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Autore: moira78    31/01/2023    2 recensioni
Nel manga, Albert salva Candy da un leone. Ed è proprio così che comincia la storia, con il racconto di quella giornata incredibile. Seguono tre storie alternative sullo stesso tema. Molto alternative... E se le cose fossero andate diversamente?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dove amiamo è casa, casa che i nostri piedi possono lasciare, ma non i nostri cuori.
(Oliver Wendell Holmes Sr.)

 
 
 
Candy torna a casa

Brava Candy, così, smettila una volta per tutte di fissare quell'albero come se facendolo potessi riavvolgere la giornata e annullare quello che è successo oggi pomeriggio! Tu che indietreggi regredendo di oltre dieci anni, la schiena di Albert che diventa, ancora una volta, il tuo scudo contro il male...

Lo scudo da una cascata che voleva inghiottirti quando, stupida anche allora, hai pensato bene di entrare in una barchetta sperando di navigare in dolci acque fino alla Casa di Pony; lo scudo da un dolore che pareva straziarti pelle e viscere, e che invece aveva solo il suono di una campana a morto per Anthony; lo scudo da notti di corsa, giorni grigi, addii strazianti e lacrime amare; lo scudo da occhi che ti guardano storto quando rincasi, da bisbigli sulle scale del piccolo condominio dove vivi con lui e oggi persino da un leone che vi ha attaccati.

Quale uomo si metterebbe tra te e un leone? Te lo chiedi mentre ti solletica un paragone tanto lampante quanto sgradevole: Terence che viene salvato da Susanna a costo della sua stessa vita. Albert che si getta a corpo morto davanti a te senza dare nemmeno il minimo segno di esitazione. Quasi ti stesse passando la ciotola dell'insalata con un gesto spontaneo e non ti stesse...

...facendo da scudo.

Il leone ringhia e si avventa, lui lo respinge prendendo la prima zampata che lo ferisce: le linee parallele lasciate dal grosso felino dovevano bruciare come l'inferno e sul suo volto non hai visto che una vaga smorfia di dolore solo nei primi istanti.

E il tronco diventa solo un tronco, le immagini scompaiono, decidi che è ora di tornare a casa. Puoi solo incamminarti con passi lenti e metodici come sempre, anelando di rivederlo. Per sapere come sta, se gli è venuta la febbre per l'infezione o se il disinfettante e le bende del dottor Martin stanno facendo il loro dovere.

La strada sembra scivolare lenta, troppo lenta sotto i tuoi piedi. Chi sei, alla fine, per lui? E cosa è lui per te? Cosa siete voi? Un uomo, di sicuro più maturo di te, e una donna che vivono sotto lo stesso tetto. Anzi, che condividono persino un letto a castello. Siete questo e cos'altro? Infermiera e paziente, amici da tanto tempo, anche se lui non se lo ricorda. Dopo quello che ti è accaduto poche ore fa, però, ti vengono mille sani dubbi.

Fermi i passi davanti a una panetteria, dove tante volte sai che Albert ha comprato il pane quando non facevate in tempo a impastarlo insieme, in un pasticcio di farina e risate che ornavano la cucina piena di luce. Perché lui è quello che pensa al cibo, che cucina con amore e che riesce a stupirti con le sue abilità, tanto sviluppate quanto sono carenti le tue. Perché tu puoi letteralmente andare in crisi davanti a una pentola che ribolle mentre lui, con un sorriso e la sua solita serenità, si limita ad abbassare il fuoco e a mettere un coperchio.

Come nella vita, pensi decidendo di riprendere un cammino che ti sembra più lungo che mai. L'anima che si rispecchia nei suoi occhi è la medesima che mette in tutto. Vivere nella natura, quasi da vagabondo, deve averlo forgiato e abituato davvero a ogni cosa. Persino a rischiare la sua vita per la tua? Oppure, oggi, hai aperto una qualche finestra che ti consente di vedere più chiaramente di prima?

E di colpo, davanti alla pasticceria all'angolo, i tuoi sensi vengono sopraffatti da un profumo che sa di lievito, farina e vaniglia, come quando miss Pony impastava assieme a suor Lane i suoi dolci alla Casa di Pony. Un aroma rassicurante che odorava di casa e di amore. Il medesimo che hai avvertito, sebbene con sfumature diverse di vento, foglie e pioggia, sulla giacca logora di Albert quando, infine, ti aveva permesso di stargli accanto fino a che non avesse recuperato la memoria. In quella sera in cui gli hai ripetuto che per te era come il fratello che non avevi mai avuto.

Fratello...

E dopo Terry è il turno di Annie. Tua sorella, lei, almeno di cuore, visto che vi hanno trovate e cresciute insieme. Anche lei ti ha tradita, anche se tu l'hai giustificata con ogni fibra del tuo essere. È stata finalmente adottata! Ha una famiglia! Ha cambiato vita, ma conserverà sempre il tuo ricordo, anche se devi fingere di non conoscerla per non farla sfigurare! E ancora...

Annie ti accusa di volerle rubare Archie, ma tu invece di infuriarti con lei, così debole e insicura, cerchi di convincere il tuo amico che deve starle accanto, che è una ragazza meravigliosa! Poi, certo, ti arrabbi e tua sorella finalmente capisce quanto si è sbagliata, ma quanti anni e quante lacrime hanno inghiottito la tua vita fino ad allora?
Fratelli.

No, decisamente Albert non si era comportato da fratello. Stair lo aveva fatto e anche Archie. Si sarebbero mai gettati davanti a un leone per te, tuttavia?

Mentre sali quelle scale che ti porteranno a casa, capisci che ormai è inutile pensarci, anche se sei costretta a portarti una mano al cuore, dove avverti qualcosa di sbagliato, che si sposta da un punto all'altro del petto come un breve sfarfallio. E non è certo la fatica. Non l'ansia sempre più pressante di rivederlo e accertarti che stia bene.
È la consapevolezza che qualcosa, in quei sentimenti che per tanti anni ti hanno legata a Terence, al suo volto gioviale e al suo comportamento irriverente, alla sua espressione di dolore mentre prendeva in braccio Susanna su quel tetto, al suo ultimo abbraccio alla rovescia sulle scale di un ospedale, stava mutando.

Sì, sai di volere ancora bene a Terence e sì, desideri con tutto il cuore che riprenda presto in mano la sua vita e la sua carriera. Ma intanto, il tuo passato e il tuo presente sono Albert. Lui, che ti attende sempre dietro quella porta con la tavola già apparecchiata e il profumo dell'arrosto che permea quelle pareti. Le pareti di casa vostra.

Allunghi una mano per aprire la porta, quasi tremando, non sapendo bene che mondo troverai al di là. Aspettandoti il buio e il silenzio, perché forse stavolta lui è andato via per davvero, o una luce accecante.

E hai un ultimo ricordo a invaderti la mente: Albert che ti depone con delicatezza sul suo letto dopo averti trovata quasi priva di sensi sul pavimento, asciugando con mani calde e amorevoli le ultime tracce delle lacrime versate per Terence.

La sua voce è un'altra carezza. Una carezza dell'anima: "Vorrei tanto vederti felice".

Entri, trattieni il fiato e lo capisci. Hai la conferma, in un tremito, che non era solo un brutto sogno. Il leone ha strappato via coi suoi artigli qualcosa che aveva appena iniziato a germogliare.

 
- § -
 

Ti sporgi davanti allo specchio puntellandoti con una mano sul lavandino, ancora confuso dopo aver perso i sensi subito dopo essere rincasato. Come se tutta la tensione fosse arrivata dopo, comunicandoti quanto ci sei

ci siete

andato vicino.

Guardi il punto in cui le ferite sono coperte dalla benda e ne approfitti per allentarle un poco. Il sangue si sta rapprendendo e ha lasciato solo un alone rosa appena visibile attraverso la fasciatura. Nulla a confronto di quanto potevi subire.

Hai avuto paura?

Sì, ti dici tornando in camera per recuperare la camicia, ne hai avuta eccome: ma non per te stesso, bensì per Candy. Da quando ti sei risvegliato nel retrobottega del ristorante dove fai il lavapiatti, col tuo carico di ricordi come una mole di bagaglio pesante con cui fare i conti dopo più di due anni, l'unica a renderlo più leggero e al contempo insostenibile è stata lei.

Quante volte, di giorno e di notte, ti sei ripetuto che devi dirle la verità e tornare a casa? O perlomeno mezza verità e riprendere il tuo posto nel mondo prima di spiegarle meglio come stanno le cose? Quante volte ti sei fissato in quello stesso specchio col desiderio di sbattere la testa al muro e perdere di nuovo i ricordi per continuare a starle accanto anche se in una sorta di limbo senza sbocchi?

O per dimenticare gli eventi brutti, quelli in cui hai perso una persona cara e il tuo cuore sembra spezzarsi in frammenti infiniti...

La tua immagine torna nello specchio mentre le dita rallentano nel loro compito di allacciare i bottoni, quasi ti fossi scordato

hai dimenticato di nuovo

come si fa.

Eppure rammenti benissimo il leone che spicca il balzo, perché non c'era stata la voce allarmata di Candy, né il ruggito che aveva riempito il mondo e neanche l'alito rovente del felino che ormai ti era quasi addosso; non c'era stata la sensazione del dolore bruciante che ti ha lasciato questi quattro solchi paralleli sul torace, del fluire del sangue e neanche dell'adrenalina che, riversandosi nelle vene, ha reso lontano quel dolore, come un rumore sordo. No, nulla di tutto questo. C'era solo la certezza che lei fosse al sicuro.

Al sicuro, dietro la tua schiena, mentre tu ti accasci al suolo su un ginocchio portando una mano alla ferita e il leone...

No, ti esplode la testa, c'è un buco nero grosso come l'ovale bruciacchiato che Candy ha lasciato su un lenzuolo quando ha provato a stirarlo. Nero e fumante, proprio come quello. E ciò ti ricorda che devi cucinare, prima che lei torni e tenti di farlo al posto tuo.

Come sempre, le tue mani trovano gli ingredienti e si mettono ad accendere il fuoco, predisporre carne e contorni, regolare la fiamma, versare condimenti nelle pentole per accogliere Candy con piatti nutrienti e colmi di tutto ciò che non puoi dirle.

E mentre apparecchi per due ti senti quasi felice. Felice e dannato al contempo. Perché il fatto di aver compreso chi fossi non ti ha fatto rimettere giudizio, neanche lontanamente. No! Il muro che nascondeva la tua vita precedente è crollato, ma il sole abbagliante che illuminava quella valle dal verde brillante degli occhi di lei osa persino risplendere più ostinato.

Il bicchiere quasi ti cade dalle mani e le parole di Candy in quella sera che sei scappato dall'ospedale sono come un lieve ma inesorabile rintocco funebre nel tuo cervello.

Sei come un fratello per me.

Sì, allora lo aveva detto. Cosa ti fa pensare che ora sia cambiato qualcosa?

Devi controllare se l'acqua per le patate sta bollendo. Ridi di te stesso perché sì, è così, ma non le hai neanche tirate fuori dalla dispensa. Se non ti concentri su questa cena, rischi di fare un piccolo disastro come quelli che di solito combinava Candy.

Era incredibile quanto andasse fuori di testa davanti a una padella che sfrigolava o a una pentola che borbottava. E quanto adorassi accorrere in suo aiuto, sentendola rimproverarsi e poi ridere, finché...

Perché pensi a lei al passato?

Ti svegli da quella sorta di trance, premi persino una mano sulla ferita e lo sentì, il dolore, così simile a quello del tuo cuore che per un attimo hai il dubbio che gli artigli del leone si siano conficcati più a fondo di quanto credessi.

Il grido di Candy, il tonfo del suo corpo che cade a terra, il leone che forse sente la minaccia o l'odore di una possibile preda su cui sfogare la propria frustrazione: come te, si è trovato rinchiuso in gabbia e lui non può decidere di fuggire senza rischiare la vita. Spicca il balzo e smetti di pensare lucidamente, diventi un fascio di istinto e nervi e ti frapponi fra lui e Candy, pronto a dare la tua vita per la sua. Non pensi che potresti morire, però. In quel momento sei roccia, cemento, muro solido. Sei la consapevolezza che a Candy non deve accadere nulla, perché allora sì che potresti...

La sensazione di freddo alle mani e il borbottio costante dell'acqua sul fuoco ti indicano che le patate sono più che pulite, sotto al rubinetto aperto, e pronte per essere gettate in pentola. Ma non lo fai, sentendo quanto l'acqua gelida ti abbia intorpidito fin dentro l'anima. Invece, con gesti lenti e quasi controllati, chiudi il rubinetto e spegni la fiamma, ponendo fine al rumore basso e gorgogliante.

Il silenzio si avventa su di te con più ferocia del leone. Ti sbrana, senza pietà alcuna. Ti fa a pezzi e ti sgranocchia persino l'anima.

E con il silenzio torna anche il ricordo che prende il posto del buco nero, facendoti tremare le gambe e costringendoti ad appoggiarti al bancone della cucina. Il respiro ti si mozza, perché mentre sei inginocchiato per terra, il leone sembra quasi più rabbioso di prima. Ha ferito ma non ha una preda e l'odore del tuo sangue forse lo irrita persino di più.

Prima che tu possa alzarti in piedi, lui ti attacca di nuovo e le grida di Candy stavolta ti penetrano nei timpani. E tuttavia, sai che finché le senti non ha importanza che il peso del felino sia tutto su di te e le sue fauci si stiano avvicinando al tuo collo, perché significa che è viva.

Sì, Candy è ancora viva in quel momento, ma le sue urla sembrano far infuriare ancora di più l'animale, che ruggisce di nuovo e prende lei al posto tuo. Lasciala, senti gridare il dottor Martin. Candy, senti te stesso invocare cercando di rialzarti. E quando finalmente ci riesci...

L'urlo straziato e pietoso ti fa accasciare a terra mentre tenti di raggiungere la tavola. Sei carponi, come quando da ragazzino sbirciavi nelle tane dei conigli a Lakewood. E se non fosse stato per Candy, anche questo ricordo dolceamaro sarebbe stato perso per sempre.

Ma lei non potrà più raccontarti delle vostre avventure passate, né potrà mangiare quella cena a metà che come un idiota ti sei affrettato a preparare. Perché Candy era già morta quando il leone le ha spappolato le costole con le zampe pesanti, fermando il suo respiro, giusto un attimo prima di affondare le luride zanne nel collo niveo lordando di sangue il suo cappotto.

Forse stai per vomitare sul pavimento qui, vicino alla vostra tavola apparecchiata che non serve a nulla, ma che importa? Trovi a malapena una sedia e pieghi la schiena come se tutto il peso del mondo vi fosse rovinato sopra. Puntelli i gomiti sulle ginocchia perché la testa ricadrebbe in avanti e tu la sostieni per un mero istinto primitivo.
Quello stesso istinto che ti ha portato a cercare di salvarla. Ma che non è bastato. E ora non basterà il resto della tua vita per perdonartelo.

Mentre cominci a singhiozzare come un derelitto qualunque, avverti qualcosa di gelido sfiorarti una guancia.
- § -

La luce c'è. La tavola anche, parzialmente apparecchiata. L'odore che proviene dalla cucina, però, ti indica che Albert, che piange con la testa fra le mani come non lo hai mai visto, ha lasciato qualcosa sul fuoco. Eppure sei calamitata da lui, dalle sue lacrime, dal tuo nome pronunciato in un sussurro disperato: perché sei tornata? Cosa puoi fare, ormai, per lui? Ora che il tuo corpo, portato via dalla polizia ore fa, non è più sotto quell'albero, a cosa serve far vagare la tua anima nei luoghi che hai amato? Pensi forse di andare anche alla Casa di Pony, magari per provare a manifestarti facendo venire un colpo a Miss Pony e a tutti gli altri?

No, per ora ti accontenti di sfiorare la guancia di Albert, cercando di asciugare il suo pianto come lui ha fatto tante volte con te. Ma non ti riesce, ovviamente. Eppure lui ha come un sussulto, rabbrividisce e si guarda intorno. Tira su col naso e forse è così che si accorge che sta rischiando di dare fuoco alla cucina come è capitato a te altre volte. In altri giorni. In un'altra dimensione dove tu eri viva e ne ridevate.

Quando si alza barcollando, ti sembra quasi che cammini come un vecchio. Sembra curvo, come hai immaginato spesso debba camminare lo zio William, quello che non conoscerai mai e mai potrai ringraziare.

Albert guarda un fornello spento come se non capisse e tu fissi quello acceso dove si sta carbonizzando l'arrosto che avreste dovuto mangiare assieme. Finalmente pare vederlo e spegne anche quello, alzando il coperchio e facendo una smorfia nel fumo e nel puzzo di bruciato. Tossisce due volte, apre la finestra e poggia le mani sul davanzale.

Lo chiami, vorresti che si voltasse, vorresti dirgli tante di quelle cose che forse non ti sarebbe bastato neanche il resto della tua vita terrena. Perché ora sì che è tutto chiaro! Era lui, era sempre stato lui la costante nella tua vita! E se allunghi una mano per toccargli la schiena lo vedi, come un ricordo vivido, l'inizio della vostra storia. E ti stupisci, trattieni quasi un grido che tanto non uscirà. Ma certo, quest'uomo che per te era un mistero ma di cui ti bastava sapere quel che già sapevi, non poteva che essere un Principe e un benefattore. Un amico devoto e un fratello maggiore. E ora, troppo tardi, molto, molto di più.

"Sei qui?". La sua voce, più vicina di prima, ti sconvolge. Si sta rivolgendo a te? Ti ha sentita davvero quando lo hai toccato due volte?

Se avessi un respiro sarebbe accelerato; se avessi un cuore sarebbe un tamburo selvaggio; se avessi un corpo, ti getteresti ancora fra le sue braccia. Invece gli dici quelle parole che ormai, in questa non vita, sono diventate altrettante certezze a una velocità vertiginosa.

Ti amo, ti amo con tutto il cuore.

Lui sorride, non sai se ti ha udita sul serio, ha di nuovo gli occhi pieni di lacrime: "Sono uno stupido. Un vero stupido".

No, non lo sei, io sono davvero qui.

 "Perdonami, Candy, perdonami per non averti salvata". La sua mano va sul cuore, sulle ferite. E tu vi allunghi la tua fatta di niente. Forse di anima, di vento. E resti così finché lui te lo permette.
   
 
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