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Autore: Woody Lee    23/02/2023    0 recensioni
Luie e Mik sono complici da più vent'anni. Sono la coppia di criminali più prolifica e famosa della storia. Molti sono a venerarli, le loro storie sono narrate nei posti più loschi. i loro nomi sono ormai leggende. Quella mattina però, dopo l'ennesimo colpo andato a buon fine, i due se la vedranno con una realtà oscura.
L'orrore più grande è tra di loro e non possono scappare.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luie impugnò la sua Beretta 98 con tutte e due le mani.
“Apri quella di vetrina merda o la spacco con la tua cazzo di testa, brutto stronzo!”, urlava al ciccione in camicia, terrorizzato a morte.
“Che fai? Piangi?”, si avvicinò Mik con il suo mitra, indossava dei guanti neri in pelle. “Si è cagato sotto o sono i suoi pantaloni, avanti spara!”
“No, no. Aspettate”, deglutì ed il ciccione si mosse aprendo il lucchetto della vetrina, Luie lo spinse facendolo rotolare a terra e aprì il borsone che aveva sulla schiena.
Con l’assoluta mancanza della sua grazia, Luie gettava tutta l’argenteria e i diamanti esposti dentro la borsa mentre Mik parlava agli ostaggi come se stesse indicando le uscite di emergenza su un aereo.
“E’ solo una questione di attimi, signora, la smetta di piangere. Non morirà nessuno oggi, fidatevi. Appena il mio amico avrà finito, ce ne andremmo come se nulla fosse. Per favore, non vi muovete da terra o sarò costretto a richiamare la vostra attenzione!”.
Diede un colpo con la sua mano al mitra facendola sferragliare per un istante. Una decina di persone erano sdraiate una accanto all’altra nel centro del negozio. Legati ai piedi e alle mani con delle fascette c’erano in tutto tre commessi, un agente della sicurezza e altre sei persone, gli sfortunati clienti della gioielleria dove Mik e Luie tentavano il colpo.
Luie tornò da Mik con il borsone pieno.
“Prendi anche l’incasso della settimana. La cassaforte è di là”, disse Mik.
“Per la beneficienza dei bambini, che so io…libanesi!”, rispose Luie.
“Si, i per i bambini in Libania”, gridò Mik.
Luie entrò sul retro del negozio e trovò la cassaforte. Sparò ad essa ripetutamente e ritirò tutti i soldi dentro ad una sacca azzurra che nascose sotto il grosso cappotto grigio.
Tornò nella sala principale, prese Mik per la manica e camminarono verso l’uscita.
“Signore e signori, non ci siamo ancora presentati. Io sono Luie, questo è Mik e siamo stati i vostri rapinatori di questa mattina. Spero che via stata sgradita lo vostra permanenza”, i due s’inchinarono ripetutamente, come gli attori a teatro per la standing ovation.
“Siete stato un pubblico eccezionale e ricordate, se non denunciate, vivrete più a lungo!”, finì Luie con un inchino e gettò il mitra a terra vicino agli ostaggi, poi uscirono spingendo la porta d’entrata con le loro schiene e corsero via.

Luie prese da un taschino un cronometro e lo fermò.
“Dodici minuti e quarantasei secondi, niente male.”
“A quant’era il nostro record?”, chiese Mik guardandosi nella vetrina di una pasticceria mentre camminavano velocemente in mezzo alla gente. Milano a quell’ora era sveglia da qualche ora e il traffico era di punta. Molta gente scendeva verso la metro, sentiva la puzza di piscio provenire da ogni angolo delle strade.
“Nove minuti”, rispose Luie rimettendo il cronometro nel taschino di sinistra, sotto di essa, nella tasca interna, era nascosta la sua Beretta.
“Colpa del ciccione, voleva fare l’eroe”.
Alcune volanti della polizia sfrecciavano nella direzione opposta a loro e aumentarono il loro passo.
“Dobbiamo muoverci, la macchina è parcheggiata davanti a quella chiesa, in fondo.”
Mik si accese una sigaretta e si sentì decisamente meglio.
“E’ quella?” chiese Mik indicando l’Audi A3 nera parcheggiata proprio davanti alla chiesa.
“Si, muoviamoci. Siamo troppo scoperti qui”, rispose Luie quasi mettendosi a correre.
Luie cercò la chiave dietro ai parafanghi delle ruote di sinistra e la trovò in quella posteriore mentre una voce usciva dalla chiesa alle loro spalle.
“Ma insomma, non li vedete i cartelli?” gridava la donna.
Mik, girandosi, vide una suora avvicinarsi.
“Siete in divieto di sosta, due uomini come voi dovrebbero saperlo” continuò la suora.
“Sorella, ce ne stiamo andando, veda di calmarsi” disse Luie.
“Non ditemi di calmarmi. È tutta la mattina che cerco di chiamare le autorità per farla spostare. Questo è un luogo pubblico, ci sono i bambini… questo è un orfanotrofio!”, la suora incrociò le braccia e si avvicinò sempre di più a Luie che salì in macchina in fretta, picchiò il ginocchio sul volante, gli fece un male cane e la sua pazienza finì.
“Non la passerete liscia!” disse infine la suora. Luie le puntò la Beretta in faccia, s’immobilizzo dalla paura e quasi si mise a gridare.
“Mi faccia un favore suor…”
“Aurora” disse velocemente la donna.
“Mi faccia un favore suor Aurora, perché non torna dentro a prendersi cura dei suoi bambini? Sono certo che avrà tante cose da fare questa mattina!”
Suor Aurora indietreggiò di qualche passo ma rimase ferma a fissare la canna della pistola. Luie sospirò e la gettò sui sedili posteriori e scese dalla macchina.
Luie si avvicinò spostandosi qualche ciocca riccia e unta dietro le orecchie.  
Le parlò sottovoce.
“Mi dispiace di averla spaventata, non siamo persone cattive, solo i nostri intenti lo sono. Non vogliamo fare del male a nessuno”
“Siete assassini?” chiese con voce tremante.
“No, no, macché. Siamo solo uomini d’affari piuttosto stressati. Nessun assassino dei dintorni, che io sappia.”
Suor Aurora rilassò le spalle e sciolse le braccia da un intricato intreccio, segnale che a Luie non mancò di notare, appoggiò la sua grossa mano sulla schiena della suora e la accompagnò all’entrata.
“Le do la mia parola che ce ne stiamo andando. Non c’è bisogno di…”
“Luie! salta in macchina, ORA!”
Mik gridò dalla macchina, Alcune volanti della polizia stavano sfrecciando verso di loro a sirene spiegate. Mik prese il posto del guidatore e accese l’auto. Luie si dimenticò in fretta della suora e corse a entrare in macchina sul lato passeggero.
“Vai, vai vai!”, gridava Luie riprendendo la pistola in pugno.
Le ruote dell’Audi sgommarono e i due partirono in quarta esattamente quando una scolaresca di bambini stava uscendo dall’edificio di fronte. Luie pensò che fossero i bambini dell’orfanotrofio diretti in chiesa per la messa.
“Questa non ci voleva” disse.
L’Audi disegnò un ciambella sull’asfalto e corse nella direzione opposta, I bambini stavano già iniziando ad attraversare la strada mentre l’Audi passava sgommando. Suor Aurora gridava ai bambini di fermarsi, di non
attraversare.
Appena il piede toccò l’asfalto, l’Audi la centrò in pieno facendola volare di qualche metro in avanti, batté la testa contro il marciapiede e l’ultima cosa che vide era lo pneumatico della macchina.
Luie e Mik sentirono chiaramente le ossa del cranio di Suor Aurora rompersi e spezzarsi come se stessero schiacciando delle noci. C’era sangue dappertutto, i bambini urlavano e altre suore correvano da una parte all’altra in preda al panico.
Mik bestemmiò, Luie fece il segno della croce.
La polizia l’inseguiva, avevano tre pattuglie dietro di loro.
“Dobbiamo prendere la tangenziale, l’unico modo è quello per seminarli!”, disse Mik.
“A quest’ora? Ci fermerà il traffico, altro che gli sbirri”, gridò Luie incazzato nero.
“Se hai idee, sputale adesso!”
Luie abbassò il finestrino, uscì col busto e mirò con la pistola alle gomme degli sbirri. Sparò qualche colpo e una volante perse il controllo andando a sbattere violentemente contro un albero, un’altra volante non riuscì a scansarsi in tempo e la centrò in pieno. Luie e Mik gridarono una mezza vittoria ma rimaneva ancora una pattuglia da eliminare.
Luie lesse un cartello e ordinò a Mik di svoltare a destra, sapeva guidare meglio di Luie e per un attimo gli venne da sorridere. Una derapata degna di Colin McRae segnava di nero l’asfalto della strada trafficata, con grande maestria riuscivano ad evitare ogni macchina davanti a loro superandole in velocità.
“Dobbiamo seminarlo sul Sempione, dobbiamo lasciare la macchina”
“Ma come cazzo facevano a sapere che eravamo lì?” urlava Mik.
“Non è il momento di fare domande Mik! Pensa a guidare!”, gli ordinò Luie.
Uscì di nuovo dal finestrino dopo aver cambiato la cartuccia alla beretta, sparò ancora qualche colpo verso la volante. Con sua grande sorpresa, un proiettile colpi in volto il poliziotto dietro al volante, l’abitacolo venne riempito di sangue e la macchina si cappottò centrando un’auto parcheggiata.
Mik lanciò un urlo di vittoria e cambiarono strada per sicurezza.
Si fermarono sotto ad un cavalcavia e scesero entrambi. Mik prese i borsoni con i gioelli mentre Luie versava la benzina da una tanica che prese dal bagagliaio. Lanciò uno dei fiammiferi di Mik e l’auto si accese come un falò.
“Abbiamo vinto Luie, ce l’abbiamo fatta, ora ci serve solo portare i borsoni all’indirizzo che ci ha dato il conte e possiamo andarcene”, non avendo risposta, gli prese il braccio.
“Luie, abbiamo vinto, andiamocene!”
 Luie non lo ascoltava, guardava invece l’auto bruciare, i suoi occhi illuminati dalle fiamme, voltò il suo sguardo verso il socio e con espressione serissima gli chiese: “A quale prezzo?”
 
  
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