmatico.
«Kakashi-sensei» salutò. «Che ci
fai qui?»
Ne ebbe una vaga idea quando si rese conto che non fosse da
solo. Al sicuro tra le sue braccia e stretta contro al suo petto, c’era la sua
piccola compagna verde: Mr. Ukki. Quando Naruto
gliel’aveva regalata – come aveva fatto con lei e Sasuke – Mr. Ukki non
era altro che una piantina; ora, invece, era alta almeno mezzo metro e con un
foltissimo fogliame, a dimostrare quanto Kakashi l’avesse curata negli ultimi
anni.
«Il fatto è che…» cominciò. «Pensavo di portarla con me, ma
non so se tutto quel camminare faccia bene ad una pianta. Quindi mi stavo
chiedendo se forse–»
«Se posso prendermene cura?» finì per lui. Guardò Mr. Ukki – e forse Mr. Ukki guardò
lei, a modo suo – e prese la sua decisione. «Non c’è problema, può stare
accanto a Mrs. Uno».
Lo invitò ad entrare e lo condusse verso la sua camera da
letto – come aveva fatto tante volte prima di allora – e aprì la finestra per
fare spazio al nuovo ospite sul suo davanzale. Buttò via furtivamente un vaso
di plastica con dei gerani morti e indicò lo spazio ora vuoto. «Può stare qui.»
Kakashi non sembrava rassicurato. «Non ha mai vissuto
all’aria aperta».
Sakura lo fissò. «È una pianta» disse lentamente.
«E se dovesse sentirsi solo?» chiese Kakashi, preoccupato.
Si chiese se la stesse prendendo in giro, ma con Kakashi non
si sapeva mai. «Mrs. Uno gli terrà compagnia» spiegò, indicando la piantina
alta la metà di Mr. Ukki. «Forse ci daranno dentro e
impollineranno, addirittura».
Kakashi la guardò scettico. «Il nome della tua pianta sembra
implicare che è sposata. Sarebbe piuttosto scandaloso, non credi?»
«Non credo che a Mr. Ukki faccia
specie,» ribatté. «Tale padrone, tale pianta».
«Touché» sospirò Kakashi, porgendole riluttante il suo compagno.
«Va innaffiata tutti i giorni, ed ecco il suo mangime – dagliene giusto due
gocce insieme all’acqua, ogni tre settimane».
Sakura prese la bottiglina e se la rigirò tra le dita, per
poi guardare Kakashi irrequieta. «Quindi stai davvero per andartene?» chiese a
bassa voce. Se ne era resa conto dal momento in cui aveva visto la pianta.
«Sì, tra un’ora o due» le rispose calmo, evitando di
guardarla negli occhi.
«Solo un’ora o due?» sentì il cuore annodarsi. «Hai
preparato le scatole? Hai preso tutto quello che ti serve? Sicuramente hai
bisogno di più tempo per–»
«Ho solo un altro paio di cose da fare» la interruppe
dolcemente. «Ho svuotato il frigo, ho dato tutto il cibo ai vicini, ho fatto
staccare acqua ed elettricità, e appena avrò sbrigato un paio di commissioni
alla Torre dell’Hokage, potrò partire».
Sakura annuì silenziosamente. «Capisco» disse. «Non dirai
addio a nessuno?»
Kakashi spostò il peso da una gamba all’altra. «Preferirei svignarmela
melodrammaticamente e lasciare tutti col dubbio. È più divertente».
Sakura gli sorrise debolmente. «Credo ancora che non serva
che te ne vada, Kakashi» gli disse, ritornando ai loro modi confidenziali. «Non
puoi ripensarci?»
«Ci ho ripensato, tantissime volte» ammise. «Ma alla fine
arrivo sempre alla stessa conclusione. Devo andare, Sakura… È meglio per tutti».
Sakura strinse forte le labbra; provò ad annuire ancora, ma
le venne fuori solo una minima oscillazione.
«Non dispiacerti per me» le disse Kakashi. «Al contrario, io
preferisco vederla come una cosa buona. Posso accettare qualsiasi missione io
voglia e quando mi va, cambiare un hotel a notte, ed ingozzarmi col servizio in
camera per il resto del– …per molto tempo. Jiraya
diceva spesso che gli stavo a cuore perché siamo molto simili; se è così,
allora mi godrò la mia libertà come ha fatto lui».
Sakura non era sicura che quelle fossero le sue vere
considerazioni. «Sei davvero testardo» sospirò.
«Credo di sì» fece spallucce. «Ma mai quanto te».
Sakura si accigliò, troppo occupata a chiedersi cosa volesse
dire per rispondergli. In quella breve pausa, Kakashi si fece coraggio e si
avviò alla porta. Sakura lo seguì, e quando lui si fermò improvvisamente, per
poco non gli andò addosso.
«È il momento di salutarsi» le disse; quelle parole
stridevano nelle orecchie di Sakura. «Non credo ci rivedremo, quindi…»
«Che stai dicendo?» chiese, incredula. «Hai detto di avere
ancora un po’ di tempo prima di partire».
«Sì, ma–»
«Ci vediamo ai cancelli» disse fermamente. «Ci saluteremo
lì».
La fissò. «Non c’è bisogno di–»
«Voglio farlo» lo interruppe. «E ti farò ciao con la mano
fino a quando non sparirai all’orizzonte, quindi non credere di potertene
andare con una stretta di mano veloce sul mio pianerottolo. Dirmi addio sarà
l’ultima cosa che farai a Konoha, non la decima sulla lista delle cose da fare.
Non insultarmi così».
Kakashi rise e si massaggiò la nuca. «Se la metti così…»
«Bene, allora ci vediamo all’ingresso tra un’ora» disse
decisa, sapendo bene che Kakashi sarebbe comparso tra non meno di due. «Va
bene?»
Sospirò, sconfitto. «Okay».
Allungò una mano, come a volerla poggiare sulla sua spalla,
o testa, o forse guancia; ma sembrò ripensarci e si
trattenne con un sorriso vago. «Okay» ripeté.
Poi si voltò ed uscì di fretta.
Sakura sospirò e buttò la testa all’indietro. «Idiota»
mormorò all’appartamento vuoto, senza sapere se si stesse riferendo a Kakashi o
a se stessa.
In mancanza d’altro da fare, si mise le scarpe ed uscì,
avviandosi ai cancelli. Avrebbe aspettato lì godendosi l’aria fresca, e con un
po’ di fortuna avrebbe salutato Kakashi in tempo per andare al lavoro. Le
strade erano così piene che nessuno la riconobbe: le spalle degli estranei
cozzavano con le sue, e doveva farsi strada tra i gruppetti molesti che si
bloccavano il passaggio fermandosi a chiacchierare al centro della strada, ma
era un sollievo passare inosservati.
Le bancarelle del mercato costeggiavano la strada che
portava all’ingresso, quindi Sakura si sedette su uno dei dissuasori in legno
posti all’entrata, per osservare l’attività della gente avanti a lei.
Alle sue spalle si estendevano le terre e i boschi che circondavano Konoha, ma
Sakura non aveva il coraggio di guardarle, perché avrebbe significato
affrontare il fatto che da lì a poco Kakashi le avrebbe oltrepassate.
«Hey, Sakura».
Ino si districò dalla folla per avvicinarsi a lei, insieme
ad una ragazza bionda che Sakura non conosceva. «Vuoi fare un giro per le
bancarelle con noi?» chiese Ino. «Dovresti vedere che bei dipinti ci sono allo
stand dell’arte».
«Magari più tardi» le rispose.
«Aspetti qualcuno?» e nonostante il tono di Ino fosse
disinvolto, i suoi occhi non mentirono e si strinsero sospettosi e
disapprovatori: a Sakura non serviva leggerle nella mente per sapere a chi si
riferisse e cosa ne pensasse.
Fece spallucce. «Qualcosa del genere» le rispose. «Kakashi
se ne va oggi… Lo aspetto per dirgli addio».
«Kakashi-sensei se ne va?» si
sorprese Ino. «In missione? O per–»
«Per sempre» finì Sakura per lei, con una punta di stizza.
«Se ne va per sempre».
«Oh» Ino le sorrise imbarazzata. «Beh, ci vediamo dopo
allora…»
Si voltò e prese ad allontanarsi, seguita dall’altra bionda,
alla quale sussurrò: «È quella di cui ti hi parlato» quando pensava
erroneamente di essere abbastanza lontana.
Scuotendo la testa, Sakura alzò gli occhi al cielo e si
rassegnò ad aspettare. Guardò l’orologio, e poco a
poco passò un’ora. Di Kakashi nemmeno l’ombra, ma se lo aspettava. Chi invece
apparì, la sorprese molto.
«Kakashi se ne va, eh?» le chiese Genma,
avvicinandosi col suo inseparabile stuzzicadenti in bocca. «È un peccato
tremendo. Vero, Shizune?»
«È proprio da lui prendere una decisione del genere così in
fretta» rispose fiaccamente Shizune. «Non mi
sorprende affatto».
Si fermarono a conversare accanto al pilastro in pietra del
cancello, e Sakura capì che avevano intenzione di restare a salutare Kakashi,
come lei. Era giusto, considerando che fossero suoi amici, ma Sakura non poté
fare a meno di sentirsi infastidita all’idea di perdere il suo ultimo momento
da sola con Kakashi.
Poi arrivò Tenzō. «Ho sentito dire che Kakashi-sempai se ne va» le disse. «È così?»
Lei annuì.
«Così all’improvviso… Aveva intenzione di svignarsela, non è
vero?» le sorrise cinico. «Lo nasconde bene, ma c’è qualcosa di melodrammatico
in quell’uomo».
«Trova gli addii imbarazzanti» gli disse Sakura. «Non voleva
attirare l’attenzione».
«E gli piaceva l’idea di lasciarci tutti a bocca aperta,
vero?»
«Anche quello».
Dopo Tenzō, arrivò la ragazza del ramen. «Stavo
comprando qualche nuovo utensile» le disse Ayame, «quando
quella tua amica bionda mi ha detto che Kakashi-san se ne va oggi. È già
partito?»
«No, non ancora» le rispose Sakura, sorpresa di vederla.
«Oh, menomale» sorrise, sedendosi sul palo accanto a Sakura
e Tenzō. «Non voglio che gli resti un brutto ricordo di me, e credo di
essere stata un pochino rude l’ultima volta che ci siamo parlati. E poi è
sempre stato un caro cliente di papà, così–»
«Se ne va già?» arrivò Naruto, fiato corto e sudore
grondante. «Se ne va oggi?»
Sakura restò impressionata dall’abilità di Ino nello
spargere le notizie. Se c’era un messaggio urgente da inviare da una nazione
all’altra, altro che aquile! Lasciate fare ad Ino.
«Già, sta per partire» rispose stizzita all’idea che i suoi
ultimi momenti con Kakashi svanivano nel nulla. Non voleva condividerlo con
così tanta gente.
«Hai parlato con Hinata?» affannò Naruto.
Sakura si accigliò. «No. Cosa c’entra ora?»
«Ah, dannazione…» Naruto collassò al suolo e ci restò per
lunghi minuti per riprendere fiato.
«Hai corso per tutto il villaggio?» chiese incredula.
«Sì, ma quel bastardo di Sasuke si è rifiutato di correre»,
motivo per cui il ragazzo in questione arrivò dopo dieci minuti dopo Naruto.
«Perché Kakashi se ne va?» fu la prima cosa che chiese.
Sakura schivò la domanda. «Sei qui per dirgli addio?» gli
chiese. «Carino da parte tua».
Sasuke incrociò le braccia con indifferenza. «Pura
curiosità. E non ho altro da fare».
«Capisco» gli sorrise ironica Sakura, sospettando che a
Sasuke sarebbe mancato il suo maestro molto più di quanto gli facesse piacere
ammettere.
Arrivarono altre persone: alcuni li conosceva, la maggior
parte no. Vide anche Izumo e Kotetsu
insieme a Raido, e poi Ibiki
ed Ebisu, ed anche Iruka-sensei,
e tutti le chiesero se Kakashi se ne fosse già andato e restarono per
salutarlo. Poi la gente cominciò a notare la piccola folla accumulata davanti
ai cancelli e cominciarono a chiedere cosa stesse succedendo, e quando sentivano
che il Copy Ninja stesse per lasciare Konoha, si fermavano per dirgli addio. Persone
che Sakura nemmeno credeva avessero mai parlato a Kakashi o che avessero solo
sentito il suo nome, volevano partecipare alla sua festa d’addio; Sakura fu
costretta ad arrendersi al fatto che Kakashi non fosse solo suo: era di Konoha,
e tutti loro volevano un ultimo saluto.
Ma con tutta quella gente, Kakashi non l’avrebbe nemmeno
notata.
«Bella folla, eh?» disse Ino, facendosi strada verso di lei.
«Sembravano tutti interessanti quando ho dato la notizia».
«Non dirmi che anche tu vuoi dirgli addio» le disse
Sakura, alzando un sopracciglio.
Dietro Ino apparì Choji. «Non
saremmo vivi se non fosse stato per Kakashi-sensei.
Ci ha salvato la vita contro quell’Akatsuki coi
tentacoli. Vero, Ino?»
«Vero, vero» ammise Ino, riluttante.
«È un tipo a posto» si intromise Shikamaru,
mani in tasca. «Lo sanno tutti. Credo sia per questo che così tanta gente vuole
dirgli addio».
«Se piace a così tanta gente, perché non si sono comportati
meglio con lui?» chiese Sakura, infastidita.
Ino sembrò a disagio, ma fu Sasuke a schiarirsi la voce per
parlare. «In genere, non si apprezza quello che si ha fino a quando non si
rischia di perderlo. Le circostanze ci rendono ipocriti. Naruto, ti vuoi
alzare?»
«Dov’è Hinata-chan??» piagnucolò
da terra. «Dovrebbe essere già qui!»
Sakura buttò di nuovo un occhio al suo orologio e sospirò
ansiosa. Erano passate due ore, doveva essere già all’ospedale a timbrare il
turno, e Kakashi aveva detto che sarebbe stato lì un’ora fa. Possibile che
avesse cambiato idea? Possibile che volesse rimanere, dopotutto?
E se invece stesse facendo un ultimo giro della città?
Si guardò intorno e, osservando la folla, si disperò. C’era
così tanta gente a salutarlo che sarebbe stata travolta dalla marea prima di
poterlo raggiungere. Forse si sarebbe guardato intorno chiedendosi “dov’è
Sakura?” e anche se avesse gridato “sono qui!”, sarebbe stata coperta da
persone molto più alte di lei e Kakashi se ne sarebbe andato con un’alzata di
spalle.
Sasuke e Naruto battibeccavano a pochi passi da lei, discutendo
su a chi sarebbe mancato di più Kakashi (“A te!” “No, a te!”) e Ino si era
allontanata insieme al suo team per parlare di tutt’altro,
ma doveva essere qualcosa di molto divertente, visto il modo in cui si
sbellicava dalle risate. Sakura se ne stava seduta da sola sul suo palo con lo
sguardo fisso sulle sue ginocchia, con una parte di sé che sperava che
andassero tutti via. Arrivò qualcun altro, ma Sakura non ci faceva ormai più
caso.
Almeno, non fino a quando la persona in questione non si
accucciò di fronte a lei e le scrutò il viso sorridendo. «Sembra che qualcuno
ti ha preso a calci il cane».
Era Kakashi, anche se Sakura ci mise un attimo di troppo a
capirlo, perché non indossava l’uniforme e il suo viso era completamente
scoperto. Spalancò la bocca per la sorpresa ed il sorriso di Kakashi si
ingrandì in risposta.
Ma certo! Avrebbe
voluto prendersi a calci per la sua stupidità. Ovviamente non avrebbe
indossato l’uniforme! Ma era ciò che Sakura, e chiunque dei presenti, si
aspettava: un uomo mascherato, dai capelli bianchi e nell’uniforme di Konoha;
ma non indossava nemmeno il suo copri fronte, e l’effetto generale era
disorientante.
Sakura lo guardava in shock. «Perché non hai–»
«Perché non mi servirà» le rispose, guardandola in quel suo
vecchio modo che sembrava dire “tu” e “solo tu”. C’era una folla
di almeno cento persone riunitesi per vederlo, ma lui sorrideva solo a Sakura,
quel suo sorriso che gli disegnava delle adorabili fossette sulle guance e che
gli faceva arricciare la cicatrice – ora vistosamente libera – sotto l’occhio.
Occhio che teneva chiuso con la sola forza della concentrazione, ora che non
c’era niente a coprirlo.
Sakura non si era mai resa conto che Kakashi avesse altri
vestiti oltre alle uniformi, eppure eccolo lì, in abiti civili. Una maglietta
blu a maniche lunghe, stretta sui fianchi da un obi chiaro annodato, anche se i
pantaloni e gli stivali erano più o meno sempre gli stessi. Portava un vecchio
zaino di pelle in spalla, le cui cinghia si incrociavano sul suo petto e quello
– insieme alla sciarpa giallina arrotolata al collo – era tutto ciò che aveva
intenzione di portare con sé. Era praticamente irriconoscibile, specialmente
per chi non ne conosceva il viso. Ragion per cui fu Sakura l’unica a notarlo.
«Quindi te ne vai» gli disse, cercando di mantenere ferma la
voce, mentre gli occhi si imbevevano avidamente alla sua vista.
«Sì»
annuì.
«Adesso» gli disse.
«Sì», le sorrise di nuovo, e Sakura fu costretta ad
abbassare ancora lo sguardo, deglutendo rumorosamente.
«Per favore, ripensaci» sussurrò.
Lui rise. «No».
«Ma…» Mi mancherai! Ti amo! E ti ammazzerò! «Ma io–»
«Kakashi-sensei!»
Quel giorno doveva fare caldo, perché chiunque Kakashi incontrasse,
aveva le guance rosse. Dal canto suo, il clima era abbastanza fresco da dover
indossare una sciarpa, ma forse era un problema suo.
Anche l’Hokage gli era sembrata
accaldata, quando le aveva consegnato il copri fronte ed il contratto sul quale
aveva agonizzato per tutta la notte. Si accigliò al notare la sua firma sul
documento, come se avesse esaminato in cerca di cavilli, per poi schiarirsi la
voce.
«Sembra tutto a posto» disse infine. «Hai sistemato tutti i
tuoi affari?»
Kakashi annuì. «Sì, Hokage-sama».
Aveva lasciato Mr. Ukki a Sakura,
era tornato a casa a cambiarsi, preso le cose che avrebbe portato con sé ed
aveva detto addio alle quattro mura nelle quali aveva vissuto per la maggior
parte della sua vita. Da lì sarebbe andato ai cancelli, detto addio a Sakura
una volta per tutte e poi avrebbe cercato di ricordarsi la strada per Kuroshima, la capitale del paese neutrale ad est in cui
c’erano belle donne, hotel a buon mercato e dove nessuno avrebbe riconosciuto
un ninja solo vedendolo da lontano.
«Ricordati di fare rapporto almeno una volta al mese, così
possiamo tenere traccia dei tuoi spostamenti. Se non ti farai vivo, invierò una
squadra di ricercatori che ti riporteranno a calci qui per dare spiegazioni».
«Salterei un rapporto solo se fossi morto, Hokage-sama» le sorrise.
«Sarà meglio per te» ribatté lei. «Se ti becchiamo a
cospirare con altri villaggi, sei più che morto».
«Lo capisco, ma il fatto che io lasci il villaggio non
significa che io non vi sia più leale».
«Bene, allora non avremo problemi» gli sorrise a labbra
strette. «È stato un piacere conoscerti, Hatake
Kakashi».
«Altrettanto, Hokage-sama».
Kakashi strinse la
mano che Tsunade gli aveva offerto
e le rivolse un breve inchino.
«Prenditi cura di te» gli disse poi, con tono vagamente
dolce.
«Farò del mio meglio» rispose, ricambiando il suo sorriso. Le
guance dell’Hokage si imporporarono, e fu costretta a
distogliere lo sguardo. «Forse dovrebbe aprire la finestra, Hokage-sama,
sembra accaldata».
Tsunade
indicò la porta infastidita. «Puoi andare».
Kakashi non si affrettò per raggiungere i cancelli.
Passeggiò per il mercato occhieggiando le bancarelle con interesse, e finì per
comprare tre portapranzi, un bel kunai in acciaio con
un nastro blu ed un pacco di caramelle che buttò al primo bidone quando si rese
conto che fossero alla banana. Stava procrastinando e lo sapeva, ma non aveva
fretta. Ogni passo che faceva era un passo in più verso Sakura, e lo avrebbe
portato più vicino a compierne molti di più per allontanarsi da lei.
«Fiori, signore?»
Kakashi si voltò verso la ragazza dietro la bancarella. Gli
sorrideva porgendogli un’orchidea bianca ed era circondata dai fiori più
esotici che avesse mai visto. «No, grazie» le rispose.
«Di sicuro un bell’uomo come lei avrà qualcuno felice di
ricevere un dono da parte sua» disse, annusando il fiore.
Lo sguardo di Kakashi fu attratto da un cestino di gigli dai
petali bianchi e rosa.
Sapeva che a Sakura piacessero i gigli ed il rosa, quindi
con ogni probabilità le sarebbero piaciuti dei gigli rosa, ma forse sarebbe
stato inappropriato regalarglieli. Non voleva confonderla con un regalo
d’addio, e dopo aver visto cosa aveva fatto del suo ultimo regalo, non credeva
avrebbe apprezzato molto il pensiero.
«La ringrazio» disse ancora, «ma no».
Riprese a camminare fino a quando non riuscì a scorgere la
cima dei cancelli all’orizzonte. Si fermò per l’ultima volta ad una bancarella
che vendeva degli strani dischi luccicanti per i quali finse interesse, fino a
quando non fu costretto a riprendere il suo cammino.
Quando si fu districato dalla folla mercantile, ne notò
un’altra raggruppata all’ingresso del villaggio. Doveva esserci una grossa
missione in programma, se tanta gente si trovava all’entrata di un villaggio
come Konoha, ma dov’era Sakura?
«Permesso» disse, facendosi strada tra la massa, in cerca di
una macchia rosa e rossa che avrebbe distinto Sakura dal resto.
Ed eccola lì, seduta su un palo con uno sguardo cupo e
basso, come una bambina in punizione. Non lo riconobbe immediatamente quando le
si accovacciò di fronte, probabilmente perché non era abituata a vederlo senza
maschera ed uniforme in pubblico.
Sakura non voleva che se ne andasse, a giudicare dalle sue
parole mozzicate e la tristezza negli occhi. Sembrava volergli dire qualcosa, ma
non era facile per lei farsi coraggio e parlare, come lo sarebbe stato per
qualcuno come Naruto. I suoi sentimenti erano più celati e custoditi, riservati
solo a lei. E forse era meglio così, perché parlare ora avrebbe solo complicato
di più le cose.
Voleva baciarla, almeno per l’ultima volta, ma più di tutto
voleva vederla felice e sorridente. E per farlo accadere, doveva andarsene e
non confonderla con i suoi sentimenti. Si sarebbe accontentato di un addio e
forse un breve abbraccio, per poi dileguarsi silenziosamente nel nulla.
Ma spesso il fato cospirava contro di lui.
«Kakashi-sensei!»
Kakashi alzò lo sguardo e vide Naruto, che lo guardava come
se avesse avuto due teste. Il chiacchiericcio intorno a lui si affievolì immediatamente
e tutti si voltarono a guardarlo, innervosendolo; si chiese se volessero
linciarlo.
«Hey, non porti la maschera…» disse Ayame,
guardandolo scioccata.
«Whoa…» Genma
perse lo stuzzicadenti di bocca.
«Oddio…» Ino fece un passò indietro e calpestò un piede di Choji, le guance le si erano arrossate.
Kakashi si mise in piedi, accigliato. «Immagino abbiate
saputo che sto per andarmene, quindi questo è un addio» disse solenne. «Non mi
sarei mai aspettato un commiato…»
Lo fissavano tutti come se non riuscissero a riconoscerlo:
li aveva sicuramente sorpresi mostrandosi audacemente a viso scoperto.
Ma ora cosa si aspettavano da lui? Un discorso? Che li salutasse facendo ciao
con la mano? E poi, non si rendevano conto di quanto fosse maleducato fissarlo
in quel modo?
Tese una mano a Naruto per aiutarlo ad alzarsi. Una volta in
piedi, gli diede una pacca sulla spalla e gli sorrise, sebbene Naruto non
ricambiò. «Naruto, all’inizio non ero sicuro che mi piacessi, ma hai fatto ricredere
me e tutti i presenti più volte. Sono fiero di te, e sono sicuro che
continuerai a crescere anche senza di me». Fece una pausa. «Ma lascia perdere
un po’ il ramen, altrimenti crescerai solo in larghezza».
Naruto aprì la bocca per ribattere, ma Kakashi si spostò su
Sasuke. «Una volta mi hai detto che avevi solo due scopi nella vita: uccidere
tuo fratello e rifondare il tuo clan. Congratulazioni per il primo, e buona
fortuna per il secondo. Hai sempre ecceduto in tutto, quindi mi aspetto grandi
cose da te, anche se non sarò qui per darti consigli sulle ragazze, d’ora in
poi».
Sasuke lo fissò.
Kakashi sospirò. «Vuoi un abbraccio?»
«Non ti azzarda–»
«Vieni qui!»
Kakashi attirò il giovane uomo in uno stretto abbraccio. «Se avessi avuto un
figlio, sono sicuro che sarebbe stato simile a te».
Sciolse l’abbraccio e congedò un imbarazzato Sasuke con un caldo sorriso. «Il
che mi rende tremendamente felice di non averne avuti».
Poi si voltò verso gli altri conoscenti.
«Genma, grazie per tutti i soldi
che mi hai prestato, vedrò di restituirteli un giorno. Shizune,
prenditi cura dell’Hokage. Ayame,
la tua cucina è la migliore, salutami tuo padre. Shikamaru,
la tua intelligenza certe volte mi fa sentire minacciato, ma in generale mi
piaci. Lo stesso vale per te, Choji. Ino… Il rossetto
rosa ti sta meglio del rosso. E Tenzo, non farti
bullizzare dal mio team in mia assenza – e tieni
d’occhio quella coi capelli rosa, è una combinaguai».
Poco alla volta superarono tutti lo shock del suo nuovo look
e si fecero avanti per salutarlo.
Scambiò strette di mano e sorrisi, ricevette pacche sulle spalle ed accettò
qualche bacio sulla guancia dalle signorine più audaci – due da Ino che fece un
altro giro. Chiunque avrebbe pensato che fosse un amico intimo di ognuno di
loro.
Tanti dissero che la sua partenza era una perdita e che
avrebbero sentito la sua mancanza, ma Kakashi non ci credette fino in fondo. Guardando
i visi di chi lo circondava – alcuni noti, altri sconosciuti – si rese conto
che molti di loro fossero lì per godersi lo spettacolo. Non erano interessati a
dirgli addio, ma ai pettegolezzi che sarebbero ricominciati una volta messo
piede fuori dal villaggio. Qualcuno probabilmente era anche contento di vederlo
sbattuto fuori, e in tanti pensavano che se lo meritasse.
Si guardò intorno in cerca di Sakura ancora una volta, e quando
la vide scomparire tra la folla la tirò per mano. Era evidentemente infastidita
ed evitava di guardarlo, quindi Kakashi intrecciò le dita alle sue e le strinse
forte.
«Sakura, questo è un addio».
Si accigliò e continuò a non guardarlo. «Sentirai freddo»
disse, a bassa voce.
«Starò bene».
«Dove sono le valigie? Non hai abbastanza cose».
«Ho tutto ciò che mi serve».
«Ma…» la voce si incrinò. Poi si fece coraggio e lo guardò
negli occhi. «Non parlare agli sconosciuti».
Kakashi le sorrise. «Promesso».
«E… Mangia sano e ricordati di cambiarti l’intimo tutti i
giorni. Non dimenticarti di fare il bagno».
Un paio di donne si coprirono la mano con la bocca e
sghignazzarono.
A Kakashi non importava. «Non lo dimenticherò».
«E non mangiare niente di quello che ti viene offerto. Non
combattere. Non accettare missioni di rango S perché non potremo guardarti le spalle
e ti farai ammazzare».
«Sakura…»
Le guance di lei si rigarono di lacrime. «E devi almeno
scriverci e farci sapere se stai bene, così non ci preoccuperemo. Anzi, ci
preoccuperemo lo stesso, ma un po’ di meno se ti ricorderai di noi».
A quel punto non poté più continuare. Chinò la testa e i capelli le schermarono
il viso, nascondendo i suoi sentimenti a tutti i presenti. Gli ricordò di
quando l’aveva trovata sull’altalena, quando quella sottospecie di uomo l’aveva
scaricata e lei aveva fatto di tutto per non mostrare a Kakashi quanto questo
la ferisse. Sakura aveva il brutto vizio di affezionarsi alle cose inutili e
non si risparmiava mai. Ma aveva fatto in fretta a dimenticare Ikki… Sperava che sarebbe stato lo stesso con lui.
Kakashi la attirò dolcemente in un abbraccio silenzioso.
Sakura nascose il viso contro la sua spalla, mentre lui le carezzava la nuca, e
gli stava così bene addosso che era un’ingiustizia che non fosse sua. Non
voleva lasciarla andare, non voleva che quella fosse l’ultima occasione per
stringerla o toccarla; provava un dolore mai sentito prima a quel pensiero.
Dietro di Sakura c’era Naruto, e quando incrociarono gli
sguardi, Naruto abbassò gli occhi tristemente. Solo lui era a conoscenza dei
suoi sentimenti, ma se aveva a cuore il bene di Sakura, avrebbe tenuto la bocca
chiusa.
«Sai perché lo faccio, vero?» le sussurrò.
«Forse lo capirò un giorno» rispose, con voce spezzata dal
pianto.
La lasciò andare e, dopo aver dato un’occhiata agli occhi
gonfi e al naso arrossato, cercò un fazzoletto in tasca: senza maschera gli
capitava spesso di starnutire per l’allergia e ne aveva sempre qualcuno a
portata di mano. Sakura lo accettò e si soffiò il naso.
Quando provò a restituirglielo, lui rifiutò. «Uh… puoi
tenerlo» le disse. «Così un giorno tornerò a riprenderlo».
Sakura lo guardò, confusa. «Ma è solo un fazzoletto di
carta». La procedura usuale era di buttarlo nel cestino più vicino.
«Lo so» sospirò sconfortato. «Avrei dovuto dartene uno di
stoffa, ma non fanno per me. Temo che dovremo accontentarci».
Un flebile sorriso le illuminò il volto e riscaldò il cuore
di Kakashi. «Lo custodirò gelosamente allora» gli assicurò.
Quello sarebbe stato il momento perfetto per baciarla.
Lo voleva così tanto che aveva il cuore in gola e gli faceva male il petto, ma
non era il caso di lasciarsi andare. C’erano abbastanza volti accigliati solo
al vederli parlare ed abbracciarsi, lo avrebbero spedito via a calci se avesse
provato a darle un bacio.
Dopo essersi costretto ad allontanarsi da lei, Kakashi si
guardò intorno. Gli sguardi erano stranamente più cupi ora; alcuni addirittura
sembravano colpevoli.
«Non resta altro da dire» annunciò, rivolgendosi alla folla
silenziosa. «Ma siete un branco di ipocriti, traditori, falsi e bugiardi, e vi voglio
bene e mi mancherete davvero tanto. Fatta eccezione per giusto tredici di voi».
Si guardarono tra di loro imbarazzati.
«Addio».
Rivolgendo un ultimo sguardo a Sakura per sorridere solo a
lei, si voltò e prese a camminare.
Oltre i pilastri, oltre i cancelli, giù per la strada polverosa. Nessuno lo
chiamò né lui si voltò, e presto i suoni di Konoha sparirono alle sue orecchie
fino a quando non poté sentire altro che il vento tra le foglie ed il battito
del suo cuore che si faceva via via più lento ad ogni passo in più.
Come sempre, mi dispiace infinitamente non poter aggiornare con più costanza, ma il lavoro ruba la maggior parte del mio tempo. Ringrazio comunque chi ha la pazienza dell'attesa.
Questo è stato il capitolo più breve e doloroso di tutta la
storia.
Mi è sempre piaciuto il modo in cui mostra tutta l’ipocrisia di Konoha con un piccolo
e significativo gesto, ma forse è come dice Sasuke: ci rendiamo conto di quello
che abbiamo solo quando stiamo per perderlo.
Certo, Konoha senza Kakashi perde un bel po’ di
valore.
Ho letteralmente adorato il Team 7 qui: a partire dalla disperazione di Naruto
che vede Hinata come l’ultima spiaggia per far restare Kakashi, al discorso di
Kakashi a Sasuke (la mia parte preferita) e all’addio a Sakura.
Quello che ho detestato, invece, è Ino che sparla di Sakura ancora una volta. Non
posso farci niente, non trovo che la rispecchi. Per quanto civettuola possa
essere, non ferirebbe mai Sakura in quel modo.
Il prossimo capitolo sarà il penultimo e… niente, non ce la faccio!
Alla prossima! ♡