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Autore: Ghost Writer TNCS    18/02/2023    2 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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32. Secoli di esperienza

Il sole era tramontato e le due lune stavano lentamente prendendo possesso del cielo stellato, ma il grande portone era ancora sbarrato. Davanti ad esso si era formata una piccola folla: c’erano i capitani di Havard, Tenko, Zabar, D’Jagger, Freyja, ma nessuno aveva osato avvicinarsi ai battenti.

La notizia dell’incontro si era ormai diffusa in città, subito seguita da mezze verità, insinuazioni e complete bugie. Qualcuno già temeva che una delle parti avesse usato la violenza per porre fine alla trattativa, ma la verità era che nessuno aveva udito rumori che facessero pensare a uno scontro. In effetti nessuno poteva dire di aver davvero sentito qualcosa.

All’improvviso un rumore: il portone si stava aprendo. Tutti i presenti si alzarono in piedi e puntarono i loro sguardi sui battenti in lento movimento.

Havard e Shamiram apparvero affiancati. Nambera era poco più indietro, Reton e Sigurd invece stavano aprendo le due metà del portone.

L’orco pallido e l’umana fecero qualche passo avanti.

«Abbiamo un accordo» sentenziò il figlio di Hel. «Come richiesto da Shamiram, non creerò altri redivivi, e ho promesso di liberare quelli già presenti in città una volta che gli assedianti saranno sconfitti. In cambio, Shamiram e i suoi alleati ci aiuteranno a spezzare l’assedio e a scacciare i nemici.»

Fece una breve pausa per valutare gli sguardi dei suoi capitani: erano un po’ provati dalla lunga attesa, ma l’annuncio era stato soddisfacente.

«Domani a mezzogiorno sferreremo il nostro attacco contro i servi degli dei» affermò Havard. «Assicuratevi che le truppe siano pronte. Potete andare.»

I capitani annuirono e si allontanarono insieme al vicecomandante Reton.

Havard e Shamiram si scambiarono un rispettoso saluto, quindi anche il pallido se ne andò insieme a Nambera.

«E anche questa volta il nemico comune ha salvato la situazione» commentò D’Jagger. «Che fine farebbe l’universo senza quei cattivoni che mettono tutti d’accordo?»

Mentre anche loro si avviavano per tornare all’astronave, Zabar si avvicinò a Sigurd. «Emh, per caso avete avuto modo di parlare di Icarus?»

«Abbiamo parlato di diverse cose, e Havard non ha annunciato tutti i punti del nostro accordo, né lo farò io» ammise l’elfo. «Ma posso dirti che non abbiamo discusso del tuo amico, né delle persone impiccate nella piazza. Capisco che sia una questione importante per voi, ma è davvero una questione interna che riguarda il modo in cui Havard intende regnare, quindi non abbiamo voluto interferire.»

Il demone annuì mestamente. «Sì, lo capisco.»

«Ma allora cosa facciamo adesso?» chiese Tenko. «Davvero continueremo a combattere per lui?»

«Gli abbiamo dato la nostra parola, quindi io e Shamiram combatteremo per lui, almeno per questa battaglia» confermò Sigurd. «Voi però siete liberi di fare quello che ritenete giusto.»

Per un momento calò il silenzio, finché un brontolio di stomaco non distolse i presenti dai loro pensieri: così come quelli impegnati nella riunione, anche gli altri non avevano ancora toccato cibo.

D’Jagger si batté una mano sulla pancia. «Per chi non parlasse lo stomachese, questo vuol dire “ci pensiamo dopo cena”.»

Era mezzogiorno e nel campo degli assedianti stavano cominciando a distribuire il pranzo. Razioni misere per i soldati, razioni più abbondanti per gli inquisitori, e un piccolo banchetto per il figlio di Nergal.

Il semidio stava per addentare una succosa coscia arrostita quando un messaggero entrò nella sua ampia tenda. Si inginocchiò. «Divino Urmah, il nemico è uscito da Gurtra! Si stanno dirigendo qui!»

«Finalmente quel codardo si è deciso» commentò il sauriano cornuto. «Sono usciti per arrendersi? O vogliono combattere?»

«Tutto fa pensare che vogliano combattere.»

Il figlio di Nergal ghignò. Strappò un pezzo di carne dalla coscia che aveva ancora in mano, e poi la usò per indicare l’uscita dalla sua tenda. «Dai l’ordine di mobilitarsi, dovete avanzare immediatamente. Schiacceremo quei vermi una volta per tutte ora che sono fuori dalle mura.»

«Certo, divino Urmah.» L’orco si alzò e lasciò la tenda per riferire l’ordine.

«Divino Urmah, dobbiamo tenere in caldo il vostro pranzo?» domandò una delle ancelle, un’affascinante sauriana che lo aveva seguito fin lì da ovest.

«Non serve. Scenderò in battaglia quando avrò finito di mangiare.»

Mentre il figlio di Nergal continuava a consumare il suo piccolo banchetto, gli altri guerrieri abbandonarono le loro razioni per imbracciare le armi e partire all’attacco. I comandanti li spronarono a fare più in fretta possibile, lanciandoli alla carica non appena erano pronti, senza curarsi minimamente di preparare una formazione: dovevano sfruttare il fatto che il nemico era fuori dalle mura, la disparità numerica avrebbe fatto il resto.

Havard, che aveva previsto la confusione del nemico, aveva dato ordine ai suoi di avanzare in formazione compatta, sfruttando la prima linea di redivivi per assorbire l’impatto dei nemici, mentre i cavalieri seminavano il panico in sella ai loro draghidi.

I primi guerrieri del Clero si avventarono sui nemici con la solita determinazione, ma i loro colpi erano fiaccati dalla fame. I redivivi bloccarono con i loro imponenti scudi a torre e risposero con decisione, colpendoli senza pietà.

I movimenti dei cadaveri rianimati non erano rapidi e precisi come quelli dei guerrieri ancora in vita, ma avevano il grande vantaggio di non sentire dolore e di poter continuare a combattere a dispetto delle ferite. Solo le mutilazioni più gravi potevano fermarli, ma infliggere tali ferite era quasi impossibile per via dei loro grandi scudi.

Ben presto i guerrieri del Clero capirono che sarebbe stato impossibile fermarli con un attacco disordinato, e molti cominciarono a indietreggiare. Ma dovevano fare qualcosa: non potevano lasciare che il nemico raggiungesse il loro accampamento.

Un’ondata di incantesimi si riversò sui soldati di Havard, falcidiandoli a decine: finalmente i chierici si erano uniti alla battaglia.

«Bacchette!» gridò Reton. «Avanzate!»

Subito lo schieramento di redivivi si aprì per far passare le unità a lungo raggio, che risposero all’offensiva dei chierici con i loro attacchi magici.

Anche Tenko era tra loro, e sfruttò la sua bacchetta per scatenare fulmini e scagliare rocce contro i nemici.

La demone vide un gruppo di religiosi che stava preparando un incantesimo combinato. «Lì! Colpite quelli!» gridò.

Indirizzò i suoi attacchi contro il manipolo di chierici, ma altri nemici avevano eretto una barriera per proteggerli.

«Mmh, forse ho un’idea» rifletté D’Jagger, che si trovava al fianco della demone. Fece comparire un’altra delle sue granate e la scagliò verso la barriera. L’ordigno non esplose, ma creò una nuvola di fumo che si insinuò nella cupola e avvolse i chierici. Subito i malcapitati sentirono un forte bruciore a gola e occhi, così intenso da costringerli ad annullare lo scudo.

Ma ormai la magia offensiva era pronta: dei globi incandescenti si addensarono nel cielo e cominciarono a piovere sulle truppe di Havard.

«Scudi in alto!» gridò Reton sollevando il proprio. «Scudi in alto!»

Tenko e D’Jagger videro una palla di fuoco diretta proprio contro di loro. Era troppo grande e non c’era abbastanza spazio per schivarla. Avvertirono il calore farsi cocente, poi uno scudo di ferro si frappose fra loro e il piccolo sole. Udirono l’impatto scrosciante e poi una pioggia di scintille relativamente innocue piovve tutto intorno a loro.

«Tutto bene?» chiese Freyja abbassando lo scudo, attenta che non arrivassero altri attacchi.

«Tutto a posto» annuì D’Jagger. «Grazie, scudiera.»

In realtà sia il goblin che la demone sarebbero stati in grado di proteggersi dall’impatto, ma l’intervento di Freyja aveva salvato gli altri guerrieri di Havard lì intorno.

Per la poliziotta comunque non era stato facile accettare di scendere in battaglia. Perfino quella stessa mattina, quando il goblin le aveva chiesto cosa pensava di fare, non era riuscita a dare una risposta definitiva.

“Non lo so” aveva ammesso. “Ho promesso che vi avrei dato una mano, ma ho anche giurato a me stessa che non avrei combattuto mai più per un dittatore.”

“Beh, quelli però ti hanno usato come arma” le aveva fatto notare D’Jagger. “Anche secondo me quel tipo è un po’ troppo egocentrico, ma tra lui e gli dei, credo sia il male minore.”

Alla fine quello le sembrava il compromesso migliore – o almeno quello meno peggiore – per non venire meno ai suoi ideali: avrebbe protetto i guerrieri di Havard, ma non avrebbe usato il suo corpo potenziato contro i servi degli dei.

Mentre in campo aperto infuriava ancora la battaglia, il figlio di Nergal finì il suo lauto pasto e si pulì la bocca con un tessuto morbido e pregiato.

«Mettete via le mie cose» ordinò alle sue servitrici. «Questa sera banchetteremo nella sala più grande di Gurtra.»

«Certo, divino Urmah.»

Alcune sauriane cominciarono ad aiutare il figlio di Nergal a indossare la sua luccicante armatura, ma non erano nemmeno a metà del lavoro quando l’intera tenda si sollevò da terra e collassò da un lato, lasciandoli totalmente allo scoperto.

«Tu devi essere il figlio di Nergal» esordì Shamiram, che si era infiltrata senza difficoltà nel campo nemico approfittando della confusione generale.

«E tu chi saresti?» ribatté Urmah, per nulla intimorito dalla sua figura elegante.

«Sono Shamiram di Babilonia. Ho promesso a Havard che mi sarei occupata di te. Quindi fai il bravo e ti porterò da lui vivo.»

Il sauriano rise con sprezzo. «Tu e quale esercito? Quel branco di eretici?»

L’umana sollevò una mano e una massa scura avvolse il figlio di Nergal. Dapprima elastica e appiccicosa, la sostanza divenne in pochi istanti dura come pietra.

«Io sono l’esercito» rispose Shamiram, e non senza mostrare una certa soddisfazione.

Il suo avversario era un semidio, eppure lei – che non era nemmeno nata con la magia – era in grado di tenergli testa. E questo grazie al Sigillo di Salomone, un antico anello che le permetteva di controllare alcune creature magiche. Che fossero chiamati jinn[22], demoni, diavoli, spiriti o essenze, faceva poca differenza. In quel momento ad esempio aveva invocato il potere del jinn del bitume, e grazie ad esso era in grado di manipolare a piacimento quella sostanza tanto versatile quanto poco elegante.

«Taci, eretica!» gridò il sauriano. «È con il figlio di Nergal che stai parlando!»

 Facendo appello a tutta la sua forza, Urmah premette contro la sua prigione di catrame, riuscendo finalmente a spezzarla. Appena libero, evocò un globo di fiamme e lo scagliò contro Shamiram.

L’umana non ebbe bisogno di schivare. L’attacco la centrò in pieno e non sortì alcun effetto: il fuoco era del tutto inutile grazie al suo legame con il jinn fenice.

«E va bene, te la sei cercata» abbaiò il figlio di Nergal. «Neanche tu puoi fermare questa pestilenza!»

 Dalle mani del sauriano si diffuse una nube tossica che in pochi secondi cavalcò il vento in ogni direzione.

«Moccioso ignorante» sibilò Shamiram. Fece ancora appello al jinn fenice e con un turbine di fuoco bruciò la piaga prima che potesse diffondersi. «Vuoi ammazzare tutti quanti?!»

Vedendo che anche quell’attacco era stato del tutto inefficace, Urmah tentennò.

«Ora, qui non c’è abbastanza acqua per evocare un’inondazione, e se provi a evocare i morti giuro che ti strappo l’anima con le mie mani» lo ammonì Shamiram. In realtà non era sicura che quel semidio potesse evocare i morti dato che la vera dea dell’oltretomba era Ereshkigal[23], ma magari Nergal aveva acquisito tale potere mentre si trovava a Raémia. «Abbi un po’ di dignità e ammetti la sconfitta.»

Il sauriano esitò ancora. «No…» Scosse il capo. «No. No! Non mi avrai! Non mi avrai mai!»

Shamiram si aspettava un altro attacco disperato, invece il figlio di Nergal le voltò le spalle e corse via.

«Patetico» esalò l’umana.

Evocò il jinn bitume e lo imprigionò in una massa nera e appiccicosa, dopodiché lo trasse di nuovo a sé.

«Forse tra un paio di secoli sarai alla mia altezza» gli disse. «Sempre ammesso che Havard non ti uccida prima.»

Grazie al jinn della telecinesi, Shamiram e il suo prigioniero si alzarono in volo e cominciarono a fluttuare lentamente verso l’armata di Havard. Tutti quanti poterono vederli: guerrieri del pallido e servi degli dei.

Quando l’umana raggiunse il figlio di Hel, lo scontro era già in stallo.

«Il vostro comandante, il figlio di Nergal, è mio prigioniero» annunciò Havard, amplificando la portata della sua voce con la magia mentale. «Gli dei hanno perso un’altra volta. Questo vuol dire che siete liberi. Liberi di unirvi a me e di ambire a un futuro migliore. Decidete, ma fatelo in fretta. Perché questa sera ci sarà un grande banchetto, e tutti i miei sudditi devono fare la propria parte per prepararlo.»

Al sentire quelle parole, le sue truppe risposero con grida di gioia, a cui seguì un roboante coro di ovazione in nome del loro sovrano.

«Havard» lo chiamò Shamiram una volta concluso il breve discorso.

«Sì, lo so» il pallido si connesse ai redivivi che aveva creato e, una dopo l’altra, liberò tutte le loro anime, assicurandosi di farle tornare nel regno infernale di sua madre. Stava sacrificando un gran numero di preziosi guerrieri, ma mantenere la parola data era più importante di quel vantaggio militare.

Ora che la battaglia era finita, i guaritori rimasti a Gurtra poterono uscire dalla città per curare i soldati, inclusi tutti quelli che avevano accettato di sottomettersi al pallido. Solo una parte dei guerrieri del Clero era rimasta fedele agli dei, preferendo darsi alla fuga con gli inquisitori rimasti piuttosto che rinnegare le proprie credenze.

«Cosa farai di lui?» chiese Shamiram accennando al figlio di Nergal.

Havard gli lanciò uno sguardo severo. «Per ora sarà mio prigioniero, poi si vedrà.» Lo guardò negli occhi. «Anche tu potrai unirti al mio regno, se è ciò che vuoi. Ma dovrai rinunciare agli onori che hai acquisito per nascita. Se vuoi il prestigio, dovrai guadagnartelo, come tutti gli altri.»

«Tu non vincerai» ribatté Urmah. «Sei solo il figlio di una dea dimenticata. Presto o tardi mio padre gli altri dei ti schiacceranno. E anche tu sarai dimenticato.»

Il pallido rimase in silenzio. Poi si voltò verso Shamiram. «Spero vorrai unirti al mio tavolo d’onore per il banchetto di questa sera. Sono sicuro che Nambera saprà cucinare qualcosa di tuo gusto.»

«Grazie, accetto con piacere.»


Note dell’autore

Buon ciao! :)

Che dire, anche se Havard e Shamiram hanno trovato un accordo, sono riuscito comunque a inserire un po’ di effetti speciali XD

Durante lo scontro scopriamo qualcosa in più sui poteri di Shamiram, che derivano dal Sigillo di Salomone e dai jinn. Curiosità: mentre pensavo a quali poteri darle, ho scoperto che il bitume era utilizzato già in epoca babilonese, quindi direi che si sposa perfettamente con la figura di Shamiram ^.^

D’altra parte, se l’umana può fare sfoggio dei suoi poteri, è anche a discapito di Urmah, che pur essendo un semidio è stato completamente surclassato. Ma non facciamogliene una colpa: la loro differenza di esperienza era troppo grande.

Per concludere, gli assedianti sono finalmente stati sconfitti, quindi non perdete il prossimo capitolo perché è giunto il momento di festeggiare con un grande banchetto ;)

A presto ^.^


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[22] Entità soprannaturale della religione preislamica, solitamente di natura malvagia. Anche chiamati geni.

[23] Dea degli inferi della mitologia sumera e moglie di Nergal.

   
 
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