Crossover
Segui la storia  |       
Autore: Registe    29/01/2023    3 recensioni
Quarta storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
La guerra tra l'Impero Galattico e la famiglia demoniaca si è conclusa, ma non senza un costo. Vi è una cicatrice profonda che attraversa mondi e persone, le cambia, rimane indelebile a marchiare i frammenti di tutti coloro che hanno la fortuna di essere ancora vivi. Qualcuno decide che è il momento giusto per partire, cercare di recuperare qualcuno che si è perso. Qualcuno decide di dimenticare tutto e lasciarsi il passato alle spalle.
Qualcun altro decide invece di raccogliere i frammenti di una vita intera e metterli di nuovo insieme, forse nella speranza che lo specchio rifletta qualcosa di diverso.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Film, Libri, Videogiochi
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 25 - Io sono te e tu sei me







Il droide CR








Il rumore dei suoi stessi passi sembrava invadente come una parata di grancasse naniche.
Zexion attraversò i corridoi che portavano ai livelli 7 e 8 della miniera con la testa in subbuglio, cercando di aumentare il fracasso dell’erogatore d’ossigeno abbastanza da non sentire gli ingranaggi del suo stesso cervello. Gli assaltatori imperiali non gli prestarono più di un’occhiata sbrigativa, un paio nemmeno voltarono il casco.
Se riesci anche solo a incutere un po’ di timore, gli avevano nei primi tempi del suo arrivo all’ISB, la gente preferirà considerarti invisibile.
La proposta di Gimli aveva cambiato le carte in tavola. Conosceva abbastanza bene Camus da non aver nemmeno bisogno del suo olfatto da capire che appoggiava al massimo l’idea del nano, e nemmeno mettere il prete sotto tortura avrebbe ottenuto qualcosa. La sua testa dura era famosa almeno quanto la sua passione per il martirio.
Suo zio era vivo ed era partito alla sua ricerca, e nonostante il proprio olfatto non poteva certo sperare di attraversare tutti i pianeti della Galassia nella speranza di fiutare una sua traccia. Aveva bisogno di quell’ID, ed il solo pensiero che il nano avesse fermato il sacerdote gli faceva risalire la bile fino in gola per quanto fosse stato ad un passo dal riabbracciare l’unica persona in quella maledetta Galassia di cui gliene importasse davvero qualcosa. Lo sfiorò anche l’idea di dare un ordine qualsiasi e farlo fucilare con una scusa, ma avrebbe dato a Camus un motivo in più per rimanere saldo nella sua posizione.
Li detestava.
Li detestava tutti, imperiali e Ribelli.
Quella non era mai stata la sua battaglia, e non lo sarebbe diventata mai. Doveva solo cercare di ottenere ciò di cui aveva bisogno, ma non era così stupido da non conoscerne il prezzo ed il rischio.
Controllò il pad per la ventesima volta da quando si era deciso ad afferrare l’unica possibilità esistente, rilesse le informazioni fino al vomito e ricontrollò l’orario standard con tutte le minuzie possibili eseguendo anche un reset per essere certo che non vi fosse una perdita di sincronizzazione.
Ad ogni passo che lo avvicinava all’obiettivo Zexion era sempre più nervoso.
L’Impero nasceva dal controllo assoluto. Durante le Guerre dei Cloni era stato possibile sconfiggere l’Ordine Jedi e prenderlo di sorpresa perché tutti i soldati realizzati nei laboratori di Kamino erano stati settati con dei codici neurali ben precisi, prefissati per poter rendere operativi ed obbedienti milioni di unità nello stesso momento. Sebbene non fosse di dominio pubblico e l’argomento fosse stato ben presto cancellato dalla memoria comune era risaputo, nei Servizi, come l’impianto del codice Ordine 66 nei cloni aveva permesso all’Imperatore una manovra su scala galattica dando l’input ai suoi soldati di rivoltarsi contro gli Jedi.
E pensare che l’Imperatore non avesse un meccanismo di controllo sui propri soldati -molti cloni erano stati dimessi, ed ormai oltre l’ottanta per cento delle forze armate imperiali era composto da soldati di leva- era pura utopia.
Occorreva soltanto conoscere il come.
Arrivare nei blocchi di detenzione minori era sicuramente meno complesso che accedere ai generatori di energia. Zexion dovette passare soltanto un paio di ingressi blindati, e i soldati a guardia gli fecero cenno di andare avanti dando una occhiata sbrigativa al suo pass. I droidi gli passavano accanto senza emettere nemmeno un suono, e gli unici fischi strozzati che si sentivano lungo il percorso erano i droidi in via di riconversione, quelli i cui circuiti iridici dovevano essere modificati e forzati in maniera molto più cruenta.
La cella in cui era stata rinchiusa Gea Oganae non era diversa dalle altre. La porta poteva essere aperta con un singolo codice, e quando si spalancò al suo comando emise un clangore che sarebbe stato impensabile per i blocchi di detenzione sui pianeti più avanzati. Alcune scintille sprizzarono dalle manette elettriche con cui l’enorme donna era stata immobilizzata, e Zexion sentì un tanfo di carne bruciata e escrementi umani sprigionarsi dalla figura bloccata. Ad esso si unì il lezzo nauseabondo di un cadavere buttato in un angolo, chiaramente un minatore considerato più sacrificabile. Protocollo basilare.
La donna sollevò la testa. Un nuovo taglio le apriva la faccia da parte a parte, e metà dell’orecchio sinistro non c’era più. “Chissà perché ma mi aspettavo che saresti tornato, Ienzo” gli disse la figura, sofferente ma per nulla piegata. “Quelli come te tornano sempre”.
Si era documentato, e sapeva che Gea ed i suoi uomini erano stati interrogati secondo il livello 2 stilato dall’ISB. Alcuni minatori, i più sacrificabili, erano stati giustiziati immediatamente per fiaccare i compagni. L’assenza di droidi inquisitori in quella regione della luna di Onoam -nonché di specialisti in interrogatori- aveva fatto optare i Servizi per una gestione non eccessivamente capillare di quegli uomini. L’arresto di un membro dell’Alleanza Ribelle di classe A, ovvero il nano, aveva di colpo diminuito l’interesse per quei lavoratori.
Non programmavano di mantenerne in vita nessuno, considerato il termine della loro utilità.
“Una vera fortuna che io non abbia perso tempo, allora. L’ISB stima la vostra esecuzione tra non più di tre cicli”.
Lei lo fissò con un’espressione impenetrabile.
“Se si fosse trattato di una rivolta di minatori con te a capo, Gea, si sarebbero presi la briga di far venire un esecutore da Naboo o farti trasferire in qualche carcere serio. Ma con quel nano tra le vostre fila sei un pesce così insignificante da non valere le scorte di cibo. Tu ed i tuoi compagni, s’intende”.
Un movimento rapido del sopracciglio, unito al moto del suo odore. Sorpresa, sebbene poco.
Doveva pensare che fosse lui l’inquisitore.
“Il sapere di dovervi giustiziare a breve ed il numero limitato di assaltatori per l’operazione rende i livelli detentivi molto meno sorvegliati di quanto uno potrebbe aspettarsi” le disse, abbassando la voce. “E il grosso delle guardie è concentrata all’ingresso. Suppongo si aspettino una sortita dell’Alleanza, o qualcosa di simile”.
“Come se avessi intenzione di ascoltare qualunque frase uscita dalla tua bocca, Ienzo” rispose lei, ed uno sputo unito a sangue atterrò proprio ai piedi del ragazzo. La tenue barriera posta intorno alla figura della donna emanò un guizzo quando lo sputo la attraversò, facendo sussultare la prigioniera, ma gli enormi muscoli delle spalle si indurirono e rimase eretta e minacciosa. “Credi sul serio che intenda anche solo crederti? Se potessi ti butterei fuori da questa cella a calci in culo”.
Zexion non diede modo di mostrare nulla.
Aveva immaginato una risposta del genere, e spazientirsi non avrebbe portato a nulla. Sapeva che il rischio non sarebbe venuto soltanto dall’Impero.
“Non ho bisogno che tu mi creda. Né che mi stia a sentire. Ho solo enunciato un dato come un altro. Sei tu che ti stai scaldando”.
Gettò un’occhiata velocissima al pad: le comunicazioni all’interno delle celle erano ovviamente registrate, ma la sua autorizzazione in quanto unico membro operativo dei Servizi dell’ISB in quella miniera gli aveva consentito di deviare la riproduzione della loro conversazione direttamente sul proprio dispositivo. “Stavo solo ipotizzando che, se le vostre celle avessero un problema o se qualcuno dall’interno decidesse di aiutarvi, potreste persino prendere il controllo di diversi livelli, qui sotto. Specie con i droidi non ancora totalmente riconvertiti, dico bene?”
“Tu hai portato l’Impero qui. Ingannandoci”.
“Verissimo. Lavoro per i Servizi, non faccio la guida turistica nello spazioporto di Mos Eisley” disse, lasciando che il ringhio dell’altra rimbombasse a vuoto nella cella. “Ma, prima ancora che lavorare per l’Impero, lavoro per me”.
Come da programma, la porta alle loro spalle si aprì. Lungo le barre metalliche che sostenevano le pareti si riflessero le luci verdastre dei sensori oculari di CR, il droide astromeccanico.
Alla vista del suo compare Gea gli lanciò un’occhiata inquisitoria. “Se tu hai …”
“Come la sua padrona, è così vecchio ed inutile che riprogrammarlo non vale la pena. Smantellarlo e salvarne almeno i bulloni era il protocollo di base, ma grazie al cielo nessuno ha avuto da obiettare quando lo ho reso operativo. Gli assaltatori di questo posto non saprebbero distinguere un bullone da costrizione per droidi astromeccanici da uno per droidi da battaglia”.
L’espressione di lei cambiò, e uno spiraglio di sollievo si mosse dentro il ragazzo.
Sapeva che approcciare il capo dei minatori sarebbe stato uno dei passaggi più complicati del suo piano; quando era sceso per la prima volta nelle miniere, cercando di guadagnarne la fiducia, si era trattato di un lavoro come un altro, nulla di più di quanto avesse fatto decine di volte in quegli anni all’Impero. Una collaborazione tra la giurisdizione del governatore Saruman e l’ISB guidato da Tarkin.
Ma adesso le sue necessità erano cambiate.
Purtroppo era cambiata anche la disposizione di Gea nei suoi confronti, ma era un rischio che non avrebbe potuto annullare nemmeno col migliore piano del mondo. Il suo naso gli aveva insegnato che le emozioni umane non erano né controllabili, né programmabili: talvolta la soluzione era accettarle per come giungevano.
Si scansò di lato, lasciando al piccolo CR il compito di rimuovere le elettromanette. L’estremità prensile del droide si ricoprì di un device isolante che gli concesse di lavorare senza ulteriori danni, mentre Zexion armeggiava col proprio pad nel controllare la posizione di tutti i militari nei livelli. Le tute bianche dei soldati imperiali erano tutte codificate e localizzabili da chi aveva abbastanza autorità e posizione gerarchica, e se Zexion doveva mandare tutto al diavolo e rivedere suo zio … forse sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe potuto godere di un simile privilegio.
Non appena lo strato di energia che la bloccava cadde, la donna fece per cadere a terra. Atterrò su un ginocchio, ma fece il possibile per alzarsi in piedi. Zexion notò la difficoltà nei movimenti, il chiaro effetto della tortura imperiale in grado di fiaccare anche un’umana dalla corporatura simile. “Sai una cosa, Ienzo? Messa in questo modo mi fai forse anche più schifo” ringhiò, scambiando uno sguardo con il suo droide che, per tutta risposta, le fischiò qualcosa di incomprensibile. “Quasi quasi preferisco gli imperiali che ci credono davvero”.
“Le tue convinzioni non sono un mio problema”.
“Ah, no?”
Anche appoggiata alla parete e con il fiato corto, la minatrice lo superava di oltre una testa. Era debole, ma avrebbe potuto senza dubbio tentare di sopraffarlo, complice anche il suo CR e la piccola fiamma ossidrica che sapeva che si sarebbe attivata nell’esatto istante in cui la donna avrebbe dato un ordine.
Il tanfo del cadavere lì vicino e l’aria chiusa del sottosuolo non riuscirono a mascherare la furia della minatrice. “Sono sicura che tu abbia qualche trucchetto per proteggerti, moccioso” fece, spingendo il peso sull’altro piede, accorciando le distanze. “Ma per come sono messa adesso, un tentativo di cambiarti i connotati e farti fare la fine dei miei amici lo farei eccome”.
“Lo avevo messo nel conto” concluse, scostando leggermente la frangia che aveva sulla fronte per impedirle di guardarlo meglio negli occhi.
Lei aspettò, aspettandosi di sicuro qualche mossa o qualche minaccia, ma Zexion non le offrì né l’una né l’altra. “Ma confido nel fatto che tu ed i tuoi compagni siate a corto di tempo, e ci sono certe occasioni che non si ripresentano due volte”.
Gea si accorse della sua mano all’ultimo istante, ma non poté opporsi quando Zexion guardò per la millesima volta l’orologio del suo pad e, con un’espressione scura, premette un tasto.
Un urlo strozzato, poi il rumore di qualcosa di pesante che cadeva a terra poco lontano dalla loro cella.
La minatrice sobbalzò, presa alla sprovvista, mentre il piccolo CR abbandonò il suo fianco con una serie di suoni e passò davanti al ragazzo, diretto verso la porta. Il giovane agente lo lasciò fare, ben sapendo che la programmazione del piano di fuga dei minatori era stato ben accettato dal droide e costruito nei suoi dischi di memoria protetti. Lei lo seguì con lo sguardo, incuriosita dalla reazione del suo stesso droide, e quando l’ingresso della cella si spalancò, cigolando, ciò che apparve era un assaltatore imperiale a poca distanza da loro, a terra.
CR sferragliò contro l’uomo chiaramente senza vita, appoggiando il proprio sensore ottico alla fondina in cui era riposto il blaster.
“I caschi degli assaltatori hanno un dispositivo interno molto particolare. Sono bloccate due piccole fiale di gas tibanna modificato, in grado di uccidere anche un umano di grande corporatura in quindici secondi. Si trovano all’interno dei caschi, in una struttura così protetta da resistere anche agli insulti fisici più pesanti. Ma possono essere attivati a distanza, se l’Imperatore o i Signori Oscuri lo ritengono opportuno, ed i Servizi possono avere una certa libertà d’azione in questo senso” annunciò, percependo dentro di sé la moltitudine di sensazione che si stava liberando dalla donna. “Ovviamente i soldati non ne sono a conoscenza. O, se lo sono, è stata considerata come propaganda Ribelle”.
CR estrasse l’arma dalla fondina, ed aprì il settore dell’armatura dove spesso i soldati inserivano delle granate termiche. Fu fortunato, ed avvicinò alla sua padrona ancora contusa sia il blaster che un paio di esplosivi da lancio. Non tantissimo, ma senza dubbio la donna sapeva come usarli. Mise piede fuori dalla sua cella, portandosi d’istinto la mano davanti agli occhi per proteggersi dall’estrema luce artificiale del blocco di detenzione, ed in quell’istante tutte le porte del livello si aprirono. Ne seguirono diverse voci, insulti alla madre del governatore Saruman e ronzii di droidi attivati. Nell’arco di una decina di istanti il corridoio si riempì di figure emaciate, coperte di sangue e costretti ad appoggiarsi l’uno all’altro o alle pareti per non crollare dallo sfinimento. Zexion aumentò il livello d’aria del suo ossigenatore per impedire a quella massa informe di odori e pensieri di venirgli addosso, ma sapeva che in quel momento il suo lavoro, lì dentro, poteva definirsi concluso.
“Il mio rango nell’ISB mi consente di neutralizzare un massimo di venti soldati prima che una mia successiva richiesta venga convalidata da Coruscant. Ho rimosso tutti i soldati su questi livelli, quanto basta per procurarvi abbastanza armi da organizzare qualcosa” disse, sentendosi addosso gli occhi di tutti i minatori e anche di quelli che lo avevano riconosciuto. “Se volete organizzarvi, fate qualcosa. Non è affar mio. Se volete rimanere qui dentro ed aspettare che vi giustizino, siete liberi”.
“Posso chiederti quale è il tuo tornaconto, Ienzo?”
Considerato che la minatrice non aveva cercato di ucciderlo -ed il suo odore confermava che non lo avrebbe fatto, se lui non avesse tentato qualcosa di stupido- tirò un sospiro e si voltò verso gli ascensori.
“Certo che no. Dopotutto potrei mentirti di nuovo”.
“Non hai tutti i torti, nanerottolo”.
“Preferisco apporre una piccola postilla a tutta questa storia…” proseguì, controllando di nuovo che i livelli fossero sgombri.
Lo erano, ma da quel momento il rapporto di ogni suo utilizzo di codici sarebbe arrivato all’ISB e, se li conosceva bene, avrebbero provveduto a sospendergli ogni azione fino ad una spiegazione che il ragazzo non aveva alcuna intenzione di fornire.
Da quel momento in avanti, tutto il suo piano si sarebbe basato su quanto Gea Oganae ed i suoi uomini avrebbero avuto desiderio e forze di uscire da lì ed eliminare tutti gli imperiali da lì all’ingresso.
“ … il sacerdote venuto con l’Alleanza Ribelle deve uscire vivo ed illeso da qui. Siamo intesi?”






I pezzi erano disposti sul tavolo, e scintillavano persino sotto la luce artificiale della sua stanza.
Ne prese uno in mano, soppesandolo per la trentesima o quarantesima volta.
Oro massiccio, le scansioni dei droidi erano concordi. Chiunque avrebbe potuto vendere quei pezzi e la scatola che li racchiudeva e pagarcisi un paio di mesi su Ithor con la migliore compagnia Twi’lek sul mercato.
Che fosse un puzzle, quello era stato chiaro fin da subito. Non uno dei suoi passatempi preferiti, ma di certo era in grado di ricomporre una figura composta da nemmeno trenta tasselli, e ne aveva uniti un paio giusto per immaginare cosa potesse succedere una volta terminata la forma. Se la sua valutazione era corretta – e non c’era motivo che non lo fosse- si sarebbe trattato di comporre una forma piramidale; la cosa non lo perplimeva in realtà più di tanto, considerata la peculiare architettura di Nagada e l’ossessione di quel popolo per la geometria.
“Cosa pensi possa fare?”
La voce di Zam interruppe i suoi pensieri a metà. Era difficile vederla senza la sua tuta da battaglia e le sue complesse decorazioni mabari ai polsi o intorno all’elmo, ed impiegò qualche istante a mettere la donna a fuoco nella lunga veste in foggia kaminoana che le copriva persino i piedi, formando una sorta di strascico dietro i talloni. Senza l’elmo a nasconderle metà della testa aveva i capelli raccolti in maniera confusionaria su un lato del viso, e per un istante la mente tornò a oltre vent’anni prima, quando in un alloggio davvero molto, molto simile vi erano un uomo, una donna ed un ragazzino che passava le ore cercando di impressionarli sulle tecniche di pesca dei rollerfish. Il tempo non le aveva levato l’abitudine di camminare a piedi scalzi dentro qualunque posto potesse considerare vicino a una “casa”, e se questo da un lato gli diede un leggero senso di felicità, dall’altro si accorse di quanto impalpabile fosse il passo di quella donna cresciuta per uccidere.
Se non avesse interrotto il silenzio con quella frase probabilmente sarebbe potuta venirgli accanto senza nemmeno dargli modo di notare la sua presenza.
“Non lo so. Ed è proprio questo a preoccuparmi. Maul mi ha contattato prima, e sembra sia riuscito ad attivare l’oggetto di sua competenza, quella specie di Ascia dorata”.
“E …?”
“Deve fare altre prove, ma sembra sia riuscito a controllare i movimenti di un paio di membri dello staff verso cui la ha puntata. Un po’ come se fossero dei burattini, almeno per come la ha vista lui”.
“Quindi sospetti che siano delle armi?”
Osservò di nuovo quei pezzi.
Non era la prima volta che si ritrovava a ricercare, maneggiare o trovarsi a contatto con artefatti provenienti da tutta la Galassia. Già quando aveva intrapreso la sua carriera ufficiale di cacciatore di taglie gli era stato richiesto di impossessarsi -rigorosamente per vie illegali- di questo o quell’oggetto in grado di soddisfare i capricci o le ambizioni di chiunque potesse permettersi i suoi servizi, e le volte in cui era stato contattato da agenti imperiali si era sempre trattato di oggetti che poco lasciavano spazio all’immaginazione. La sua nomina a Signore Oscuro gli aveva dato accesso al reclutare altri cacciatori di taglie o semplici ladri da ingaggiare proprio per queste ricerche, e non vi era pianeta della Galassia che non nascondesse qualcosa di potenzialmente interessante per l’Imperatore ed i suoi scienziati. I doni di Nagada non sembravano affatto delle eccezioni.
“Se Ra ha ritenuto che potessero interessare l’Imperatore … dubito seriamente che si tratti di qualcosa in grado di risolvere carestie, siccità o pestilenze incurabili” disse, con una nota stridula nella voce.
“E la cosa ti spaventa?”
Boba la guardò, sforzandosi di capire perché lei gli avesse posto quella domanda. Lo stava giudicando in qualche modo?
 
Narratore: “Boba, nota a pié di pagina. Non pensare, perché se pensi sbagli”
 
Guardò di nuovo sia quegli occhi chiari che la scatola intarsiata, sforzandosi di notare qualche connessione che probabilmente gli sfuggì. Prese uno dei pezzi tra le dita che ancora non aveva apposto, soppesandolo, sforzandosi di fissare le sue connessioni per evitare che la donna potesse estrapolare altre informazioni dal suo viso.
Come mai la domanda lo stava inquietando?
Inserì il pezzo nella composizione, e senza nemmeno pensare portò la mano al successivo.
No, non era la domanda in sé. Ne aveva parlato sia con Maul che con Tarkin, ed in modo molto più aperto: tutti e tre erano abbastanza intelligenti da non prendere certi artefatti a cuor leggero, specie perché nessuno di loro possedeva un controllo sulla magia come quello spregiudicato di Kaspar. Avere paura di qualcosa di ignoto era da sempre la chiave di volta per non rischiare la vita.
Ma chiesto da lei …
Zam si avvicinò al tavolo. Un solo sguardo, come se fosse indecisa se chiedergli il permesso o meno. Lui annuì, lasciando che le sue mani scegliessero un altro pezzo e lo inserissero nella composizione.
Nel momento in cui la sagoma dorata si incastrò nel resto del puzzle si accorse che ciò che lo preoccupava sarebbe stata la reazione di Zam alla sua risposta.
Si morse la guancia, nella speranza di non darlo a vedere, fissando le dita sottili della donna afferrare un altro pezzo e stavolta portandoselo vicino agli occhi, come a cercare dentro il singolo frammento la chiave per scoprire quale enigma stavano per comporre. Con un sospiro si costrinse a ricomporsi, e diede la colpa al fatto che, seppure per un periodo molto breve della sua vita, aveva accarezzato l’idea che quella figura dallo sguardo freddo e dal sorriso invisibile potesse essere la madre che non aveva mai avuto.
“Sarei uno stupido se non lo fossi”.
Ma cercò di nuovo i suoi occhi, e a quell’increspare di labbra così familiare sentì il cuore farsi più leggero.
Il puzzle era quasi terminato, e l’ultimo pezzo scivolò dalla mano di Zam e apparve nel suo palmo. Un pezzo che aveva la forma di un occhio stilizzato, il tassello finale al centro della figura piramidale che aspettava solo di essere portato a compimento. Lo applicò con una leggera spinta, immaginando quasi che quell’occhio potesse animarsi all’improvviso e guardargli dentro, oppure creare dal nulla un raggio laser che gli avrebbe staccato la testa.
Non accadde assolutamente nulla di ciò, perché prima ancora che potesse commentare l’accaduto uno strano calore si propagò nel suo corpo ed una scarica di energia scaturì dalla punta delle dita e lo attraversò fino alla schiena ed alla testa. Delle strane immagini iniziarono a sovrapporsi, cancellando per un attimo il suo ufficio e la stessa Zam, finché qualunque cosa si trovasse legata all’artefatto non giunse dritta nel suo cuore.
Io sono te, e tu sei me.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Crossover / Vai alla pagina dell'autore: Registe