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Autore: Wymagalt    10/02/2023    1 recensioni
Il mio nome è Delphini Mathildis Black e sono nata il 9 febbraio del 1976. Sono la figlia del Signore Oscuro, Lord Voldemort e della sua più fedele Mangiamorte, Bellatrix Lestrange. Ti chiederai perché abbia scelto di raccontarti la mia storia. Credo principalmente per lasciare una traccia di me che non sia stata riscritta, convalidata o manomessa da mani altrui. Spero avrai la pazienza di accompagnarmi per queste pagine, lasciando fuori i pregiudizi, le paure e le resistenze che naturalmente avrai nei miei confronti. Ti chiedo di tentare. E alla fine, magari, riusciremo a incontrarci da pari: tu con la tua storia e io con la mia.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Delphini Riddle, Famiglia Lestrange, Famiglia Malfoy, Famiglia Nott | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Più contesti
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X.

Papà, guarda!”
Era il 25 dicembre del 1980 e, con enorme sorpresa per tutti, era il quarto Natale che mio padre passava con noi. Ovviamente, arrivò come sempre dopo la cena della Veglia e, ovviamente, dopo avermi visto scartare i regali, facemmo la nostra passeggiata da soli. Credo che odiasse con tutto il cuore queste occasioni per cui, essendo lì sostanzialmente per non darmi l’occasione di dire che era stato assente durante i miei Natali, non trovava ragionevole scaricare la sua – veramente precaria – batteria sociale in una stanza addobbata a festa e piena di gente, sebbene due fossero suoi vecchi compagni di scuola e una la madre di sua figlia.
“Delphini, attenta!” esclamò, allarmato, vedendomi arrampicare su un albero innevato, e arrivando alle mie spalle per aiutarmi a salire. Era un albero che avevo scoperto solo da poco, perché ero cresciuta abbastanza da salirci ed era fatto in modo da avere, al centro, un vuoto nel tronco abbastanza grande da farmici accovacciare dentro. Come vide cosa stavo facendo, piegando la testa di lato, sorrise contro la sua volontà, decidendo che mi avrebbe lasciato fare:
“Ah! Ecco un bel gufetto”
Imitai il verso del gufo e lui rispose alzando un sopracciglio, divertito:
“E questa nuova trovata, da quando l’abbiamo imparata?”
“Me l’ha insegnato zio Rab”
Ovviamente” sibilò nella nostra lingua.
Poi, accomodandomi un po’ di più, toccai qualcosa di morbido e appiccicoso. Ritirando la mano, mi trovai tra le mani il cadavere di una lucertolina:
“Oh no!” esclamai.
Del, ma perché devi fare queste cose?”
Mio padre si avvicinò per togliermi dalle mani il cadaverino della povera creatura col naso appuntito arricciato:
“Ma papà, credi che l’abbia uccisa io?”
“No, questa cosa era morta da un pezzo…”
“Come fai a saperlo?”
Mio padre, prima di buttare a terra la lucertola, mi guardo con la testa reclinata, per un attimo interessato. Poi, come se avesse riflettuto sulle alternative, aggrotto le sopracciglia tra sé e mi mostrò la lucertolina nel suo grande palmo bianco:
“Vedi? Ha il ventre tutto gonfio”
“Ah”,
“Questo significa che il suo corpo si sta consumando dall’interno e adesso sta arrivando a consumarsi all’esterno. Poi, degli insettini la mangeranno e tornerà a far parte del ciclo della natura”
Io guardai la lucertolina con gli occhi sgranati:
“Ma è una cosa bruttissima!”
Mio padre ridacchiò ancora, lasciando cadere il cadaverino come se niente fosse e lanciandoci sopra un po’ di neve con lo stivale:
“Già”
“Perché succede, papà?”
“Perché gli esseri che vivono sono anche esseri deboli”
Mio padre amava molto la parola “forte” e odiava molto la parola “debole”. L’avevo imparato osservando le sue espressioni e ovviamente le mimavo.
“Tutti?!” chiesi spaventata.
“Sì, Delphini, tutti gli esseri viventi muoiono. Non hanno scelta, per questo sono deboli. Quando si è deboli, si vive su di un filo: combatti per non cadere, ma perdere l’equilibrio è inevitabile, per stanchezza. Si è deboli quando non si ha scelta” poi, guardando la mia faccia spaventata, lo vidi sospirare e nei suoi occhi rossi vidi qualcosa che non c’era mai stata: compassione. Si avvicinò un po’ e mi prese da sotto le braccia, tirandomi fuori dal mio nido e prendendomi in braccio “Però, tu non devi temere, mio piccolo gufetto
“No, papà?”
“No. Perché sei una strega. La magia rende potenti. Essere potenti significa poter scegliere della vita e della morte. È questo che fa la magia, hai capito, Del? Quando sarai grande ti insegnerò ad essere potente. Adesso non devi pensarci”
“Perché?”
“Quanti perché che hai in quella testolina!” sbuffò “Perché ci sono io, ovviamente, stupidina!”
“E tu sei un mago potente, vero papà?”
Sollevando le sopracciglia, sorpreso, nascose un sorriso tenendo gli angoli della bocca piegati verso il basso, come voler a nascondere il suo compiacimento. Era un’espressione che faceva spesso con me, ma il sorriso in qualche modo raggiungeva i suoi occhi arrossati comunque.
“Sì, direi di sì”.

   
 
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