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Autore: Strange_writer    05/02/2023    6 recensioni
||STORIA INTERATTIVA|| (Iscrizioni chiuse)
Migliorare.
Un'azione piuttosto complicata ma che è l'obiettivo ultimo del Kaizen Club. Un club elitario, fondato anni addietro per raggiungere un obiettivo: essere alla vetta.
Riusciranno i vostri OC ad entrare a far parte di questo club?
Dal testo:
Una semplice combriccola di studenti accumunati dal sogno di diventare protettori della giustizia. Un gruppo di adolescenti che giocavano a fare i Supereroi. Degli eroi in erba che idealizzavano il mondo esterno. Questa sarebbe stata l’opinione dei più sul Kaizen Club.
Una rete di sicurezza. Una garanzia per il futuro degli eroi. Un rito di passaggio per scoprire se si ha la stoffa per diventare eroi. Questa era l’idea di Shouko Hiragi, fondatore del Kaizen Club.
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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KAIZEN CLUB

Kaizen: Kaizen (改善) è la composizione di due termini giapponesi, KAI (cambiamento, miglioramento) e ZEN (buono, migliore), e significa cambiare in meglio, miglioramento continuo.

1%
 
La Yuei potrebbe essere scambiata per una scuola qualsiasi. Per esempio durante l’ora di pranzo.  La mensa si riempiva di studenti che, al termine della prima parte delle lezioni, non vedevano l’ora di parlare con i propri amici, non avendo potuto farlo propriamente durante le lezioni.

“Cosa ti costa passarmi quegli appunti? Mica te li brucio, li copio soltanto!”

Oppure tartassavano i propri compagni di classe nella remota speranza che, per esasperazione, gli passassero gli appunti di quelle lezioni passate a sonnecchiare o a scarabocchiare il quaderno. Questo era il caso di Shiho Himekawa, studentessa del secondo anno della sezione A, e il povero malcapitato, in fila per ritirare il suo piatto, era Shosuke Ozawa. L’espressione serafica del ragazzo lasciava chiaramente intendere che fosse ben lontano dal cedere alle suppliche della compagna di classe, ma il ragazzo, non essendo la prima volta che si ritrovava in quella situazione, sapeva anche che Shiho era ben lontana dall’arrendersi.

“Himekawa-san, iniziare a prendere gli appunti durante le lezioni sarebbe molto più producente del passare la pausa pranzo a chiedere il permesso per copiare appunti.”

La rimproverò bonariamente lui, di pazienza ne aveva in abbondanza e per questo motivo era uno dei pochi che ancora non aveva iniziato ad ignorare Shiho quando si incaponiva in quel modo. Non che ignorarla fosse una cosa facile, per quanto ne sapeva il ragazzo nessuno era mai riuscito nell’impresa fino in fondo. Principalmente perché se c’era una cosa che la ragazza non sopportava era essere ignorata, i pochi coraggiosi che ci provavano venivano ripagati dalla ragazza con una moneta ben più cara: quella degli scherzi. Lo sguardo della verde si illuminò all’improvviso, come se fosse stata colta da un lampo di genio.

“Sei un genio Sciocco! Non ho bisogno del tuo permesso! Ah, se non esistessi dovrei chiedere a qualcuno del dipartimento di Supporto di inventarti.”

Shosuke arricciò il naso per l’uso di quel soprannome, anche se era molto più simile ad una storpiatura. Non riuscì però a ribattere poiché la ragazza lo strinse in un abbraccio, fin troppo stretto per i gusti del ragazzo. Shosuke si premurò di spostare dal petto le lunghe ciocche albine per evitare che i capelli sfiorassero la ragazza, l’ultima cosa che voleva era paralizzarla o darle la scossa, l’ultima volta che era successo, ovviamente non intenzionalmente, Shiho aveva cercato di tendergli degli agguati per fermare le due ciocche di capelli nella presa di una molletta da appuntare dietro la nuca. Non voleva assolutamente che la cosa si ripetesse anche quell’anno.
Shiho, dopo aver lasciando andare il ragazzo dalla sua presa ferrea, afferrò un vassoio a sua volta, ignorando le proteste degli studenti che la invitavano a fare la coda invece che tagliarla, e afferrò dagli espositori il bricco di un succo alla pesca, ormai convinta di aver trovato la soluzione ai suoi problemi. Dal momento che Shosuke non voleva essere colui che le avrebbe rotto le uova nel paniere, decise di cambiare argomento.

“In ogni caso, in questi giorni hai sentito Matsuura-san per le attività del club?”

“Mhh, no, non ancora. Ma essendo ormai vicina la metà di maggio immagino che si farà vivo presto. Anche perché altrimenti dubito avrebbe rotto così tanto per quella lettera di raccomandazioni.”

L’albino scosse la testa, ben consapevole che il povero Hayato aveva dovuto quasi legare ad una sedia la ragazza per obbligarla a scrivere la lettera. Poi una domanda si affacciò nella sua mente.

“È così strano dover scegliere invece di essere scelti. Sembra ieri che ho trovato quella lettera inquietante nell’armadietto.”

Ragionò ad alta voce la verde, cercando poi l’opinione dell’amico.

“Beh, prima o poi doveva arrivare il nostro turno. Per chi hai deciso che farai da Hoshonin?”

Shiho gli soffiò da sotto il naso il piatto di salmone al vapore prima di rispondere con un sorriso fintamente ingenuo, mostrando al ragazzo i denti affilati.

“Sarà una sorpresa. Tu invece chi hai raccomandato?”

Shosuke scosse la testa, ormai rassegnato all’idea che Shiho non avrebbe mai abbandonato quelle abitudine scherzose e leggere. Certe volte si domandava come in primo luogo avessero potuto legare, Ryo più volte gli chiedeva come fosse possibile che i due non si respingessero come calamite dello stesso polo. Hyunjin, che durante le ore del club aveva origliato questa conversazione, si era intromesso sostenendo che fosse proprio perché erano poli opposti alla fine erano diventati amici. Per quanto gli riguardava né Shiho né Shosuke  aveva bisogno di una motivazione per la loro amicizia. 

“Beh, dopo aver letto tutti quei fascicoli credo che Tanaka possa essere un buon elemento. Ha le carte in regola per essere un buon supporto e dalla scenata del test d’ingresso ne sono rimasto piacevolmente colpito, con le giuste dritte credo che potrebbe diventare qualcuno di temibile e che potrebbe fare le scarpe a Ryo.”

L’espressione stralunata di Shiho lo preoccupò.

“Come mai quella faccia? Ho detto qualcosa di sbagliato?”

“Sì. Che vuol dire che hai letto tutti i fascicoli?”

“Beh, Matsuura-san si è impegnato parecchio per raccogliere tutte quelle informazioni, ignorarle mi sembrava una grande mancanza di rispetto e quindi li ho letti tutti.”

“Tu sei strano forte.”

“Vuoi dirmi che tu non li hai letti?”

Shiho scrollò le spalle mentre con le iridi dorate scandagliò la sala mensa alla ricerca di un tavolo per lei e per l’amico.

“Diciamo più che ho guardato le foto, ho ascoltato un po’ degli sproloqui di Osamu su alcuni fascicoli e quando Hayato mi ha… ricordato la mia incombenza, ho inserito l’unico nome che mi era rimasto in mente.”

Shosuke sobbalzò sentendo quelle parole. Tenendo il suo vassoio con una mano, bloccò Shiho con l’altra, obbligandola a guardarla negli occhi cerulei.

“Ti prego, dimmi che non hai inserito un nome a caso.”

“Cosa? No! Ovvio che no! Il nome mi era rimasto in testa perché a sentir parlare Osamu avevo pensato fosse una tipa tosta.”

L’albino tirò un sospiro di sollievo e lasciò andare la presa dalla spalla della ragazza, permettendole di sedersi. Mentre faceva altrettanto ridacchiò leggermente.

“Ora però so che la tua protetta è una ragazza.”

La verde provò a ribattere ma venne interrotta dallo stridere delle altre due sedie vuote del tavolo.
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“Non sono ancora cominciate le attività effettive del club e già ne parlate?”

La domanda sorpresa di Yuki, la quale si era seduta al fianco di Shosuke, fece alzare gli occhi al cielo a Shiho, cosa che non sfuggì agli occhi attenti di Ryo, che ridacchiò sotto i baffi alla scena. Se Ryo non aveva idea di come Shosuke e Shiho potessero andare d’accordo sapeva perfettamente perché Shiho e Yuki invece stentassero a mantenere un rapporto civile: le somiglianze erano spaventose. Alle volte è proprio vero che sopportare sé stessi e i propri simili è più faticoso di quello che sembra.

“In ogni caso, già che sappiamo che è una ragazza potremmo saperne il nome?”

Alla domanda di Ryo, Shiho scosse energeticamente la testa.

“Assolutamente no, sarà una sorpresa. E poi le regole parlano chiare, niente nomi.”

“Himekawa-san, niente nomi all’interno del club. E inoltre questa persona non ne fa ancora parte. Quindi…”

L’occhiataccia che Shiho rivolse a Shosuke non ebbe l’effetto intimidatorio sperato, infatti lui si limitò a ridacchiare. Alle volte le vie secondarie usate dal ragazzo per ottenere quello che voleva erano facili da riconoscere e non cadere in trappola. 

“Piuttosto di parlare della mia scelta, parlate della sua. Ha scelto letteralmente suo cugino! Se non ti conoscessi direi che questo è nepotismo!”

Cercò di sviare Shiho indicando Yuki. La bionda le scoccò un’occhiata torva, tutti i presenti sapevano che c’erano tre cose di cui Yuki preferiva non parlare: tra quelle suo cugino. Fortunatamente intervenne Ryo, prima che l’amica potesse tirare fuori qualche commento acido per rispedire la palla al mittente.

“Yuma Nakamura effettivamente è decisamente un soggetto poco facile, di aspetti da migliorare ne ha. Solo che quando sono stato io a proporglielo non mi ha minimamente ascoltato.”

Si lamentò il rosso con fare melodrammatico lasciandosi scivolare sulla sedia con fare sconfitto. Ricordare quella sottospecie di colloquio del giorno prima lo angosciava, come avrebbe potuto ottenere il massimo dei voti? Sperava vivamente che il Kaizen Club potesse aiutarlo nell’impresa.

“Tu invece a chi hai dedicato la tua lettera?”

Fu la domanda di Yuki rivolta a Shosuke. Shiho non trattenne un enorme sorriso, ben consapevole di che cosa sarebbe successo di lì a poco, pregustando il caos che sarebbe scoppiato.

“Tetsuro Tanaka.”

“Ti prego dimmi che stai scherzando. Dimmi che tra tutti gli studenti del primo anno non hai scelto quel so tutto io.”

Fu la supplica di Ryo, l’espressione infastidita del ragazzo lasciava chiaramente intendere che la sua scelta non gli andasse tanto giù. Shosuke scrollò le spalle.

“Stai ingigantendo una faccenda da nulla, Hamada.”

“Da nulla? Quel tappetto ha totalizzato 99, 87% al test di ingresso per la Sezione, 0,03 punti in più di me l’anno scorso. Quando l’ho trovato per complimentarmi per la prima posizione in classifica lo sai cosa mi ha risposto?”

“Sì lo so, ero lì con te.”

Il commento pacato di Shosuke fu bellamente ignorato da Ryo, il quale continuò con la sua sfuriata ai danni dell’ignaro primino.

“Mi ha risposto “Mi dispiace, la prossima volta devi impegnarti di più.” Cosa significa? Che secondo lui dovrei ripetere il test d’ingresso?”

“Uh, però è una bella idea. Potresti ripetere l’anno, scommetto che Kisa-Sensei sarà felicissima di vederti ripetere le sue lezioni.”

Commentò Yuki divertita dall’irritazione del rosso, che in quel momento eguagliava quella che provava ogni qual volta, l’anno precedente, lo aveva sentito lamentarsi della professoressa di inglese, materia per cui il ragazzo era negato a livello di pronuncia.

Nel mentre che i quattro continuavano a parlare tra di loro erano ignari che le loro parole erano state ben udite dall’occupante del tavolo a loro adiacente: Tetsuro Tanaka. Non appena aveva riconosciuto Ryo come colui che aveva fatto arrabbiare prima dell’inizio della scuola aveva cercato di nascondersi, e quando li aveva sentito ricordare l’episodio avrebbe tanto desiderato che la terra sotto i suoi piedi si aprisse e lo inghiottisse. Un solo dettaglio lo aveva fermato dall’alzarsi e andarsene, le parole del ragazzo dai capelli albini. Sebbene l’unica cosa a cui avessero fatto riferimento fosse un club, per il fatto che quello sconosciuto affermava di averlo scelto non c’era ombra di dubbio che stessero parlando del Kaizen Club, lo stesso che lo aveva invitato a presentarsi al campo Gamma da lì a qualche giorno. E il ragazzo albino doveva essere il mittente della lettera: Shock. Se non fosse stato per la presenza del ragazzo dall’aria infuriata avrebbe decisamente chiesto più informazioni, ma dal modo in cui il rosso sventolava le bacchette in modo minaccioso intuiva che quello non era il giorno per chiarire il malinteso di cui era stato protagonista.

“È occupato?”

La voce di Rieko Tamura, atona e chiara, lo riscosse dai suoi pensieri e smise di ascoltare la conversazione del tavolo accanto. Tetsuro alzò lo sguardo, incontrando la figura di una ragazza dai capelli a caschetto bicolori raccolti in un codino. Il sopracciglio arcuato e lo sguardo che tradiva una certa impazienza gli ricordarono di non aver ancora risposto alla sua domanda.

“No, siediti pure.”

La ragazza lo ringraziò e si sedette nel posto vuoto più lontano dal ragazzo. Non conoscendolo preferiva non invadere i suoi spazi personali e il corvino non si lamentò più di tanto in quanto, se l’ancora adirato Ryo si fosse girato, lui sarebbe stato coperto. Lo sguardo ambrato del ragazzo di tanto in tanto, per sicurezza, si alzava dal suo vassoio per assicurarsi che la sua copertura non se ne andasse. Dall’altro capo del tavolo la ragazza, sentendosi osservata, si schiarì la voce.

“C’è qualche problema? Se il posto era riservato me ne vado.”

“No no, nessun problema.”

Il tono nervoso di Testuro e il modo in cui tormentava la ciocca rossa lasciavano trasparire un messaggio del tutto diverso.

“Ne sei sicuro? Hai la faccia di chi sta per svenire.”

Lui scosse la testa per rassicurarla, ma ripensandoci aggiunse in tono timido.

“Solo… non è che potresti piegare il busto un po’ più in avanti.”

La bicolore sgranò gli occhi: che diamine di richiesta era quella?

“Ok, credo che si sia appena liberato un posto là in fondo, mi sa proprio che andrò lì.”

Tetsurou sbiancò all’improvviso e cercò di supplicare la ragazza a non andarsene. Ma furono inutili le sue suppliche.

Prima e ultima volta che metto piede in mensa.”

Si annotò mentalmente Rieko, lanciando un’ultima occhiata sospetta al corvino che, quasi sull’orlo delle lacrime, continuava a lanciare occhiate nella direzione dove era precedentemente seduta. Le persone erano molto più difficili da capire delle macchine. Nel mentre che camminava non si accorse di aver urtato qualcuno con la spalla, rischiando quasi di far cadere il contenuto del suo vassoio per terra. Sfortunatamente l’altra persona non era stata fortunata come lei. Udendo il sonoro splash della zuppa di miso e l’infrangersi della ciotola in ceramica contro il pavimento della mensa alcuni studenti si girarono, incuriositi. Rieko si sentì avvampare sotto quegli sguardi indesiderati. Decisamente un grande sbaglio dimenticare il pranzo al sacco. La ragazza si affrettò a fare una sequenza di inchini sempre più profondi in segno di scuse, mentre nel retro della sua mente una vocina si domandava per quale motivo gli altri non avessero smesso di guardarla.

“Non preoccuparti, non fa nulla. Non c’è bisogno di queste formalità.”

Fu allora che Rieko alzò lo sguardo per la prima volta sulla persona che aveva urtato: un ragazzo dai capelli biondi di lunghezza media, dagli occhi di un castano caldo e un sorriso così gentile da essere quasi disarmante. La ragazza del primo anno si immobilizzò, comprendendo finalmente per quale motivo i curiosi non fossero tornati a guardare i loro vassoi: quel ragazzo era bellissimo.

“Mi dispiace ancora tantissimo.”

Per quanto bello fosse non credeva però che sarebbe riuscita a sopportare tutta quell’attenzione su di lei e preferì quindi applicare un piano che le sembrava infallibile: svignarsela. Era già troppo lontana per comprendere le parole che il biondo cercò di rivolgerle in seguito.

 
Ao No Exorcist🍭 — Dating Yukio Okumura would include:

“Hyunjin, credo che quella ragazza non sia una tua grande fan.”

La risata soffice e serafica dell’albina al suo fianco fecero ridacchiare anche un terzo ragazzo dalla chioma castana e ribelle. L’unico a mantenere un’espressione impassibile fu il quarto ragazzo, anch’esso castano ma dai capelli diligentemente pettinati.

“Devi averla ferita terribilmente. Già immagino cosa deve aver pensato “Quel sorriso perfetto è decisamente sospetto. Meglio girare alla larga.”. Già me li immagino i titoli del giornalino scolastico.”

Lo punzecchiò ulteriormente la ragazza. Hyunjin arrossì e si affrettò a smentire.

“Giuro che non ho fatto niente! Mi è solo venuta addosso! O sono io che non stavo guardando dove stavo andando?”

“Rilassati amico, Yue ti sta prendendo solo in giro.”

Il biondo guardò con sgomento la ragazza la quale gli rivolse un sorrisetto malizioso e un occhiolino, come se fosse stata scoperta mettere in atto chissà quale piano.

“In ogni caso dovremmo ripulire questo pasticcio.”

“Già, Osamu ha ragione. Mi dispiace però, oggi avevo davvero voglia di miso. Ehi, Hayato, posso rubarne un po’ della tua?”

Le iridi celesti di Hayato lo folgorarono, se c’era qualcosa su cui non cedeva era il suo cibo.

“Assolutamente no. Inoltre per questa – con lo sguardo indicò la zuppa ormai immangiabile – ho appena chiesto ad uno degli inservienti di occuparsene.”

Osamu e Hyunjin sorrisero grati all’amico per la sua tempestività.

“Ed ecco a voi Hayato Matsuura, rappresentate di classe, studente modello e presidente del club.”

“Hyunjin, gradirei non urlassi certe cose in posti così affollati.”

Yue gli diede una gomitata scherzosa nel fianco, costringendo il castano a piegarsi leggermente per incassare il colpo, perdendo un po’ la sua compostezza.

“Andiamo, mica sono tutti con le orecchie tese ad ascoltarti, rilassati, Presidente.”

L’albina calcò leggermente il titolo usato, e le comparve un sorriso furbo sul volto quando notò, con la coda dell’occhio, il tremore del piccolo masso che non abbandonava mai il fianco di Hayato. Per oggi poteva dire di aver ottenuto una quasi reazione dall’amico. Hyunjin, sebbene ignaro di quel segnale, sembrò aiutare il compagno di classe cambiando argomento.

“Osamu, ma quella non era la ragazza che hai scelto?”

Il castano annuì, saltellando allegramente di fronte al trio di amici.

“Non fatevi ingannare dalla sua apparenza, ho visto quella piccoletta in azione, vedrete che ha la stoffa giusta per entrare nel club.”

Hyunjin appoggiò il vassoio sul tavolo e lanciò un’occhiata nella direzione della porta verso cu Rieko si era precedentemente fiondata e si grattò la nuca un po’ perplesso.

“Ma sei sicuro di aver letto il fascicolo? Magari era fatto male.”

Le bacchette di Hayato si fermarono a metà strada tra il piatto e la bocca, dal posto di fronte a lui vide Osamu sobbalzare e portarsi in modo tragico una mano alla bocca. Quei fascicoli erano stati compilati uno per uno da Hayato stesso. Hyunjin, rendendosi conto di che cosa avesse detto, arrossì per la seconda volta nell’arco degli ultimi venti minuti.

“No, cioè, volevo dire… non è che le informazioni di due studenti sono state mischiate?”

Hayato inarcò un sopracciglio per niente convinto dal tentativo di salvataggio dell’amico, anzi la situazione poteva essere addirittura peggiorata. Il biondo si schiarì quindi la gola e incrociò le dita sotto al mento, cercando di salvarsi con un ultimo tentativo.

“Non è che hai sbagliato ad associare il volto ad un nome.”

Osamu scosse la testa e si picchiettò la tempia.

“Memoria eidetica. La vedo dura essermi sbagliato.”

A quel punto Hyunjin alzò gli occhi al cielo sconfitto e, arrendendosi, nascose il volto tra le mani. Osamu ridacchiò leggermente divertito dalle usanze melodrammatiche dell’amico prima di rivolgersi ad Hayato.

“Sappi comunque che sei fortunato ad essere il presidente, ti sei risparmiato una fatica assurda a non dover scegliere.”

Disse facendo riferimento al fatto che Hayato, in qualità di presidente, non poteva proporre un candidato. Il ragazzo emise uno sbuffo a metà tra il divertito e il sarcastico.

“Oh sì, sono stato così fortunato. Pensa che bello, ho dovuto raccogliere informazioni su 220 studenti circa, organizzarle in file e assicurarmi che ciascuno di voi le leggesse. Pensare che avrei potuto fare qualcosa come scegliere uno solo dei suddetti studenti sembra così tedioso.”

Il ragazzo del dipartimento di Supporto alzò gli occhi al cielo, il tono sarcastico di Hayato gli ricordava alle volte più un rimprovero, ma con il tempo aveva imparato a non darci tanto peso.

“Hai capito quello che voglio dire però, l’anno scorso mi ricordo che hai passato notti insonni per selezionare la persona adatta.”

“È vero, me lo ricordo! Pensate che passava addirittura le lezioni a leggere i fascicoli nascondendoli sotto al banco.”

Yue, sentendo l’ultima informazione riportata da Hyunjin, si portò teatralmente una mano alla bocca, indossando un’espressione sorpresa e ferita.

“Mi stai dicendo che il nostro adorato Presidente è in realtà un ragazzo ribelle? Presidente, dimmi che non è vero!”

“Yue.”

L’ammonì il castano, che ormai aveva capito che la sua pausa pranzo non sarebbe stata tranquilla e piacevole come aveva sperato. A rincarare la dose ci pensò Osamu che, fingendo di asciugarsi una lacrima, aggiunse.

“Se era ridotto al punto di portarseli a lezione significa che era proprio messo male, non doveva aver fatto i compiti per il club!”

“Ragazzi.”

Il rappresentante della terza B provò nuovamente ad invitarli a smetterla, ma evidentemente nessuno dei suoi tre amici afferrarono il messaggio perché quando Hyunjin, con le bacchette usate come microfono, si finse un telecronista il cui compito era quello di raccontare l’ipotetico futuro del club lasciato nelle mani di un “irresponsabile” Hayato capì che ormai li aveva persi.

“Dimenticatevi qualsiasi tipo di approvazione per upgrade nelle prossime settimane.”

“Ma, Presidente!”

 
Esclamarono in coro gli altri tre studenti del terzo anno, lasciando perdere qualsiasi battuta avessero intenzione di fare. Quando finalmente riuscì a gustarsi un po’ della sua zuppa, ormai sfortunatamente tiepida, Hayato cercò di nascondere un sorrisetto divertito: quell’anno da presidente sarebbe stato incredibilmente divertente.
 
*§*
Pin en Owari no Seraph:$
Kotone era sicura al cento per cento che quella lettera fosse stata inserita nel suo armadietto per puro errore. Magari a scuola c’erano una marea di Kotone Oda e la reale destinataria di quella lettera non era lei. Però l’ultima frase della lettera invitava caldamente a non fare parola con nessuno del contenuto dell’invito. Cosa diamine era quel misterioso Kaizen Club? E cosa volevano da una sua omonima? Ora che lei sapeva anche troppo cosa avrebbe dovuto fare?

“… -san? Oda-san? Ti senti bene?”

Kotone sobbalzò, emettendo un gridolino acuto, che fece girare nella sua direzione alcuni degli occupanti della biblioteca. Immersa com’era nei suoi pensieri si era dimenticata addirittura di dove fosse. Di fronte a lei Umine Fukushima, Yuma Nakamura e Rei Iwasaki la stavano osservando con sguardo interrogativo.

“Va tutto bene Oda-chan?”

Chiese Umine inclinando la testa da un lato. Kotone si affrettò ad annuire per fugare ogni dubbio. Oltre alla lettera Kotone al momento doveva affrontare un altro problema: le ripetizioni di matematica. Dopo il primo test in classe alcuni suoi compagni, ovvero i tre presenti, meravigliati dal suo ottimo punteggio l’avevano supplicata di aiutarli. O meglio, Umine e Rei l’avevano supplicata, Yuma aveva bofonchiato qualcosa che a grandi linee aveva intuito significasse “Mi servirebbe aiuto perché altrimenti il prossimo passo potrebbe essere la bocciatura.” Certamente molto catastrofica come previsione ma Kotone non se l’era sentita di dire di no, e quindi ora eccola lì, un giovedì pomeriggio qualsiasi, seduta ad uno dei tavoli della biblioteca della Yuei a dare ripetizioni a tre persone con cui aveva scambiato sì e no tre parole dall’inizio della scuola. E da come avevano cercato di interpretare le sue spiegazioni balbettate pareva anche fossero parecchio disperati, oppure solo spaventati dall’idea di rimanere indietro.

Dopo che ebbe finito di correggere anche l’ultimo calcolo segnato sul quaderno di Rei, Kotone decise che per quel giorno poteva bastare, anche perché aveva sentito più volte lo stomaco dei suoi tre compagni brontolare. Non voleva assolutamente vederli svenire di fame durante le ultime ore di lezione per colpa sua.
Rei la ringraziò con un enorme sorriso, mentre Umine la abbracciò in segno di riconoscenza. La ragazza iniziò a balbettare che in fondo non aveva fatto niente di speciale mentre cercava di svincolarsi dalla presa ferrea della compagna di classe. Dopo essersi sistemata meglio gli occhiali sul naso, li osservò poi dirigersi verso la mensa e quando entrambi sparirono dietro l'angolo Kotone tirò un sospiro di sollievo. Convinta di essere rimasta sola iniziò a riordinare la piccole piume che le adornavano il capo e che si erano arruffate per l’imbarazzo.

“Stai bene Oda-san?”

La ragazza sobbalzò e per lo spavento le penne che aveva appena finito di sistemare si arruffarono nuovamente. Yuma, ancora lì, la stava scrutando con occhio attento per cogliere qualche segnale.

“Sto perfettamente bene. Anzi, mai stata meglio!”

Cercò di rassicurarlo. Il biondo, per nulla convinto, inarcò un sopracciglio.

“Sicura? Poco fa sono abbastanza sicuro di non averti vista sbattere ciglio, sicura che la tua vista non ne risenta?”

Le parole di Yuma, pronunciato con un’ espressione indecifrabile, confusero la povera Kotone che non sapeva come interpretare il commento. Lo aveva spaventato? Era genuinamente preoccupato?

“È solo qualcosa che mi capita di fare. Non me ne ero resa conto. Scusa.”

“Non c’è niente di cui scusarsi, ero solo curioso.”

“Ah, mi spiace.”

Kotone spalancò gli occhi rendendosi conto troppo tardi di aver fatto qualcosa che le era appena stato detto non fosse necessario. Voleva sprofondare. Yuma dal canto suo la guardò confuso. Per cosa si stava scusando? Inoltre credeva di averle appena detto che non era qualcosa di cui scusarsi.

“Beh, ora credo di dover andare a mangiare pure io, la mensa non credo che resti aperta anche durante le ore di lezione.”

 
Kotone disse le ultime parole senza nemmeno prendere fiato, tanto che Yuma faticò un po’ nel cercare di capire dove finisse una parola e ne iniziasse un’altra. Quando capì era ormai troppo tardi per proporre a Kotone di fare la strada insieme dal momento che anche lui era diretto verso la mensa. La velocità con cui la castana era sparita fecero dubitare il biondo che la ragazza non avesse qualche secondo quirk legato alla velocità.
 
*§*
Le ore di lezioni pomeridiane probabilmente erano le ore più lente della giornata, la trepidazione per l’ora di pranzo ormai svanita non poteva più essere usata come motivazione per restare svegli durante le ore di lezione più noiose. L’unica cosa che gli studenti agognavano era ritornare a casa e passare il resto della giornata in santa pace. Per questo motivo quando a Kirara vennero affidati un secchio e uno scopettone ci mancò poco che li lanciasse con poca grazia fuori dalla finestra. O almeno questo era quello a cui aveva pensato mentre, con un ampio sorriso, aveva ringraziato il suo compagno di classe per averle procurato il materiale per la pulizia della classe.

“Fantastico, ora devo pure passare più tempo qui.”

Mormorò con un fil di voce tra e sé e sé, non nascondendo l’irritazione per la cosa. Ma sapeva che lamentarsene non l’avrebbe fatta andare a casa prima così si tolse la giacca della sua divisa e arrotolò le maniche della camicia per potersi mettere al lavoro. Mentre raccoglieva i capelli rosati in una coda alta, per evitare che le dessero fastidio, lanciò un’occhiata all’altra povera anima che era stato costretto, come lei, a perdere altri minuti preziosi della sua giornata. Dall’altra parte della stanza Shaka Hawkins aveva già iniziato ad accatastare i banchi al muro, così che ripulire sarebbe stato più facile. Kirara si domandò se quello sarebbe stato il giorno in cui sarebbe finalmente riuscita a sentire la voce del ragazzo. Sebbene lei potesse essere considerata una ragazza estroversa, per quanto fastidioso fosse, poteva dire di aver rivolto la parola a quasi tutta la classe, ad eccezione del ragazzo alato. Era persino riuscita a strappare un saluto cortese a Yayoi Nanbu, altro elemento storico della classe. Ma da Shaka non aveva mai ottenuto nulla. Se lo salutava il ragazzo rispondeva con un cenno del capo, se gli chiedeva come stesse riceveva una scrollata di spalle e se gli proponeva di unirsi a lei e ad altri studenti per studiare lui scuoteva la testa. Il tutto senza mai cambiare espressione: occhi freddi e labbra dritte in un’espressione che a molti sembrava di rabbia, ad altri di apatia. Qualcosa nell’indifferenza del ragazzo la innervosiva e rassicurava allo stesso tempo. Apprezzava che il ragazzo non avesse deciso di tediarla con chiacchere inutili come molti altri suoi compagni di classe, ma non degnarla nemmeno di una parola credeva fosse decisamente troppo. Si accorse che lo stava fissando da troppo tempo quando vide Shaka smettere di muovere i banchi per guardarla con sguardo interrogativo. La ragazza fu abbastanza veloce dal distogliere lo sguardo prima di essere beccata e farfugliò come copertura.

“Quei banchi dovrebbero essere spinti un po’ più a lato.”

Shaka guardò i tavoli confuso. Era parecchio certo che se li avesse spinti ancora un po’ avrebbe demolito il muro della classe. I due iniziarono a pulire nel più totale silenzio. Shaka aveva tirato fuori dalla sua cartella un paio di auricolari e li aveva indossati e Kirara dovette dire addio a qualsiasi piano sul provare ad intavolare una conversazione. Di tanto in tanto però la ragazza lanciava nella sua direzione delle occhiate incuriosite, notando che l’espressione solitamente burbera si era addolcita non appena aveva infilato gli auricolari. La vista le sembrava quasi paranormale, non credeva che i muscoli facciali di Shaka fossero in grado di permettergli di indossare un espressione del genere.

“Oh, Hawknis-san, per fortuna sei ancora qui.”

Kirara voltò il capo nella direzione della porta d’ingresso dove vide Yayoi Nanbu, ancora nella sua divisa scolastica. La rosata si domando come la corvina riuscisse ad avere una divisa perfettamente in ordine e con praticamente nessuna piega a fine giornata.

“Hawkins?”

Yayoi fece qualche passo all’interno dell’aula, notando che il ragazzo sembrava non essersi accorto della sua presenza. Kirara guardò con terrore gli uwabaki di Yayoi posarsi dove poco prima lei e Shaka avevano pulito.

“Fantastico, ora mi tocca pulire di nuovo.”

Boffonchiò sottovoce lei, a tono abbastanza basso da non essere udita dai suoi due compagni di classe. Nel mentre Yayoi aveva provato a richiamare nuovamente il ragazzo, non ricevendo nessuna risposta. La rosata si rese conto che probabilmente il volume della musica era forse troppo per udire la compagna di classe quindi, precedendo Yayoi, avanzò verso il ragazzo, indossò il suo sorriso più ampio e picchiettò sulla spalla. Shaka sobbalzò e le ali da falco pellegrino che aveva sulla schiena si spiegarono appena, in segno di difesa. Non appena si girò si rese conto che però non c’era nessun pericolo e che ad approcciarlo era stata Kirara.

“Cosa c’è?”

Kirara cercò di nascondere il tic nervoso all’occhio, avrebbe fatto finta che le prime parole che le aveva rivolto il ragazzo non fossero state pronunciate con tono seccato, ma solo stanco. Con l’indice indocò poi Yayoi e Shaka non potè fare a meno di guardare la corvina curioso. Era convinto fosse già tornata a casa.

“Hawkins-san, non hai consegnato il tuo quaderno di inglese, sono semplicemente passata per portarlo in sala professori.”

“Oh, scusami. Te lo passo subito.”

Mentre il ragazzo frugava nella sua cartella alla ricerca del quaderno Yayoi rimase immobile in attesa.

“Avete fatto un buon lavoro, immagino abbiate ormai finito.”

Disse la ragazza riferendosi al lavoro di pulizia svolto dai suoi due compagni di classe. Kirara lanciò un’occhiata al punto dove Yayoi era passata precedentemente e pensò che in fondo non era presente nessun segno di sporcizia, avrebbe potuto tranquillamente far finta di nulla e filare a casa, riteneva di aver fatto anche abbastanza per quella giornata.

“Già, io e Shaka-chan ce l’abbiamo messa tutta.”

Confermò poi la rosata con espressione raggiante e mostrando un pollice alzato. Yayoi annuì e Kirara potè quasi giurare di aver visto l’accenno di un sorriso compiaciuto, ma era stato così breve che avrebbe potuto anche essere un riflesso muscolare. Quando Shaka allungò il quaderno alla compagna di classe lo fece porgendole anche delle scuse per l’inconveniente.

“Nessuno problema. Ora vi lascio finire il vostro lavoro. Ci vediamo lunedì, buon week-end.”

Sebbene il commento fosse una cortesia tutti e tre diedero peso a quel saluto, tutti e tre consapevoli che quel week-end sarebbe stato il più lungo della loro vita. Quel week-end era l’unico ostacolo che li separava dallo scoprire cosa il fantomatico Kaizen Club avesse in serbo per loro.
 
*§*
 
Angolo autrice:

Eccomi qui con il primo capitolo!
Spero che vi sia piaciuto!
Ho voluto prima dare un quadro generale della situazione prima del primo effettivo inizio delle attività del Kaizen Club. Inoltre chiedo scusa a chi ha creato OC Sentaku, ho cercato di dare spazio a tutti gli OC in egual misura, ma non sono sicura di esserci riuscita al 100% con gli OC del primo anno, considerato che essendo al primo anno i legami tra di loro sono ancora acerbi. In ogni caso non temete, con le selezioni i Sentaku avranno paragrafi chilometrici. XD
Per quanto riguarda gli Hoshonin ho voluto già dare un assaggio del tipo di rapporto che c’è tra di loro creando delle situazioni un po’ corali. Ci tengo anche a precisare che anche se sembra esserci una sorta di divisione per anno all’interno del Kaizen Club esso in realtà non c’è. Con i prossimi capitoli vedrete un po’ tutti interagire con tutti.
Ultima cosa, spero che aver inserito i vari prestavolti all’interno del capitolo non abbia reso difficoltosa la lettura. Ho pensato che essendo solo il primo capitolo non tutti avevano ancora associato prestavolto e nome. Ma nel caso spezzasse la lettura non esitate a farmelo sapere che eliminerò le immagini dai vari paragrafi.
Detto questo ci sentiamo/leggiamo presto!

Strange  
   
 
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