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Autore: Wymagalt    03/02/2023    1 recensioni
Il mio nome è Delphini Mathildis Black e sono nata il 9 febbraio del 1976. Sono la figlia del Signore Oscuro, Lord Voldemort e della sua più fedele Mangiamorte, Bellatrix Lestrange. Ti chiederai perché abbia scelto di raccontarti la mia storia. Credo principalmente per lasciare una traccia di me che non sia stata riscritta, convalidata o manomessa da mani altrui. Spero avrai la pazienza di accompagnarmi per queste pagine, lasciando fuori i pregiudizi, le paure e le resistenze che naturalmente avrai nei miei confronti. Ti chiedo di tentare. E alla fine, magari, riusciremo a incontrarci da pari: tu con la tua storia e io con la mia.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Delphini Riddle, Famiglia Lestrange, Famiglia Malfoy, Famiglia Nott | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Più contesti
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VII.

Ti ho detto che pochi erano ammessi dietro al grande portone di casa Lestrange e questo è vero. Ma ancora non ti ho parlato dei nostri più assidui ospiti. Oltre a zia Narcissa, mia madrina, e zio Lucius, che venivano a trovarci sporadicamente, avevamo spesso la compagnia di un caro amico di infanzia di mio padre e Rabastan: Theodore Nott. Ed essendo una bambina affamata di famiglia, anche lui era per me uno zio, adorato come gli altri (sebbene zio Rabastan sarebbe portato ad argomentare che lui sia il mio preferito).
Zio Theodore è sposato con una strega americana, conosciuta negli anni in cui mio padre aveva deciso di continuare le sue ricerche all’estero. Lydia Howthorne è una strega purosangue dello stato di New York, che zio ha conosciuto durante uno dei viaggi di lei in Europa. Rimasti amici per molti anni, finalmente decisero di convolare a giuste nozze poco prima che mio padre rientrasse dall’Albania. Così, Lydia fu introdotta nel circolo stretto di maghi che conversavano assiduamente con mio padre. Circolo che scoprii col tempo essere molto stretto. Non so se fosse qualcosa che desiderava – e a volte credo che Lydia e zia Cissa abbiano molte cose in comune – ma Lydia è una donna stoica, di poche ma precise parole e ricoprì il suo ruolo con grazia. 
Nessuno dei due, comunque, era stato ammesso al gruppo di guerrieri e strateghi che lavoravano per la Causa. Devo infatti precisare, perché probabilmente sarà una novità per te, che i Mangiamorte nella loro totalità non erano a conoscenza della mia esistenza e che i membri della mia famiglia non erano necessariamente parte di questo gruppo. Io, nella mia mente di bambina, sapevo che la Causa era quella cosa per cui mia madre e mio padre stavano lottando e che serviva a evitare che i Babbani ci rubassero le persone care. Ma sapevo che non dovevo chiedere né parlare della Causa, soprattutto quando c’erano altre persone a casa. Così, avvertivo come se ci fossero due facce della mia vita, come i due lati della luna, e che uno mi rimaneva oscuro e nascosto. In qualche modo, so che gli adulti che mi circondavano – o almeno i più sensibili – erano a conoscenza di questa realtà e a volte notavo nei loro sguardi una specie di pietà che mi imbarazzava. Era il caso di Lydia e zio Theodore, ma col tempo imparai a fare i conti con la loro percezione delle cose. In fondo, anche loro avevano accolto da poco un figlio, Theodore Jr., che posso descrivere come una sorella descriverebbe un fratello: una spina nel fianco.
Theo Jr. veniva sempre con i suoi genitori ed era una delle – se non l’unica – compagnie della mia età che mi era stata concessa, prima che nascesse il mio cuginetto, Draco. Ma per quello, avrei dovuto attendere qualche anno. E l’anno successivo, avrei perso tutto. Per cui, ricordo con più piacere gli anni con Theo che i primi anni con Draco.
Theo ha i capelli ricci come il padre e i suoi occhi azzurri, ma è leggermente più chiaro e ha le lentiggini. Da bambino, sembrava una creaturina della foresta, col suo naso all’insù e per questo mi faceva simpatia. Non mi sarei mai potuta arrendere a fare amicizia con qualcuno per il solo fatto di essere sola – mio padre non poté rendermi la questione più chiara.
Theo, come me, era figlio unico ma a differenza mia era un fifone. Io amavo avventurarmi tra gli alberi e gli arbusti. Nel giardino di casa Lestrange, infatti, c’era un labirinto che mio zio Rabastan detestava. Così restava incurato e selvaggio, come piaceva a me. Il mio gioco preferito era andare lì con Theo. Ed essendo così piccoli, tutto sembrava gigantesco, un regno ostile in cui combattere le mie grandi battaglie.
“Delphini non mi lasciare indietro!”
“Theo, guarda! Un dissennatore!”
“No, Delphini, smettila che non fai ridere nessuno, hai capito?” mi diceva Theo, tremando come una foglia ma sgridandomi con il suo sguardo scanzonato “Sei sempre la solita scema!”
“Io non sono scema!”
“Invece sì”
“No”
“Sì”
E allora gli pizzicavo il braccio.
Sebbene siamo cresciuti, questo è più o meno il tenore delle nostre conversazioni.
Theo era ovviamente terrorizzato dai miei passatempi, più di tutto era terrorizzato, però, da mio padre. Così, mi divertivo a trascinarlo davanti a lui per recitare qualche poesia. Povero Theo… ovviamente, non potevo capire perché fosse così spaventato: ciò che mi spaventava di più di mio padre era la sua disapprovazione, per cui non mi potevo accorgere del resto. Non potevo pensare che i suoi occhi rossi non fossero naturali e che la freddezza nel suo sguardo fosse l’eccezione e non la regola nel mondo degli adulti. Non potevo pensare che l’energia oscura attorno a lui fosse terrificante e non rassicurante. Così, credevo che la sua fosse timidezza e io mi sentivo molto brava a non essere timida come lui con gli adulti.
Un po’, inoltre – ora lo posso ammettere – ero invidiosa di Theo. Lo invidiavo perché suo padre era un uomo affettuoso e non gli parlava mai con irritazione nella voce. Lo invidiavo perché sua madre stava sempre con lui e mi raccontava che la notte i suoi genitori dormivano nella stessa camera e stavano sempre nella stessa casa. E poi, lo invidiavo per i dolci.
Mio padre, infatti, aveva stabilito che la mia merenda sarebbe stata composta da frutta di stagione. Prima di tutto, perché non dovevo rovinarmi i denti, che sono cresciuti dritti e bianchi. Secondariamente, perché i dolci – come tutte le cose buone della vita, evidentemente – dovevano essere un lusso e non un’abitudine. Ovviamente, zio Rab ignorava amabilmente gli ordini quando si trattava di me e lo stesso mia nonna, ma mio padre non avrebbe mai dovuto saperlo. Così, mentre facevamo merenda, Theo mangiava pane e cioccolato e io mangiavo quella stupida mela. Il legame di mio padre con la mia alimentazione, comunque, si sarebbe fatto più stretto negli anni successivi. Infatti, la sua attenzione era per me un segno di affetto, così fare i vizi a tavola diventava un modo per richiamare il suo sguardo e mangiare ciò che desiderava era un modo per ricevere un sorriso. Questo, ha portato diversi guai successivamente, ma non posso dire di non aver avuto un’alimentazione varia durante la mia infanzia.
È per questo, comunque, che un po’ esageravo la mia intraprendenza davanti a Theo: per non essere l’unica a invidiare, ma attirare un po’ di invidia per me.
   
 
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