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Autore: Brume    18/02/2023    4 recensioni
Di ritorno da una commissione per conto del Generale Jarjayes, Oscar e André vengono colti alla sprovvista dal maltempo che li costringe a prendere rifugio in una locanda. Non è la prima volta e si adattano, senza tanti patemi, a quell' imprevisto. Sono sereni, sembrano quasi nascondere un segreto; nei loro pensieri alberga ora qualcosa di nuovo, di bello e niente, davvero, potrebbe turbarlo.
Qualcosa che non avevano messo in conto, tuttavia, accade...e non è piacevole, anzi: la storia inizia da qui e si svilupperà lungo sentieri talvolta complessi che, a lungo andare, potrebbe cambiare il loro destino per sempre.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ho aggiunto una cosetta, estemporanea, nel mio solito stile! Buona lettura !


11 gennaio 1789


André si risvegliò, come accadeva da qualche giorno a quella part, madido di sudore e con  il fiato corto e, subito, si era alzato dal letto quasi a voler ricacciare indietro le spiacevoli sensazioni che
l’ ennesima notte tribolata aveva lasciato sul suo suo corpo e nella sua mente; una fitta  gli  aveva immediatamente attraversato la testa da parte a parte, chiaro sintomo dell’ estrema carenza di sonno…ma lui, nemmeno ci fece caso.
Da qualche giorno si era ripreso - per così dire e con somma gioia di Nanny – dalle febbri che lo avevano sconquassato. Ma se il corpo aveva ricominciato in qualche modo a funzionare, il senso di colpa per avere lasciato la sua Oscar non era scomparso, affatto…anzi, gli faceva compagnia tutte le notti, appunto,  riducendolo quasi all’ ombra di sé stesso.
Eppure ci provava, André, a trovare una via di uscita, a reagire…a studiarsi un qualche piano che potesse riportarlo da  lei; si era anche recato a Versailles dove aveva appurato che Girodel non fosse nei dintorni, chiedendo lumi su un suo rientro dalle esercitazioni e sulla situazione sociale e politica di Parigi; dalla nonna , aveva saputo inveec che il Generale Conte si sarebbe fermato a Quimper. Teoricamente, avrebbe avuto la libertà ed il tempo per muoversi fuori e dentro Palazzo, senza problemi eppure, nonostante tutto, non faceva altro che girare a vuoto, senza un senso, inquieto.
E le notti, quegli incubi….
Stare lontano da Oscar lo rendeva instabile.
Saperla in quelle condizioni, saperla promessa gli obnubilava i sensi e la ragione; ogni volta che provava a fermarsi, riflettere… finiva per alzarsi di scatto, correre da una parte all’ altra della tenuta, prendere il cavallo e fare lunghe passeggiate nelle terre del suo ex padrone…
Toccò a Nanny riportarlo alla ragione; e lo fece quella stessa mattina.

Una volta che si fu preparato, con lentezza e infinite pause, André si era recato come di consueto nelle cucine dove la nonna già lo attendeva. Il palazzo era semivuoto; senza i padroni, a parte le poche incombenze giornaliere atte a mantenere l’ enorme tenuta, la servitù se ne stava infatti ad oziare.

“Buongiorno, Nonna” disse non appena la raggiunse; posò una mano sulla spalla della donna intenta a lavare alcune patate e le diede un bacio sulla guancia.
“Buongiorno André” rispose lei, asciugandosi le mani e infilandone poi una in tasca, per prendere il foglio richiuso con la ceralacca, consegnandolo al nipote.
“ E’ giunta pochi minuti fa. Una missiva da parte di Madame…” disse.
Lui restò immobile con la lettera in mano, fissano prima Nanny e poi il pezzo di carta.
La governante rinunciò alle sue mansioni per preparare del latte caldo e tagliare una fetta di torta appena sfornata. André posò la lettera sul tavolo, le mani tremanti. Prese la fetta di torta che la nonna gli aveva messo davanti agli occhi, afferrò la scodella con il latte, ne prese un sorso.

“Dunque…non la apri? “ domandò la vecchina con apprensione, sedendosi a sua volta.
Lui fissò Nanny e, senza togliere gli occhi da lei, allungò la mano e prese la busta; con un movimento deciso la aprì, quasi trattenendo il fiato;  poi, in tutta fretta lesse le parole vergate con mano ferma e sicura dalla madre di Oscar. Infine…ripiegò il foglio e lo cacciò in tasca.
I suoi occhi erano lucidi, lo sguardo confuso.

“…Dice che Oscar potrebbe sposarsi entro luglio e che io…io dovrei fare qualcosa.”

La governante spalancò gli occhi.
Che razza di fandonie stava mai dicendo il nipote?

“Andrè, ma che dici?” domandò, infatti; lui allora riprese la lettera è la  consegnò tra le mani di Nanny.

“Leggi, così vedrai con i tuoi occhi” disse; ed attese che l’ anziana donna facesse come richiesto.

La donna iniziò a leggere, sottovoce, salvo poi zittirsi d’ un tratto.

“Allora… è davvero così” disse, la voce bassa, lasciando cadere il foglio dalle mani.

André la guardò, confuso.

“Sembra quasi che ti dispiaccia….”disse.

Sua nonna si alzò in piedi, cambiando radicalmente espressione.

“Come puoi dire una cosa simile? Io voglio solo il tuo bene, lo sai….”
L’ uomo incrociò le braccia sul petto, mentre la nonna alzò lo sguardo verso un punto non ben definito oltre le sue spalle.

“…solo che? “

Trascinando i passi quasi sentisse e portasse sulle proprie spalle i guai del mondo intero, la donna si alzò ed iniziò a camminare, volgendo il capo verso il nipote ancora immobile affinchè la seguisse. Lui fece come tacitamente richiesto e, in breve tempo, giunsero al giardino d’ inverno. Ancora in attesa di una risposta André lasciò che la nonna si accomodasse e poi fece lo stesso.
Nanny si guardò in giro.
Prese un sospiro.
Infine, parlò.

“Io l’ho sempre saputo, André, che sarebbe andata a finire così: credi che il pensiero non mi abbia reso felice? Tuttavia, mio caro nipote, sono vecchia, conosco molte cose di questo mondo e ho sempre avuto paura che ciò accadesse sul serio: per quanto la famiglia Jarjayes ci voglia bene siamo…siamo pur sempre povera gente, servi. Non credere, mio caro, che la tua libertà sia davvero tale; resterai, agli occhi di tutti, un servo e come tale verrai trattato. A parte ciò…io, in questa storia, ho cercato di starmene fuori, di badare tanto a te tanto ai padroni, per il quieto vivere…ed è per questo che non ho mai messo becco…”
André stava per intervenire, ma la sua congiunta lo fermò.  Abbassò il viso, allungò le braccia. Lui fece lo stesso e le loro mani si intrecciarono. Come quando ero bambino…pensò, lui, teneramente.

“…Ora, però…ora che vedo la tua forza, la tua disperazione…ora che ho letto le parole di Madame…so cosa fare. Ti seguirò, André, in qualsiasi cosa tu voglia fare e non importa se per me questo rappresenta un pericolo. Ho i miei anni, se la mia vita dovesse finire non voglio avere alcun rimpianto…” concluse la governante.

André ascoltò incredulo parola per parola, attentamente, Nanny era triste, stanca.
Avrebbe voluto abbracciarla, rendere quegli abbracci che – da piccolo - di tanto in tanto lei gli dispensava, facendolo sentire per un attimo come un bimbo qualsiasi…

“Non sei tenuta a farlo, nonna. Tu qui…hai pur sempre un posto dove stare e poi… è molto pericoloso.” rispose, non avendo il coraggio di aggiungere altro. Lei lasciò le mani dell’ uomo e le picchiò con forza inaspettata sul piano del tavolino in legno che li divideva.

“Credi che qui non sarei in pericolo? Ora, io ho cresciuto Reyner e sono quasi sicura che, una volta scoperto cosa sta succedendo, lui non mi torcerà un capello…ma tutti gli altri? Non appena si verrà a sapere qualcosa, le altre figlie, i generi…non so se saranno così magnanimi. Prendendo posizione nei tuoi confronti è come…come se tradissi la famiglia….”
André rifletté molto su significato di quel ‘ tradire’ ma non volle aggiungere altro alle parole che aveva ascoltato: anzi, era grato a sua nonna.
 “Va bene, nonna “ disse riprendendo le manine esili e stanche tra le sue “ Ma ad una condizione: per il momento mi aspetterai, a Parigi, lontana da qui.” disse.
La donna sembrò voler ribattere. Lui intervenne, ancora.

“André…”
“Non dire nulla: ti porterò in un posto e li rimarrai finché non avrai mie notizie. Intesi?” disse; era più che mai deciso. La nonna mosse lentamente il capo.

“Si”.



Così, dopo aver sistemato in fretta e furia le poche cose che aveva con se e aver pregato per ore, in un giorno che volgeva al tramonto, Nanny lasciò la casa nella quale era sempre vissuta seguendo il nipote  nel luogo più sicuro che si  potesse conoscere: da Alain. Gli ci volle un attimo prima di raggiungere l’abitazione dell’ amico che, a quanto pare, aveva cambiato almeno tre sistemazioni nel giro di qualche mese; ma, alla fine, André la trovò.


“Quindi, esattamente, cosa dovrei fare?” domandò bisbigliando Alain, ancora incredulo per quella improvvisata; i due erano in piedi, l’ uno accanto all’ altro, fissando l’ arzilla vecchietta che stava ispezionando le due stanze a pian terreno di rue de Saint Martin.

“Nulla, Alain. E’ già tanto che non ti trovi lei qualcosa da fare, considerando il suo modo di essere.... Dovrai solo badare alla sua sicurezza finchè non raggiungo Oscar e capisco cosa fare. ” rispose l’ altro.

Alain guardò esterrefatto la donna mentre passava il piccolo indice sugli unici due mobili disponibili. Deglutì, timoroso; dopodiché tornò a fissare André.
“Devi ancora raccontarmi tutto quanto…”

“Andiamo, ti offro una birra” fu la risposta di André; non erano cose di cui discutere davanti alla donna, anche se oramai era al corrente di tutto.
“Nonna, noi usciamo. Non ci allontaneremo troppo, siamo nella taverna qui all’ angolo, così possiamo tenere d’ occhio i dintorni.” disse poi, mentre indossavano le rispettive giacche, recandosi verso la porta.
Nanny annuì, sapeva che non l’ avrebbero lasciata sola se non ci fosse stato un buon motivo; infine, osservò i due giovani uscire e,  non appena furono fuori dalla sua vista, iniziò a sistemare. Lei, in quel secondo giaciglio malmesso e puzzolente non avrebbe mai dormito, nemmeno se costretta.




Alla taverna, intanto, i due si erano presi un tavolo. Da pochi minuti erano giunte anche le birre e qualcosa da mettere sotto i denti, ordinati al volo ad una cameriera non appena entrati.

“Allora…raccontami tutto. Mi sono perso un po' di cose, scommetto ...”

André prese una sorsata di birra e si guardò in giro; nonostante non fosse un bellissimo periodo la taverna era piena di gente.

“Oscar si è risvegliata….”
Un lungo sospiro accompagno la dichiarazione fatta a mezza voce e l’ altro, per poco, non sputò il formaggio che aveva appena addentato.

“Me lo dici così? E come sta?”

“Questo non te lo so dire: Girodel ha scoperto che mi trovavo li e, di fatto, mi ha cacciato. Sono fortunato che si sia accontentato di questo e che non abbia fatto di peggio.”rispose André.
Alain , serio, lo fissò.

“…hai almeno parlato, con lei?”

“No: non ho fatto in tempo. Proprio mentre ero sulla porta… lei ha aperto gli occhi… riguardo al resto, non so nulla: ma spero in cuor mio che la situazione non sia cambiata, anzi…ma sia migliorata.”

“ …mi dispiace, André” rispose Alain, chinando il capo “ …ma…quando è successo?”

André si fermò a pensare.
Non che avesse bisogno di fare chissà che calcolo ma,  in quel momento, l’ unica cosa che aveva per la testa era lo sguardo della donna.
“…è successo tutto circa tre settimane fa. Nel frattempo io ho vagato per un po', sono rientrato a palazzo e… poi sono arrivate le febbri; sto meglio solo che da qualche giorno…”

I due finirono la birra che ancora era nei loro bicchieri e ne ordinarono dell’ altra.
Poi, André ricominciò a parlare e raccontò doviziosamente ogni cosa , di Madame, del loro ‘accordo’, della lettera.
Alain, che più di una volta avrebbe voluto chiedergli per quale motivo non avesse ancora fatto nulla, capì: la situazione era complicata , André era da solo…che speranze avrebbe mai avuto, quantomeno nell’ immediato? Passarono così almeno tre ore, tra una chiacchiera e l’ altra, ore intervallate anche da lunghi silenzi.

Suonava l’una, quando uscirono dalla taverna.

“Ora che farai?” domandò Alain quando furono per strada, ficcando le mani in tasca per ripararle dal freddo. L’ amico si passò una mano tra i capelli e sistemò il bavero della giacca.
“Tornerò a Palazzo, radunerò le mie cose, rivedrò il percorso e poi riposerò un poco; domattina mi metterò in cammino. Non andrò direttamente a Quimper, questo no; sarebbe un suicidio. Cercherò alloggio in qualcuno dei villaggi vicini e li osserverò la situazione, magari mettendomi preventivamente in contatto con Madame…ed al momento buono…al momento giusto prenderò Oscar e la porterò via con me.”
I due iniziarono a camminare, tornando verso casa.

“E Oscar? Hai pensato a lei? Come la prenderà?”
André cercò gli occhi dell’ amico.
“Ci penso ogni istante…ci penso sempre! Al riguardo, non so proprio cosa pensare. Vedrò…al momento” rispose.
Nel frattempo erano giunti davanti casa di Alain.

“Non entri a salutare tua nonna?” domandò.

André guardò il piccolo e anonimo calesse che aveva lasciato poco distante. Negò.
“Meglio di no. Senti, Alain, io spero di farti avere mie notizie quanto prima.
Può essere che ti chieda di raggiungerci da qualche parte insieme a Nanny. Saresti disposto a fare questo? ” chiese all’ amico infilando le mani in tasca per prendere del denaro da lasciargli.

Alain fermò le mani di André e si voltò; afferrò la maniglia del portoncino in legno.

“Non devi nemmeno domandarlo” rispose , dandogli le spalle.
André si fermò ancora un attimo, fissandò l’enorme schiena davanti a sé… E poco dopo sparì, nel buio, tornando a Palazzo.




Una volta sistemato il mezzo usato per recarsi a Parigi, scelta quanto mai opportuna, André entrò , si recò nella propria stanza e radunò tutte le sue cose.
Ciò gli provocò non poca nostalgia visto che – probabilmente  e comunque sarebbero andate le cose – in quel luogo non sarebbe più tornato ma non si lasciò prendere, cercò di mantenere la mente lucida; una volta sistemati i pochi vestiti sul letto e conteggiato il denaro in suo possesso che, tra carte e moneta corrente, raggiungeva una somma di tutto rispetto per un semplice cittadino, si lavò, infilò i suoi averi in una sacca e con indosso solo la lunga camicia da notte, si sedette davanti alla scrivania dove consultò per l’ ennesima volta tutti i vari appunti che aveva preso. Era giunto il momento di mettersi in moto e , soprattutto, fare si che tutto fosse organizzato nei minimi dettagli.
Pensò fosse bene scrivere a Madame già in quel momento, avvisandola che sarebbe partito e che
l’ avrebbe aggiornata man mano;  preparò il necessario e quindi, deciso, posò la piuma d’ oca intrisa di inchiostro sul foglio. Una volta finito, la lasciò asciugare e poi la chiuse.
Infine afferrò un paio di fogli svolazzanti dove si era segnato alcuni percorsi, fogli che gemevano li da un paio di giorni; li guardò, stimò a grandi linee la durata e lunghezza di ogni tappa e poi scelse la via che pareva migliore.
Una volta finito il tutto, fissò la piccola pendola ed i suoi pesi, sistemata sul muro alla sua sinistra e, visto l’orario, considerò che forse sarebbe stato meglio andare a farsi un buon sonno.



In viaggio, circa cinque giorni dopo.


Yveline, Dreux, Allainville furono le prime tappe di questo lungo e agognato percorso: percorrendo tra i cinquanta ed i settanta chilometri al giorno -una distanza dettata più dalle necessità del cavallo che dalle sue-  fece in modo di trovarsi,  ogni due giorni, nei  pressi di una locanda di posta, dove  ogni volta cercava l’ eventuale corrispondenza indirizzata a Monsieur Blanc. Seppure fosse una mossa molto azzardata aveva, infatti,  deciso di riferire alla madre di Oscar le tappe più o meno certe del viaggio… ma, purtroppo, rimase sempre deluso. Nulla lo aveva atteso, almeno fino a quel punto.

Proseguì, allora.
Spingendo al limite il suo fisico sia mentalmente che fisicamente, tutto questo senza mai smettere di pensare a lei, alla sua Oscar, il settimo giorno di viaggio entrò nella Foresta de la Trappe: ed è qui che finalmente trovò una risposta: in una sperduta locanda di posta che sembrava essere rimasta in piedi per miracolo e che non vedeva avventori – come minimo - da  mesi.

Il sole era da poco sceso oltre la punta degli alberi e di li a poco si sarebbe fatto buio.

 Lasciato il cavallo al garzone si era trascinato con passo stanco verso la porta ed era entrato nella sala comune; li, dopo essersi presentato utilizzando il solito  nome fittizio che oramai sentiva suo e  senza riporre speranza alcuna in una risposta positiva, se ci fossero comunicazioni.
“Si, Monsieur Blanc. Ci è stata lasciata proprio ieri” aveva risposto l’ ostessa, una donna mingherlina, dagli occhi a fessura, perennemente sospettosa affrettandosi a prendere il tutto da uno dei cassetti sotto al banco.
Lui, stupito, istintivamente le aveva lasciato alcuni sol come mancia e si era seduto, ordinando ciò che in cucina aveva preparato. Poi, con mani tremanti e cuore in tumulto, aveva aperto e letto la missiva.

Monsieur Blanc,
non è stato semplice trovare il tempo ed il modo per scrivervi tuttavia, durante una delle mie veglie notturne, vi sono finalmente riuscita. Spero che vi troviate sul percorso indicato e che tutto vada per il meglio; per conto mio posso dirvi che qui le cose  procedono abbastanza bene.

Lei sta bene.
Si, avete leggo giuto: Oscar ogni giorno migliora, la sua forma fisica è quasi ripresa del tutto; anche la mente, a mio parere, si sta avviando verso un qualcosa che potremmo definire una sorta di guarigione. Il medico la segue tutt’ ora sottoponendola ad una sorta di ‘ rieducazione’  - di più non domandatemi – e, devo dire,…sta facendo progressi: molte cose sono tutt’ ora celate alla sua mente, ma se non ha altro ha ripreso alcuni ricordi del passato e, piano piano, sta cercando di ricostruire sé stessa. Il capofamiglia , che aveva all’ inizio pensato di stabilirsi qui, ha  deciso di tornare a Parigi, accanto ai reali; il periodo è gramo, triste, difficile. Non credo che lo vedrò tanto presto. Anche Girodel è in città, tornerà a febbraio, se tutto va bene. Ma conoscendovi credo che voi vi siate già informato. In questo momento, egli  sta presiedendo ad alcune importanti riunioni e pensando al matrimonio…

Spero di vedervi presto a Quimper; aggiornatemi, nel momento in cui avrete questa mia tra le mani, riguardo ai vostri prossimi  spostamenti ed alle vostre decisioni. Cercherò di darvi una mano, come promesso.

Prego che restiate in salute.

A presto,
Suzanne.




André sollevò lo sguardo e le labbra si allargarono in un sorriso sereno; la notizia lo riempì di una gioia che , per un istante, avrebbe voluto gridare al mondo intero.

Oscar sta bene! …e presto ti raggiungerò, amore mio; ti stringerò a me, non ti lascerò più….

Anche se la fame era passata poiché nel proprio stomaco volteggiavano ora leggiadre farfalle, per così dire, si sforzò. Senza mai fissare il foglio ingurgitò la zuppa calda ed il pane che gli erano stati portati; una volta finito prese dalla sacca tutto l’ occorrente e, alla sola fioca luce delle candele, prese a scrivere aggiornando la donna.

Mademoiselle Suzanne, sono lieto delle notizie che ho ricevuto.
Al momento mi trovo al di fuori della Foresta di La Trappe in direzione di Saint Hilaire e la mia intenzione è quella di raggiungere Avrances, dove cercherò un alloggio. Vi farò sapere; nel frattempo, date da parte mia un abbraccio alla vostra protetta, che non vedo l’ora di poter incontrare di persona.
Monsieur Blanc.


La lettera gli uscì come desiderava, né troppo corta né troppo lunga.
Soddisfatto, rifletté sulla decisione di non dire apertamente dove fosse diretto ma fornire delle indicazioni di massima che Madame avrebbe probabilmente capito quindi, preso in mano il foglio, lo sigillò e pregò Iolande, la locandiera, di inviarlo con la posta del giorno seguente. Poi, stanco ed incredibilmente felice, la mente ed il cuore che saltavano leggeri,  si recò nella camera a lui destinata e condivisa con un altro uomo che russava senza sosta;  senza nemmeno svestirsi  si stese e si addormentò, con il sorriso sulle labbra.
Quella notte sognò, perfino: e la protagonista indiscussa fu lei, la sua Oscar: liberi, vivevano in una casa vicino al mare dove il sole pareva non mancare mai. Quando al mattino presto riaprì gli occhi, si sentì un uomo decisamente nuovo.



Quimper, 22 gennaio 1789

“Madame, un uomo chiede di voi.”

La madre di Oscar, intenta a dare disposizioni alla servitù riguardo alla cena di quella sera alla quale sarebbero stati presenti sia Lassone che Teveney, voltò appena il capo in direzione della cameriera rivelando una espressione di sorpresa: non attendeva visite, a parte André, che sapeva essere da tutt’ altra parte, ad almeno due giorni di strada da li. Cercando di mantenere la calma, anche se in realtà quella visita improvvisa la stava scombussolando non poco, rispose.

“Fatelo accomodare, lo raggiungerò a breve” diss. La giovane cameriera scomparve dalla sua vista.

Chi mai potrebbe essere? Girodel non sarà qui prima di dieci giorni e di sicuro non si farebbe annunciare in questo modo; tantomeno, lo farebbe mio marito… pensò. Non restava che andare a vedere, sperando in bene.
Lasciato allora passare un po' di tempo, sufficiente il giusto per renderla presentabile, si avviò insieme ad un inserviente particolarmente corpulento nel piccolo salotto di rappresentanza e , non appena entrò,  notò questo uomo di spalle osservare fuori dalla finestra del piano terra, dove Oscar si trovava a passeggiare nel giardino interno, coperta di tutto punto.

“E’ mia figlia, Oscar. Ma ditemi…chi siete? A cosa devo questa visita? Scusate la scortesia di una domanda così diretta e la presenza di Didier, ma di questi tempi…”
L’ uomo sembrava non  voler rispondere.
Era come rapito, si, proprio così, rapito dalla bellezza della fanciulla che, come una bambina, sorrideva osservando i cumuli di neve ghiacciata ed i riflessi che la luce del sole produceva su di essi.
Madame si avvicinò, curiosa ed inquieta.

“Monsieur? Posso fare qualcosa per voi?” domandò.
La persona davanti a sé si volto giusto un poco.


Il profilo, i capelli sciolti e scuri, la cicatrice sul viso, accanto al naso, che si era fatto da bambino cadendo dall’ albero per proteggere Oscar…

“André! André! “ disse coprendosi le labbra con il dorso della mano “ ti sapevo…lontano!”
Improvvisi singhiozzi riempirono l’ aria. Didier osservò la scena e, compresa la situazione, uscì dalla porta.

Solo allora Monsieur Blanc si voltò.
Il volto era rigato dalle lacrime.
“Madame, perdonatemi: vi spiegherò tutto con la dovuta calma ma ora…ora lasciate che i miei occhi si perdano ancora in lei… “ rispose.

La madre di Oscar  si avvicinò a lui , prese la mano del giovane e la strinse forte.
“Hai tutto il tempo che desideri, André; poi…poi ti porterò da lei.”
I due si guardarono, complici; infine, insieme fissarono Oscar.

Era davvero bella.
Sembrava serena, quasi non fosse accaduto nulla; i passi, leggeri e sicuri, il personale leggiadro e quella forza…quella determinazione  che nonostante tutto ogni suo gesto emanava…

André ebbe un fremito. Un brivido lo percorse.
All’ improvviso, tutto ciò che aveva passato fino a quel momento tornò a galla, mille pensieri avvolsero la mente ed i cuore; Madame notò l’ incarnato farsi sempre più pallido.
Lo invitò a sedersi.

“Ti faccio portare un cognac, ti aiuterà” disse; calma, quasi si fosse aspettata una simile reazione, lo aiutò a mettersi comodo e poi uscì. André si coprì il viso con le mani , cercò di darsi un contegno, provò a prendere lunghi respiri; una decina di minuti dopo sentì dei passi e, non appane udì la porta riaprirsi, si mise a sedere non volendosi farsi trovare ancora sconvolto.

Ma ciò che vide davanti agli occhi  quando finì di asciugarsi le lacrime…gli tolse il fiato: davanti a lui Oscar: un filo sorpresa, certo, ma con una espressione in viso così serena…

Andrè si alzò. Incapace di formulare una qualsiasi frase, emozionato, rimase come pietrificato dov’era, le labbra semiaperte, gli occhi a fissarla.
Lei, dopo un primo momento di imbarazzo, sorrise.
Si, lei stava sorridendo:  e gli stava anche andando incontro.
Oscar arrivò a poca distanza da lui e aprì le proprie braccia, lo circondò, appoggiò il viso al petto dell’ uomo, sempre più sorpreso, le braccia distese lungo i fianchi.

“La mia mente ancora non riesce a capire chi tu sia, ma il mio cuore si. Il mio cuore lo sa…e mi sta dicendo che ti voglio bene, un bene che nemmeno tu puoi immaginare” disse “ sei André, vero?”
Lui deglutì.
“Si…sono io, Oscar…” rispose, con un filo di voce.
Lei non aggiunse altro; André prese un respiro, inalando il profumo dei suoi capelli, quel profumo che conosceva così bene. Poi, alzò le braccia e la strinse a sé.

“Non ti lascerò più sola, Oscar, te lo giuro” disse.
Il suo sguardo si alzò, tornò a fissare il giardino interno; poi, una volta sciolto da quell’ abbraccio che avrebbe voluto durare in eterno, la prese per mano e la invitò a sedere.

“Adesso….adesso, Oscar, ti devo raccontare alcune cose; prima, tuttavia, lascia che possa dissetarmi. Ho compiuto un lungo viaggio per giungere fino a qui” disse. La donna sorrise e, in pace con sé stessa come non mai, lo seguì con lo sguardo finchè non uscì dalla porta del salottino. 
anfreg
   
 
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