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Autore: crazyfred    02/02/2023    1 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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 Capitolo 34


 
Il Ferragosto è la festa più inutile che la civiltà italiana possa aver inventato nella sua storia, forse seconda solo a Pasquetta e a Capodanno, feste buone solo per chi va al liceo e si vuole staccare dai genitori oppure è talmente disperato da dover dimostrare a tutti di avere una vita sociale, rigorosamente via social. A questa conclusione Maya era arrivata in maniera sofferta quell’estate, guardando gli altri andare in vacanza mentre lei restava in redazione e, nel giorno della festività, non aveva avuto altra scelta se non passare la giornata con gli amici e sua sorella: tutti.schifosamente.accoppiati.
Fosse stato per lei, sarebbe volentieri rimasta a casa, a dormire fino a mezzogiorno e guardare la tv fino a sera mangiando solo gelato che tanto, ancora per qualche settimana, nessuno l’avrebbe dovuta vedere né in costume né tantomeno nuda. E poi il gelato è il migliore riempitivo per i vuoti affettivi; il suo, tanto per la cronaca, era alto 1,90 per 80 chili circa e aveva pure nome e cognome: Alessandro Bonelli. Ci voleva una vaschetta di gelato extralarge.
Lavinia non ne aveva voluto sapere – “tu non sei mai stata dipendente da un uomo e non inizierai oggi” le aveva detto, ma aveva anche ribadito: “Non ti lascio da sola mentre tutti gli altri si divertono” e a quel punto la risposta della sorella minore non si era fatta certo attendere: “E chi ti garantisce che io mi diverta assieme agli altri?”. Lavinia era innamorata e, purtroppo per lei o per fortuna, non coglieva né certe sottigliezze né certe rimostranze e così l’aveva trascinata tra boschi, cascate e aree picnic, tra confusione e puzza di carne arrosto assieme alla sua comitiva.
Maya avrebbe volentieri cercato un piano B, ma quale? Sua madre: negativo, c’erano i nipotini di Ruggero e l’ultima cosa che voleva fare era finire a fare l’animatrice del miniclub. Alice? Men che meno, era andata a fare la contadinella in alpeggio. Paolo e Monica? Manco a pensarci: lei in quei giorni era decisamente acida e intrattabile, lo riconosceva, e non se la sentiva di scoppiare la loro bolla di felicità, attenti com’erano solo a ciò che Monica poteva o non poteva mangiare, a dove metteva i piedi e agli integratori di acido folico.
Maya si era dovuta accontentare – per modo di dire - di trascinarsi dietro Olivia e Max, che per qualche miracolo avevano anticipato la loro vacanza in Sardegna rispetto agli altri anni ed erano tornati giusto in tempo per farle da spalla in quella giornata da Grey’s Anatomy va in montagna.
“Maya lascia un po’ quel telefonino!” la rimproverò sua sorella, quando stavano sistemando il tavolo e lei andata invece a spaparanzarsi sul plaid sul prato a guardare le foto che, una dopo l’altra, erano arrivate in fretta quando avevano finalmente raggiunto l’area picnic alla fine del bosco e la connessione era tornata attiva “Vieni a darci una mano prima che voli via tutto” Avevano scelto la giornata ideale per accendere la brace e mangiare all’aria aperta: dopo giorni di caldo asfissiante, il vento stava soffiando in maniera prepotente e piatti e bicchieri avevano bisogno di essere fermati con le posate.
Forse sua sorella aveva ragione: c’era vita oltre Alex. Anche lui, prima di salutarsi, le aveva chiesto di divertirsi, vedere gente e svagarsi, come avrebbe fatto anche lui in quei giorni. Tuttavia, senza dire una parola, la giovane fece una linguaccia alla sorella maggiore e continuò con quello che stava facendo: non riusciva a resistere a quel selfie che le era arrivato sul telefono, con Giulia con un caschetto nero addosso che era il doppio di lei e doveva tenere con le mani per non coprire gli occhi. Erano in Abruzzo, nel paese di origine dei nonni materni di Alessandro e lì, tra le montagne, l’uomo aveva portato la figlia per la prima volta a cavallo, immolandosi anche lui per la causa; in un messaggio le aveva assicurato che per salire in groppa ci aveva messo 5 minuti interi, rendendosi uno spettacolo indecoroso, ma francamente Maya faticava a crederci.
“Non potevate stare insieme oggi?” Olivia arrivò alle sue spalle, senza che lei se ne accorgesse, prendendola in contropiede, e si mise a sedere al suo fianco.
“L’ho già detto a mia sorella” ribatté perentoria visto che era già stata su quell’argomento mentre erano in auto “lui ha dei figli e una famiglia ed è giusto che passi del tempo pure con loro. Non posso imporre loro la mia presenza così, come se nulla fosse.”
Erano ancora in una fase di rodaggio, dovevano prendere le misure per ogni cosa che facevano. Entrambi erano consapevoli che nel loro rapporto non sarebbero mai stati davvero in due e questo rendeva tutto più difficile e bisognava andarci davvero con i piedi di piombo, nonostante qualcuno sostenesse il contrario. Ma avere i piedi di piombo, del resto, non significare stare del tutto fermi.
“Guarda che non succede nulla se lo chiami” le disse l’amica, tirandole un colpetto sulla spalla “così la chiudiamo qui e ti puoi dedicare a noi. Per una volta che stiamo insieme!”
In effetti con il nuovo lavoro si vedevano molto meno ed era il caso di approfittarne. “Scusa” sospirò “me lo hanno detto che sono troppo sottona ma non lo so come si fanno queste cose, ho sempre paura di fare troppo o troppo poco”
“Sì lo sei, e senza ritorno” la prese in giro l’amica, fintamente indignata ma ridendo sotto i baffi “ma non penso proprio che ad Alex dispiaccia visto che ha fatto il matto per riconquistarti”
“Dici?”
“Dico, dico”
Tutto era più facile quando erano da soli, non c’era nulla che le facesse montare dubbi o che le facesse pensare di star esagerando. Persino abbracciarlo dopo che l’aveva fatta incazzare da morire per il ritardo era sembrata la cosa più giusta e alla fine lo era stata. E ora non sapeva spiegarsi il perché di quei dubbi. Era perché gli mancava? Certo, ma non poteva stare così di merda ogni volta che non lo vedeva, non lo accettava e se lo proibiva categoricamente. Voleva trovare un equilibrio, soprattutto perché quando stavano insieme non era così, riusciva a staccare … e se … beh così aveva tutto più senso.
“Olli…”
“Dimmi”
“Mi sa che è successo”
“Oddio, che?” domandò l’amica preoccupata “sei incinta pure tu?”
“Ma va! E di chi…dello Spirito Santo? Qua è da mesi che non si batte chiodo. No Olli … mi sa che mi sto innamorando”
“Ti stai innamorando? Seh … ciao core…” Olivia portò gli occhi al cielo, avvilita “Lavinia ti aiuto io!”
“Aspetta” Maya la fermò per un braccio “che significa?”  
“Non te lo devo dire io di certo” precisò l’amica, mentre si alzava dal plaid per aiutare gli amici ad apparecchiare la tavola.
 
“Dai papà ancora un altro giro!”
“Giuls sono animali non giostre” le ricordò Edoardo che li aveva preceduti all’arrivo ed era sceso dalla sella molto agilmente, da cavallerizzo provetto “anche loro devono riposare”
Alessandro invece affidò la bambina, che aveva portato in groppa assieme a lui, tra le braccia del fratello maggiore e si fece aiutare dall’istruttore che aveva guidato il gruppo lungo l’escursione per scendere. Maya non ci aveva creduto che era una schiappa e forse era meglio così, aveva tutto il tempo di migliorare prima che lo vedesse con i suoi occhi.
“Sei stata bravissima” la guida incoraggiò la piccola “ora come premio tu meriti un bel piatto di pasta e Forest la sua biada”
“Ecco vedi” confermò Alessandro “i nonni ci aspettano al ristorante e dobbiamo anche fare in fretta, altrimenti per la fame nonno mangia pure il tavolo”
La piccola rise alla battuta del padre e dopo aver salutato il cavallo si incamminò saltellando, mano nella mano con il fratello maggiore, verso l’uscita del maneggio e verso il ristorante della struttura dove, sotto un pergolato, i nonni li aspettavano. Maria con la fotocamera del telefono non aveva perso un secondo del loro rientro a cavallo.
Una volta a tavola, il telefono di Alex squillò, ma per una volta nella sua vita non fu contrariato da un’interruzione ad ore pasti. A capotavola, Cesare borbottava qualcosa a proposito dell’educazione dei figli se quello era l’esempio che il padre gli dava.
“Ehi! Finalmente…” rispose.
“Scusa ero nel mezzo del nulla, il telefono non prendeva”
“Non ti preoccupare, stavo scherzando, anche noi eravamo abbastanza sperduti questa mattina. Volevo fare una videochiamata ma la connessione fuori dal paese è pessima. Sono riuscito a mandare quella foto per miracolo”
“Vi siete divertiti, almeno?”
“Giulia” sussurrò, porgendo il telefono alla figlia “dì a Maya se si è piaciuto andare a cavallo?”
“MAYAAA?”
Ecco, se non voleva farlo sapere a nessuno, lei aveva ufficialmente appeso i manifesti. Non si faceva problemi, ormai era cosa nota e accettata più o meno da tutti in famiglia, ma un po’ di privacy era sempre cosa gradita. Scemo io che ho risposto qui a tavola. Alex, per quanto facesse finta di non vederlo, sentiva lo sguardo e soprattutto il sorriso di suo padre fisso su di lui. Nel frattempo la piccola di casa, nel pieno dell’entusiasmo e contenta di sentire la sua amica grande, continuava ad urlare tutta la sua gioia. Maya, all’altro capo del telefono, perse l’uso dell’orecchio sinistro.
“Ce l’hai un caricabatterie?” gli domandò Maya, quando Alex riuscì a riappropriarsi dello smart phone.
“Perché?” domandò lui, alzandosi per uscire dalla sala. A questo giro non riuscì proprio ad evitare lo sguardo di suo padre il quale, compiaciuto, senza dire una parola ma con un gesto eloquente gli fece capire che avrebbe avuto scampo.
“Per ricaricarti questa sera…ti starà sfinendo quell’uragano”
“Non puoi neanche immaginare quanto … tu, invece, come stai?”
“No comment, altrimenti mi arriva una scarpata da mia sorella. Ti dico solo che mio cognato ha scambiato ferragosto per la Pasqua ortodossa” spiegò, sussurrando al telefono con la mano davanti alla bocca per non farle leggere neanche il labiale. Philippos si era messo in testa di farsi conoscere cucinando un menù total greek: agnello arrosto, souvlaki, moussakà, baklava e altre 5 o 6 portate di cui non ricordava il nome ma che per digerire come minimo ci voleva una bella lavanda gastrica a fine giornata.
Alex rise e Maya, nell’immaginarlo, con quegli occhi verdi brillanti e il suo sorriso pacioso, ebbe un forte attacco di nostalgia. Fosse stata automunita si sarebbe alzata e lo avrebbe raggiunto dovunque fosse, sì pure con la sua piccola Smart, tra autostrada, montagne e tutto il resto.
“Guarda che anche qui non ce la passiamo meglio, è da quando sono uscito di casa che l’aria puzza di arrosticini. Domani una bella corsetta e passa tutto!”Maya però gli ricordò che lei avrebbe dovuto lavorare il giorno successivo “È vero…a proposito, in redazione vi siete organizzati per il giorno di ferie?”
Alex, ogni anno, dava la possibilità di avere un weekend lungo a tutti quelli che, a causa della turnazione ferie, restavano in redazione durante la settimana di ferragosto. Maya, essendo l’unica ufficialmente ancora scoppiata, aveva lasciato che gli altri si accaparrassero i giorni migliori, per lei non faceva differenza. “Sì certo, a me tocca il prossimo weekend”
“Farai qualcosa?”
“Mi hanno invitata Paolo e Monica a passare un week end con loro, ma non so se ci vado”
“Perché no?”
“Ma perché loro sono in due, aspettano un bambino, non mi va di fare la reggimoccolo come sto facendo oggi”
“Ma se ti hanno invitata loro?!” le ricordò “Sono due persone adulte e responsabili, non ti farebbero mai sentire di troppo”
“A parlare ora sono i tuoi sensi di colpa però…” Maya pensò un attimo a quello che aveva appena detto e si rese conto di aver detto una cazzata. Non doveva neanche pensarlo, non era giusto. “Scusa” sospirò, sommessa.
“Ma no tranquilla, è che mi dispiace se resti a Roma da sola. Dicono farà pure parecchio caldo …”
“Va beh, dai, ci penso…però tu sbrigati a tornare”
“Ci puoi contare”
 
Se mai Alessandro avesse dubitato che sua figlia aveva preso tutto il suo caratterino dal nonno, la conferma gli era arrivata una volta tornato al tavolo dopo aver salutato Maya. Apparentemente disinteressanti, ognuno era impegnato a passarsi il tagliere con i salumi e formaggi che nel frattempo avevano portato a tavola e la tipica pizza bianca locale, calda e croccante, appena tirata fuori dal forno; ma suo padre buttava ripetutamente lo sguardo verso di lui e Giulia sembrava intenzionata prendere parola da un momento all’altro, appena riempito lo stomaco e calmata la fame.
Alessandro, con tutta la flemma del mondo, riempì il suo piatto e attese di capire chi dei due avrebbe alla fine fatto la prima mossa.
Gli altri due commensali, Edoardo e sua madre, non sembravano condividere il loro entusiasmo, ma non erano nemmeno contrariati, il che era decisamente un successo. Che approvassero o si fossero semplicemente arresi, non faceva molta differenza per lui.
“Papà” ecco, questa non me l’aspettavo.
“Dimmi amore mio”
“Ma tu e Maya avete fatto pace?” Alessandro buttò un occhio, per pura curiosità, sul padre: faceva finta di nulla, come se la domanda non lo tangesse minimamente, ma era seduto al suo posto troppo rigidamente; escluso un colpo della strega di cui non aveva fatto parola – e se suo padre stava male si poteva stare sicuri che lo sapevano da una sponda all’altra del Tevere – era in evidente tensione per l’ascolto.
“Più o meno”
“Che significa più o meno?” intervenne Cesare, versandosi del vino, come se parlasse tra sé e sé “uno o litiga o non litiga, o fa pace o non fa pace, che so’ ste vie di mezzo? Marì…er monno s’è capovolto!”

Ma che ne vuoi capire tu delle cose di oggi che ti sei sposato 50 anni fa e hai avuto solo a me. Alessà non stare a sentire tuo padre”
“Ah perché lo capisci tu…”
Alessandro alzò gli occhi al cielo, già pieno di quella sceneggiata, e tirò avanti tornando a spiegare la questione a sua figlia. Edoardo, invece, ridacchiava tra un boccone e l’altro: Alex fu felice di notare come si era molto avvicinato al nonno in quella settimana di vacanza. Nonostante tutto, Cesare aveva molto da insegnare ai suoi figli.
“Ti ricordi quando hai rotto la bambola di Asia? 
Che lei non voleva più giocare con te?” 
Asia era la figlia di una cugina di Claudia, ma le due donne erano cresciute come sorelle e i loro figli avevano fatto altrettanto, vedendosi appena potevano e passando i pomeriggi a giocare insieme. Ad Alessandro faceva piacere che la piccola potesse avere una coetanea in famiglia visto che da parte sua c’erano solo maschi e parecchio più grandi di lei, ma digeriva sempre poco volentieri che Claudia tirasse troppo l’acqua al suo mulino e restava poco tempo per la sua famiglia.
“Beh lo stesso è successo tra me e Maya”
“Vacci piano con le metafore, papà …Ahia!” Uno scappellotto leggendario di Cesare, assestato con un colpo sordo sulla nuca, era arrivato per la prima volta anche su quella di Edoardo; in realtà non facevano male, ma il rumore era tremendo.
“Questo vi insegnano alla scuola cattolica? Scemi i tuoi che per farti pensare alle zozzerie pagano pure …”
“Ma io e Asia abbiamo fatto pace, io le ho regalato la bambola nuova”
“Sì ma ti ricordi che all’inizio per un po’ non voleva prestartela? Nemmeno quando hai chiesto scusa e promesso di non farlo più. Ecco, Maya ha bisogno ancora di un po’ di tempo…”
“E speriamo che si convinca presto” decretò Cesare.
“Tu intanto mi devi ancora spiegare tutta sta confidenza…” si intromise Maria, accorgendosi che il marito dimostrava un favore troppo marcato per una ragazza che, alla fine, doveva conoscere superficialmente.
“Ehm…allora Edoa’, non ci avete ancora raccontato nulla della gita di stamattina…”

 
   
 
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