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Autore: berettha    29/01/2023    1 recensioni
Storia di come Remus Lupin si innamorò di Sirius Black, per la seconda volta.
“Remus li amava così tanto, che le parole erano inutili qualche volta.
E se fosse servito a tenerli al sicuro, avrebbe divorato il mondo, crudo.
Si sarebbe trasformato e con le sue grosse fauci da lupo lo avrebbe masticato, accartocciato, ingoiato. Tutto, per loro.”
Only the gods dwell forever in sunlight, capitolo quattro.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Capitolo 2. Per sentieri lontani ho vagato nella steppa. 

Da qualche parte in Scozia, Hogwarts, 1978.  
“Buongiorno.” 
Un bacio sulla palpebra, uno sul lato della bocca. Remus chiuse gli occhi, lasciando le sue mani scivolare sui capelli morbidi di Sirius.  
“Buongiorno.” Rispose.  
Il sole del mattino rendeva gli occhi grigi di Sirius più chiari del normale, e aveva quell’espressione sorniona che lo faceva impazzire. 
Sapevano di avere solo qualche minuto, prima che Peter e James si destassero al suono della sveglia, e si rivestirono velocemente.  
“Non mi sono ancora lavato i denti.” Mormorò Sirius, quando Remus gli prese il viso tra le mani per baciarlo. Schiuse le labbra sotto al suo tocco, lasciando Remus entrare.  
“Lo so.” Bisbigliò in risposta, facendo il solletico a Sirius che si spostò ridacchiando.  
Un ultimo bacio, prima di osservare Sirius scomparire fuori dal baldacchino, dritto nel suo letto... 
 

Londra, Grimmauld Place n.12, 1994. 

Si era ripromesso di mantenere le distanze, ma Sirius gli sembrava così triste mentre ciabattava tra le camere, bacchetta in una mano e nell’altra sgrassatore magico, che decise lo stesso di aiutarlo per rendere villa Black un po’ più abitabile.  
Iniziarono dal salottino sulla destra, quello che Orion usava per intrattenere gli ospiti, durante i loro famosi banchetti. Era disgustosamente nello stile dei Black: alle pareti, centinaia di piccole fotografie di avi e parenti alla lontana, qualche testa di creature non meglio identificate alle pareti.  
In una vetrina, il teschio di un lupo mannaro.  
“Un tipetto niente male, papà, che ne dici Lunastorta?” 
“Affabile.” Rispose, tenendo in mano il teschio, portandoselo all’altezza del volto. “Mi somiglia?”  
Sirius rise alla battuta, ed essa smosse qualcosa dentro a Remus, che si ritrovò a distogliere lo sguardo, imbarazzato.  
“Non è bello come te.” 
Da quanti anni nessuno gli aveva più fatto un complimento? Bastava così poco e sembrava di tornare ad Hogwarts...  
“Dove lo metto?” Chiese, volutamente ignorando il commento di Sirius. 
“Puoi gettarlo dalla finestra per quanto mi importa.” Ma gli porse il sacco nero che stavano usando per radunare tutti gli artefatti magici –oscuri, per la maggior parte-, tenendolo aperto con entrambe le mani.  
“Signor Black, le dispiace se prendiamo in prestito questi?”  
I gemelli dei Weasley si erano affacciati alla stanza, sorridenti e spettinati, tenendo in mano quelle che sembravano uova, azzurre e viscide. Li ringraziò mentalmente, Remus, per averli interrotti. 
“Uh, non ho idea di cosa siano e non fateli vedere a vostra madre.” 
“Quindi è un sì.” Se ne andarono soddisfatti, nascondendo le uova sotto ai loro maglioni.  
“Sei sempre così responsabile, Felpato.” Disse, sarcastico. 
“Non ti ricordano i Malandrini?”  
Remus sospirò. “Un po’.”  
Si scambiarono un sorriso, prima di riprendere i lavori che tanto Sirius odiava. 

La vecchiaia della madre di Sirius non doveva esser stata facile, pensava Remus mentre gettava via l’ennesimo plico di pillole. Sciroppi, pastiglie, pozioni dall’odore terrificante che si erano agglomerata sul fondo delle ampolle, annotazioni dei curatori del San Mungo che dovevano avercela in cura… Tutto quello che rimaneva, della gloriosa Walburga.  
La donna, matrona dei Black, che aveva spaventato tanto Remus attraverso i racconti di Sirius, era morta vecchia e fragile. E sola, in quella casa così grande, metà della sua famiglia morta, l’altra ad Azkaban.  
Non si era certamente scordato del tutto il male che aveva causato, di quella volta che Sirius si era presentato a casa di James con i segni di una maledizione e le mani ricoperte di sangue, di tutte quelle volte che ad inizio settembre i Malandrini avevano dovuto radunare i pezzi dell’amico, distrutto dall’estate passata a casa, ma provò lo stesso un moto di tristezza.  
“Se lo merita, la stronza...” Borbottò invece Sirius, al suo fianco, come se avesse saputo intercettare i suoi pensieri, calciando via con il piede l’ennesima pozione stantia.  
Trovò poi una vecchia foto, nascosta dentro una scatola di bigiotteria: tutta spiegazzata, ancora però si riuscivano ad intravederne i soggetti, i fratelli Black. 
Il ragazzino nella foto era ben diverso dal Regulus Mangiamorte, arrabbiato e scheletrico, che aveva visto l’ultima volta, durante la guerra, qualche tempo prima che i giornali annunciassero la sua presunta morte. Teneva un braccio attorno a Sirius, suo fratello maggiore: entrambi avevano i capelli sulle spalle, sorridevano beffardi e sembrava esser stata scattata prima del loro quarto anno –e di conseguenza, del terzo anno di Regulus-. 
Sembravano felici, in qualche modo. 
“Questa la vuoi tenere?” Chiese, allungandola verso Sirius.  
Lui se la rigirò tra le mani, qualche secondo.  
“No. Butta.”  
. ⋅ ˚̣- : ✧ : – ⭒ ⊹ ⭒ – : ✧ : -˚̣⋅ . 

Le urla di Molly squarciavano le pareti, e quelle del figlio di mezzo, Percy, non erano da meno.  
Remus aveva provato a distrarsi, origliare una discussione del genere non gli parve troppo educato, ma il volume con cui sputate fuori affermazioni e sentenze lo rendeva difficile. 
Così si concentrava sul suo pasticcio di rognone, mangiando in silenzio e con gli occhi bassi.  
“Non posso credere che non abbiate fiducia nelle scelte del Ministero, non vi credevo così... così...” 
“Così cosa, Perce? Ti stanno MANIPOLANDO, SVEGLIATI.” 
“Siete voi quelli che dovete svegliarsi, a combattere una guerra che non esiste!”  
“Silente si fida-”  
“Silente si sbaglia! Ha sbagliato e sbaglierà! 
Sirius, davanti a lui, fece cadere il cucchiaio nel piatto con un tonfo, sporcando il tavolo di legno con la zuppa dello stufano, che volò dappertutto. 
“Non ha tutti i torti...” bofonchiò con la bocca ancora piena.  
“Non pensi che Voldemort sia tornano?” Emmeline Vance e altri compagni dell’Ordine che mangiavano accanto a loro tremarono visibilmente, a sentire il nome. 
“Ovviamente che lo penso! Non penso però che Silente sia infallibile.”  
“Nessuno lo è, Felpato.”  
“Una volta però lo credevamo tale.”  
Aveva gli occhi lontani, Sirius, e fissava il vuoto davanti a sé senza vederlo davvero. Se Remus gli avesse sollevato una mano davanti agli occhi era sicuro non l’avrebbe neanche vista. 
Succedeva spesso, che si assentasse in quel modo: era successo alla Stramberga Strillante, alle grotte lo scorso anno dove andava a nascondersi, succedeva qui a Grimmauld Place.  
Remus si domandò dov’è che andava: tornava ad Azkaban? Forse ad Hogwarts? Da James, Lily, Marlene... Tutte quelle persone che avevano perso. 
O faceva quello che aveva fatto lui, per dodici anni, con costanza quasi religiosa: riavvolgeva il nastro, cercando di capire quando la loro vita avesse preso quella piega inaspettata.  
C’era un prima e un dopo, scandito dal tradimento di Codaliscia e dalla morte dei loro migliori amici, ma chi aveva causato quella scissione? Peter? Voldemort? Silente, che aveva tenuto tutti all’oscuro dei propri piani? 
. ⋅ ˚̣- : ✧ : – ⭒ ⊹ ⭒ – : ✧ : -˚̣⋅ . 

La pozione Anti-lupo aveva un sapore terribile. Remus strinse i denti per costringersi a buttarla giù, mentre lo stomaco lottava per liberarsi da quello che aveva mangiato poco tempo prima. Stringeva così forte la boccetta di vetro da fargli sbiancare le nocche, e decise di lasciarla cadere prima di rischiare di romperla.  
“Stai bene?” Gli sussurrò Sirius, sempre al suo fianco. Stava appoggiato al corrimano delle scale, sopra di lui che invece era seduto sull’ultimo gradino, guardando con apprensione la porta padronale di fronte a loro.  
“Sì. Fa solo schifo.” Bisbigliavano, per non svegliare il ritratto di Walburga che ronfava alle loro spalle. 
“Stai a casa per stasera, Lunastorta, sei uno straccio. Avverto io l’Ordine.”  
“No, vado. Sto bene.” I raggi della luna piena entravano dai vetri del portone, illuminando il corridoio d’argentei fasci di luce. La pozione Anti-lupo lo rendeva innocuo, fermando la trasformazione, ma lo stesso riusciva a percepire il lupo dentro di lui scalciare, mordere e ringhiare per venire fuori. Si sentiva febbricitante e le ossa dolevano, come avere un fuoco che scorreva all’interno di esse, corrodendole.  
Anche i suoi sensi si era amplificati, e sentiva con estrema chiarezza il cuore di Sirius battere velocemente alle spalle. Gli stava facendo venire mal di testa. 
“Non andare. Puoi dormire in camera mia e-”  
“Sirius, ho detto che sto bene! 
Il quadro alle sue spalle sussultò, assieme a Sirius, che tirò fuori la bacchetta per zittire la madre in caso si fosse svegliata. Per loro fortuna, riprese quasi immediatamente il suo russare sommesso. 
“Scusa io non-” Cazzo. Riusciva a sentire l’odore della sua tristezza. “Io non volevo. Arrabbiarmi. Ma sto bene, davvero. E poi sono sicuro che ormai Tonks sia vicina...”  
“No, è uguale. Non dovevo insistere.”  
Si strofinò gli occhi con entrambe le mani. 
“Vai a letto, Felpato.”  
Non si voltò a guardarlo mentre risaliva le scale, dirigendosi verso la propria camera: non avrebbe mai potuto reggere il peso del suo sguardo, che immaginava fosse ferito.  
Ne seguì però i passi, per poi soffermarsi sul suo respiro. Gli veniva facile, durante la luna piena. 
. ⋅ ˚̣- : ✧ : – ⭒ ⊹ ⭒ – : ✧ : -˚̣⋅ . 
Tonks fumava, appoggiata al muro della villetta di Privet Drive. Era tutto calmo.  
“Vuoi un tiro?”  
“Passa, va.” Remus si chinò verso di lei, che gli stava passando un joint, stretto tra le mani guantate.  
Per passare inosservata, aveva abbandonato i suoi capelli rosa pastello, optando per un sobrio caschetto nero, ma i jeans strappati e la maglia di Ronnie Dio stonavano lo stesso nel piccolo quartiere babbano. 
Fortunatamente, era buio, perché Remus immaginò che avrebbero attirati molti sguardi, lei nella sua mise da metallara, lui alto e dinoccolato vestito da nonno, il volto martoriato dalle cicatrici. 
“Attento che ti va alla testa.” 
Era carina, Tonks. Giovane. 
E faceva tutte quelle cose da giovani, come portarsi dietro dell’erba mentre avrebbe dovuto essere lucida in caso si fosse fatto vedere qualche Mangiamorte.  
Si chiese se anche lui e i Malandrini fossero stati così, una volta, ma non se lo ricordava più.  
“Ah, se lo sapesse Malocchio.” Mormorò Remus, inspirando a fondo, prima di lasciar tutto andare.  
Le ossa avevano iniziato già a fargli meno male. Nota per me stesso, procuratene un po’ per il prossimo mese. 
“Una volta ho provato, a farlo fumare, dovevi vedere che faccia aveva!” 

   
 
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