Fuori casa piove a dirotto, come nella mia stanza, a causa del pianto di Cinzia: ha litigato con i suoi genitori, come al solito.
Per fortuna sembra che abbia esaurito le energie e si sia sfogata per bene: sono contenta che si senta al sicuro con me.
Suonano alla porta.
«Dev'essere il bar, arrivo subito.» vado ad aprire, mi si para davanti un ragazzo bellissimo e bagnatissimo, con degli occhi profondi: ordino spesso qualcosa a domicilio dal bar dietro l'angolo della strada, ma non l'ho mai visto in giro. Mi saluta con gentilezza, noto che al dito porta un anello particolare, con una rosa rossa: mi sono sempre piaciuti gli accessori, quindi l'ho guardato piuttosto incuriosita.
«Il tuo anello è davvero bello!» gli dico con sincero interesse. «Dove l'hai comprato?» l'amore per gli accessori si era radicato in me dopo tutti quegli anni di adolescenza a cercare di diventare una rockstar famosa.
Il ragazzo trattiene una risata: «Non me lo ricordo, mi dispiace.»
Ci salutiamo e mentre chiudo la porta noto che il ragazzo solleva il sopracciglio. È riferito a me?
«Evviva, è arrivato il cappuccino!» il flash dello scatto fotografico del cellulare di Cinzia mi acceca, immortalandomi con espressione stizzita. In men che non si dica, vengo presa a modello come tipica espressione del lunedì mattina.
«Sbaglio o il numero dei tuoi followers è aumentato in modo significativo dall'ultima volta?»
«Già, sembra che un sacco di gente abbia a cuore la mia carriera! Ho pubblicato un post sfogo senza entrare nel dettaglio della mia vita privata e mi sono piovuti followers da tutte le parti!»
Ci sediamo e sorseggiamo il cappuccino, guardando la pioggia iniziare a cadere con cattiveria e ferocia: non posso fare a meno di compiacermene ripensando al tipo di prima.
«Lo sai che puoi smettere di andare all'università quando vuoi, no? La scuola dell'obbligo l'hai passata da un pezzo.» le dico prendendole la mano.
«Anche tu non sei obbligata a fare la schiava per due soldi al ristopizza.» mi stringe la mano di ritorno.
«Parliamo di te, hai appena finito una brutta lite con i tuoi.»
«Appunto, sono stanca di pensarci! Mi hanno praticamente buttata giù dal letto a suon di urla... a proposito, dammi una medicina per il mal di testa.»
Mi rattrista sempre molto vederla in questo stato, di solito è sempre così piena di energie e mi da la forza di tirare avanti. Ma è questo che fanno le amiche, quindi sarò io oggi a tirarla su di morale.
«Perché non ordiniamo qualcos'altro dal bar? Giusto per aumentare gli zuccheri nel sangue e la serotonina! Il nuovo tipo del bar è antipatico, facciamolo bagnare per bene!»
Ci mettiamo a ridere e ordiniamo dei panini. «Senti ma perché non ci divertiamo un po' con il karaoke?» il karaoke è l'attrazione di casa: tutti adorano venire a casa nostra a causa del karaoke, anche se principalmente lo uso io. Una volta mia madre ha giurato di aver dato una festa con le sue amiche e di aver cantato tutta la sera, disse che aveva fatto un figurone e che tutte volevano tornare presto a trovarla.
«E se prendessi anche la chitarra sarebbe meglio!» mi sorride Cinzia.
Già, la chitarra.
La mia chitarra.
Cinzia ci prova sempre. «Non la uso da un sacco di tempo...»
«Daaaai, non ti ho mai sentita suonare! Fallo per me che sono triste triste!» mi si aggroviglia addosso come un serpente.
«Va bene, va bene, ma solo per poco. L'ho messa via quando ci siamo trasferite qui, è nel garage. Se mi dai cinque minuti vado a prenderla.»
«Sì, che bello!» Cinzia ha iniziato a sprizzare felicità ed impazienza da tutti i pori della pelle.
Prendo l'ombrello e scendo in strada. Cavolo quanto piove. Incrocio il tipo del bar di prima, ci guardiamo e ci ignoriamo, lui suona il citofono ed io tiro su la serranda.
Il vecchio garage è strapieno di materiale di edilizia, probabilmente la rimanenza di quando mamma e zio hanno aperto il locale. Apro tutte le scatole ed i grandi sacchetti neri dell'immondizia, colmi di cianfrusaglie.
La chitarra ha una custodia rigida ed è completamente ricoperta di adesivi, dovrebbe essere facile da trovare.
Non c'è.
La chitarra non c'è.
Dov'è finita la mia chitarra?
«No, no, no!» non può essere sparita, forse mamma l'ha messa nel ripostiglio... ma nel ripostiglio ci abbiamo fatto la dispensa alimentare, me ne accorgerei se il mio tesoro fosse finito in mezzo ai barattoli dei carciofi sott'olio.
Prima che l'ansia mi divori del tutto, noto il tipo del bar uscire dal portone di casa e irrazionalmente lo chiamo. «Ehi, tu! Scusa, forse sono un'imbecille io, ma... Per caso vedi la custodia di una chitarra qua dentro?»
Il ragazzo perplesso mi si avvicina, completamente bagnato, dando un'occhiata veloce al garage. «Certo che per abbordare le provi davvero tutte tu, eh?»
«È una cosa seria!» gli urlo contro.
Mi guarda stranito ed entra nel garage, spostando cartoni qua e là, non trovando nulla.
«Non c'è niente qua.»
«È una custodia rigida, che si usa di solito per gli strumenti musicali! È grande più o meno così e...»
Mi zittisce di colpo, con la sua voce fredda e seccata: «So com'è fatta, sono un musicista anch'io.» poi mi si avvicina. «Se per te è così importante non avresti dovuto buttarla in questo schifo di garage.»
«Lo so benissimo!» inizio a piangere, alzando la voce contro di lui. «Eravamo in lite e l'ho messa via per un po' di tempo! A te non capita mai di litigare con i tuoi amici?»
Il ragazzo sbuffa, passandosi una mano sui capelli neri rasati. «Ti ricordi dove l'hai messa?»
«L'ho messa quasi davanti, perché credevo che l'avrei tirata fuori dopo due o tre giorni!»
«Forse qualcuno l'ha spostata. Abiti da sola? Chi altro ha accesso al garage?»
Un lampo attraversa il mio cervello.
Un lampo di rabbia estrema.
Stringo i pugni, sapendo che il colpevole di tutto ciò non solo mi sta rovinando la vita, ma lo sta facendo prendendoci gusto.
Oggi a casa Villa volerà il tavolo e anche le sedie.