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Autore: Strange_writer    14/02/2023    5 recensioni
||STORIA INTERATTIVA|| (Iscrizioni chiuse)
Migliorare.
Un'azione piuttosto complicata ma che è l'obiettivo ultimo del Kaizen Club. Un club elitario, fondato anni addietro per raggiungere un obiettivo: essere alla vetta.
Riusciranno i vostri OC ad entrare a far parte di questo club?
Dal testo:
Una semplice combriccola di studenti accumunati dal sogno di diventare protettori della giustizia. Un gruppo di adolescenti che giocavano a fare i Supereroi. Degli eroi in erba che idealizzavano il mondo esterno. Questa sarebbe stata l’opinione dei più sul Kaizen Club.
Una rete di sicurezza. Una garanzia per il futuro degli eroi. Un rito di passaggio per scoprire se si ha la stoffa per diventare eroi. Questa era l’idea di Shouko Hiragi, fondatore del Kaizen Club.
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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KAIZEN CLUB

Kaizen: Kaizen (改善) è la composizione di due termini giapponesi, KAI (cambiamento, miglioramento) e ZEN (buono, migliore), e significa cambiare in meglio, miglioramento continuo.

2%
Residenza Nanbu
 
Yayoi si tirò a sedere sul letto emettendo un sospiro profondo: la lettera dorata aperta che faceva bella mostra di sè sul suo comodino indicava che il suo non era stato un sogno. Quella lettera era comparsa senza indicare un mittente di sua conoscenza. Le si diceva solo di presentarsi ad una determinata ora in un determinato luogo e, in modo molto poco carino, che questo fantomatico club aveva gli occhi puntati su di lei, e sperava anche su qualcun altro. Sarebbe stato parecchio inquietante fosse stata l’unica a ricevere una lettera per conto di un club che, secondo qualsiasi registro, era inesistente.
 
Aveva contemplato l’idea che si trattasse di uno scherzo ma era giunta alla conclusione che l’unico modo per scoprirlo era recandosi alla palestra gamma alle 18:00 di quel lunedì. Non un minuto prima, non un minuto più tardi. Davanti a questa prospettiva la giornata che le si prospettava davanti sarebbe stata estremamente lunga, poteva già dire con certezza che le sei di sera non sarebbero mai arrivate. L’unico aspetto positivo dell’avere così tanto tempo era cercare di capire come rimanere a scuola oltre l’orario di chiusura di cancelli e ritornare a casa senza dover passare la notte alla Yuei.

Per il momento, però, aveva una routine da seguire. Portarla avanti era un modo per evitare che il tempo si prolungasse più del necessario. Lanciò una rapida occhiata alla sveglia sul suo comodino, la quale segnava le cinque e mezza. Aveva abbastanza tempo per il suo allenamento mattutino. Dopo aver indossato dei leggings comodi e una maglietta a maniche corte coperta da una felpa, uscì dalla sua stanza in punta di piedi, per evitare di svegliare il resto della sua famiglia. Una volta giunta davanti all'ingresso, infilò le scarpe da corsa. Nella penombra mattutina, ci mancò poco che inciampasse in una delle scarpe che erano state lasciate lì, probabilmente da uno dei suoi due fratellini. Quando sarebbe tornata a casa, le avrebbe messe a posto e avrebbe ammonito i due bambini. Quando inspirò a pieni polmoni l'aria frizzantina di quella giornata di maggio, Yayoi si sentì rigenerata e diede inizio ai suoi giri di corsa intorno all'isolato. Una volta tornata a casa, avrebbe proceduto con l'allenamento che suo padre le aveva impartito fin da quando era piccola per migliorare la sua abilità con la spada. Al momento poteva definirsi più brava di parecchi allievi che suo padre addestrava al dojo, ma non per questo si era adagiata sugli allori e, senza nemmeno mancare un giorno, ripeteva meticolosamente ogni passaggio per mantenersi in forma e migliorare. In fondo, suo padre glielo aveva ripetuto una marea di volte: l'arroganza è il veleno peggiore.

Il dojo di famiglia era un ambiente a lei familiare, era quasi la sua seconda casa. Se non era a scuola era lì. A quell’ora del mattino Yayoi era solita dedicarsi alla meditazione, approfittando della serenità che il posto era in grado di trasmetterle. Meditare l’aiutò a scacciare per qualche momento l’agitazione che provava ogni volta che le ritornava alla mente la lettera del Kaizen Club, ma purtroppo la sua pace durò decisamente troppo poco.

“Ehi Rin, dimmi se la sorellona sta dormendo?”

“Kou, mi stai spingendo!”

“Non è colpa mia se hai una testa troppo grande e non vedo niente.”

“Beh, allora prova a diventare più alto.”

Yayoi ridacchiò sentendo quei commenti bisbigliati ma che, per via del silenzio, erano perfettamente udibili. Aprì un occhio e si voltò nella direzione della porta scorrevole d’accesso al dojo dove, da una fessura, Koutaro e Rintarou, i suoi due fratellini, la stavano spiando.

“Guardate che vi sento.”  

I due colti sul fatto, cercarono di fare finta di nulla e richiusero la porta. La corvina si alzò e andò ad aprire la porta e scosse la testa quando li vide cercare di darsela a gambe.

“Cosa vi ho detto centinaia di volte?”

“Che la meditazione è importante.”

Iniziò Rin.

“… e che quindi non bisogna fare rumore.”

Terminò la frase Koutarou. Yayoi annuì, anche se sapeva che il fatto che i due bambini l’avessero ascoltata non implicava che mettessero in pratica le sue raccomandazioni.

“Forza voi due, venite dentro ad aiutarmi con l’allenamento.”

A quel punto valeva coinvolgerli. Il sorriso raggiante di Kou e l’espressione rassegnata di Rin non erano niente di nuovo per lei, in fondo era risaputo che Kou avesse un talento per le arti marziali che Rin non condivideva. La maggiore arruffò i capelli castani dei due fratelli minori prima di lasciarli entrare nel dojo, anche quella in fondo era parte della sua routine.

 
*§*
Liceo Yuei, Viale d'ingresso

“Matsuura-san! Matsuura-san!”

A quel richiamo Hayato si fermò e cercò tra la folla di studenti che popolava il cortile del liceo alla ricerca della voce che gli era nota. Quando individuò la chioma albina di Shosuke gli rivolse un sorriso gentile al quale il più piccolo rispose con un cenno del capo.

“Posso essere d’aiuto?”

“Sì, vorrei parlarti cinque secondi di quella verifica di cui ti avevo accennato settimana scorsa.”

Hayato notò lo sguardo eloquente di Shosuke, capendo perfettamente a cosa si stesse riferendo. Di verifiche non avevano mai parlato, quindi l’unica altra cosa a cui si poteva star riferendo era il club.

“Certo, chiedi pure.”

“Ecco… non credo che mi sia stata riferita alcuna data. È per caso una verifica a sorpresa?”

Il castano aggrottò la fronte perplesso. Era più che certo di aver informato tutti i membri del club riguardo data, ora e luogo dell’incontro. Anche sul gruppo chat che avevano si era premurato di ribadirlo. Poi, come ricordandosi chi avesse davanti, sospirò in rassegnazione.

“Ozawa, hai controllato l’ora oggi?”

Preso in contropiede dalla strana domanda che non sembrava avere niente a che vedere con la conversazione, Shosuke alzò il polso dove indossava un orologio analogico. Ma prima che potesse leggere l’ora Hayato coprì il quadrante con una mano. Shosuke alzò la testa ancora più confuso e quando vide il più grande scuotere la testa chiese.

“Non ho capito il codice.”

Hayato trattenne ancora una volta un sospiro. Non aveva effettivamente bisogno di una conferma per sapere che il ragazzo, per l’ennesima volta, avesse perso il suo telefono.

“Controlla l’ora usando il telefono.”

“Oh, non ho un telefono al momento, credo di averlo perso una settimana fa.”

Come sospettava Hayato il ragazzo era stato tagliato fuori da qualsiasi conversazione. Hayato alzò un sopracciglio e Shosuke capì che la risposta alla sua inziale domanda era in quel telefono.

“In ogni caso sarà alle sei, palestra gamma. Ma preferirei concordare alcune cose prima di incontrare i Sentaku, passa dal Sumimaru1 alle 17. Questa volta non affidarti al telefono per controllare l’ora.”

Shosuke arrossì di colpo, imbarazzato per aver disturbato il suo senpai per una cosa del genere. In un piccolo angolo della sua mente si ritrovò anche a maledire Yue e Yuki per non averlo aiutato quando le aveva incontrate poco prima.

“Mi dispiace veramente tanto, prometto che quest’anno sarò più attento a non perderlo.”

“Speriamo. Quest’anno sei un Hoshonin, gli avvisi via lettera sono riservati ai Sentaku. Ti è andata bene al primo anno, altrimenti credo che la metà degli incontri dell’anno scorso li avresti saltati.”

Shosuke rise imbarazzato. Per lui il telefono era più un accessorio che uno strumento e per questo motivo dimenticarlo da qualche parte, perderlo o ignorarlo per settimane era molto frequente. Osamu, scherzando, una volta gli aveva detto che era più facile raggiungerlo usando un piccione viaggiatore che una telefonata. Inutile dire che Shiho si era piegata in due dal ridere e per settimane lo aveva tempestato di chiamate, alla maggior parte delle quali non rispondeva perché il telefono era stato lasciato in silenzioso in qualche angolo della sua casa.

Il ragazzo del terzo anno, appena varcarono l’ampio ingresso della Yuei, lo salutò per dirigersi verso il suo armadietto, ricordandogli ancora una volta ora e luogo dell’incontro. L’albino fece altrettanto, affrettandosi ad andare ad indossare gli uwabaki e dare inizio a quella giornata scolastica.

“Shosuke! Sei riuscito nella grande impresa?”

Dopo aver chiuso l’anta dell’armadietto Shosuke si girò nella direzione della persona che lo aveva richiamato, ovvero Yuki. Alle sue spalle Yue gli rivolse un sorrisetto di scherno. Shosuke, con un’espressione poco divertita, incrociò le braccia al petto e voltò il capo nella direzione opposta.

“Mph, mi avete fatto fare una figuraccia. Potevate almeno avvisarmi!”

“E migliorare la giornata al presidente? Assolutamente no.”

Scherzò la bionda, circondando le spalle dell’amico con un braccio. Certe volte Shosuke dimenticava che lui e l’amica si passassero pochi centimetri di differenza, quindi con il suo metro e settantasette non avrebbe potuto minimamente intimidirla.

“Attenta ai capelli.”

L’avvisò lui animando le due ciocche anteriori per evitare di sfiorare la pelle scoperta della ragazza. Rendendosi conto del pericolo corso lei mollò la presa, finire paralizzata al suolo non rientrava nei suoi piani.

“Un giorno costruirò dei guanti da indossare perennemente così non ci saranno più rischi.”

“Yuki, credo che dei comuni guanti vadano più che bene.”

Le fece notare Yue. L’altra ragazza scosse il capo.

“Questo modello vorrei potesse permettere a chi li indossa di avere sensazioni tattili pari a quelle provate senza guanti.”

“Uhm, sembra un bel progetto. In alternativa però si potrebbe pensare ad una cuffia per mantenere le ciocche sotto controllo.”

Mentre le due erano immerse in quel confronto tecnico sembrarono essersi dimenticate che il diretto interessato era ancora presente e in grado di sentirle. Non appena sentì l’ultima proposta di Yue rabbrividì e si portò una mano alla nuca, per nessuna ragione avrebbe permesso ai suoi adorati capelli di essere rinchiusi in una cuffia da doccia avanzata.

“Sapete, credo che in fondo i guanti possano essere un progetto più stimolante a cui lavorare.”

Provò a farle ragionare, mantenendo un’espressione gioviale, come se un’idea fosse geniale quanto l’altra. Quando sentì Yuki darle ragione il ragazzo tirò un sospiro di sollievo.

Il trio imboccò le scale per poter raggiungere ognuno la propria classe, le due ragazze continuarono a scambiarsi dritte su quel progetto che era inizialmente nato per scherzo e mentre esso prendeva forma Shosuke comprese di doversi rassegnare al suo destino: la gente d’ora in poi lo avrebbe toccato solo attraverso un guanto. Vederle così concentrate lo fece però sorridere: vedere Yuki senza la solita espressione acida e sarcastica era qualcosa di raro, così come sentire Yue parlare con praticità e con tono privo di qualsiasi sfumatura di scherno. Dovette però interrompere quel momento quando notò che Yue, ragazza del terzo anno, invece di continuare a salire le scale per raggiungere il piano delle classi terze, aveva svoltato insieme a loro. Come risvegliandosi da una trance Yue si guardò intorno spaesata, realizzando che effettivamente quello non era il suo piano e si affrettò a salutare i due amici per raggiungere la sua aula al piano superiore.

Shosuke accompagnò poi Yuki alla sua classe, che precedeva di un paio di aule la sua, rimanendo ad ascoltare le parole della ragazza riguardo a quale fossero i materiali migliori per il suo progetto. L’albino si appuntò mentalmente di trovare al più presto una miglioria da apportare ad un costume qualsiasi per distrarla.

 
*§*

Liceo Yuei, Laboratorio Classe di Supporto primo anno
 
Rieko guardò nervosamente l’orologio che portava al polso. Erano le cinque del pomeriggio e non aveva ancora la più pallida idea di come ingannare la sorveglianza scolastica per riuscire a rimanere oltre l’orario di chiusura dei cancelli. Avrebbe potuto interpretare la cosa come un segno del destino, forse l’universo non voleva che cadesse in una qualsiasi trappola che il fantomatico Ghost della lettera aveva preparato per lei. Ma da una parte ricevere una lettera in codice, che aveva dovuto decifrare per poter capirne il contenuto, le diceva che nessuno metteva così tanto impegno in uno scherzo.

Rieko per la frustrazione slegò i capelli e, tenendo l’elastico tra i denti, lo rifece per la centesima volta. Usando la fotocamera del telefono per assicurarsi di separare correttamente le ciocche bionde da quelle castane la ragazza si ritrovò a pensare che forse era meglio se si fosse portata dietro qualche forma di precauzione. Quando terminò di sistemarsi i capelli fece un mezzo giro sullo sgabello del laboratorio e si guardò in giro alla ricerca di qualcosa che potesse svolgere il compito. La maggior parte degli strumenti in vista erano lavori incompleti degli studenti, quindi non utilizzabili. Con una spinta di reni si alzò e iniziò ad aprire i vari cassetti alla ricerca di altro. In fondo nessuno si sarebbe lamentato se avesse preso in prestito qualcosa, anzi avrebbero dovuto ringraziarla dal momento che si stava offrendo volontaria per il collaudo. Tirò fuori un cilindro dall’aria sospetta, un cacciavite e una scatolina. Dal momento che le istruzioni dei vari strumenti erano raccolti in un database a cui solo i professori potevano accedere Rieko dedusse di doversi armare di ingegno per capire funzionamento e scopo degli oggetti. Il tempo non le mancava di certo in fondo. Per primo prese il cilindro ma non vedendo pulsanti sulla superficie e nemmeno scanalature che potessero indicarne l’apertura decise di ignorarlo. Probabilmente si trattava di un prototipo scartato. Il cacciavite, oltre ad avere punte intercambiabili, non dimostrava altre capacità e si accontentò infilandoselo in tasca, un’arma faceva sempre comodo, così come un cacciavite. Quando arrivò all’ispezione della scatolina sentì la porta scorrevole del laboratorio aprirsi. Era già arrivato il custode? Doveva dire addio all’incontro con Ghost e il Kaizen Club?

Nella fretta infilò anche la scatolina nella tasca della giacca e si girò verso l’ingresso con espressione colpevole. Si rilassò però l’istante dopo quando realizzò che non si trattava del custode bensì di un ragazzo. Aveva la schiena premuta contro la porta e i capelli scarmigliati probabilmente per aver corso. La ragazza riconobbe il ragazzo come lo stesso che la settimana prima in mensa l’aveva guardata in modo strano.

“Ehi.”

Disse lei in forma di saluto, nemmeno sicura del fatto che il corvino si ricordasse di lei. Tetsuro, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza, la guardò allarmato.

“Nascondiglio.”

Sussurrò concitato lui iniziando a guardarsi intorno alla ricerca del suddetto posto. In tutta risposta Rieko lo fissò perplessa. Dubitava si trattasse di una forma di saluto, e credeva che per i messaggi in codice non avessero tutta quella confidenza. Quando però sentì il rimbombo lontano di passi comprese perfettamente il messaggio: dovevano nascondersi dal custode. Lo studente della Sezione Economica vide come unica soluzione l’armadio nell’angolo dell’aula e ci si avvicinò. Rieko, capendo la sua intenzione, lo afferrò per il colletto.

“Quello è pieno zeppo di ingranaggi e rottami, se non vuoi esserne sommerso non aprirlo. Vieni di qua.”

Tetsuro non fiatò e si lasciò trascinare in una cabina laterale ricavata da una delle pareti. La bicolore prese uno sgabello e lo mise dentro alla cabina poi tirò la tenda per chiuderla. Salì sullo sgabello e fece segno a Tetsuro di fare altrettanto con la sedia che era già presente in quello spazio angusto.

Quando i due sentirono la porta aprirsi trattennero il fiato, il cuore che gli martellava nel petto e la consapevolezza di star infrangendo una marea di regole del codice scolastico ben fissa in mente. Il custode fece un giro sommario dell’aula prima di uscire e richiudersi la porta alle spalle. I due attesero qualche secondo per sentire i passi allontanarsi prima di tirare un sospiro di sollievo.

“Grazie mille. Tra oggi e la mensa non hai idea di quanto io si in debito con te.”

Rieko, come se non avesse fatto nulla di che, scrollò le spalle e scese dallo sgabello per rimetterlo a posto.

“A proposito, cosa ci fa una cabina qui?”

Chiese curioso il corvino studiando l’ambiente circostante con occhi curiosi.

“Quando gli eroi vengono a provare i costumi migliorati hanno bisogno di privacy per cambiarsi.”

Spiegò lei con tono pratico, leggermente orgogliosa della curiosità mostrata, anche se per un dettaglio superfluo. Controllò poi l’ora sul display del cellulare e decise che era il momento di avviarsi verso il suo destino. Cercando di risultare il più indifferente possibile disse.

“Io ora dovrei andare, ho un impegno.”

“Ah sì, pure io.”

Aggiunse Tetsuro illuminandosi quando si ricordò il principale motivo per cui aveva iniziato a scappare dal custode. I due fecero la strada insieme verso l’ingresso, Tetsuro di tanto in tanto faceva domande sugli attrezzi che ricordava di aver visto e Rieko, cercando di associare le descrizioni strampalate del ragazzo alle varie invenzioni, rispondeva assicurandosi di non tralasciare nemmeno un dettaglio. Quando ebbero entrambi indossato le loro scarpe Tetsurou si batté una mano sulla fronte.

“Sono proprio uno smemorato, ho scordato il libro di matematica nel sottobanco, devo tornare a prenderlo. Sai com’è, domani ho una verifica.”

Rieko, vedendo l’occasione perfetta per raggiungere il luogo dell’appuntamento senza destare sospetti, annuì comprensiva.

“Certo, non preoccuparti, vai pure. Ci vediamo in giro.”

Il corvino annuì e la salutò ritornando nell’edificio. Rieko invece imboccò la strada che portava alla palestra gamma, approfittando della passeggiata per godersi gli ultimi raggi di sole della giornata. Arrivata a destinazione le persone presenti erano poche, ma qualcuno di a lei abbastanza noto risaltava tra i presenti. La bicolore spalancò la bocca per la sorpresa nel vedere Tetsuro davanti alla palestra gamma, l’unica cosa che riuscì a dire fu.

“Come hai fatto ad arrivare prima di me?”

 
*§*
Sumimaru, Sala comune
 
Hyunjin si grattò il mento perplesso. Era arrivato da pochi minuti e, oltre ad Hayato che sicuramente era lì dal suono dell’ultima campana, nella sala comune, seduti sui divanetti rivestiti di morbido tessuto verde, c’erano Ryo, Shiho e Osamu. La cosa che lo lasciò perplesso fu il silenzio che regnava nella stanza, cosa difficile da ottenere se quei tre soggetti erano nella stessa stanza. Hyunjin capì quindi che l’unico modo per scoprire il segreto dietro a questo silenzio era quello di chiedere.

“Ehi, che succede? Qualcosa è andato storto nelle preparazioni?”

Shiho, rendendosi conto solo in quel momento dell’arrivo del ragazzo, gli fece segno di non parlare. Confuso il ragazzo fece vagare lo sguardo color nocciola verso Osamu, nella speranza di ottenere risposte, ma lui non aveva staccato gli occhi da Ryo.

“Hayato, tu hai capito qualcosa?”

Hyunjin ricorse alla sua ultima risorsa. Il castano, senza alzare gli occhi dal tablet che aveva di fronte rispose semplicemente con una parola.

“Scommessa. E non chiamarmi con il mio nome.”

Il compagno di classe gli aveva fornito solo un indizio però, non la risposta che cercava. Si affrettò a posare la giacca della divisa e la cartella nella sua Kona2, la sala a lui dedicata, per poi tornare alle sue indagini. Aveva un po’ di tempo da usare e lo avrebbe messo a frutto. Raggiunse i suoi amici ai divanetti, anche perché era consapevole che con le Selezioni così vicine Hayato non avrebbe voluto essere disturbato. Quando prese posto di fianco a Ryo sobbalzò. L’espressione contrariata, l’aura iraconda che emanava e la punta delle sue dita di un rosso fluorescente erano un chiaro segnale. Hyunjin slittò all’estremità del divanetto, avvicinandosi a Shiho e bisbigliò all’orecchio della ragazza.

“Che cosa gli prende?”

“Oh, niente di che. Ha solo scoperto il nome di uno dei Sentaku e l’idea di rivederlo non gli piace per niente.”

“E la scommessa cosa c’entra?”

Chiese lui ricordandosi la risposta di Hayato. Shiho sorrise malandrina.

“È tutto il giorno che Kekkan non fa altro che giurare di far andare a fondo quel Sentaku. Solo che ora è entrato in questa fase di silenzio stampa, io e Ghost abbiamo scommesso su quanto durerà.”

Hyunjin ora era decisamente interessato. Vedere Ryo, una persona in genere sempre scherzosa e solare, in quello stato era raro, ma non impossibile. Tutti nel club ricordavano perfettamente l’unica altra volta in cui era stato così di cattivo umore, e da allora avevano imparato che sottovalutarlo e screditarlo apertamente equivaleva ad una dichiarazione di guerra.

“Devo proprio stringere la mano a questo Sentaku.”

A quelle parole Ryo parve ritornare al presente e l’espressione irata si accentuò ulteriormente.

“Stringergli la mano? Ma sei impazzito? Hai la più pallida idea di chi stiamo parlando?”

Alle parole di Ryo due furono le reazioni: Osamu esaltò, mentre Shiho colpì Hyunjin dandogli uno scappellotto.

“Dovevi proprio parlare? Non potevi aspettare l’arrivo di un’altra persona?”

Il biondo si massaggiò la zona lesa mormorando una serie di scuse, ma al momento era più interessato a Ryo.

“No in realtà non so di chi stiamo parlando.”

“Di questo qui!”

Il rosso gli allungo la lista di Sentaku che avrebbero partecipato al primo incontro quel giorno. Appena vide il volto comprese perfettamente chi fosse, memore della sfuriata di Ryo di inizio anno.

“Ma non è storia vecchia? Non sarebbe il momento di lasciar perdere questa storia?”

“Lascerò perdere solo quando verrà eliminato dalla lista.”

“Allora tieniti il tuo risentimento ed elaboralo in silenzio.”

Ad intervenire questa volta fu Hayato. Il ragazzo della sezione di Management si irrigidì, riconoscendo l’occhiata gelida tipica del ragazzo che soleva precedere una qualche sorta di minaccia.

“Comunque potresti provare a vederla come una sfida, in fondo se gli dimostri di essere migliore ciò che ha detto perderebbe significato. E tu ne usciresti come una versione migliore di te stesso.”

Ragionò Osamu mentre contava le monete che Shiho gli aveva allungato con riluttanza. Il rosso parve ragionarci su seriamente per poi concludere che forse quella non era una cattiva idea. Shiho afferrò poi la lista dei Sentaku e iniziò a sfogliarla commentando di tanto in tanto le informazione che trovava. Mentre lei e Ryo stavano discutendo se il quirk Emo-control, permettesse di controllare le emozioni altrui o il sangue delle persone la porta del Sumimaru si aprì rivelando le figure di Yuki e di Shosuke.

“Oh perfetto, ci siamo tutti. Possiamo cominciare allora.”

“Non manca Kangofu?”

Chiese Shiho guardandosi intorno, non vedendo l’albina da nessuna parte.”

“Oh, ti preoccupi per me piccola Shark?”

La verde sobbalzò e girò la testa di scatto, giusto in tempo per vedere Yue chiudere la porta del suo Kona. Shiho sbuffò.

“Assolutamente no, volevo evitare di sentire Saturn ripetere le cose due volte."

Hayato si schiarì la gola e nella sala calò il silenzio, tutti rivolsero l’attenzione al ragazzo consapevoli del fatto che il momento dell’incontro ufficiale con i Sentaku era ormai vicino.

“Essere parte del Kaizen Club è un onore che ci è stato concesso e che, durante il nostro anno, ci siamo impegnati per guadagnarcelo e dimostrare di esserne degli attraverso il processo di Selezione. Come sapete tra i membri del Kaizen Club a tutti è stata data la possibilità di concedere un’opportunità ma a pochi è stato conferito l’onore di presiedere la selezione, questo onore oggi è stato affidato a voi. Sarete i rappresentanti del Kaizen Club, gruppo con una specifica filosofia che avete accettato entrando a far parte del Club e che ci si aspetta tramandiate ai Sentaku di quest’anno.”

Shiho trattenne uno sbadiglio. Osamu l’aveva informata che anche l’anno scorso la loro Selelzione era stata preceduta da un discorso motivazionale del presidente di quell’anno. Le aveva anche raccontato che lo aveva tirato così per le lunghe che avevano finito per presentarsi in ritardo al luogo dell’incontro, cosa che lei ricorda perfettamente perché, se non fosse stato per Shosuke, se ne sarebbe tornata a casa classificando la lettera come uno scherzo davvero pacchiano.

“Ad ogni modo, questo non è qualcosa che immagino di dovervi spiegare, sono convinto che avrete modo di dimostrarmi che voi sapete agire e pensare considerando gli ideali del Kaizen Club.”

Hayato fece una breve pausa che usò per studiare i volti dei suoi amici. Sebbene sapesse che non tutti amavano i suoi discorsi ligi, gli poteva leggere negli occhi la determinazione e la voglia di dimostrare di essere il migliore. Prese poi il tablet e premette un paio di icone sullo schermo.

“Come ogni anno la prima prova è volta a testare la capacità di collaborazione dei Sentaku. Secondo i criteri gli individualisti non riconoscono margine di miglioramento, e chi fa troppo affidamento sugli altri non vede se stesso come il migliore. L’equilibrio è fondamentale.”

Quando terminò la frase gli armadietti addossati alla parete si aprirono rivelando all’interno dei manichini, ognuno che riproduceva la fisionomia di ciascun membro del club, che indossavano quella che Shiho l’anno precedente chiamava scherzosamente la divisa da elfo. Era formato da una canottiera aderente verde smeraldo con rifiniture dorate per tutti e da un pantaloncino corto dorato di spandex per le ragazze e da pantaloni lunghi sempre dorati per i ragazzi. Sui volti erano calate delle maschere che coprivano la metà superiore del volto che, per fortuna, sarebbero state indossate solo durante la prima prova. Il visore era stato aggiornato da Yue, ma la ragazza si era sempre astenuta dal dire in che cosa consistesse la miglioria. Infine sulle spalle dei manichini degli studenti dei dipartimenti di management e di Supporto era stato appuntato anche un mantello con cappuccio largo, anch’esso verde con motivi dorati, mentre le divise degli studenti del dipartimento eroi erano provviste di guanti, ad eccezione di quelle di Shiho e Hyunjin. Shiho si ritrovò a pensare di non invidiarli per niente, con il caldo di maggio sotto quel mantello avrebbe solo sudato. Inoltre a quanto pareva la sua supplica di cambiare il colore delle magliette era stata ignorata.

“Scommetto che sarai un ottimo filo d’erba.”

“Taci Yuki.”

Ribattè lei al commento della bionda. Il colore die suoi capelli non aiutava per niente.

“Indossate le divise, è arrivata l’ora di iniziare la Selezione.”

 
*§*
Liceo Yuei, Palestra Gamma
 
Shaka si guardò intorno incuriosito, cercando di non risultare indiscreto alle altre persone che come lui si trovavano nella palestra gamma. Oltre a lui erano radunati lì, ad occhio e croce, altri quindici studenti, alcuni erano volti a lui famigliari, essendo suoi compagni di classe, altri li aveva riconosciuti perché incontrati nei corridoi mentre di altri, fino a quel momento, ne aveva ignorato l’esistenza. Quello che notò era che però molti di loro avevano in mano la medesima lettera dorata che aveva ricevuto anche lui.

“Oh, Shaka-kun, sei anche tu qui?”

Il corvino si voltò di scatto nella direzione della ragazza che aveva richiamato la sua attenzione. Kirara, a pochi passi da lui, aveva un ampio sorriso in volto e si rilassò vedendo quel volto familiare. Sebbene non avesse parlato con molti suoi compagni di classe Shaka era felice di vedere qualcuno di noto in una situazione così incerta. Dire che era nervoso era riduttivo. Kirara sbatté un paio di volte le palpebre, in attesa di un saluto, che purtroppo non arrivò dal momento che il ragazzo si stava perdendo in mille elucubrazioni. Ripetendosi mentalmente di mantenere la calma la ragazza aggiunse.

“È arrivata anche Yayoi, seguimi così potremo affrontare qualsiasi cosa sia questa messinscena insieme.”

La cosa non gli sembrò una cattiva idea e quindi seguì la compagna di classe. Quando la raggiunsero notarono che era in compagnia di un ragazzo alto e dai capelli biondi.

“Yacchan, ho recuperato Shaka-kun come richiesto!”

Disse lei in tono forse un po’ troppo saccarino. La corvina annuì e salutò con un cenno cortese del capo il compagno di classe appena arrivato. La rosata spostò poi lo sguardo liliaceo  sullo sconosciuto e si portò l’indice al mento con fare interrogativo.

“E tu saresti?”

“Yuma Nakamura, piacere di conoscervi. Stavo solo chiedendo se fossero tutti qui su invito di Smokey e del Kaizen Club.”

“Smokey?”

Chiese incuriosito Shaka, quella era la prima volta che sentiva quel nome. Yuma annuì.

“Il mittente della lettera. Nanbu mi stava spiegando di essere qui per il Kaizen Club ma su invito di tutt’altra persona, Kekkan.”

Shaka e Kirara si guardarono confusi da quei nomi per niente familiari.

“Io ho ricevuto la mia lettera da Shark.”

Precisò Kirara controllando la sua lettera.

“Io da Prince.”

Kirara per sicurezza controllò anche la lettera di Shaka, il quale si era bellamente dimenticato di averla ancora tra le mani. Yuma aggrottò la fronte perplesso, c’era più di una persona dietro a tutto ciò? Quando notò una chioma castana nella folla decise di provare a fare un altro tentativo.

“Oda-san! Da questa parte.”

La ragazza in questione, sentendosi chiamare, sobbalzò sul posto e si rilassò appena quando realizzò si trattasse di Yuma. Rendendosi poi conto delle tre paia di occhi puntate su di lei la lieve tranquillità trovata andò a farsi benedire. In quel momento voleva farsi piccola piccola. Si avvicinò a Yuma e fece un segno di saluto con la mano, nonostante tutto non voleva essere maleducata.

“P-Posso esservi di aiuto?”

“Se sei qui immagino sia per via del Kaizen Club – Yuma attese che la castana annuisse prima di proseguire – l’invito ti è stato mandato da Smokey, Prince, Kekkan o Shark?”

Kotone scosse la testa non riconoscendo i nomi.

“Kangofu.”

Rispose lei allungando la stessa lettera dorata che avevano ricevuto anche gli altri ma che riportava un mittente completamente diverso.

“La cosa ha effettivamente senso, se proclamano di essere un club è normale che dietro ci siano più persone.”

Disse Yayoi e a quell’affermazione Kotone e Shaka annuirono trovandosi d’accordo con la deduzione. Kirara invece non era ancora del tutto convinta.

“Potrebbe comunque essere una sola persona che si spaccia per più persone. Spero solo che non vada ad inficiare sulla condotta qualsiasi cosa stia per succedere.”

Udendo quelle parole Kotone si allarmò. Era effettivamente vero che rimanere in territorio scolastico oltre l’orario consentito era contro il regolamento.

“Beh, ormai l’unico modo per scoprirlo è aspettare.”

E come se le parole di Yuma fossero state ascoltate, nella palestra fecero il loro ingresso 8 figure ammantate di verde. Le venti persone già presenti nella palestra si azzittirono tutte, focalizzando la loro attenzione sui nuovi arrivati. Nessuno osò fiatare, temendo che una delle figure incappucciate potesse fare qualcosa.
I membri del Kaizen Club da dietro le maschere, studiavano i vari volti che fino ad allora avevano studiato solo su carta, osservando con attenzione le loro reazioni. In fondo il loro obiettivo era valutarli ed esaminarli, non potevano perdersi assolutamente niente. I membri del Kaizen Club si disposero in riga di fronte agli studenti del primo anno, Hayato fece un paio di passi in avanti per distinguersi. Quando ebbe la certezza di avere l’attenzione dei presenti puntata su di sé si schiarì la voce e attivò il distorsore vocale che era stato incorporato alla maschera.

“Benvenuti Sentaku, credo di poter parlare a nome del Club se dico che siamo lieti di vedere che il nostro invito è stato accolto. Dalle vostre espressioni deduco che abbiate parecchie domande, quindi concedetemi di rispondere.”

Hayato fece una breve pausa in cui, con un ampio gesto del braccio, indicò i compagni alle sue spalle.
“In quanto rappresentanti del Kaizen club, come ogni anno, condurremo la Selezione dei nuovi membri. Il Kaizen Club è un club il cui obiettivo principale è quello di garantire al meglio il meglio per diventare il migliore. Se siete stati invitati è perché il Kaizen Club ritiene voi possiate essere il meglio. Un onore, a conti fatti. Ma non pensate nemmeno per un secondo di essere i migliori, ora come ora non siete nemmeno alla linea di partenza per esserlo.”

Quelle parole che volevano essere una provocazione vennero accolte da sbuffi e occhiatacce, che vennero però ignorate dal presidente.

“Se credete di avere le qualità per essere considerati i migliori il vostro unico modo per convincerci è dimostrarlo. Credete di poterlo fare?"

*§*
 
1. Sumimaru: significa angolo giro, fa riferimento all'edificio usato dal Kaizen Club.
2. Kona: significa angolo, fa riferimento all'"angolo" di spazio dedicato ad ogni Hoshonin. Consiste in una stanza di proprietà di un Hoshonin e che può decorare come meglio crede, tenendo sempre a mente che l'obiettivo primario è quello di favorire il miglioramento delle proprie abilità.

Angolo autrice:

Eccomi qui con il secondo capitolo!
Alla fine credo sia più di raccordo tra l'itroduzione e la prima prova, che sarà nel prossimo capitolo. Ho comunque approfittato di questo capitolo per dare un po' più spazio a quei Sentaku che credo di aver messo meno in luce nell'introduzione, spero che ora possiate avere un quadro generale di tutti i personaggi. Inoltre scopriaamo chi ha raccomandato chi. Ho cercato di rispettare il più possibile quanto indicato nelle schede degli Hoshonin, ma i poveri Sentaku non sanno chi è chi e quindi soffriranno un pochetto nella loro ignoranza della verità. 
Inoltre il capitolo di raccordo non mi vieta di riproporre gli Hoshonin, questa volta mischiando un po' le carte. Inoltre se credete che i contenuti sugli Hoshonin per questo capitolo siano finiti, vi sbagliate di grosso. Ho pensato ad un piccolo extra. Hayato il rispetto degli Hoshonin ce l'ha, ma nessuno vieta loro di fargli comunque passare le pene dell inferno. XD
Questo significa che gli altri Hoshonin, durante il discorso, si stavano facendo i fatti propri. Quindi vi presento l'extra "Inside an Hoshoni Mind!"!XD

Yue: La miglioria apportata al visore consente di avere la versione testuale di ciò che la persona inquadrata sta dicendo. Al momento del discorso si sta divertendo a leggere il discorso storpiato di Hayato, vedendone solo il profilo il programma è in grado di decifrare correttamente poche parole. Mentalmente si sta annotando anche le migliorie da fare.
Hyunjin: Vorrebbe rifare l’entrata in palestra perché il mantello che svolazza quando cammina è incredibilmente drammatico. Per rallegrarsi si sta immaginando la scena a loop.
Osamu: Sta guardando i Sentaku e associa ad ognuno nome, cognome, sezione e quirk.
Ryo: Indovinate? Sta cercando Tetsuro sperando di non trovarlo. Purtroppo per lui Tetsuro è pure in prima fila.
Yuki: Ci prova a seguire il discorso di Hayato, ma non avendo seguito nemmeno quello del suo anno dopo trenta secondi ci rinuncia.
Shiho: si è fatta spiegare da Yue la modifica apportata, al momento però sta cercando tra i Sentaku qualche coraggioso che parli con il vicino così da poter provare la funzione.
Shosuke: ascolta due parole sì e quaranta no, al momento il cappuccio che ha calato in testa gli ricorda il progetto di Yue e Yuki della cuffia costringente.

Che dire, adoro sti ragazzi e il caos che sono. XD
So che per voi, essendo solo l'inizio, sembra un po' presto per poterlo dire, ma fidatevi, lo sono. 
Detto ciò ci sentiamo/leggiamo presto!

Strange 
   
 
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