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Autore: Stillathogwarts    16/02/2023    7 recensioni
Cinque anni dopo la fine della guerra, il Wizengamot scavalca il Ministro Shacklebolt e fa approvare una Legge sui Matrimoni, nonostante lo scontento generale.
Hermione si ritrova così a dover sposare un Draco Malfoy che mostra fin da subito uno strano e incomprensibile comportamento, mentre una serie di segreti e omissioni iniziano pian piano a venire a galla.
• Marriage Law trope, ma a modo mio (per favore, leggete il primo n.d.a.).
• DRAMIONE
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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The Weight of Us



CAPITOLO 18
Surprises


 






POV HERMIONE





Hermione si sentiva strana; in realtà erano diversi giorni che una strana sensazione le attanagliava lo stomaco, stringendoglielo in una morsa preoccupante. Aveva come l’impressione che qualcosa sarebbe successo di lì a breve, ma non aveva idea di cosa. La bambina non sarebbe dovuta arrivare prima di tre settimane, almeno e Kingsley aveva ormai fatto abolire la Legge sui Matrimoni. Nott era ad Azkaban, condannato a così tanti anni per via di tutti i suoi crimini recenti e per il suo tentativo di riorganizzare le forze dei Mangiamorte, di cui Harry era riuscito a trovare le prove, anche grazie alla collaborazione di Ariadne, che probabilmente non avrebbe mai lasciato la sua cella. Lucius era caduto in una sorta di mutismo per il quale sia lei sia Draco ringraziavano Merlino, Morgana e tutti e quattro i Fondatori ogni giorno. Narcissa ogni tanto passava dalla villa per trascorrere del tempo con Sirius e Hermione era persino riuscita a resistere nella stessa stanza con lei per il tempo di un tè, senza che volassero frecciatine tra di loro, per giunta. Il biondino lo considerava un progresso. James Potter, il suo figlioccio, era adorabile e in salute come sempre e le cene di gruppo avevano continuato a svolgersi regolarmente nei fine settimana, con la piacevole aggiunta di Teddy e Andromeda, con i quali Draco aveva instaurato un bellissimo rapporto, ma anche di Ron e Padma. Hermione era grata per la comprensione che il rosso aveva dimostrato verso la sua situazione, - per un momento aveva temuto una reazione brusca da parte sua -, ma d’altronde erano passati anni e il tempo qualche ferita l’aveva guarita; andare avanti, sempre, senza restare ancorati al passato e senza appigliarsi a inutili rancori che potevano minare il nuovo equilibrio del mondo magico, quello era il motto di Kingsley e non mancava di ripeterglielo ogni volta che li incontrava. Loro lo avevano fatto proprio.
Avevano persino trovato il tempo di pranzare con Blaise e Susan o con Hannah e Neville, una volta persino con le sorelle Greengrass e Justin e Dean. Hermione stava imparando a convivere con gli ex Serpeverde e, volta dopo volta, si sentiva sempre più a proprio agio con loro, man mano che l’idea che fossero veramente diversi da quello che avevano sempre mostrato, o che quanto meno fossero cambiati con il tempo, attecchiva dentro di lei.
E anche se Draco e Harry entravano ancora in competizione, di tanto in tanto, su argomenti che vertevano su sciocchezze tipo chi dei due era più bravo a volare, - Ginny si sentiva sempre in dovere di rammentargli che era lei la giocatrice professionista di Quidditch in famiglia, ma nessuno dei due pareva mai ascoltarla -, o chi dei due era in grado di eseguire meglio la fattura Tarantallegra, anche se Ron e il biondino non facevano che punzecchiarsi a vicenda, - sebbene in un modo quasi morbido e amichevole, Hermione aveva deciso di definire il loro rapporto con lo slang babbano frenemies, non che loro due si fossero presi la briga di comprenderne il significato -, anche se Sirius diventava giorno dopo giorno sempre più una peste e Draco era ormai totalmente rassegnato all’idea che sarebbe stato Smistato in Grifondoro, andava tutto bene.
Andava tutto bene e Hermione non riusciva a capire perché si sentisse così irrequieta.
Draco lo aveva notato, ma non essendo in grado di dargli una spiegazione la cosa aveva finito per agitare anche lui, sebbene si appellasse alla sua Occlumanzia per non darlo a vedere e accentuare le sue preoccupazioni. Ma stava comunque più all’erta del solito, era molto attento ad ogni minimo dettaglio e non le toglieva gli occhi di dosso per più di qualche minuto. Hermione questi piccoli gesti li aveva notati, ormai era diventata piuttosto brava a interpretarlo.
«Draco.»
Sapeva che non l’avrebbe sentita in quel particolare momento, perché era al piano di sopra e stava cercando di convincere Sirius a fare un bagno; aveva scorrazzato per tutto il giardino durante l’intera mattinata ed era tutto appiccicaticcio di sudore e sporco di terra. Hermione era certa che stesse opponendo resistenza solo per ricevere le attenzioni del padre, perché normalmente non sopportava di avere sporcizia addosso.
«DRACO!» gridò con tutta la voce che aveva in corpo.
Il motivo di quella strana sensazione che l’aveva tormentata per giorni le fu immediatamente chiaro, mentre si stava preparando una tazza di tè e la consapevolezza la colpì in pieno; la tazza le sfuggì di mano, cadendo sul pavimento e infrangendosi in tanti pezzetti di vetro tintinnanti.
Sgranò gli occhi.
Non era possibile.
Era troppo presto.
Anche se, Sirius… Sirius era nato prematuramente. Molto in anticipo, tra l’altro. Nessuno le aveva mai potuto dare una spiegazione per quell’evento; poteva esser dipeso dallo stress della guerra, le avevano detto quando aveva chiesto informazioni ad alcuni Guaritori, in tempi di pace, ma non essendo stata seguita da nessun professionista durante la gravidanza, non erano stati in grado di dirle niente con certezza.
«Draco!» urlò terrorizzata e il biondino, quella volta, la udì.
Le fu accanto immediatamente; non si era nemmeno attardato a prendere le scale, si era Materializzato direttamente in cucina.
«Cosa succede?», domandò e persino la sua abilità di Occlumante vacillò in quel momento, tradendo la sua agitazione. «Stai bene?»
«Io… Credo che… Mi si siano rotte le acque» biascicò spaventata.
Draco impallidì.
«Mi si sono rotte le acque!» ripeté ancora Hermione, urlando con voce stridula e acuta. «Non possono essersi rotte le acque, non è ancora il momento!»
Il biondino scosse forte il capo, per tornare in sé, le fece scivolare un braccio attorno alla vita e la condusse in salotto; trasfigurò il divano in un letto con un movimento deciso della bacchetta, poi la aiutò a mettersi comoda.
«Tippy, Tilly!» gridò a gran voce, mentre lei continuava a ripetere “È troppo presto, troppo presto!” come una nenia. «Andate a chiamare Hannah Longbottom! Subito!»
Gli elfi strillarono e sparirono con un pop! che parve rimbombare per tutta la stanza.
Hermione scoppiò a piangere; stringeva la mano di Draco con tanta forza che per un momento temette di fargli male, ma non riusciva ad allentare la presa.
«Ho paura», gli disse. «So di averlo già fatto una volta, ma io… io non me lo ricordo!»
Draco deglutì, poi ricambiò la stretta e le diede un bacio su una tempia. «Sono qui con te», le sussurrò in un orecchio, accarezzandole i capelli con dolcezza. «Questa volta ci sono anche io.»  
Hermione annuì più volte, freneticamente, gli occhi serrati. «Non lasciarmi sola, per favore.»
«Non lo farò», le promise lui, rassicurandola. «Mai. Te lo giuro.»
Hannah apparve dopo qualche istante, veloce come sempre e si precipitò da lei, mormorando parole incoraggianti e preparandosi subito ad assisterla.
La sentì chiedere a Draco se volesse restare o meno e il panico la colse violento, anche se le aveva assicurato, solo qualche attimo prima, che non sarebbe andato da nessuna parte; si dissipò solamente dopo che il biondino lo ebbe ripetuto una seconda volta, senza alcuna esitazione.
La sua voce, notò Hermione, era insolitamente instabile. La cosa avrebbe dovuto terrorizzarla, perché non lo aveva mai sentito usare quel tono prima, ma il dolore teneva la sua mente impegnata altrove.
«A-Andromeda», si sforzò di dire, «chiama anche Andromeda, per favore.»
Si fidava di Andromeda, voleva che ci fosse anche lei. Le era stata accanto già una volta, quando non c’era una Guaritrice esperta ad aiutarle. Aveva bisogno di Andromeda.
L’ultima cosa che sentì prima che il dolore divenne troppo acuto per prestare veramente attenzione a ciò che le accadeva attorno, fu la voce di Draco che chiedeva a Tippy di andare a prendere Andromeda e a Tilly di restare con loro in caso ci fosse bisogno del suo aiuto. Quando la donna apparve nel loro salotto, il biondino disse a Tippy di portare Teddy in camera di Sirius e di tenere a bada i due bambini.
E poi, ebbe inizio.
*
Hermione aprì gli occhi, sentendosi frastornata come non mai, e si guardò attorno; era nel suo letto, indossava una vestaglia da notte pulita e la sua pelle profumava di lavanda. Non sapeva quanto avesse dormito, ma non le sembrava minimamente sufficiente; le pareva che il suo intero corpo le facesse male e fosse tutto indolenzito al contempo.
I suoi occhi si posarono su Draco, disteso accanto a lei, con la schiena poggiata contro la testiera del letto e un fagotto stretto tra le braccia. Aveva i capelli spettinati, - Hermione era certa di non averlo mai visto così trasandato prima -, c’era un insolito rossore sul suo volto e i primi bottoni della sua camicia erano sbottonati; sorrideva in estasi, guardando con aria trasognata la piccola Lyra, serenamente addormentata, mentre con il pollice le accarezzava delicatamente la sua minuscola guancia. Quella visione le infuse una pace e una gioia profonda.
«Merlino», esclamò Hermione, con voce rauca e stanca. «La stai già viziando. Che i Fondatori mi aiutino!»
Il biondino si voltò a guardarla con uno scatto e l’apprensione apparve immediatamente sul suo volto.
«Come stai?», le chiese immediatamente, dirigendo tutta la sua attenzione a lei.
«Mettiamola così», disse, mentre cercava di tirarsi su per accogliere la neonata tra le sue braccia. «Se l’Hogwarts Express mi avesse investita, avvertirei meno dolore.»
«Vuoi che chiami Hannah?» domandò agitato. «Andromeda ha portato Sirius e Teddy da Potter, sarà di ritorno a momenti.»
Hermione scosse lentamente il capo. «No, non c’è bisogno.»
Lyra si svegliò e reclamò immediatamente le sue attenzioni; fece scivolare una spallina del vestito, scoprendo il seno e la piccola vi si aggrappò quasi all’istante. Sentiva lo sguardo del marito su di sé e, anche senza guardarlo, sapeva perfettamente che fosse a metà tra il preoccupato per lei e l’intenerito dalla scena.
«Hai bisogno di qualcosa?», domandò ancora Draco e dalla sua voce, notò la giovane, traspariva un curioso e inusuale turbinio di emozioni che non riuscì a distinguere nella loro singolarità.
Hermione sorrise. «Che tu ti calmi, magari», rispose divertita. «Va tutto bene.»
Draco annuì, ma non sembrava convinto. Fece scivolare un braccio attorno alle sue spalle, le lasciò un dolce bacio sulla tempia, come faceva spesso.
«È bellissima», disse solamente.
«Sono gelosa», ammise lei. «Hai già avuto più tempo di conoscerla. Io sono andata ko.»
Il biondino sollevò un sopracciglio. «Sei stata perennemente con lei per nove mesi», obiettò. «La conosci comunque meglio tu.»
Hermione rise, assentendo. «Vero. Quanto ho dormito?»
«Solo qualche ora», la informò. «E comunque, hai appena partorito. Ti meriti più di qualche ora di riposo.»
«Oh, ho intenzione di prendermi tutto quello che mi merito, tranquillo» gli assicurò lei, il sorriso sempre dipinto sul suo volto.
«E io ho intenzione di dartelo, te lo assicuro» convenne Draco, sorridendo a sua volta.
Hermione poggiò il capo sulla sua spalla e chiuse gli occhi; era bello, averlo lì con lei.
Ricordava vagamente i primi giorni di vita di Sirius, ma rammentava benissimo una costante sensazione di vuoto, malinconia e solitudine; non aveva mai capito se fosse dovuta alla mancanza dei ricordi o al fatto che soffriva dell’assenza di lui, anche se probabilmente era dovuta ad entrambe le cose. Si lasciò cullare per un po’ dalle sue carezze, premurandosi di riaprire gli occhi di tanto in tanto per non rischiare di addormentarsi e quando la piccola si staccò dal suo seno e sprofondò in un sonno tranquillo, Draco insisté perché riposasse un altro po’. Prese Lyra tra le sue braccia, la riposò nella sua carrozzina, accostata rigorosamente contro il letto, poi si riposizionò con la schiena contro la spalliera e trascinò il capo di Hermione sul suo petto, le mani che passavano tra i suoi capelli a un ritmo talmente rilassante che scandì quello del suo sonno.
Prima di tornare tra le braccia di Morfeo, però, Hermione lo sentì pronunciare qualcosa, qualcosa che, a ripensarci, ancora oggi le fa scaldare il cuore e sciogliere le gambe.
«Grazie, amore mio
*
«Te la senti di ricevere visite?» le domandò Draco, anche se ormai era passata una settimana dalla nascita della piccola e non potevano veramente più rimandarle.
«Ci sono Harry e Ginny, vero?» rispose lei, riponendo la bambina nella carrozzina.
«E la Donnola con Parvati.»
«Padma», lo corresse lei. «Parvati è la sua gemella.»
Il biondino sbuffò; non se lo sarebbe ricordato mai. Scrollò le spalle ostentando una teatrale nonchalance. «Che differenza fa? Sono uguali.»
«Non funziona così», rise Hermione, «lo sai.»
Draco le fece un occhiolino. «Non riesci neanche più a fingere di odiare questo lato di me.»
«No, non ci riesco», ammise lei, sospirando rassegnata. «Sono incondizionatamente innamorata di ogni parte di te, Draco Malfoy.»
La strinse tra le braccia e la baciò con passione, la sua mano che vagava lascivamente sui lembi di pelle lasciati scoperti dal vestito che indossava.
«Datti una calmata», gli disse, allontanandosi leggermente. «Non si batterà chiodo per un po’.»
«Battere… cosa?» ripeté lui, perplesso, facendola scoppiare a ridere di gusto; Hermione eseguì una serie di gesti eloquenti e le sopracciglia del biondino scattarono all’insù.
«Oh», fu tutto ciò che riuscì ad esclamare.
Hermione si morse il labbro inferiore per non ricominciare a ridere. «Uno penserebbe che la magia possa rendere più semplice e rapida la questione, invece no.»
«Che ingiustizia», commentò con fare tragico Draco.
Lo fissò con un sopracciglio sollevato. «E lo dici a me
Il biondino tirò su col naso in risposta. Hermione si mise addosso una vestaglia, sospirò e si voltò a guardarlo. Fece ruotare gli occhi: aveva già ripreso la bambina in braccio.
«Sono pronta», annunciò, poi sospirò e aggiunse: «se la abitui a stare sempre in braccio, quando diventerà più pesante o piagnucolona te ne pentirai.»
«Non la prendo così spesso», obiettò lui.
«Draco», disse Hermione, esasperata.
Non dovette completare la frase.
«E va bene, ma è così piccola e se non la tengo in braccio sento che potrebbe accadere una catastrofe.»
«Non accadrà niente», gli assicurò lei, facendogli un cenno del capo verso la porta.
«E comunque, dovevamo riprenderla ugualmente» cercò ancora di farsi la ragione. «Laggiù vogliono tutti conoscere lei.»
*
Era una mattina insolitamente calda per essere fine settembre.
Hermione non aveva alcun programma per quel compleanno, anche perché Lyra occupava troppo tempo delle sue giornate per pensare ad organizzare qualsiasi cosa; aveva persino chiesto a Draco di non elaborare una sorpresa delle sue, perché voleva trascorrere una serata tranquilla con lui e loro figli.
Magari, per una sera, Sirius si sarebbe staccato dalla carrozzina di Lyra per dedicare qualche istante a sua madre. Il bambino, infatti, era entrato subito in modalità protettiva nei suoi confronti; trascorreva gran parte del suo tempo libero ricoprendo di attenzioni la sorella e quando ricevevano delle visite, non permetteva a nessuno di starle accanto o di tenerla per più di cinque minuti.
«Deve riposare», diceva e tutti lo trovavano adorabile, ma Hermione sospettava che, in qualche modo, avesse ereditato l’iperprotettività fraterna di Ron.
Non che Draco stesso fosse da meno, comunque, al contrario, il suo lato leggermente possessivo andava intensificandosi giorno dopo giorno. Si era lamentato più volte di quanto gli desse fastidio che la gente chiedesse di prenderla in braccio e, anche se Hermione era segretamente d’accordo con lui, aveva dovuto spiegargli ripetutamente che non lo si poteva negare alla famiglia… e i Potter e i Weasley erano parte della sua ed era incredibilmente fortunata ad averli. Draco, ovviamente, non le dava ragione e rilanciava sostenendo che erano un po’ troppo espansivi anche con lei, per i suoi gusti, e Hermione era costretta a cambiare discorso per evitare di far degenerare la discussione. Tanto, pur di non litigare, finiva quasi sempre per arrendersi o, al massimo, borbottare il suo disappunto o lanciare qualche frecciatina velata. Il classico Draco Malfoy, insomma.
Il fatto che il biondino fosse sparito da più di un’ora, comunque, la stava facendo agitare.
Era ormai certa che qualcosa, al contrario di quanto le aveva detto, l’avesse in realtà programmata. Sperava solo che non fosse niente di spropositato, - Draco aveva un concetto di “piccoli gesti” un po’ diverso da quello della gente “comune” -, e che non includesse molti ospiti e fiumi di Burrobirra, soprattutto perché lei ne aveva una voglia matta, ma non poteva ancora bere e non voleva passare la serata a guardare i loro amici soddisfare quei futili capricci quando lei non ne aveva la possibilità da mesi.
Sporse il capo in direzione dell’ingresso non appena lo sentì rientrare e lui le si avvicinò con un sorriso radioso stampato in volto; le tese un mazzo di rose rosse, così tante che non riuscì neanche a contarle a vista. «Per la mia rosa, anche se non sono belle come te», le disse.
Hermione scoppiò a ridere. «Quand’è che tornerai in te?»
Era stato così sdolcinato per tutto il tempo dopo la nascita di Lyra. Iniziava a sentire la mancanza del suo sarcasmo a volte quasi pungente e dei suoi tentativi goffi e di scarso successo di celare il suo lato più dolce e romantico. A lei non la dava più a bere in quel senso.
«Prego, non c’è di che», rispose lui, ampliando il suo sorriso.
«Grazie», sussurrò Hermione, tornando seria e sollevandosi sulle punte per baciarlo.
Le cinse immediatamente la schiena per stringerla a sé, ma dopo qualche istante, prima che il bacio diventasse troppo travolgente, Draco si tirò leggermente indietro e si passò la lingua tra le labbra. «Devo dirti una cosa», iniziò, con l’aria di chi stava per fare una rivelazione o una confessione a lungo agognata.
«Non avevo dubbi», commentò lei, sospirando. «Cos’ha pianificato quella tua testolina da serpe malefica?»
«Giuro solennemente di avere buone intenzioni», ribatté lui, alzando le mani in segno di pace. «Ho una sorpresa per te», disse. «Due, cioè. Tre, potrebbero essere, in realtà.»
Hermione rise, sebbene i suoi occhi lasciassero a vedere un misto tra esasperazione, rassegnazione e lusinga. Compiacimento e inaspettata contentezza, persino.
«Ti ricordi quando sono stato fuori con Potter per tre giorni e poi il viaggio più lungo…?»
«Sto per sapere cos’è accaduto durante quel famoso viaggio?» lo interruppe lei, sollevando un sopracciglio.
Non era possibile che avesse pianificato tutto così in anticipo, pensò, ma Draco annuì.
«Io, ecco… Noi siamo andati in Australia.»
Il volto di Hermione si fece immediatamente serio. «C-cosa?», farfugliò, completamente spiazzata.
Forse tutto quello non aveva nulla a che fare con il suo compleanno. Si ritrovò a riflettere, incredula, che non aveva alcun senso che Draco stesse tirando fuori quel discorso in un giorno del genere.
La prese per un braccio e la condusse sul divano, chiedendole con un gesto della mano di accomodarsi; lo fece immediatamente, perché le sue gambe avevano cominciato a tremare e non si fidava di esse per sostenerla.
«Appena Kingsley mi ha comunicato che la pozione UnObliviate poteva essere usata anche sui Babbani», iniziò a raccontare con voce sommessa, «Potter e io siamo andati a somministrarla ai tuoi genitori.»
Il respiro le si mozzò in gola, sentendo quelle parole. Non le aveva detto niente, nessuno dei due lo aveva fatto. La sua mente stava iniziando ad urlare al tradimento, - duplice, dato che la vicenda coinvolgeva non solo il marito, ma anche il suo migliore amico -, ma decise di zittirla e di restare ad ascoltare l’intera spiegazione del biondino.
«Ho lasciato una Guaritrice con loro, la pozione… ci mette un po’ a fare un effetto completo, a seconda dalla quantità dei ricordi rimossi, ed è un processo delicato e richiede molto riposo… Alla fine, siamo andati a riprenderli, perché avevano espresso il desiderio di ultimare il percorso nella loro casa a Londra, che avevo fatto ristrutturare nel frattempo, anche se avrei dovuto prima chiederti il permesso, ora che ci penso…»
Hermione emise un gemito strozzato. «Draco… cosa stai cercando di dirmi?»
«Non te lo abbiamo detto prima perché volevamo prima essere sicuri dell’esito», proseguì lui. «E quando lo siamo stati avevi appena partorito… Loro non si erano ancora ristabiliti abbastanza per essere presenti alla nascita di Lyra…»
La giovane deglutì con forza, i suoi occhi colmi di lacrime e fissi in quelli argentei del marito, mentre il suo cervello lavorava freneticamente per dare un senso a quel fiume di parole inattese.
«E ho aspettato a dirtelo perché volevo che fosse una sorpresa» sussurrò infine, sorridendole timidamente; le fece cenno con il capo di guardare verso la porta d’ingresso della villa, che si spalancò, rivelando sull’uscio le figure tese dei signori Granger. «Ha funzionato, My», concluse Draco.
Hermione si portò le mani sul volto e scoppiò a piangere; corse dai suoi genitori, che la strinsero in un abbraccio soffocante e per un po’ ci furono solo parole farfugliate, confuse, e singhiozzi, lacrime ed esclamazioni di gioia, rassicurazioni volte a tranquillizzarla, ad assicurarle che non erano arrabbiati con lei, solo felici di riaverla nella loro vita. Si interruppero solo quando Draco si schiarì la gola e attirò la loro attenzione, Lyra stretta tra le braccia, che attendeva di poter allattare, Sirius che aveva una manina tremante stretta in quella del padre e li fissava come se temesse di poter essere rifiutato.
Hermione aprì la bocca e la richiuse, poi si voltò di nuovo a guardare i suoi genitori. «Sono i nostri bambini», spiegò in un sussurro. «Miei e di Draco. Noi… siamo sposati, anche se… rinnoveremo presto i voti…»
Non sapeva neanche da dove cominciare per chiarire tutta quella faccenda, per aggiornarli sulla loro storia intricata e per niente convenzionale. Sapeva che avevano notato l’età di Sirius, il cui aspetto rivelava che lo avesse avuto in giovane età, anni addietro. «È un po’ complicato», si arrese alla fine, con voce flebile.
Restò a guardarli per qualche istante, una parte di sé che stava temendo il loro giudizio, ma gli occhi dei coniugi Granger si riempirono di lacrime di commozione e si diressero di corsa a conoscere i bambini. Forse, Draco gli aveva già raccontato quello che era accaduto loro in quegli anni, o forse era stato Harry a spiegargli la situazione. Forse sapevano già tutto e lei non avrebbe dovuto dire assolutamente niente.
«Io sono Sirius e questa è la mia sorellina Lyra», annunciò il piccolo e Hermione quasi rise quando si accorse che stava cercando di darsi un’aria più “adulta”, cercando di imitare la postura e il modo di parlare di Draco; persino il biondino dovette mordersi il labbro per non ridere e farlo rimanere male, rivelando che il tutto gli dava più un’aria buffa che adulta.
La signora Granger prese in braccio Lyra e il signor Granger si lasciò trascinare da Sirius nella sala del piano, perché il bambino sapeva che al nonno piacesse suonare, - Hermione gli aveva raccontato che era stato lui a insegnarglielo da piccola -, e non vedeva l’ora di mostrargli quanto era diventato bravo.
Hermione si avvicinò a Draco e lo strinse così forte che lo sentì trattenere il respiro per un attimo; affondò il volto nel suo petto, le lacrime di gioia che non volevano smettere di fuoriuscire. «Non so come ringraziarti», singhiozzò contro il suo corpo, premendosi contro di lui con vigore. «Ti amo così tanto…»
Il biondino ricambiò il suo abbraccio, le accarezzò i capelli con dolcezza. «Ti amo anche io, My» le sussurrò in un orecchio, «e smuoverei il cielo e la terra pur di vederti felice.»
Hermione si alzò sulle punte e gli diede un bacio così travolgente che Draco dovette poggiare la schiena contro la parete per sostenerli entrambi, ma al quale ricambiò con altrettanto entusiasmo, finché la signora Granger non si schiarì la gola, costringendoli a separarsi con uno scatto brusco e improvviso che le fece quasi girare la testa. Si resse con una mano al braccio del marito.
«Ehm, tesoro, mi dispiace interrompere, ma credo che Lyra voglia mangiare.»
La piccola scoppiò a piangere proprio in quel momento e Hermione si allontanò a malincuore dal marito, il volto di un rosso acceso dall’imbarazzo, mentre si dirigeva verso la madre per prendere Lyra tra le braccia. «Vado di sopra» annunciò con voce strozzata e abbassò lo sguardo quando notò che anche suo padre e Sirius erano ritornati nella stanza, anche se nessuno dei due sembrava avere gli occhi puntati nella loro direzione.
Prima di imboccare l’angolo dove le scale svoltavano verso la zona notte, Hermione si fermò per gettare una rapida occhiata alle persone in salotto: Draco si era avvicinato ai signori Granger, ognuno dei quali aveva afferrato una sua mano e gliela stava stringendo.
«So che dovete avere dei ricordi non proprio positivi di me, ma…» stava dicendo il biondino, il nervosismo evidente nel linguaggio del suo corpo, che Hermione conosceva troppo bene per non notare.
La signora Granger scosse con forza il capo. «Non preoccuparti, caro», gli disse. «Non c’è bisogno di dire niente.»
Allora era stato Harry a raccontargli tutto quanto. Hermione gliene fu grata.
«Per noi, sei l’uomo che ci ha ridato nostra figlia, la persona che la sta rendendo felice», aggiunse il signor Granger. «Non ci importa niente del passato.»
L’espressione sul viso di Draco, la sua compostezza, vacillarono; Hermione lo vide chiaramente e conosceva i suoi occhi grigi così bene da riconoscere anche a quella distanza la lucentezza datagli da un accenno di lacrime.
«Credo che delle scuse siano dovute ugualmente», rispose lui, tirando su col naso.
«Se cerchi il nostro perdono caro, dovresti sapere che lo hai già», dichiarò dolcemente la signora Granger.
«E hai anche la nostra gratitudine, per averci ridato la nostra bambina.»
«Sono io che ringrazio voi, signori Granger», disse Draco. «Perché senza di voi non avrei luce, nella mia vita. Hermione è la mia luce.»
Il cuore di Hermione si era sciolto tre volte durante quella giornata: la prima, era stata quando aveva visto i suoi genitori, quando aveva realizzato che loro ricordavano; la seconda, era stata nel sentire Draco dire quelle parole, definirla “la sua luce”; la terza, fu quando Harry e Ron, accompagnati dal resto della banda caotica costituita dai Potter e dai Weasley, Neville e Hannah e tutti i loro amici, Luna Lovegood inclusa, appena tornata in Inghilterra in seguito alla revocazione della Marriage Law, fecero capolino all’improvviso a Dragonshore, tutti con aria festante. Hermione era stata così presa dai suoi genitori da non accorgersi che, nel frattempo, nel giardino stavano tutti allestendo una festa per lei, o per tutte le ragioni che avevano per cui celebrare quella giornata, né si era resa conto delle varie sparizioni di Draco, che andava a controllare come stava procedendo la preparazione dell’ultima parte della sua sorpresa.
E anche se fino a quella mattina Hermione non aveva avuto alcuna voglia di festeggiare, in quel momento si ritrovò a pensare che era immensamente grata per le persone che facevano parte della sua vita perché, aveva convenuto, averli lì, tutti insieme, coloro che amava più di ogni altra cosa al mondo, era il regalo più bello che potessero farle.
   
 
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