Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Star_Rover    02/03/2023    6 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

XXII. Il Rosso e il Bianco
 


Il vento fischiava tra gli alberi, battendo violentemente contro alle pareti metalliche.
Verner fu il primo a riaprire gli occhi nella semi oscurità. Altri dieci corpi erano distesi sul fondo del vagone, rannicchiati e stretti l’uno all’altro per ripararsi dallo spietato gelo invernale.  
Il giovane mosse i primi passi avvertendo le membra intorpidite. Al confine i Rossi non avevano città occupate, dunque la loro unica possibilità era trovare rifugio nei vagoni dei treni blindati abbandonati dai russi. Vivevano come banditi, recuperando cibo e rifornimenti dove riuscivano, a volte erano fortunati e trovavano il supporto della popolazione, in altri casi invece erano costretti a rubare e saccheggiare per sopravvivere. Per quanto Verner non approvasse questi eccessi di violenza e anarchia, doveva essere obiettivo e riconoscere di non avere altra scelta. In qualche modo dovevano superare l’inverno, in attesa del supporto dei bolscevichi per il prossimo attacco.
Verner si riprese da quelle riflessioni avvertendo dei passi avvicinarsi, poco dopo riconobbe la figura di Jussi comparire dalla boscaglia. Subito si avvicinò al falò per riscaldarsi.
«Sono stato all’accampamento, per il momento è tutto tranquillo» disse l’amico poggiando a terra lo zaino e il fucile.
«Hai ricevuto nuovi ordini?»
Jussi annuì: «dobbiamo occuparci di un’altra missione»
Verner sollevò leggermente lo sguardo: «di che si tratta?»
«Una fattoria al confine, il proprietario è un traditore. Sai bene qual è il nostro dovere»
Il giovane si limitò ad annuire, l’espressione sul suo viso si incupì.  
Senza aggiungere altro tornò a prestare attenzione alla sua arma. Ispezionò con cura il fucile, accertandosi che fosse carico.
«So che è difficile, ma presto le cose cambieranno. Quando le condizioni saranno favorevoli i russi potranno inviarci armi e munizioni. Allora torneremo a combattere» lo rassicurò Jussi.
Verner fu costretto a riporre fiducia nei loro alleati.
«Mi è stato riferito che a Pori undici prigionieri sono stati giustiziati» continuò il suo compagno.
Egli non aggiunse alcun commento, ogni giorno ascoltava notizie del genere, indipendentemente da quale parte del fronte provenissero. Rossi e Bianchi si massacravano a vicenda, spesso coinvolgendo civili e innocenti. Era la guerra, questa era l’unica risposta che poteva darsi.
«Sei preoccupato per Hjalmar?» domandò Jussi.
«Ho intenzione di tornare da lui al più presto»
«Prima dobbiamo portare a termine la missione» 
Verner sistemò la fascia rossa al braccio. 
«Gli altri sono pronti a partire?»
Jussi confermò: «coraggio, è ora di andare!»      
 
Tutto procedette come previsto, ma Verner si accorse che la situazione era degenerata in fretta. I suoi compagni non avevano esitato ad eccedere con la violenza.  
Allontanandosi gli uomini a cavallo seguirono il sentiero nella foresta. Era sempre necessario essere prudenti al confine, anche se nelle ultime settimane quelle zone si erano rivelate deserte. Le Guardie Bianche si erano ritirate per rafforzare le difese, l’inverno aveva bloccato il progredire della guerra.
Verner fermò il suo Suokki vicino al ruscello per permettergli di dissetarsi. Istintivamente rivolse lo sguardo verso valle, dove avvistò il fumo nero innalzarsi sopra agli abeti innevati.
Jussi lo affiancò notando il suo turbamento.
«Che ti prende?»
«Era necessario dar fuoco alla fattoria?» chiese Verner con tono accusatorio.
«I Bianchi capiranno il messaggio» fu la pragmatica risposta.
«È per questo che avete impiccato quell’uomo nel fienile?»
Jussi sbuffò: «che ti importa? Era uno sporco traditore! Almeno abbiamo risparmiato le pallottole!»
Egli scosse il capo esprimendo il proprio dissenso.  
«Credi che i Bianchi avrebbero avuto pietà per te?»
Verner rimase in silenzio, conosceva bene la risposta a quella domanda.
«Abbiamo fatto quel che era necessario» concluse Jussi.
Il giovane si rassegnò, l’importante era aver portato a termine la missione.  
 
Il giorno seguente Verner fece ritorno a Tampere per incontrare il tenente Hedmann e vedere suo fratello.
La città occupata dai ribelli era buia e silenziosa, per le strade il giovane incontrò soltanto guardie e soldati con la fascia rossa stretta al braccio. Fortunatamente riuscì a raggiungere il rifugio del suo comandante senza imprevisti. Il tenente Hedmann era rintanato nel suo ufficio a studiare carte topografiche, mentre il suo assistente era impegnato a decifrare messaggi alla radio. Anche se il fronte appariva immobile qualcosa stava accadendo.
Verner notò un insolito fermento, ma non pose domande, al momento opportuno gli sarebbero state fornite le informazioni necessarie.
Il giovane fu lieto di rivedere Hjalmar, ogni volta che era costretto a separarsi da lui provava profonda angoscia. Percepiva delle responsabilità nei suoi confronti, in quanto fratello maggiore sentiva ancora il peso di quel ruolo. Dopo la prematura scomparsa del padre egli era diventato il suo unico punto di riferimento, sapeva di non essere sempre stato un buon esempio per Hjalmar, ma a suo modo aveva tentato di dimostrare il suo affetto. Ovviamente era orgoglioso del coraggio dimostrato dal fratello, ma il pensiero che potesse trovarsi in pericolo continuava a tormentarlo.
«Ho saputo che anche l’ultima missione è stata compiuta con successo» disse Hedmann con soddisfazione.
«Sì, signore»
«So che la situazione al fronte è difficile, ma dovrete resistere ancora per qualche settimana, finché le condizioni atmosferiche non permetteranno ai russi di inviare rinforzi»
«Non so per quanto potremo resistere, le scorte di cibo stanno esaurendo, non abbiamo armi e munizioni a sufficienza per resistere a un ingente attacco»
«Ciò significa che dovremo organizzare altri assalti agli accampamenti nemici»
«È così che dovremo affrontare questa guerra? Comportandoci come criminali?»
Il suo comandante alzò le spalle: «questo è ciò che significa combattere dalla parte degli insorti»
Verner dovette accettare quell’amara realtà.
Hedmann prese posto al tavolo, offrì una sigaretta al suo sottoposto ed estrasse un fiammifero dal taschino. Dopo aver espirato una nube di fumo si rivolse a Hjalmar.
«Sono giunti nuovi ordini da Helsinki. Deve essere consegnato un messaggio urgente al tenente Holmberg»
Verner si alzò in piedi con uno scatto. Gli uomini del tenente Holmberg erano appostati al confine e per raggiungere le loro trincee era necessario esporsi al nemico.
«Dannazione, mio fratello è ancora un ragazzino! Non può pensare di affidargli una missione così pericolosa!»
Il tenente Hedmann rimase impassibile.
«Jänis è la nostra staffetta»
«Dia a me quella lettera, sarà mia responsabilità recapitare il messaggio»
L’ufficiale guardò il giovane negli occhi, avrebbe dovuto redarguire il suo sottoposto per la mancanza di rispetto, ma poté comprendere le sue motivazioni. Senza aggiungere altro consegnò la busta nelle sue mani.
«Grazie signore» concluse Verner prima di congedarsi e uscire dalla stanza per dedicarsi alla sua nuova missione.
Hjalmar sollevò timidamente lo sguardo: «signor tenente…sono giunti nuovi ordini anche per noi?»
Hedmann scosse la testa: «no, è nostro dovere restare a difendere la città»
Il ragazzino non riuscì a nascondere il proprio turbamento, nonostante la preoccupazione sentì il desiderio di agire.
L’ufficiale poggiò una mano sulla sua spalla.
«Verner desidera solo proteggerti» disse con inaspettato tono paterno.
Hjalmar annuì, per quanto desiderasse rendersi utile era consapevole di non potersi intromettere in certe questioni. Tutto ciò che poteva fare era riporre fiducia in suo fratello.
 
Verner cavalcò nell’oscurità, l’unica fonte di luce era il riflesso argenteo della luna. Il giovane attraversò la foresta seguendo il corso del fiume ghiacciato, così come gli era stato riferito. Il confine era ancora lontano, non avrebbe potuto proseguire in quelle condizioni. Il suo cavallo soffriva il freddo e la fatica, e anche lui iniziava ad avvertire i crampi della fame. Ricordò le indicazioni ricevute e decise di prendere il sentiero che avrebbe dovuto condurlo ad un rifugio sicuro.
Non dovette percorrere molta strada prima di incontrare una squadra in perlustrazione. Verner scese da cavallo e si fece riconoscere.
I suoi compagni si avvicinarono con cautela, temevano di essersi imbattuti nel nemico, ritrovare un alleato fu rassicurante.  Tra di loro Verner riconobbe una ragazza, la quale indossava abiti maschili e portava un’arma come tutti gli altri. Avrebbe potuto scambiarla per un ragazzino se non fosse stato per le trecce bionde nascoste sotto al colbacco.
Fu proprio lei ad accompagnarlo al rifugio, una fattoria occupata dove trovò anche una stalla per lasciar riposare il suo cavallo.
La ragazza, che poco dopo scoprì chiamarsi Leena, lo invitò ad entrare nel capanno. Altri soldati erano accampati nelle stanze spoglie, arrangiati come potevano per trascorrere la notte.
Verner si sistemò in un angolo più appartato, non aveva molto tempo per riposare, sarebbe dovuto ripartire prima dell’alba.
Poco dopo Leena tornò da lui con un piatto fumante.
«Non è rimasto molto, ma spero che qualcosa di caldo possa comunque essere gradito»
Verner accettò con piacere, aveva bisogno di riempirsi lo stomaco e recuperare energie. In quelle condizioni anche una misera zuppa poteva essere un cibo prelibato.
Leena rimase al suo fianco.
«Posso chiederti perché sei qui?»
«Come ho detto ai tuoi compagni devo portare a termine una missione importante»
Lei indicò la fascia rossa stretta al braccio.
«Intendo perché hai deciso di unirti alla nostra causa»
Il giovane prese un profondo respiro, l’unico con cui aveva parlato onestamente di se stesso era Aleks. Non aveva motivo di aprire il suo cuore a una sconosciuta, eppure in quel momento così intimo sentì di dover condividere qualcosa del suo passato. 
«Vengo dalla Carelia, il mio villaggio è stato colpito dalla carestia. Ho scelto di unirmi ai comunisti per difendere la mia famiglia e la mia terra. Mio padre è stato ucciso ingiustamente dai soldati dell’Impero, io e mio fratello abbiamo deciso di portare avanti la sua lotta per la libertà»
«È stata una decisione coraggiosa»
Verner si limitò ad alzare le spalle, credeva di aver fatto solo ciò che riteneva giusto.
Leena decise di ricambiare quella fiducia raccontando la sua storia.
«Vivevo a Varkaus prima della guerra. Una notte le Guardie Bianche sono arrivate in città, hanno perquisito ogni casa in cerca dei ribelli. I soldati erano convinti che fossimo tutti colpevoli. Non hanno avuto pietà per nessuno. Erik, il mio fidanzato, reagì per difendermi. I Bianchi lo trascinarono via a forza dopo averlo percosso e bastonato. Poco dopo ho udito lo sparo. Non voglio parlare di quel che mi hanno fatto…ma posso dirti che per loro è stato un errore lasciarmi viva»
Verner ascoltò quella testimonianza provando soltanto orrore e ribrezzo. 
«Tutto ciò è davvero terribile»
La ragazza non disse più nulla a riguardo, restò qualche istante in silenzio, quando tornò a parlare cambiò argomento.  
«Dunque sei diretto al confine?»
Egli annuì: «devo consegnare un messaggio importante»
«Dovrai seguire il sentiero a nord, la strada verso le montagne è sicura»
Verner ringraziò per le indicazioni, poi tornò ad osservare i corpi dei soldati distesi sul pavimento, rannicchiati e infreddoliti.  
«A volte mi chiedo a cosa ci porterà tutto questo…non c’è giustizia in questa guerra»
Leena rispose prontamente: «ti sei unito alle Guardie Rosse perché anche tu hai sofferto a causa delle ingiustizie»
«Sì, certo. Non mi sono affatto pentito delle mie scelte e ritengo necessario difendere gli ideali della rivoluzione, ma…»
Il suo discorso venne interrotto bruscamente dalla sua compagna.
«Da dove vengo io uomini e donne lavorano fino allo stremo delle loro forze senza riuscire a guadagnare abbastanza per sopravvivere. Così mentre i loro corpi vengono consumati dalla fatica e dalla malattia i loro bambini muoiono di fame»
Verner riconobbe profondo dolore nelle parole di quella donna, egli stesso aveva avuto prova di quella terribile realtà.
«Tutti noi proviamo odio e rancore. Loro non hanno mai mostrato pietà nei nostri confronti, per questo non ho mai esitato a premere il grilletto»
Il giovane guardò Leena negli occhi, le iridi argentee ardevano di rabbia e desiderio di rivalsa.
«Sono un soldato valido come chiunque altro» affermò lei sostenendo con orgoglio il suo sguardo.
«Non ho dubbi a riguardo» affermò Verner con sincerità. La determinazione e la freddezza di Leena l’avevano profondamente colpito.
I due restarono a lungo in silenzio, entrambi assorti in cupi pensieri.
Prima di andarsene Leena si rivolse un’ultima volta a Verner.
«Ti ringrazio»
Egli non capì: «per che cosa?»
«Per non aver sottovalutato le mie capacità»
«Per me è più utile giudicare i fatti e non le apparenze» disse semplicemente.
Leena rispose con un cenno di comprensione, per poi ritirarsi nell’altra stanza.
Aveva incontrato diversi soldati in quelle foreste, ma nessuno si era comportato con tanto rispetto nei suoi confronti. Solitamente quegli uomini si limitavano a vederla come una donna indifesa e a non prendere seriamente il suo desiderio di combattere. Verner invece aveva compreso le sue motivazioni, trattandola esattamente come un suo pari, senza pregiudizi.
Quel giovane era diverso, l’aveva notato fin dal primo momento.
Quella notte, prima di distendersi sul suo giaciglio, Leena pregò per lui, perché potesse tornare sano e salvo.
 
***
 
Marja aveva faticato ad accettare il trasferimento lontano da Helsinki, la città dove era nata e cresciuta, dove aveva vissuto interamente la sua vita. Purtroppo insieme ad altre centinaia di persone non aveva avuto scelta, la città non era più sicura da quando era diventata la capitale della Finlandia comunista. Aveva deciso di fidarsi di suo fratello, accettando di partire senza di lui.
In tutto questo aveva trovato conforto con il ritorno di Lauri. Pur essendo sposati da quasi tre anni, i due giovani avevano trascorso insieme soltanto pochi giorni come marito e moglie. Ritrovarsi dopo tutto quel tempo fu emozionante per entrambi.
Dopo i primi momenti di pura commozione, i due non poterono ignorare la realtà intorno a loro.
Stretta nel suo abbraccio Marja confidò all’amato le sue profonde paure.
«Hai intenzione di tornare a combattere?»
Egli annuì: «presto dovrò tornare a Vaasa insieme agli Jäger»
Marja si rattristò al pensiero dell’imminente separazione.
«Sono preoccupata per Evert…lui è rimasto ad Helsinki»
Lauri si insospettì: «tuo fratello è un sostenitore dei Rossi?»
«Non lo so, non ha voluto darmi alcuna spiegazione»
Suo marito le rivolse un’occhiata severa.  
«Non sto mentendo, è la verità»
«Capisco che tu voglia proteggere tuo fratello. Mi dispiace, ma io non posso farti alcuna promessa»
Marja avvertì gli occhi lucidi. Non avrebbe mai potuto scegliere tra Evert e Lauri, per lei le questioni politiche non avevano alcuna importanza rispetto ai propri sentimenti. Eppure non poteva ignorare la realtà, quella guerra avrebbe causato soltanto dolore alla sua famiglia.
La ragazza non volle pensare al peggio, in quel momento era al sicuro tra le braccia di suo marito.
«Oh, Lauri. Mi sei mancato così tanto…attendevo sempre con ansia le tue lettere, ho avuto così tanta paura di perderti»
Egli la strinse a sé, capì di esser stato fin troppo severo nei suoi confronti, ma in fondo preferì essere stato sincero.
Il futuro era incerto, non sarebbe servito credere nelle illusioni.
 
Lauri non era più lo stesso da quando era tornato dalla Germania. Marja l’aveva capito fin dal primo momento, quando nel suo sguardo non aveva riconosciuto il ragazzo allegro e spensierato di cui si era innamorata.
Quella notte ebbe la prova del suo distacco. L’avvertì distante anche nel momento di più intima condivisione, nonostante roventi carezze e baci passionali non riuscì a leggere vero amore nel suo sguardo.
Marja era certa che il suo Lauri non fosse scomparso per sempre. Volle credere che quel cambiamento fosse dovuto alla guerra e che la pace gli avrebbe riportato indietro l’amore della sua vita. Nonostante tutto continuava a credere nella loro promessa.
 
***

Jari si distaccò dall’amorevole abbraccio della sorella, la quale si era subito gettata tra le sue braccia, esprimendo a pieno la sua commozione.
«Sono così felice di rivederti! Non posso credere che tu sia davvero qui!»
Il giovane sorrise: «anche voi mi siete mancati, non è stato semplice stare lontano da casa per tutto questo tempo»
Kaija esaminò con attenzione il fratello, come per accertarsi che la sua presenza fosse reale. Egli era cambiato in quegli anni, non era più un ragazzino, la guerra aveva contribuito a conferirgli un aspetto più maturo. Era quasi irriconoscibile mentre indossava la divisa da sottufficiale.
Quella sera la famiglia Koskinen cenò riunita al tavolo della cucina.
Jari fu tempestato di domande, per quanto possibile cercò di rispondere. Parlò soprattutto del campo di addestramento, dei suoi compagni, e di quanto fosse diversa la Germania.
Cercò di narrare gli eventi più rilevanti riguardanti la guerra, la maggior parte erano notizie lette sui giornali. Non raccontò nulla di quel che aveva visto in prima linea.
 
Dopo cena il dottor Koskinen invitò il figlio nel suo studio, aveva atteso a lungo il suo ritorno, non voleva perdere altro tempo per chiarire le cose tra loro e provare a recuperare quel rapporto.
Jari dimostrò la sua maturità accettando l’invito. Seppur con diffidenza prese posto sulla poltrona.
Il padre riempì due bicchieri di acquavite.
«Suppongo di doverti parlare da uomo a uomo ormai…» affermò con un benevolo sorriso.
Jari bevve il primo sorso con indifferenza.
«Vorrei avere una conversazione sincera tra padre e figlio, spero che tu voglia concedermi questa possibilità»
«Se sono qui è perché sono disposto ad ascoltarti»
Fredrik lo guardò dritto negli occhi.
«Voglio che tu sappia che sono orgoglioso di te, lo sono sempre stato»
«Credevo che non approvassi la mia decisione di partire per la guerra»
«Quando ti sei arruolato eri soltanto un ragazzo innamorato dei tuoi ideali, in quanto genitore volevo proteggerti da una più dura realtà»
«Non sono pentito per aver disobbedito al tuo volere»
Il dottor Koskinen apprezzò la sincerità. 
«Non posso biasimarti per le tue scelte. Avrei dovuto essere disposto ad ascoltarti e a supportarti quando avevi bisogno di me»
«Ormai non ha più importanza»
«Desideravo solo il meglio per te. Riconosco i miei errori e ti chiedo di perdonarmi per i miei sbagli»
Jari si stupì di sentire quelle parole.
«Sei mio figlio, io resterò sempre al tuo fianco, non devi mai dimenticarti di questo»
Il giovane comprese il vero significato di quelle parole.
«Devo portare avanti la missione e rispettare il giuramento. È mio dovere tornare a combattere insieme ai miei compagni»
«In tre lunghi anni ho compreso quanto questa battaglia sia importante per tutti noi»
Jari ribadì le sue intenzioni: «si tratta del destino della Finlandia ed io sono pronto a fare il mio dovere»
Il dottor Koskinen non poté far altro che rispettare la volontà del figlio. Davanti a lui non aveva più un ragazzo testardo, ma un giovane uomo deciso e determinato.
 
Jari salì le scale lentamente, guardandosi intorno con passiva indifferenza. Aveva la sensazione di essere un fantasma tra quelle mura, era come se non fosse realmente in quella casa, quel mondo non gli apparteneva più. La sua mente lo riportava sul campo di battaglia, non poteva evitare di domandarsi cosa stesse accadendo sul nuovo fronte di guerra.
A distrarlo da quei pensieri fu l’apparizione di sua sorella, la quale lo invitò a parlare nella sua stanza.
«Quanto tempo resterai?» domandò con apprensione.
«Dovrò partire la prossima settimana»
Kaija abbassò tristemente lo sguardo.
«Speravo che potessi rimanere per più tempo»
Egli tentò di rassicurarla prendendo dolcemente la sua mano.
«Sono tornato dalla Germania e adesso sono qui. Stiamo tutti bene, non è questo l’importante?»
Kaija ricambiò la sua stretta.
«Sono cambiate tante cose da quando te ne sei andato…»
Jari rifletté su quelle parole, era vero, nulla era rimasto come prima. Niente sarebbe potuto tornare come prima della guerra. L’aveva avvertito al suo arrivo, ricevendo una silenziosa e fredda accoglienza dai suoi compaesani.
«Sai, molti giovani hanno deciso di partire, anche Kris si è arruolato con le Guardie Bianche»
Jari percepì l’angoscia della sorella, sapeva che i due erano sempre stati molto uniti, era certo che ella avesse sofferto per quella separazione.
«I comandanti dei Bianchi sono Jäger ben addestrati, puoi fidarti di loro»
Kaija scelse di credere alle sue parole.
«Pensi davvero che sia giusto combattere questa guerra?»
Jari sospirò: «tutto quello che so è che non abbiamo scelta»
La giovane guardò il fratello con commozione, per un istante rivide in lui il ragazzino timido e introverso che amava leggere e suonare il pianoforte, ormai quell’innocenza era svanita.
 
Rimasto solo nella sua stanza Jari provò una profonda inquietudine. Credeva che sarebbe stato felice di tornare a casa, invece quella visita gli aveva procurato solo altri tormenti.
Ovviamente era stato lieto di rivedere il padre e la sorella, ma il loro affetto, per quanto sincero, non avrebbe potuto esser d’aiuto. Loro non avrebbero potuto comprendere, sentiva il bisogno di tornare al fronte dai suoi compagni. Fino alla conclusione della guerra non avrebbe mai potuto trovare la pace.
Jari era assorto in questi pensieri quando all’improvviso la sua attenzione fu catturata da un oggetto riposto sulla scrivania. Si trattava della scultura in legno che ritraeva Onni, era l’ultimo dono di Verner.
Ricordava bene il loro addio, in tutto quel tempo era tornato spesso a quei momenti. Ancora soffriva per quel che era successo, ma non provava alcun rimorso per le sue scelte.
Non si sentiva un traditore per aver abbandonato il villaggio e nemmeno per aver combattuto sotto un’altra bandiera per il bene della Finlandia.
Inevitabilmente si domandò cosa fosse accaduto a Verner in tutto quel tempo. Conoscendolo poteva ben supporre che non fosse rimasto indifferente a quella guerra. Un brivido scosse il suo corpo al pensiero che egli potesse aver preso decisioni avventate.
Alla fine non poté far altro che sperare che, nonostante tutto, il suo caro amico d’infanzia stesse bene.
Jari tornò a distendersi sotto alle coperte, sorprendendosi per quanto fosse ampio, caldo e accogliente quel letto. Ormai abituato alle assi immerse nel fango delle trincee o alle rigide brande della caserma aveva dimenticato certe comodità.
Il giovane richiuse gli occhi, lasciando che la stanchezza prendesse il sopravvento.
Quella notte sognò la baita nella foresta.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Star_Rover