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Autore: Guido    03/03/2023    1 recensioni
Il 1 settembre 1998, Harry, Ron e Neville si presentano al Ministero, per iniziare l'addestramento come Auror. Nessuno dei tre ne è entusiasta, Harry meno degli altri, e l'accoglienza che ricevono è glaciale. Ma sotto la guida di un supervisore inflessibile, nella caccia agli ultimi Mangiamorte, come nel tentativo di risolvere vecchi casi della prima guerra (tra cui l'omicidio dei nonni Evans), il Ragazzo Sopravvissuto riscopre la propria vocazione. In più, una figura misteriosa gli affida un libro di magia altrettanto misterioso, promettendogli poteri sconosciuti... Prima di quattro fic in programma, racconta gli anni 1998-2007, dal primo giorno di Harry all'Ufficio degli Auror fino a quando (gli amici ormai passati ad altre carriere) ne diventa il Direttore.
Genere: Angst, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Vari personaggi | Coppie: Hannah/Neville, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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GUFI E FOTO

Gufi e foto


Ringraziamenti:
Con buona pace di T.S. Eliot, il mese più crudele di tutti è senza dubbio agosto, almeno dal punto di vista climatico; ma so che Pally leggerà e commenterà la bozza anche con questo clima, quindi merita un applauso di incoraggiamento.
GYGoggy2020: Ti devo una risposta e un aggiornamento davvero da troppo tempo, posso solo scusarmi e dire che da almeno un paio di mesi cerco di ritagliarmi lo spazio per riuscire a formattare il capitolo in HTML. Forse avrei dovuto farlo un po' alla volta... Ad ogni buon conto, meglio tardi che mai!
Allora, riprendiamo il filo: Grassley tiene sicuramente a trasmettere la conoscenza della magia del sangue, ma non ha chiesto a Harry nessun impegno in tal senso, almeno fin qui. Nel primo capitolo ha offerto a Harry di potenziargli con la magia del sangue anche le uniformi normali, non solo l'alta uniforme, e il Nostro gli ha risposto che ci penserà; nel terzo accetta l'offerta. In mezzo, be', ci sono stati i Tre Giuramenti e anche il gesto di Robards. Il quale, sì, è tutto quello che dici e anche qualcosa di più, ma pure qualcosa di altro (bisognerà aspettare il cap. 9 per cominciare ad inquadrarlo meglio, temo). Diciamo che questo è anche un romanzo di formazione, sotto molti aspetti, dai faldoni all'Accademia al controllo emotivo, e serve pure la figura del mentore inflessibile. O il professore che si lancia in spiegazioni complicate: Harry ha un cervello, ma deve imparare ad usarlo di più (e sì, ho studiato Giurisprudenza, la lezione di Crawley è un pezzo che ho tenuto particolarmente a scrivere). Dove arriveremo con tutto questo? Parecchio in là in termini cronologici, ma soprattutto – spero – ad avere personaggi a tutto tondo e non ridotti a macchiette. Ci terrei in particolare per Ron, anche se forse con la faccenda di Ginger l'ho un tantino maltrattato...
fenris: Grazie mille, soprattutto perché cerco sempre di mantenere un equilibrio tra parte narrativa e world building, in modo tale che il discorso fluisca, quindi sono molto contento se almeno a qualcuno sembra che ci sia riuscito! Mi scuso ovviamente anche con te per il ritardo – decisamente mi sto dedicando a troppi progetti, in più un nuovo amico che ho opportunamente soprannominato “il Malvagio” mi ha trascinato in altri... - ma la storia prosegue, anche se magari con la velocità di un bradipo.

I can sit and watch bad history unfold
I control my own destiny I break up the mold
So what if I'm a wizard shouldn't come as a surprise
Through the valley of fear I walk each day
But a circle of six now shows me the way
And now I climb mountains wherever they may rise
But I can't stand without you others and you are nothing without me
We've been ready all our lives to set the power free
Under the blood red moon
The blood red moon
Under the blood red moon
The blood red moon
Ooh under the blood red moon


[The Hives, Blood Red Moon]



Il risveglio del venerdì, per fortuna, fu meno brusco, tanto che Harry ebbe la gradita sorpresa di scoprirsi quasi riposato. Così, scendendo le scale per primo – Ron e Neville preferivano fare la doccia al mattino, anziché di sera - si disse che una bella tazza di tè e la relativa sferzata di energia gli sarebbero bastate per affrontare la riunione del mattino e (soprattutto) l'ingrato compito di riferire su quel caso rimasto a marcire sugli scaffali. Meglio non pensarci troppo, però, o gli sarebbe andata la colazione di traverso.
Salutò Kreacher, fece onore alle uova e al bacon, quindi, sentendosi meglio disposto, dedicò una decina di minuti a rivedere gli appunti che si era portato dietro dal Q.G.
«'Giorno, Harry» lo salutò Ron, soffocando uno sbadiglio e attaccando subito la propria generosa porzione.
«Buongiorno Ron... Neville» aggiunse, vedendo arrivare anche lui, con i capelli ancora umidi.
«Ciao, Harry. Non ci crederai, ma ho messo a posto gli appunti di Crawley e solo con la lezione di ieri mi son partiti dieci rotoli di pergamena.»
«Sul serio?! Dieci rotoli?!»
«Sì. In pratica, in una lezione ha condensato i primi quattro capitoli del libro, quello sulla storia ovviamente. Crawley non scherzava sul ritmo, proprio no. Fossi in te non rimanderei lo studio: se va avanti così...»
«Eh, riuscissi a trovare il tempo...»
Il tempo, in effetti, scarseggiava come nemmeno prima dei G.U.F.O.: corri di qua, gira di là... fai questo, fai quello... gli bastava pensarci per sentirsi a pezzi. Bevve altro tè.
Arrivò il gufo con La Gazzetta del Profeta. Si chiedeva sempre se valesse la pena spendere i soldi dell'abbonamento – per di più a vantaggio del nemico – ma, un giorno sì e l'altro pure, c'era sempre qualche casino che doveva sperare di non vedere in prima pagina.
Stavolta poté tirare un sospiro di sollievo: niente che lo riguardasse, niente di niente. Né il “quadriello” con la Squadra Speciale (che per lui non era una battaglia, checché ne pensassero Ron e Neville), né la questione di Zog il lurido ricattatore, ma soprattutto, e per fortuna, nessuno scoop tardivo sulla loro serata a Deviant Alley.
Rasserenato, aprì il giornale e lo scorse rapidamente: c'era sempre qualche notizia curiosa qua e là, dopotutto...
Alla terza pagina si bloccò.


Octavian Grassley morto


Il trafiletto, una quindicina di righe, non aggiungeva molto a quel titolo lapidario: il noto fornitore del Ministero era stato trovato cadavere dal suo elfo domestico a notte fonda, giusto in tempo perché la notizia non dovesse aspettare la Gazzetta dell'indomani. Non lasciava figli e non si nominavano parenti ancora in vita, anzi, non era indicato nemmeno il giorno del funerale.
Nulla, in quell'articolo buttato giù all'ultimo secondo, faceva pensare ad una morte sospetta... ma Harry non credeva alle coincidenze. Non più. Da molto tempo.
Si chiese a chi potesse o dovesse parlarne. Robards non sembrava esattamente la scelta più indicata... ma allora chi?
Non per la prima volta, si rese conto di non aver ancora idea di come funzionasse il Ministero. Forse poteva chiedere al signor Weasley...
Guardò l'orologio e scosse la testa: troppo tardi per una chiamata via camino. In più, non aveva un gufo e non sapeva come inviargli un promemoria interno. Bel problema.
Sospirò: a conti fatti, gli restava soltanto il suo supervisore.
Il pensiero gli buttò decisamente giù il morale.

Arrivò al Quartier Generale con venti minuti buoni di anticipo sull'inizio della riunione e, per buona ventura, trovò Robards da solo.
«Buongiorno, signore» salutò, facendosi animo.
«Già qui, signorino Expelliarmus
Cominciamo bene... «Uhm... sì, signore.»
Il suo supervisore lo fissò all'incirca come zia Petunia guardava le macchie subito prima di mettersi a strofinare; poi gli disse qualcosa di totalmente inaspettato. «Tu sai che prima o poi dovrai uccidere, vero?»
Il pensiero di Octavian Grassley svanì all'istante dalla mente di Harry. «Uhm... Finora non mi è mai servito. Signore.»
«Suppongo che sia una fortuna... o forse no, se pensi di poterlo evitare per sempre. Credimi: non si può. E dovrai andare là fuori pronto a farlo, dovrai tornare e riuscire a dormirci la notte... ma soprattutto dovrai evitare che diventi troppo facile. Expelliarmus» concluse, scuotendo la testa con disgusto.
Non aveva la minima idea di come prendere un discorso del genere – cosa avrebbe dovuto fare secondo il megastronzo, uccidere quelli della Squadra Speciale?! - ma gli tornò in mente il potenziale assassinato. «Uhm... signore, ha saputo che è morto il signor Grassley?»
«No» rispose Robards, sorpreso. «Non ho ancora visto il giornale.»
«Non dice molto. Trovato morto dall'elfo domestico, niente figli... quelle cose lì, insomma.» Si strinse nelle spalle. «Però...»
«Però qualcosa non ti torna?» Il tono sembrava neutro e questo lo incoraggiò.
«Non so, signore... ma, ecco... io ieri sera l'ho visto e aveva l'aria di stare benissimo; mi aveva detto che voleva parlarmi e poi non l'ha fatto; probabilmente sono l'ultimo ad averlo visto vivo; e insomma, mi chiedo...»
Adesso, il suo supervisore lo stava fissando con estrema attenzione. «Comincia dall'inizio.»
Harry obbedì e gli raccontò i fatti, senza omettere neppure le considerazioni del defunto sulla cerimonia dei Tre Giuramenti o sulla magia del sangue.
«Quindi» intervenne Robards alla fine «Grassley non ti ha “detto” di volerti parlare, te l'ha “scritto”.»
«Ehm... sì, signore.»
«E non è che poi non ti abbia parlato: a te sembra che non abbia detto nulla di significativo, nulla per cui si scriverebbe a qualcuno che si avrebbe piacere di parlargli.»
«Ehm...» Lo guardò, cercando di capire il perché di queste ovvietà, e gli strappò un sospiro.
«Cocchino di Kingsley, so benissimo che nel linguaggio di tutti i giorni diciamo “mi ha detto” invece di “mi ha scritto”, ma in un rapporto devi mettere i fatti, i fatti nudi e crudi. In più, se qualcuno ti dice qualcosa è facile che non ci siano prove, mentre una lettera... Non l'hai portata con te, immagino?»
«No, signore.»
«E certo che no, cosa pretendo da un cervello di Troll come te? Ti svegli la mattina, ti viene un sospetto intanto che leggi il giornale... e a che pensi, alle prove? Ma figuriamoci!»
«Uhm...»
«Meno male che vai a quel corso per azzeccagarbugli! Non ti hanno ancora parlato di fatti e di prove, per caso?»
«Ah... finora soltanto di storia, signore.»
«E ti pareva... Be', tientelo per detto: in un rapporto, e a maggior ragione davanti al Wizengamot, i fatti si riferiscono nel modo più neutro possibile; impressioni e opinioni vanno a parte.» Guardò l'orologio. «A proposito, spero che tu abbia preparato bene quel che dirai alla riunione, perché tra due minuti si comincia.»
«Ah... certo, signore. E per il, uhm, per il signor Grassley?»
Robards brandì una piuma e un foglio di carta, scrisse qualche riga al volo; con un colpo di bacchetta, fece ripiegare il foglio ad aereoplanino. Il promemoria decollò all'istante.
«Quando me lo insegna?» domandò Harry, senza pensare.
«Se e quando sarà necessario, non un minuto prima. Comunque, ho scritto al capo: avvieremo accertamenti sulla morte improvvisa del nostro stimato fornitore, signor Octavian Grassley. “Per semplice precauzione”, naturalmente. Adesso pensa al tuo rapporto, che cominciamo la riunione.»
Non ebbe il tempo di chiedergli chi diavolo fosse “il capo”, né chi si sarebbe occupato di questi accertamenti; mentre intorno a lui il Q.G. assumeva l'aspetto da riunione, raccolse tutto il proprio coraggio. Ma, a conti fatti, non gliene servì poi molto, perché non dovette affrontare il gioco al massacro che temeva: gli appunti gli servirono solo per qualche dettaglio e, soprattutto, ebbe cura di specificare che, al momento, la sua era solo un'ipotesi originata da un'impressione.
«In altri termini,» commentò un Auror dalla voce aspra, «non hai in mano niente, ragazzino.»
«Se per “niente” intende le prove, signore, in effetti al momento non ne ho. Ma Hermione è sopravvissuta all'attacco di Dolohov e, da qualche parte, sarà pur rimasta una traccia scritta degli effetti di quella Maledizione.»
«E perché non l'hai cercata prima?» replicò quello stesso Auror, di cui proprio non riusciva a rammentare il nome, ma che già gli stava un bel po' sulle palle.
«Perché io, che sono il titolare del caso, gli ho ordinato di riferire in questa sede» intervenne Robards, secco. «Fungbury, vorrei ricordarti che siamo tornati alla gestione collegiale dei fascicoli... e su quest'aspetto, per una volta, sono perfettamente d'accordo con Kingsley. Inoltre, è giusto che Harry si abitui da subito a sentire altri pareri: conosciamo la sua storia personale, no?»
«Secondo me» osservò Williamson, in tono meditabondo, «è strano che Dolohov e gli altri siano stati visti così lontano dalla scena del crimine. Non si sarebbero dovuti Materializzare e Smaterializzare subito?»
«Se l'è chiesto anche un Auror dell'epoca» replicò Harry, che si era posto a sua volta la stessa domanda. «Stando ai verbali, Malocchio gli ha risposto che...» Controllò gli appunti. «“Sono furbi, stanno in guardia, non vogliono lasciare tracce che potremmo seguire”.»
Calò un momento di silenzio. Harry si chiese se anche gli altri stessero ricordando Malocchio Moody... e se almeno uno di loro lo rimpiangesse.
«Bene, signori» riprese Robards, senza traccia di emozioni nella voce, «come sapete, tutti i vecchi casi irrisolti sono assegnati a me, quindi ve lo chiedo io: ritenete che abbiamo una pista da seguire? Vi sembra che valga la pena di provare a incastrare Damocles Selwyn per questo omicidio?»
Tutti annuirono, anche se qualcuno con riluttanza; Fungbury, però, tenne a precisare: «Per valerne la pena, ne vale la pena, ma dirò che avremo una pista solo se la documentazione medica darà ragione al ragazzo.»
«Bene. Harry, prepara una lettera in cui chiedi quei documenti.»
«...Signore?!»
«Quale parte della frase non ti è chiara, sentiamo?»
«Ma... ma a chi scrivo?!»
«Usa il cervello, per cortesia! Se ce l'hai, naturalmente...»
Intervenne Dawlish, forse mosso a pietà: «Dove è stata curata la tua amica Hermione?»
«Oh. Giusto. A Hogwarts, anche se magari Madama Chips avrà chiesto qualche parere, non so. Ma... chi firma la lettera?»
«Te lo spiego dopo» tagliò corto il suo supervisore. «Adesso andiamo avanti. C'è un paio di nuovi rapporti sui Dissennatori.»

Robards non ebbe modo di spiegargli proprio nulla al termine della riunione, perché incombeva già la lezione del giorno, Pozioni Avanzate. Fu grato della possibilità di lasciare attrezzatura e ingredienti alla Scuola: un problema in meno tra i mille di quella routine massacrante.
«Buongiorno, signori.» L'insegnante – anzi, si corresse, l'istruttore – era un Auror dai capelli grigi, che a occhio pareva coetaneo di Dawlish, ma con qualche cicatrice in più. Delaney, ricordò con uno sforzo, si chiamava William Delaney. «Vi direi “benvenuti al corso”, ma so già che voi tre odiate questa materia.» Ron ridacchiò, incerto; l'altro proseguì senza scomporsi. «Non siete certo i soli: un po' tutte le reclute, se non arrivano a odiarla, pensano che sia più o meno inutile, una perdita di tempo. Il classico Auror in addestramento è un ragazzino pieno di sé che si illude di salvare il mondo a colpi di bacchetta.» Guardò fisso Harry, che sostenne lo sguardo e non poté fare a meno di assumere un'espressione di sfida. «Invece, che vi piaccia o no, le Pozioni saranno fondamentali nel vostro lavoro. Ronald,» lo apostrofò all'improvviso, voltandosi verso di lui, «se dovessi prendere le sembianze di qualcuno, cosa useresti? Trasfigurazione umana o Pozione Polisucco?»
«Ah...» Colto alla sprovvista, Ron si sforzò comunque di reagire in fretta. «La Polisucco funziona, ma dura poco...»
«Quanto?»
«Un'ora.» Averla presa aiutava a fissare quel dettaglio in memoria, poco ma sicuro.
«Esatto. E poi? Quali sono i suoi altri vantaggi o svantaggi?»
«Uhm... ci vuole molto tempo per prepararla, dovrei averla già con me.»
«Giusto. O comprarla. Qualcuno ricorda la ricetta?» Scossero tutti e tre il capo. «Era sperare troppo, immagino... Neville, supponendo di avere sottomano la Pozione già pronta, cos'altro ti servirebbe?»
«Ah... non saprei, signore...»
«Harry?»
«Una qualunque, uhm... parte del corpo della persona in cui mi voglio trasformare, signore. Unghie, capelli...»
L'istruttore inarcò un sopracciglio, colpito suo malgrado. «Giusto. Adesso ditemi: nonostante tutti questi inconvenienti, perché e in quali circostanze preferiresti la Polisucco alla Trasfigurazione umana?»
«Non mi possono Detrasfigurare» rispose Harry di getto, stupendo anche sé stesso.
«Esatto. Questo è il principale vantaggio della Polisucco. Neanche Gellert Grindelwald in persona è stato in grado di mantenere le sembianze del capo degli Auror americani, quando Newt Scamandro l'ha smascherato.»
Harry non aveva idea dell'evento storico cui alludeva Delaney – e poi gli sembrava che Scamandro studiasse le Creature Magiche, che c'entrava con Grindelwald?! - ma obiettò: «Signore, però con la Polisucco basterebbe che mi perquisissero, che trovassero la fiaschetta... o che mi impedissero di bere per un'ora...»
«Sì, ma in un'ora possono accadere tante cose; e se io reagissi, sopraffacendo i miei accusatori, dopo potrei sempre recitare la parte dell'innocente indignato che l'ha presa male. Aggiungi che, più o meno in tutto il mondo, un tentativo di Detrasfigurazione è sempre legale, tanto non fa male a nessuno, ma intrappolare o perquisire qualcuno richiede sospetti piuttosto precisi: lo dico soprattutto per quando vi capiterà di dover sfuggire ai colleghi dall'altra parte...»
«Come?!» domandò Neville.
«Operazioni sotto copertura, nessuno ve ne ha mai parlato?»
«...No, signore» rispose Ron, a occhi sgranati.
«Ah be', non sta a me farlo. Comunque, spero che abbiate capito il punto: non siete più a Hogwarts, le materie non sono più compartimenti stagni, dovrete essere in grado di scegliere al volo quale magia preferire nella tale o talaltra situazione. Sarà un lavoro duro, soprattutto considerato che il M.A.G.O., qui, è la preparazione di base.... perciò mi aspetto che ce la mettiate tutta.»
Fece una pausa, mentre li fissava uno per uno. Non si udirono commenti di sorta.
«Bene, adesso passiamo alla parte pratica. Qui alla Scuola abbiamo una piccola tradizione per l'inizio di questo corso, sapete? Siccome sul campo vi servirà un mucchio di fortuna e siccome io devo capire se sappiate cavare da qualcosa da un calderone... vediamo un po' se oggi riuscite a non fare troppi disastri preparando un po' di “fortuna liquida”.»

La lezione terminò all'una e cinquanta; ovviamente, erano soltanto ai primi stadi della Felix Felicis, ma Delaney sembrava soddisfatto, o almeno non troppo deluso.
Harry, che doveva incontrare Kingsley nel giro di dieci minuti, chiese all'istruttore come potesse fare per mangiare un boccone al volo.
«Batti tre volte il piede sinistro a terra: un elfo domestico arriverà e ti porterà quello che vorrai. Il Ministero ne impiega qualcuno proprio per questo genere di situazioni.»
«Grazie, signore.»
«Di niente. Ah, Harry?»
«Signore?»
«Cerchiamo di fare in modo che il tuo amichetto non fonda il quinto calderone, la prossima volta, d'accordo? Non che mi aspettassi di meglio, intendiamoci, ma se va avanti così...» Si passò una mano sulla gola, di taglio.
Per fortuna, Neville era già uscito; ma Harry arrossì comunque al posto suo. «Cercherò di dargli una mano, signore. Lo convincerò ad aprire quel libro sul pozionista incapace...»
«Fallo, Harry, e potrei perfino cominciare a credere che tu non sia il pallone gonfiato che hai tutta l'aria di essere. Ora va' o non riuscirai a mangiare proprio niente.»
All'elfo che gli comparve dinanzi dovette impedire di profondersi in mille inchini e salamelecchi; a corto di idee, gli chiese semplicemente “quello che c'è, quello che capita”, e ottenne un panino tonno e maionese con una caraffa di succo di zucca. Avanzò la maggior parte del succo, ma il panino prese subito la strada delle budella.
Mentre si avviava al Primo Livello, si chiese perché mai l'elfo gli avesse fatto l'occhiolino, prima di Smaterializzarsi. Non poté fare a meno di trovarlo, per molteplici ragioni, un gesto inquietante.

Nonostante l'impegno profuso, arrivò in ritardo: non aveva calcolato lo sbarramento di anticamere che controllava l'accesso all'ufficio personale del Ministro. E di sicuro non avrebbe mai potuto immaginare che esibire la propria convocazione non gli sarebbe servito a un accidente. Invece, si ritrovò a sventolarla davanti a un'impiegata arcigna dietro l'altra, sempre invano, in una trafila interminabile. Però aveva l'impressione di risalire, perlomeno, la loro misteriosa scala gerarchica; e ne ricevette conferma quando, infine, fu giunto davanti all'ultima in assoluto, la più vicina alla porta di Kingsley... nonché la più vecchia di tutte. Obiettivamente e senza offesa, sembrava una cariatide incrociata con una mummia.
La sua pergamena fu ghermita dall'ennesima mano adunca e scorsa dall'ennesimo sguardo scettico. Quindi, con una voce profonda che lo sorprese, quel donnone decrepito esclamò: «Ragazzo, io sono la Prima Segretaria di Anticamera e non mi importa se sei stato convocato – oltretutto, vorrei rilevare, per otto minuti fa... - a me il Ministro ha detto di non far entrare nessuno durante la riunione. Nessuno, chiaro? E poi, dico, si è mai visto un neoassunto a una riunione dirigenziale generale?!»
Harry, la cui pazienza era ormai ridotta all'osso, si sforzò valorosamente di mantenere la calma, limitandosi a una vena di ironia. «Credo che in questa “riunione importante” si debba parlare di un caso importante: il mio.»
«Ma davvero! E cosa riguarderebbe?»
Non lo so di preciso, in realtà, ma posso tirare a indovinare. «Una richiesta di risarcimento danni da parte di tale Zog lo Zozzone, per conto della Gringott.» Si sforzò di sorridere. «Potrebbe controllare? Per favore.»
Il donnone e il suo campionario di rughe assunsero un'aria pensierosa, mentre i secondi scorrevano e Harry mordeva il freno.
«Oh be'... male non può fare, immagino» concesse alla fine. «Attenda qui, prego.» Scomparve oltre la porta, richiudendola attentamente alle proprie spalle, e ne riemerse in meno di un minuto, decisamente più agitata e con voce quasi sovracuta: «Signor Potter, voglia scusarmi... ma che dico scusare me?! Il Ministro in persona Le porge le sue più sentite scuse... La sua segretaria personale ha dimenticato di inserirLa nella lista delle persone attese. Posso assicurarLe che sarà punita a dovere. Prego, mi segua.»
Obbedì senza rispondere, molto divertito e un po' perplesso di fronte a un cambiamento così repentino.
L'ufficio di Kingsley era molto più ampio di quanto non gli fosse sembrato la volta precedente: avrebbe potuto ospitare almeno il doppio di quella dozzina di persone. Ma lo colpì di più il fatto che, per qualche strana ragione, anziché intorno a un tavolo o a una scrivania sedevano tutti per terra, in cerchio e a gambe incrociate, con pile di pergamena davanti o di fianco.
La Prima Segretaria, la voce di nuovo profonda, annunciò, quasi in tono da proclama: «Signor Ministro, signori Direttori, il signor Harry James Potter, dell'Ufficio degli Auror.»
Per un momento accarezzò l'idea di stuzzicarla con un “E l'Ordine di Merlino? Eh? Quello non conta? Eh?”. Ma lasciò perdere: aveva altre gatte da pelare e non sapeva ancora quali.
«Harry!» esclamò Kingsley. «Prego, accòmodati dove preferisci... allargate un po' il cerchio, ecco, dovresti starci...» Gli altri gli fecero spazio. Cos'era, la versione magica della Tavola Rotonda?!
«Scusate il ritardo, io...» Sedette tra due perfetti sconosciuti, troppo vicini per i suoi gusti, sentendosi più che mai un pesce fuor d'acqua.
«No, no, scusa tu» gli rispose sempre il Ministro. «Un bruttissimo disguido, saranno presi seri provvedimenti. E comunque, mi scuso doppiamente, perché siamo in ritardo noi: non abbiamo ancora finito di discutere il punto precedente dell'ordine del giorno.»
«Ah. Va bene, posso aspettare fuori...»
«Non è necessario, grazie, questione di un minuto.» Volse lo sguardo all'intorno. «Ci sono altri interventi?» Nessuno parlò, nessuno si mosse. Tutte facce sconosciute, a parte Percy Weasley, ma non aveva comunque idea di cosa dirigesse (anzi, ora che ci pensava, Kingsley doveva essere disperato per metterlo a dirigere un ufficio!). «Ottimo. Passiamo ai voti: alzi la mano chi esprime parere favorevole alla bozza di Decreto Didattico.» Si alzarono quasi tutte. «I contrari?» Due tizi soltanto, uno dei quali chiese e ottenne che fosse annotata a verbale la sua obiezione: rendere obbligatoria Babbanologia, per giunta fin dal primo anno, equivaleva a sconvolgere l'organizzazione di Hogwarts, a distogliere tempo ed energie dall'apprendimento delle basi stesse della Magia, nonché – e forse soprattutto – a esporre precocemente i giovani maghi a tutte le follie del comportamento Babbano, con quali effetti perniciosi per la società non aveva neppure il coraggio di immaginare, meno ancora di prevedere.
«Grazie, Julius, per quest'ottima sintesi del punto di vista della minoranza.» La voce di Kingsley, fonda e rassicurante, sembrava fatta apposta per un simile genere di riunioni: che ci avessero pensato, quando l'avevano eletto? «Il prossimo punto all'ordine del giorno reca “Discussione preliminare delle possibili iniziative e risposte del Ministero in relazione al caso Zog lo Zozzone e Banca Gringott c. Harry James Potter”. Harry, grazie di essere venuto.»
«Ci mancherebbe» rispose, non senza una nota di stupore. «Dopotutto, si tratta di me.».
Lo sguardo di tutti correva da lui al Ministro e viceversa, come se si aspettassero... boh?
«Be', che c'è?» domandò Kingsley, con un'aria appena un po' troppo innocente. «Sì, io e Harry abbiamo avuto un piccolo malinteso o due, ma ci siamo chiariti. Con molto garbo e senza Avada. Non si vede?» concluse, inarcando un sopracciglio e indicando sé stesso.
Harry non poté trattenersi e scoppiò a ridere; la tensione latente si allentò.
Ma veramente si aspettavano che ci mettessimo a duellare o qualcosa del genere?!
Tornò serio di colpo: ad un tratto, l'eccesso di precauzioni che l'aveva fatto trovare alle prese con la Squadra Speciale Magica non gli sembrava più così assurdo. Poteva pensare che Kingsley avesse cominciato ad assomigliare un po' troppo a Malocchio, ma se il gruppo dei dirigenti al gran completo sembrava altrettanto paranoico...
Qualcosa si mosse a mezz'aria, attirando la sua attenzione: una piuma – probabilmente una Penna Prendiappunti – e una pergamena. Sembravano in attesa.
«Oh, giusto» riprese il Ministro, adocchiandole a sua volta. «Per il verbale: si è unito ai presenti il signor Harry James Potter.» La penna scattò a scrivere, mentre la voce proseguiva: «Non so se sia il caso di fare le presentazioni. Tutti voi conoscete Harry, naturalmente, ma non so se Harry conosca già qualcuno di voi.»
«Conosco Percy – Percy Weasley, voglio dire - però temo di non ricordare nessun altro qui... chiedo scusa.»
«Tranquillo: quando conosci tutti, vuol dire che lavori qua da troppo tempo. In due parole, questi sono i Direttori degli Uffici generali – i Livelli, per capirci – e di alcuni altri che sono coinvolti direttamente, come quello delle Relazioni per i Folletti.»
«Proprio non si ricorda di me, signor Potter?» chiese un mago sorridente.
L'inatteso interlocutore aveva, in effetti, un che di familiare, ma proprio non riusciva ad associarlo a un nome o a una situazione. «Ahem... non saprei...»
«Il signor Eldred Worple...» esordì Kingsley.
«Ma certo!» esclamò Harry, senza curarsi di interromperlo. «Lo scrittore! Non aveva un amico Vampiro? Non sapevo che lavorasse al Ministero.»
«Oh, allora si ricorda! Sono molto contento... a proposito, la mia offerta è sempre valida.»
«Ehm... grazie, ci penserò» tagliò corto, più imbarazzato che mai al pensiero che qualcuno potesse credere che volesse farsi scrivere una biografia. Solo quello gli mancava!
«Quanto al lavoro,» proseguì l'altro, «è una novità, ma si tratta di un incarico temporaneo.»
«Il signor Worple è troppo modesto» lo corresse il Ministro. «Dopo la destituzione di Dirk Cresswell, l'Ufficio per le Relazioni con i Folletti è stato trasformato in... come dire...?»
«“Ufficio Controllo sui Folletti”, nuova denominazione non ufficiale, quindi esatta. Insomma, erano quelli che pretendevano di comandare alla Gringott, facevano secchi i folletti che resistevano e ne torturavano un bel po' a casaccio.» Il disgusto nella voce dello scrittore/Direttore era palpabile.
«Già. Quindi, con Dirk morto e quasi tutti gli addetti compromessi, va da sé che i folletti non volevano nemmeno sentir nominare l'Ufficio, pretendevano di trattare sempre e solo con me... capirai bene che non poteva funzionare. Ci serviva un uomo onesto, che venisse da fuori, con una reputazione eccellente quanto a rapporti con le Creature Magiche. Così....»
“Compromessi”. Che modo... elegante di metterla giù.
«Io sarò troppo modesto,» replicò Worple, «ma il signor Ministro è fin troppo generoso: fa finta di non sapere che non conosco per niente la lingua o la cultura dei folletti.»
«L'importante, per adesso, è che le bestiacce ci parlino di nuovo» intervenne un altro dei dirigenti.
«Non so quanto, Caradoc,» ribatté un altro, quello che Kingsley aveva chiamato Julius, «visto che la richiesta di Zog lo Zozzone non è stata comunicata né all'Ufficio né al Ministro.»
«Ho sentito mio fratello Bill.» Le teste si voltarono verso Percy. «Dice che alla Gringott se ne parlava da tempo... e anche che siamo fortunati: il fatto che abbiano coinvolto solo Harry significa che, per il momento, hanno scelto di vederla come una questione “chi rompe paga”, anziché come un problema politico.»
«“Chi rompe paga”?!» proruppe l'interessato, al colmo dell'indignazione. «Semmai dovrebbero ringraziarmi! O cosa credono, che avrebbero sconfitto Voldemort da soli?! Anche Hogwarts è finita in mille pezzi, ma non ho ancora visto richieste di risarcimento dalla McGranitt!»
«Hem-hem.» Kingsley tossicchiò con una certa enfasi. «Eldred, se volessi riferire formalmente sulla pratica...»
La relazione di Worple fu una vera doccia fredda per Harry: il Ministero - a quanto riuscì a capire e si vide anche confermare espressamente quando chiese lumi per sicurezza - non aveva il minimo dubbio sul fatto che gli toccasse pagare; il problema che si poneva, semmai, era quale Ufficio dovesse gestire la richiesta, anche in relazione all'eventualità che diventasse il “problema politico” cui aveva accennato Percy.
«I folletti sono sempre un problema politico!» sentenziò quel certo Julius, che Harry ancora non aveva capito cosa dirigesse.
«Harry Potter, invece, anche» rincarò la dose l'altrimenti ignoto Caradoc, per giunta guardandolo storto.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso: «Sentite, se non sapete neanche chi dovrebbe fare cosa, esattamente perché siete qui? Solo per dare addosso a me? A me?!» Trattenne a stento una riga di parolacce, ma nell'ufficio calò comunque un silenzio pesante: gli arrivarono occhiate di fuoco da almeno metà dei presenti.
Dopo un intervallo percettibile, Percy si schiarì la voce in modo molto elaborato. «Per quanto mi riguarda, io dirigo il Trasporto Magico e credo che, in questo caso, il mio Ufficio sia forse l'unico che non possa essere chiamato in causa neanche dall'immaginazione più fervida... quindi, se sono qui – se tutti noi siamo qui, Harry, e inversamente se tu sei qui, a una riunione dirigenziale generale...» Fece una pausa ad effetto, che suscitò diversi cenni di assenso. «Ebbene,» concluse, «credo che ciò significhi che il Ministro ha già deciso che questa non è solo una faccenda tra il signor Zog lo Zozzone e Harry Potter, e nemmeno tra la Gringott e un impiegato neoassunto del Ministero. Ho ragione, signor Ministro?»
«Caro Percy,» rispose Kingsley con un gran sorriso, «ti pare che potrei mai decidere qualcosa al di fuori delle sedi appropriate, senza nemmeno consultarvi? E fare un torto del genere proprio a voi? Non mi permetterei mai. La politicità della faccenda sta nei fatti, non importa quanto vorremmo che non fosse così. In più, c'è il problema di individuare l'Ufficio competente...»
«Se è una questione politica, se ne occupi direttamente il Ministro» intervenne un mago che fino a quel momento non aveva ancora parlato.
«O il Wizengamot» aggiunse la strega alla sua sinistra.
«Phyllis, Everard, questa è una discussione preliminare, non dobbiamo decidere tutto oggi.» In qualche modo, Kingsley ora sembrava sulla difensiva.
«Il mio Ufficio sarebbe lieto di investire del caso la Confederazione Internazionale dei Maghi» osservò un altro mago, in un tono così pacato che sapeva quasi di minaccia.
«Mi sembra a dir poco prematuro, Robert» replicò il Ministro, guardandolo fisso.
Harry cominciò a chiedersi se, lì dentro, stessero tutti dalla stessa parte. E soprattutto se quella parte fosse la sua.
Eldred Worple si schiarì la voce. «Dal momento che il mio Ufficio versa in una situazione particolare – diciamo così - io mi astengo sull'assegnazione della pratica e non la rivendico. Questo a prescindere dal suo carattere politico, che anche a me sembra innegabile in qualunque caso. Però, credo che, almeno all'inizio, faremmo meglio a stare al gioco dei folletti e trattarla come una semplice questione privata: informiamoli che il signor Potter ha ritirato l'atto e che gli è stato consigliato di rivolgersi a un avvocato...»
“Robert”, chiunque fosse, scoppiò a ridere. «Quelle piccole scimmie succhiasangue odiano la concorrenza! Pensare che qualcun altro voglia mettere le mani sull'oro di Potter li farà ammattire di rabbia!»
«Ti prego, Robert» replicò Kingsley, sempre pacato, ma con una nota di ghiaccio nella voce. «Contieniti e parla con rispetto dei nostri “Magici Fratelli”.»
L'altro sbuffò, ma non fece commenti.
«Ehm...» Tutte le teste si volsero verso un Harry che si sentiva il cuore stretto. «Quindi, secondo voi, un avvocato mi serve davvero?»
Assenso generale. Il suo morale finì di precipitare sottoterra.
Worple aggiunse: «Se non ne ha già uno di Sua fiducia, signor Potter, sarei ben lieto di fornirLe io un paio di nomi. Vecchi amici del Lumaclub, naturalmente.»
«Ehm...» Esitò un momento, ma scartò a priori il Lumaclub. «Grazie mille, davvero, però sono a posto... cioè, ho già un'idea.» Chiedere a Crawley non sarà il massimo, ma con l'aria che tira qui dentro preferisco sbagliare da me.
L'ennesimo dirigente si schiarì la gola e disse: «Vorrei affrontare un problema che, per quanto tecnico, presenta notevoli riflessi politici. A che titolo, di preciso, questo Zog pretende di agire per la Gringott? E quali danni avrebbe subito di persona?»
La strega di prima, Phyllis, prese fiato e attaccò quello che aveva tutta l'aria di essere un discorso lungo: «Premetto, e di ciò mi scuso con il signor Ministro e gli stimati colleghi, che non sono affatto un'esperta né quanto a leggi, magia e cultura dei folletti, né circa la nostra disciplina dei rapporti con loro; ma, visto e considerato che quasi tutti gli esperti sono morti, o ad Azkaban, o in attesa di giudizio, mi sento per un verso legittimata, per un altro finanche costretta a parlare.» Un altro respiro profondo. «Ora, se posso permettermi di illustrare quello che ritengo di aver appreso e compreso della teoria folletta della proprietà e dei contratti, in relazione alla nota sentenza del Wizengamot nel caso...»
Harry sospirò interiormente: non ne poteva già più.

Molto tempo dopo, uscì finalmente da quella riunione interminabile, sentendosi di umore a dir poco pessimo.
Discutere, discutere, discutere... stavano ancora lì dentro a discutere!
Due ore di bla-bla-bla, se non tre, e il massimo che erano riusciti a dire - dire veramente, in concreto – era: “Trovati un avvocato e paga. Sia i folletti sia l'avvocato.”.
Be', non solo. A parte il gergo da legulei, di cui non aveva capito un accidente (e quindi, di nuovo, “Trovati un avvocato”), avevano parlato un bel po' anche della stampa; ma solo per cercar di predisporre un comunicato che parasse le chiappe al Ministero, perché erano tutti arcisicuri che il casino sarebbe scoppiato.
In proposito, aveva detto poco o niente: quello, almeno, era un casino tutto loro. E sperava di cuore che lo restasse.
Alla fine si erano resi conto che la sua presenza non serviva più e lo avevano lasciato andare. Più o meno l'unico bel momento di tutta la pantomima.
Rientrò al Q.G. con un diavolo per capello.
«Fammi indovinare» lo apostrofò Robards come lo vide. «Sei entrato lì dentro pensando che le cose stessero in un modo e invece stavano in un altro?»
Grugnì qualcosa di cupo, che poteva anche essere interpretato come un assenso.
«Benvenuto ai piani alti del Ministero, cocchino di Kingsley... o forse non tanto cocchino quanto credevi, eh? Adesso, fa' un favore al mondo, a me e a te stesso: togliti quell'espressione rimbecillita dalla faccia e schiaffa il naso sui fascicoli. Sto sempre aspettando quella lettera, a proposito... e ci ho pensato sopra, direi che la firmiamo in due.» Lo guardò con aria disgustata. «Non ho mai firmato con un pivello nemmeno la carta igienica... ma diciamocelo, il tuo nome conta.» Sospirò. «Comunque, di fatto sul caso lavorerai tu, quindi...»
«...Signore?!»
«Tranquillo, non da solo, non sono certo impazzito: tu per adesso puoi agire soltanto sotto supervisione. Ma, per l'appunto, io devo controllare e basta, quindi indovina un po' chi deve rimboccarsi le maniche e lavorare?»
«Certo, signore. Fanculo anche a lei, signore.» Gli uscì dal cuore, prima che potesse anche solo pensare a trattenersi... e, un istante dopo, capì di non essere disposto a rimangiarsela neanche morto. Si preparò al peggio.
Invece, Robards scoppiò a ridere di gusto. Poi lo fissò, di colpo mortalmente serio: «Era tanto carina che per questa volta te la lascio passare. Ma non ce ne sarà una seconda... e nemmeno un secondo avviso. Quindi, pensiamo al lavoro: voglio una bozza entro dieci minuti. Su, muovi quel culetto sfaticato! O in riunione te lo hanno sfondato in troppi?»

Mezz'ora dopo, quando arrivò un gufo, per un attimo Harry credette che potesse trattarsi della risposta da Hogwarts. Ma era davvero troppo presto... e infatti il volatile atterrò davanti a lui anziché al Direttore.
«Posta personale sul lavoro?» domandò questi, con fiero cipiglio. «Sai che è proibita?»
«Non posso impedire io alla gente di mandarmi lettere!» protestò, indignato. «I gufi mi cercano e dove mi trovano mi trovano.»
Il suo supervisore lo fissò, esterrefatto, ma il gufo si fece insistente e Harry gli accordò la priorità. «Uno studio legale?!» esclamò, facendo voltare parecchie teste.
Aprì la busta stampigliata in caratteri dorati, poi la pergamena ripiegata che conteneva, con le dita impacciate da una preoccupazione crescente. Cosa diavolo potevano volere da lui “Abercrombie, Bolingbroke, Fitzgerald & Sutton”?!
Lesse e sbigottì fin dal primo rigo.

«Preg.mo Sig. Potter,
Le scriviamo per conto del Sig. Octavian Grassley, Esq. Confidiamo che abbia già appreso del Suo decesso dalla stampa; diversamente, voglia scusare la poca delicatezza con cui, pressati dalle circostanze, La informiamo del luttuoso evento.
Stamattina ci sono state recapitate alcune istruzioni predisposte dal nostro defunto cliente per il caso di sua morte, le quali ci impongono, tra l'altro, di contattarLa “senza frapporre il minimo indugio”, per ragioni che riteniamo più opportuno spiegarLe a voce.
La preghiamo, perciò, di volerci, con questo stesso gufo, cortesemente confermare la Sua disponibilità ad un incontro nel pomeriggio di domani, sabato 5 settembre 1998, ore tre pomeridiane, presso il nostro Studio in Diagon Alley 203B; oppure di indicarci (almeno) una possibile alternativa di data e/o di orario.
Con i migliori saluti,
Albert Abercrombie

Henry Percival Bolingbroke

Edmund Fitzgerald

Richard Sutton
»

«Uhm... signore? A quanto pare, domani alle tre dovrei andare da questi tizi...»
«Posso?» chiese Robards allungando la mano, chiaramente incuriosito. Lesse, posò la lettera e rifletté un momento prima di riprendere il discorso. «Difficile che gli avvocati lavorino o ricevano di sabato, dev'essere una faccenda grossa. Ma domani hai Elementi di Alchimia e la prima lezione durerà un bel pezzo. Rispondi e chiedi di spostare alle sei, o altrimenti a lunedì: vediamo un po' quanta fretta hanno.»
La risposta partì con lo stesso gufo e, di lì a qualche minuto, arrivò un semplice “Le sei di domani andranno benissimo, grazie”.
«Quattro dei più importanti avvocati di Londra – o anche solo uno di loro - sacrificano l'aperitivo del sabato sera per ricevere te?! Adesso sì che la faccenda si fa interessante...»
«Pensa che dovrei preoccuparmi, signore?»
«No. Io non sono un esperto di questa roba da legulei, ma mi viene in mente solo un motivo per cui un avvocato scriverebbe una lettera simile all'indomani della morte di un suo cliente: una grossa eredità.»
«Eredità?!»
«Cosa sei diventato, un'eco? Eredità, sì. Ma non capisco perché tutta questa urgenza.»
«Perché mai il signor Grassley...?!»
«E io che cazzo ne so, scusa? Piuttosto, spiegami un po': ti sei dato alla macchia senza neanche impedire ai gufi di seguirti? Sul serio?!»
Gli occorse un momento per comprendere che Robards era tornato all'argomento di prima. «Uhm...» Si sforzò di ricordare, ma dovette arrendersi. «In realtà non lo so» ammise. «Alle magie protettive ha pensato Hermione.»
L'altro sospirò. «L'unica con un po' di cervello, mi dicono... e infatti non si trova qui.»
«Ah... no, signore, è tornata a Hogwarts. Vuole prendere i suoi M.A.G.O.»
«Non come certi tre soggetti di mia conoscenza. Ora, per tua informazione, esiste una vasta gamma di Incantesimi con cui puoi regolare i flussi di corrispondenza in arrivo. In realtà, la posta personale sul lavoro non sarebbe un problema, se tutti mandassero i loro gufi di notte, come il Ministero raccomanda da una vita... ma sta di fatto che è vietata. Quindi, non dico per domani, ma per lunedì, voglio che arrivi con una bella ricerca su questi Incantesimi e magari anche qualche idea su come lanciarli. A proposito, hai ricevuto altra posta, in questi giorni?»
«A parte la lettera del signor Grassley e questa dello studio Comesichiama? ...Non mi pare. Perché me lo chiede?»
«Dovrebbe averti scritto un mucchio di gente dopo che è uscita la notizia della tua assunzione, non ti sembra? Dalle lettere d'amore a quelle di insulti. Se non ne hai ricevute, mi viene da pensare che qualcuno ti abbia scagliato addosso – non so se con il tuo consenso o meno – un qualche Incantesimo di Respingimento, Travestimento o Mascheramento... sempre la tua amica Hermione, magari?»
«Ah... sì, quest'estate le ho... tutti quanti le abbiamo chiesto una mano: io, Ron e Neville. Sa, ci piovevano addosso gufi in ogni momento. Non ci pensavo neanche più.»
«Perché, quando mai pensi? Comunque, sai di che magia si tratti?»
«No, signore, ho paura di non averne idea.»
«No, certo che no, scemo io che te lo chiedo. Be', se senti la tua amica Hermione, magari trova il tempo di domandarle come mai questi specifici gufi ti abbiano trovato. Dopotutto, hai voluto tu che considerassimo sospetta la morte di Grassley, sbaglio?»
Non gli sembrava di aver costretto nessuno a dargli retta, tantomeno il Direttore, ma annuì in silenzio.
«Non seguirai tu gli accertamenti – devi ancora convincermi di saper distinguere il tuo uccello dal tuo culo – ma mi permetto di sperare che tu riesca almeno a recuperare questa piccola informazione, cervello di Troll. Adesso, bando alle ciance e torna a occuparti di quei fascicoli.»
Harry gli lanciò un'occhiataccia eloquente, ma obbedì e, perlomeno, riuscì a distrarsi: il suo compito, sebbene monotono, richiedeva concentrazione. Era ripartito dal fascicolo più vecchio, aveva duplicato una volta per tutte i primi due anni di verbali e adesso li stava smistando; agli appunti degli Auror responsabili, che sembravano più complicati da rintracciare, abbinare e interpretare, avrebbe pensato in un secondo tempo. Per il momento, non studiava nessuno dei casi: spostava cartaccia e basta.
Anche così, tuttavia, arrivò a fine giornata profondamente intristito dal pensiero di tutte quelle morti senza un colpevole, quelle vittime senza giustizia, quei Mangiamorte che l'avevano fatta franca.
Poi, subito prima che Robards gli ingiungesse di andare a casa, aprì l'ennesimo fascicolo impolverato, buttò un'occhiata al rapporto in cima... e si trovò davanti un paio d'occhi come i suoi.
Uguali identici. In una vecchia foto Babbana.
Prese la pergamena senza nemmeno accorgersi che la mano gli tremava. “...due Babbani, Archibald Evans e la moglie Petunia...”.
Evans.
Petunia
.
Rimase a fissare quella pergamena, come intontito, finché, da molto lontano, non gli giunse la voce del supervisore: «Va' a non combinare un cazzo a casa tua invece che in ufficio, cacchetta di elfo domestico!»
«Sì, signore» mormorò meccanicamente. E altrettanto meccanicamente obbedì.

«Harry?»
«Uh?»
«Tutto bene?»
Qualcosa, in quel tono di voce, lo fece rientrare in sé stesso.
Si guardò intorno, riconobbe l'ambiente, quindi riconobbe anche Ron e Neville. Con uno sforzo, rammentò che avevano finito di cenare ed erano saliti in salotto.
«Praticamente non hai detto una parola per tutta la sera» insistette Neville, con l'aria decisamente preoccupata.
«Quando vai a trovare i tuoi genitori?» gli chiese per tutta risposta, salvo poi mordersi la lingua un momento dopo.
«Eh?! Ma... che c'entra?»
Nulla, in effetti non c'entrava nulla, era solo una stupida associazione di idee. «Ah...» improvvisò. «Se non disturbo... mi piacerebbe venire con te. Sai... io non ho nessuno da andare a trovare.»
«Oh.» In un lungo istante di silenzio, mille emozioni si alternarono sul volto dei tre, finché Neville rispose: «Certo... capisco. Pensavo di andarci domenica pomeriggio, se ti va.»
«Sì, ottimo.»
«Uhm...» intervenne Ron. «Harry, ti ricordi che mia mamma ci aspetta alla Tana per pranzo, vero? E Neville andrà al San Mungo con la nonna, immagino...»
«Non c'è problema, davvero, Harry non disturba di certo e, comunque, andiamo verso sera.»
«Grazie. Davvero.»
«Non c'è di che, anzi, mi fa piacere che.. che qualcun altro venga a trovare i miei, ecco. Ma adesso, sul serio... dicci che ti è successo, per favore, Harry.»
«Io... non...» Si trovò a lottare con un nodo alla gola.
Neville lo fissava e qualcosa, in quello sguardo, gli assicurò che l'amico avrebbe capito.
«Credo di aver visto mio nonno oggi» buttò fuori tutto d'un fiato.
«Eh?!» esclamarono in coro gli altri due.
«Non visto-visto. In foto. Un fascicolo.» Prese fiato. «Uno di quei fascicoli.»
«Oh cazzo...» imprecò Ron.
«Io... io non so se sia mio nonno. Archibald Evans. Mia madre si chiamava Evans, lo sapevate? In foto aveva gli stessi occhi. Quelli che ho anch'io, gli occhi di mia madre, me lo dicono sempre. E Petunia, sua moglie si chiamava Petunia. Come mia zia.» Deglutì a vuoto. «Io... nessuno mi ha mai detto... Non so neanche come si chiamassero... i miei nonni... o come siano morti...» Non riuscì più a trattenere i singhiozzi.
Senza parlare, Neville si alzò e lo abbracciò. Harry ricambiò goffamente.
Ron si guardò intorno, come in cerca di ispirazione, quindi chiamò Kreacher, che si Materializzò all'istante.
«Il padrone ha bisogno di qualcosa di forte. Anzi, ne abbiamo bisogno tutti.»
L'elfo, con un'occhiata critica, inquadrò la situazione e annuì. «Dev'esserci ancora qualche bottiglia di Ogden Stravecchio da parte...» borbottò, scomparendo subito per cercarla.
Attesero in silenzio: Harry, in preda ad una tempesta di emozioni, non riusciva proprio a parlare; gli amici non volevano rischiare di farlo stare peggio e, in più, lottavano a loro volta contro le proprie reazioni. Ron si sentiva terribilmente a disagio e quasi in colpa per essere cresciuto in una grande famiglia felice; Neville si chiedeva cosa fosse peggio, vedere i tuoi genitori e sapere che non ti riconoscono, non ti riconosceranno mai, oppure non sapere davvero nulla...
Dopo quella che sembrò un'eternità, Kreacher tornò con una bottiglia impolverata e sigillata. In altre circostanze, non l'avrebbe aperta che con molte cerimonie; ma sembrava che comprendesse bene le esigenze del caso, perché si limitò a presentarla a Harry, con un inchino. Il suo cenno del capo, forse solo uno scrollarsi i capelli dalla fronte, fu preso per un assenso e tre calici di cristallo molato vennero prontamente riempiti fino all'orlo.
Neville alzò il proprio. «Alla famiglia» disse, con un sorriso tra il triste e l'amaro.
«Alla famiglia» gli fece eco Ron, visibilmente sollevato.
Con un'aria più stravolta che mai, Harry sollevò il proprio calice, in silenzio, e lo portò alle labbra.
Un secondo dopo era piegato in due dalla tosse.
«Padron Harry non deve bere il Whisky Incendiario a grandi sorsi» lo rimproverò Kreacher scuotendo la testa. «In questo modo gli va di traverso, gli brucia lo stomaco e soprattutto si perde l'aroma. Il Whisky Incendiario va centellinato!»
«Non dargli retta, Harry» obiettò Ron, la voce roca. «Butta giù e via, vedrai che starai meglio.»
Harry respirò a fondo, si tappò il naso per contrastare i potentissimi vapori del liquore e – ignorando la vistosa disapprovazione di Kreacher – ingollò un gran sorso.
Subito sentì come un pugno allo stomaco; poi una vampata tremenda di calore; e quindi come un fuoco che gli serpeggiava nelle vene.
La testa gli si schiarì di colpo; aveva le lacrime agli occhi, ma non per i pensieri di un momento prima. Era come se non gli facessero più male, non nello stesso modo almeno.
«Come ti senti?» gli chiese Ron, in tono leggermente ansioso.
«Meglio» rispose, la voce un po' impastata.
«Sapevo che lo zio Bilius non mi contava balle!» esclamò l'amico, battendosi una mano sulla coscia.
«Lo zio Bilius?» indagò Neville.
«Sì, diceva sempre che il Whisky Incendiario, se non ne bevi troppo, è la cura migliore per i pensieri tristi.»
«Evviva lo zio Bilius, allora!» gridò Harry, improvvisamente allegro e con due vistosi pomelli rossi sulle guance. «Allo zio Bilius!»
Non vide gli amici scambiarsi uno sguardo preoccupato.
Quel secondo sorso lo stese di brutto. Neanche il tempo di mandarlo giù che lo colse un capogiro tremendo, la vista gli si offuscò, si sentì scivolare di lato...
Percepì confusamente braccia che lo trasportavano e lo adagiavano su un divano... buio... quindi un calice che gli veniva accostato alle labbra. Qualunque cosa contenesse, lo rianimò come una secchiata di acqua gelida.
«Harry» annunciò la voce di Ron, ancor prima che riuscisse a rimettere a fuoco la vista, «tu decisamente non reggi l'alcool.»
«Già» si sentì gracchiare in risposta. «Acqua» aggiunse, scoprendosi in preda ad una sete terribile.
Kreacher provvide, non senza borbottare un gran numero di ammonimenti sul bere, le Pozioni per l'eccesso di “spiriti” e altre cose che non riuscì a capire. «A volte padron Regulus...» E qui si interruppe, scoppiando in singhiozzi.
Di nuovo lucido, anche se molto più stanco di prima, Harry non poté fare a meno di pensare quanto fosse ingiusto che l'unica ricompensa prevista per la devozione di quel povero elfo fosse la sua testa appesa al muro. Certo, gli aveva regalato il medaglione finto e Kreacher ne era stato commosso fino alle lacrime, ma sembrava comunque troppo poco. Perfino il suo tradimento verso Sirius, in qualche modo, era stato un gesto di fedeltà verso i Black...
Nella sua testa cominciò a prender forma un'idea.
«Harry» lo riscosse Neville, vedendolo estraniarsi di nuovo. «Non credi che dovresti fare qualcosa, qualcosa, scusa la franchezza, per non pensarci fino a domani? Non so, ci sarebbe da studiare...»
«Studiare?!» Ron appariva inorridito. «Non ha ancora nemmeno provato la sua nuova Firebolt!»
Aveva ragione e, per un attimo, il corpo di Harry fu attraversato da uno spasimo di desiderio quasi tangibile; ma le parole di Neville gli avevano riportato alla mente la conversazione con Delaney, quindi gli riferì subito dell'impegno che si era assunto.
L'amico si prese la testa tra le mani. «Scusami, Harry. Davvero, ti mancava solo...»
«Ehi, a me fa piacere» protestò. «E poi, neanch'io sono il massimo, come pozionista. Però... che ti è successo? Credo che neanche con Piton tu abbia mai fuso tutti quei calderoni in una sola giornata. E Delaney non ti ha messo pressione... o sì?»
Neville scosse la testa, con aria sconsolata. «Sono sempre stato distratto, lo sai. E a Pozioni bisogna essere precisi.»
«Sì, ma...»
«A quel G.U.F.O. mi hanno bocciato, lo sapevi?»
«Ah... no, devo essermene scordato.»
«Non vedo questa materia neanche in foto da più di due anni. Pensavo che avrei avuto tempo di ripassare, invece... bam! Subito una Pozione complicatissima. Sono andato nel panico. E pensa che tenevo a fare una bella figura.» Rise amaramente.
«Non buttarti giù» cercò di fargli animo. «Tanto, l'abbiamo odiata tutti e siamo sulla stessa barca, mi pare.»
«Peccato non avere più il libro del Principe Mezzosangue» buttò lì Ron.
Neville lo fissò incerto per un momento, prima di rammentare quel dettaglio dal rapporto di Harry. Quante cose di cui non avevano mai discusso...
«Non credo che ci servano ricette migliori, sai, Ron? Mi sembra che a Neville serva soprattutto un ripasso dalle basi in su.»
«Temo anch'io» sospirò l'interessato. «Come se non avessimo già abbastanza da fare.»
Harry scrollò le spalle. «Sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata, giusto? Allora cerchiamo di non complicarcela troppo e di darci una mano l'uno con l'altro. Abbiamo sconfitto Voldemort, che sarà mai domare un calderone? Guarda, come ho già detto, non che io sia il massimo come pozionista, però credo che, tra tutti e due, da quel libro riusciremo a imparare qualcosa. Che ne dici, cominciamo subito? Tanto, prima o poi...»
«Ma neanche una partita a Spara Schiocco?» protestò Ron.
«Magari dopo. Anzi, un momento... vai così bene in Pozioni, tu?»
«Chi, io?!» Lo fissò esterrefatto, ma Harry non batté ciglio. «Va bene, va bene... mi arrendo. Vado a prendere il libro.»



Note:
Il testo della canzone è stato lievemente modificato: nella redazione originale recita “
witch”, non “wizard”. Ma io lo immagino sulle labbra del mio Harry postbellico, beninteso nei suoi momenti migliori e non in quelli neri.
Il nome di Fungbury è tratto da “
Harry Potter – Wizards Unite”, dove è menzionato come Auror rinomato per le abilità in duello; sebbene non si tratti in alcun modo di una fonte canonica, mi è parso utile riprendere il personaggio. William Delaney, invece, è interamente di mia invenzione; i concetti che espone sono frutto di mie congetture sui dati canonici, a parte ovviamente l'esempio storico di Grindelwald (che Harry non conosce anche perché il libro di Bathilda buonanima arriva solo alla fine del diciannovesimo secolo). Le operazioni sotto copertura in altri Stati, a loro volta, sono solo una mia ipotesi... anche se da “I Crimini di Grindelwald” abbiamo avuto conferma che ve ne possono essere di palesi.
La volta precedente, Harry non ha neppure notato le anticamere e i relativi sbarramenti, perché era in compagnia del Ministro; ma ovviamente non può essere sempre così facile appropinquarsi al di lui ufficio. Le Segretarie di Anticamera hanno appunto il compito di regolare l'accesso di uomini e documenti, secondo i rispettivi ordini e priorità; ma a volte, come in questo caso, un difetto di coordinamento interno costringe ad attendere qualcuno per cui le porte del
sancta sanctorum dovrebbero aprirsi all'istante. Harry non l'ha ancora capito fino in fondo, ma viene considerato e trattato, soprattutto al Primo Livello, come la potenza politica che indubbiamente è.
La riunione seduti in cerchio è un tocco di informalità, rispetto a grandi tavoli e scrivanie maestose, che Kingsley ha voluto introdurre per cercare di far cadere almeno qualcuna delle barriere di diffidenza che dividono i suoi dirigenti; credo, però, che si capisca molto bene che, almeno finora, l'esperimento non si può definire un successo.
Le azioni di Harry all'interno della Gringott si possono considerare compiute in stato di necessità, ma questa scriminante lascia sussistere comunque l'obbligo di indennizzare i soggetti danneggiati; e non vi possono essere dubbi sulla gravità dei danni materiali, per non parlare della perdita di una reputazione di sicurezza quasi leggendaria. Stando a quel che ne sappiamo, tra i folletti la proprietà si dovrebbe trasmettere solo per via ereditaria, dall'artefice di un oggetto ai suoi discendenti; e tuttavia, sembra che ogni folletto senta di poter vantare un qualche genere di diritto sulla Spada di Grifondoro. In più, i Galeoni sono senza dubbio manufatti, tanto da recare un numero di serie che consente di risalire alla persona fisica del coniatore; e tuttavia circolano tra i Maghi senza traccia alcuna di pagamenti a costui ad ogni passaggio. Quindi, ho congetturato che il regime della Gringott e la circolazione delle monete siano frutto di un compromesso raggiunto al termine delle rivolte dei folletti e che la Banca sia strutturata in termini analoghi ad una società semplice: tutti i soci apportano mezzi in comune, ma non danno vita ad una personalità giuridica, sicché ciascuno di loro può agire nei confronti dei terzi nell'interesse comune. Zog lo Zozzone è appunto uno di questi soci, che esige un risarcimento sia a titolo personale, per le sue proprietà danneggiate o distrutte, sia per conto della Gringott intera. Tuttavia, non avendo i folletti accettato lo Statuto di Segretezza, né l'offerta di Grogan Stump di collaborare alla stesura delle leggi del Mondo Magico, ritengo che non abbiano il diritto di adire il Wizengamot: le loro eventuali controversie con i maghi dovrebbero essere risolte – sempre a mio parere – tramite l'Ufficio per le Relazioni con i Folletti, che però al momento non può intervenire in modo efficace, per le ragioni espresse da Worple (che, per chi non lo ricordasse, era alla famosa cena di Lumacorno, in compagnia del suo amico Sanguini, e ha cercato di convincere Harry a fargli scrivere la sua biografia). Non ho ancora deciso cosa far dirigere agli altri partecipanti alla riunione, eccetto Percy, per cui mi sono attenuto alle indicazioni della Row, e “Robert” (cognome da escogitare), che dirige la Cooperazione Magica Internazionale: il suo intervento serve da promemoria a Kingsley sul fatto che la Confederazione tiene già il Ministero albionico sotto stretta sorveglianza e i problemi con i folletti tendono sempre ad attirarne l'attenzione. Si sarà capito che il povero Ministro cammina su (l'equivalente magipolitico di) un campo minato.
Robards chiama Harry “cocchino di Kingsley” perché, pur avendo prove dirette del loro scontro sui Tre Giuramenti e avendo sentito le voci che impazzano per tutti i Livelli (quelle che hanno indotto i megadirigenti a trattenere il fiato in attesa di un duello tra i due), resta scettico e abbastanza convinto che si tratti di una manovra concordata, un abile gioco delle parti. Ma vuole anche fargli pesare la differenza tra le aspettative che gli attribuisce e la realtà delle riunioni sordide e grigie.
Abercrombie è un nome, anzi un marchio, che non ha bisogno di presentazioni, gli serviva solo un prenome allitterante; Henry Bolingbroke è noto a tutti i cultori di storia inglese e qui il secondo nome Percival vale a nobilitarlo ulteriormente; la “
Edmund Fitzgerald” è una nave il cui naufragio nei Grandi Laghi è cantato da Gordon Lightfoot nella canzone omonima; e che io sia dannato se mi ricordo da dove sia saltato fuori Richard Sutton!
Le informazioni sui gufi e i metodi per evitarli sono state desunte dall'apposita pagina di Pottermore, nella versione italiana che, purtroppo, sul sito non si trova più. Sempre di lì apprendiamo che si tratta di magia potente; non mi stupirei se facesse parte del programma per i M.A.G.O. o non venisse nemmeno insegnata a scuola, ma di certo è indispensabile per un Auror e, al corso di Segretezza e Inseguimento, dovrà essere o trattata o presupposta.
Archibald Evans (nome di mio conio, ne cercavo uno che suonasse un po' antiquato) e la moglie Petunia (scelta ovvia) sono effettivamente i nonni materni di Harry e sono stati uccisi dai Mangiamorte proprio come forma di vendetta trasversale. Mi sembra, a onor del vero, l'unica spiegazione plausibile per una duplice morte di cui non ci è mai stato detto nulla nel canone. Quando Harr guarda nello Specchio e vede la propria famiglia, oltre alla madre vede altre paia di occhi come i propri, occhi che possono provenire solo dal lato Evans; ho scelto di attribuirli al nonno. Va da sé che l'esperienza con lo Specchio è una delle ragioni per cui li riconosce al volo... e anche del suo crollo emotivo. La guerra è finita, si trova alle prese con tutte le difficoltà della vita quotidiana e di un nuovo lavoro, le sue difese sono molto più deboli del solito.
La descrizione degli effetti del Whisky Incendiario ha cercato di rendere giustizia al nome della bevanda, che è praticamente tutto ciò che ne sappiamo; che vada centellinato mi sembra una congettura ragionevole. Penso che Regulus, quando ha cominciato ad essere assalito dai dubbi sulla bontà della causa dei Mangiamorte, possa essersi preso più di una sbronza e che questa sia almeno una delle fonti dell'esperienza di Kreacher con i relativi rimedi. E sì, decisamente il mio Harry non regge l'alcool... almeno per ora, perché potrebbe essere una semplice questione di esercizio, dopotutto.
Non abbiamo notizie sul G.U.F.O. di Neville in Pozioni, ma credo che la sua bocciatura si possa dare per certa.

  
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