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Autore: drisinil    12/02/2023    3 recensioni
Questa è una raccolta di oneshot dedicate alle ship UshiOi/IwaOi che seguono il mio personale headcanon. L'ordine delle storie non è cronologico, sono tutte indipendenti e autoconclusive, ma anche legate fra loro, come i tre protagonisti. Il finale per me è uno solo, ma è molto più interessante il percorso per arrivarci.
***
Il primo capitolo di questa storia è stato scritto in forma di one shot epistolare per il Concorso San Valentino 2022 WattpadFanficionIT.
Il secondo capitolo è in qualche modo un seguito e nasce come omaggio per il compleanno di Oikawa 2022.
Il terzo capitolo nasce con la challenge "comeasyouarenot2023" del gruppo fb "Non solo Sherlock"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Questa storia nasce all'interno della challenge comeasyouarenot2023 del gruppo fb "Non solo Sherlock - gruppo eventi  multifandom", su un prompt originalissimo di Francesca Merloni: "puoi uscire dal bagno per favore?"/"Ma non ho finito!"
RATING: verde

 
 
FLOOR IS LAVA


Con lui finisce sempre così.
Ti ritrovi a inseguirlo affannato durante la corsa del mattino perché accelera come un matto fregandosene di tenere il ritmo, a spintonarlo in fila per la mensa perché s’incanta a guardarsi riflesso nel vetro del bancone, a coprirlo di insulti perché prima si lamenta di avere grasso inesistente sulla pancia e poi si ingozza di gelato (e si mangia anche il tuo).
Se il tuo migliore amico è cintura nera di esagerazione drammatica e masochismo, rientra fra i tuoi doveri prenderlo a calci ogni volta che supera il limite.
Tipo adesso; per questo ti ritrovi a tempestare di pugni la porta del bagno dello spogliatoio. Per fortuna l’allenamento è finito da un pezzo e quindi gli altri se ne sono andati tutti.

“Esci da questo cazzo di bagno, Tooru, o vedi che butto giù la porta!”

“Lasciami in pace Iwa-chan. Non ho ancora finito!” miagola querulo, tirando per la terza volta lo sciacquone.

Sta piangendo, ovviamente.
Per la miseria, quanto piange! Dovrebbe essere illegale per un maschio piangere così tanto, così all’improvviso. A quattordici anni compiuti poi.
Tooru ha il cuore cucito sulla manica, che è una cosa che hai sentito dire da sua mamma alla tua quando eri piccolo, e non te la sei mai più dimenticata, perché come immagine è azzeccatissima: tutto lo tocca, tutto lo colpisce sul personale, lo punge nel vivo e lo fa sanguinare.
Detesti vederlo sanguinare così tanto e non poterci fare niente.
Detesti vedere come lascia a tutti, anche alle persone che proprio non se lo meritano, dei bersagli così enormi per colpirlo. Qualche volta ti viene da pensare che voglia essere colpito, il che non ha senso. E ti fa incazzare di brutto, che poi è il motivo per cui ti trovi di continuo a picchiare calci e pugni contro le porte chiuse.
“Piantala di frignare. E’ per quello lì?”

“No!”

“Invece sì. Mi stai facendo incazzare. Vieni fuori! Te lo do io un motivo per piangere…”

“Lasciami stare Iwa-chan, tu non capisci come mi sento… “

No. Non capisci. Non lo capisci proprio perché quel tipo grosso e stupido della colonia estiva debba avere il potere di ridurlo in questo modo. Va bene, è forte a schiacciare, ma è ovvio, ha due braccia e due spalle che pare uno di diciott’anni, ma a parte quello, è solo un tizio qualsiasi che si è preso una gigantesca cotta per Tooru. Sai che novità. Al limite è imbarazzante.
All’inizio pensavi che il problema fosse quello, perché, insomma, un maschio che ti corre dietro e ti scrive certe lettere senza neanche il pudore di evitare di consegnartele a scuola, beh, un po’ ti può anche far girare le scatole.
A te sono girate parecchio, e visto che Shittykawa se ne stava lì impalato e la lettera aveva cominciato a girare per tutta la palestra in un'eco di risatine soffocate, un bel pugno in faccia al tizio glielo hai tirato tu. Non ha reagito, non si è mosso di un millimetro: continuava a guardare Tooru, come se non gli sanguinasse il labbro, come se non ci fosse una palestra piena di gente che rideva di lui.
Poi se n’è andato e tutta la faccenda doveva finire lì. E invece no, Tooru per qualche motivo incomprensibile gli è corso dietro e quando è tornato, con la testa bassa e gli occhi gonfi, rosso come se stesse per esplodere, è corso a chiudersi in bagno a frignare.

E’ vero che non lo capisci.
Non lo capisci più e non sai quando è successo.
Ti sembra ieri che saltava sul divano urlando “Iwa-chan, aiuto, il pavimento è di lava!” e tu dovevi inventarti le cose più strane per salvarlo, perché Tooru - questo è ancora vero - vuole sempre essere salvato.

Ma tu lo sai benissimo che sotto quell’aspetto fragile un po’ da femmina, quelle scemenze, quella mania stupida di chiamare tutti con i diminutivi, è nascosto un nucleo durissimo, un’anima d’acciaio dentro una spada di gommapiuma, che sembra innocua e poi a furia di colpirti ti lascia i lividi.
Hai dieci anni di lividi, come medaglie al valore. Lui anche di più.

Davvero dovresti deciderti a lasciarlo perdere, Oikawa Tooru. Forse non ne vale (più) la pena. Ormai le retine per farfalle si sono bucate, i pavimenti sono diventati solidi e sicuri e i supereroi hanno fatto il loro tempo; però a mettere spazio fra voi tu non ci riesci.

Ci hai provato, l’anno scorso. Hai pensato che ormai, alle medie, potevate anche allentarlo un po’ questo laccio così stretto. Che sono più le volte che lo detesti che quelle che gli vuoi bene (e a volte neanche distingui una cosa dall’altra). Che quel codazzo di ragazzine adoranti che lo seguono ovunque ti strina il sistema nervoso. Che non ti va più di fare il bagno insieme e detesti quando fa carte false per obbligarti, che ti sta sempre troppo addosso, che continua a metterti in mano il pennarello quando si accorge che ha colorato il muro. Non ti va più neanche di giocare a pallavolo, forse. Magari è il momento di cambiare sport, di cambiare amicizie, di diventare grandi.
Davvero, ci hai provato, però non ha funzionato. E, in coscienza, nemmeno puoi dare la colpa a Trashykawa, perché lui ti aveva lasciato fare.
Il problema è stato solo tuo e quando ti sei messo a pensarci sopra…
Cavolo! Non ha funzionato e basta. Crappykawa è come un herpes, quelle robe schifose che non vanno mai via davvero. Rompersi la testa per capire esattamente perché e percome è una perdita di tempo.

Picchi altri tre o quattro pugni violenti contro la porta del bagno, che vibra forte, da dentro senti un singhiozzo controllato, il rumore del naso soffiato nella carta igienica. E di nuovo tira lo sciacquone: la crisi idrica mondiale dipende chiaramente da Oikawa Tooru.
Cerchi di dominare la voce, di calmarti. “Perché fai così? Spiegamelo! E’ perché ridevano tutti? Guarda che ridevano di lui, mica di te. Shittykawa, lascialo perdere quel tipo: è solo uno che ti viene dietro. Che te ne frega che è un maschio? Fai finta di no, fai finta che sia una ragazza, solo molto racchia.”

La risposta è una mezza risatina, strana, ambigua, che però si spegne subito. “Sai che ha detto?”

“No. E non me ne potrebbe…”

“Ha detto che era deluso da me.”

“Ma chissenefrega!”

“Ha detto che io…”

“Tooru, basta! Non me ne frega niente cosa ti ha detto. Specie se sono smancerie.”

“No! Ascoltami! Ha detto che sono troppo vanitoso.”

“E’ un po’ meno stupido di quel che pensavo.”

“Ma poi ha detto che come alzatore sono straordinario.”

Questo è vero. Ma Tooru è uno che si beve le lusinghe come ramune e per una cosa del genere è capace di sciogliersi per l’eccitazione e poi fare schifo due mesi e poi allenarsi venti ore al giorno finché non si spacca il ginocchio. O finché non diventa troppo bravo.

“... il migliore che ha conosciuto, della nostra età. Ha detto così.”

“Si vede che a scuola sua sono tutti sfigati.”

“Iwa-chan, va alla Shiratorizawa. La loro squadra di liceo ci ha messo le tende ai nazionali.”

“Quello va alle medie come noi.”

“Tu pensi che sia vero?”

“Che sei bravo? No, Shittykawa, fai schifo come sempre. E se te ne stai barricato nel cesso da mezz'ora per sentirti dire bravo da me, sei anche cretino.”

“Non che sono bravo, che sono il migliore. Lo sono per te?”

Certo che è il migliore. E se non lo fosse, se spuntasse fuori un cazzo di genio del male che non sbaglia mai un servizio e alza all’indietro facendo le capriole, per te non farebbe nessuna differenza. Perché tu vedi cose di Tooru che altri non vedono, sai cose di lui che altri non sanno. E la medaglia d’oro gliel’hai già messa al collo da un pezzo, punto e basta. Ma se glielo dicessi, Assikawa passerebbe il suo tempo a cercare di dimostrarti che ti sbagli, che il mondo è pieno di talenti inarrivabili, che lui non potrà mai farcela, che ha bisogno di essere salvato, perché il pavimento dove camminano i suoi sogni è sempre di lava.

“Vuoi sapere cosa sei? Sei un piagnone e un rompipalle, un egoista e qualche volta anche un codardo. Purtroppo, sei anche il mio migliore amico. E se non alzi subito le chiappe da quel water ti batto cento servizi in testa.”

Si sente soffiare di naso e frusciare di stoffa e tirare per l’ennesima volta lo sciacquone. Poi il fermo si sblocca e Tooru compare, strofinandosi la faccia con il dorso delle mani. E’ imbronciato, pallido e gli brillano gli occhi come fari. E che tu te ne stia lì a notare queste cose anziché tirargli una sberla, davvero non ha senso.

“Pensi che se facessi domanda l’anno prossimo, mi prenderebbero alla Shiratorizawa?”

La sberla arriva a te, così forte che ti viene da tossire. “Penso di sì.”

“Verresti con me, Iwa-chan?”

“Che c’entro io? Vacci tu a giocare con quei fanatici. Io andrò all’Aoba Johsai, così quando ci vediamo ai tornei, ti schiaccio sui denti.”

Fa una smorfia di finta paura, con l’angolo delle labbra sollevato e gli occhi pieni di malizia. “Meglio che andiamo tutti e due al Seijoh. Il tiffany mi sta molto meglio del magenta.”

“Che cazzo è il tiffany?”

“Il colore della divisa dell’ Aoba, no? Quel celestino che dà un po’ sul verde.”

“Sei tutto scemo.”

“Iwa-chan, pensi che tornerà quel tipo?”

Il tipo tornerà. Lo sai come sai che stasera tramonterà il sole, che ti beccherai un’insufficienza a matematica e che Tooru vuole che lui torni. Conosci tutte le sfumature della sua voce e l’inclinazione dei suoi sorrisi: li hai subiti tutti.
“Spero di no.”

“Spero anch’io.”

Sta mentendo. Ultimamente, fa anche quello. E inizia a pesarti fare finta di non capirlo.

Si lava le mani con un quintale di sapone, le asciuga sotto il getto dell’aria e poi si volta a guardarti, la testa inclinata, l’espressione riflessiva. “Pensi che sia così strano baciare un ragazzo? Così tanto diverso da una ragazza? Io sarei curioso… ”
Quel tono di voce e quegli occhi che parlano, da qualche tempo a questa parte, colpiscono duro in qualche punto dove fanno sempre malissimo.
Lo spintoni verso l’uscita, lui di fronte a te, tu che lo segui, come sempre.
Quando abbassi lo sguardo, ti accorgi che il pavimento ribolle e ci stai affondando dentro fino al ginocchio, ma nessuno verrà a salvarti.
   
 
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