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Autore: AMYpond88    06/03/2023    1 recensioni
"Lui non fa mai cose del genere.
Mai.
È questo tutto quello a cui Megumi riesce a pensare, mentre tiene la fronte premuta contro il bancone del negozio, in quello che è il peggior post sbornia della sua vita.
Il primo e, può giurarlo, l'ultimo post sbornia della sua vita".
AU dove le vite di Megumi, Yuji e Sukuna si intrecciano in modo inaspettato.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fushiguro Megumi, Geto Suguru, Gojo Satoru, Itadori Yuji, Ryōmen Sukuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ok. È ufficialmente un uomo morto. Morirà per mano di Satoru, è evidente.
A Suguru basta guardare l'uomo di fronte a sé per esserne certo.
Lato positivo, hanno appena fatto sesso. Si porterà dietro un bel ricordo.
Altra buona notizia, il suo compagno potrebbe essere tanto pietoso da lasciargli il tempo per fare un colpo di telefono a Mimiko e Nanako.
Giusto per un saluto, 'ciao ragazze, vostro fratello vi ama, eccetera eccetera', seguito da qualunque cosa si dica in questi casi.
L'unica alternativa alla sua prematura fine, sarebbe provare a parlare ed a spiegarsi, riuscire a dare una motivazione per le sue azioni.
È quello che Satoru nella sua magnanimità sta aspettando che faccia, peccato che il suo cervello sembri totalmente fuori uso.
Vuoto, tabula rasa. Ogni connessione neurale partita per le ferie e il suo corpo lasciato indietro, a sbrogliare i danni fatti.
Si sente inchiodato dallo sguardo, dagli occhi, del compagno. Bloccato, sommerso da un'infinità di informazioni che non sa come elaborare.
Anche se riuscisse a farlo, Suguru è sicuro non sarebbe in grado di mettere insieme una spiegazione più o meno rilevante per le sue azioni, nulla sul perché abbia deciso di rendere Megumi consapevole del loro passato.
E ne avrebbe di motivi, davvero. Primo fra tutti, 'che Megumi è Megumi, quasi impossibile da decifrare.
È sempre stato diffice da gestire per Suguru, abituato alle sue sorelle, esplosive, viziate, ma facili da corrompere e comprare.
Per entrare nelle grazie di Nanako e Mimiko, a Satoru era bastata qualche ora appollaito sul divano con loro, a guardare le prime commedie romantiche, a dare consigli su vestiti e smalti o ancora a tramare acconciature da imporre a lui, colpevole di essere quello con i capelli più lunghi in famiglia.
A lui, per farsi voler bene da Tsumiki era bastato... amare Satoru.
Non era servito altro per venir inondato dal suo affetto, fatto di gesti semplici e timidi: una chiamata per ricordargli di trovare il tempo di pranzare o un pan cake messo da parte e conservato per lui a colazione, quando essere quello che cucina a un branco di adolescenti, alcuni particolarmente attratti dagli zuccheri (sì, si sta decisamente riferendo a Nanako e Satoru) lo condannarebbe altrimenti a doversi accontentare degli avanzi.
Con Megumi no. Abbattere il suo muro di diffidenza e indifferenza era stato un lavoro certosino, fatto di piccoli passi.
Suguru ricorda ancora la piacevole sorpresa provata entrando in studio una mattina, sentendo, ancora prima di vederlo, Megumi esercitarsi con il violino.
Per la prima volta da quando gliele aveva consegnate, il ragazzo aveva usato le chiavi che gli aveva dato.
Non poteva ora mettere a rischio la fiducia tanto faticosamente guadagnata.
Non poteva tenere il ragazzo all'oscuro e chiedergli di affidargli la persona più importante nella sua vita, senza mettere tutte le carte in tavola.
Ma evidentemente, per Satoru non era una scelta che lui poteva prendere. Almeno non senza consultarlo.

Ha sbagliato nel farlo? Probabilmente.
Può tornare indietro? No, non può. Il tempo e lo spazio non sono in suo potere.
Può rimediare? Forse. Forse sì.
Peccato che i minuti passino e lui non abbia ancora spiaccicato parola.
Nemmeno l'altro parla. E questo è male, lo potrebbe dire chiunque lo conosca anche da meno di un minuto.
Suguru è quasi certo che in qualche universo, Satoru potrebbe distruggerlo con un gesto della mano, spazzarlo via lasciando al suo posto solo molecole fluttuare nell'aria.
Molecole che continuerebbero comunque ad amarlo, ormai è rassegnato a riguardo.
"Satoru...", inizia, sperando di non lasciarsi distrarre da quanto l'uomo, anche in preda alla rabbia, sia comunque di una bellezza accecante.
Non si è ancora preso la briga di allacciarsi la camicia.
Torace e viso sono ancora arrossati dalle loro attività precedenti;
Le lenti scure che indossa abitualmente rimaste abbandonate da qualche parte, gli occhi scoperti e solo offuscati da qualche ciuffo di capelli ribelle.
Questo è barare, pensa.
"Hai bisogno che mi allacci la camicia, Suguru?", ghigna l'altro, quasi leggesse i suoi pensieri.
Il tono dolce nella sua voce è una presa in giro. Apre le braccia e le lascia ricadere suoi fianchi, accennando una risata.
Un gesto che Suguru imita a pappagallo.
È consapevole della sua espressione melodrammatica, ma come può Satoru biasimarlo? È già difficile formulare un discorso, ma così ha davvero troppe distrazioni.
L'idea che quello spettacolo di uomo probabilmente in questo istante stia pensando diversi modi per farlo a pezzi, quasi lo eccita.
Un'altra voce nella lista di motivazioni per cui dovrebbe probabilmente parlare con uno psicologo, un giorno. Ma non questo.
Ora punta a sopravvivere.
E per sopravvivere deve dire qualcosa di intelligente e deve dirlo ora.
Dovrebbe lanciargli una coperta addosso e inforcargli gli occhiali, così magari riuscirebbe a formulare un pensiero coerente.
"Satoru...", ripete, alzando lo sguardo. 
Il sopracciglio del suo compagno scatta con l'accuratezza della lama di una ghigliottina, lama che Suguru sente puntata sul collo.
È solo l'ennesimo segno dell'impazienza degna della divinità che solo per sbaglio Gojo non si è trovato ad essere, ma che a volte un po' si crede.
Geto fa il punto con se stesso, ripentendosi che sì, Satoru è incazzato e sì ha un probabile complesso di Dio, ma lo ama. Tanto quanto Suguru ama lui.
Lo ama e, se non lo uccide prima, sarà il suo fidanzato.
O almeno gli concederà di spingerlo contro quel bancone un'ultima volta prima di farla finita.
Puoi farcela, si ripete, quasi convinto.
Per questo non si aspetta il sollievo che precede lo stupore, quando vengono interrotti da Megumi e dal ragazzo dai capelli rosa che atterrano sul pavimento a pochi metri da loro, portandosi dietro la sottile porta di una delle cabine.
A stupirlo ancora di più, sono le parole che escono di bocca a Satoru.
"Megumi, non ti ho insegnato che è da maleducati origliare?"

Una settimana prima, mezzanotte...

I bassi, la voce del front man della band che pare uscire direttamente da sotto terra, le luci rosse che investono la gente che balla: qualcuno lo ha catapultato in inferno in miniatura nascosto nel cuore di Tokyo e Sukuna non può chiedere di meglio.
Si cala il cappuccio sulla fronte, infila le mani in tasca e tira fuori una sigaretta.
Può? Non lo sa. Non gli interessa nemmeno.
In pochi istanti, il fumo gli inonda i polmoni, brucia la sua gola, mentre il suo sguardo vaga tra persone attorno a lui.
Se la serata tiene questo andazzo, un cliente che si fuma una sigaretta sarà l'ultimo problema degli organizzatori.
Mahito al suo fianco sorride, sventolandogli una busta davanti.
Le pasticche all'interno sembrano saltellare con vita propria.
Fa segno di no con la testa, prendendo una boccata di fumo.
"Domani lavoro", prova, poco convinto.
L'altro fa spallucce, dipingendosi in volto l'espressione più innocente che riesce a mettere insieme.
"Ma sei giù di morale", mette il broncio, liquidando le sue proteste con un gesto della mano.
"Cerchiamo di levarci dalla testa qualsiasi stronzetto ti abbia messo fuori gioco?"
"Non so di cosa tu stia parlando", ghigna in risposta Sukuna.
Guarda le pasticche sul palmo dell'amico. Non dovrebbe e lo sa. Questa doveva essere una serata tranquilla.
Solo una birra fresca e un piatto di yakitori al pub vicino a casa. Ovvio che la nottata non è più destinata ad andare così.
Prova a chiamare a gran voce l'angioletto sulla sua spalla, il suo Grillo Parlante, andrebbe bene anche il Topolino dei dentini, avrebbe sicuramente più senno di quanto ne abbia lui, ma tutto tace. Qualsiasi alterego positivo, se mai ne ha avuto uno, probabilmente è in sciopero o ha dato definitivamente le dimissioni.
Apre la bocca e tira fuori la lingua, aspettando che Mahito ci lasci cadere una pasticca.
"Bravo ragazzo", lo sente ridacchiare soddisfatto. Per Sukuna, è la prova definitiva di aver fatto una stronzata.
Non ha tempo per pentirsi. Quasi subito sente le pupille dilatarsi, l'euforia montare lenta e incalzante.

Non sa quanto tempo sia passato, ma ora può sentire tutto.
Le parole della canzone che risuonano dalle casse, rimbombano nella sua testa, ormai destinata a diventare la coppia in miniatura di quel buco di club.
Le luci, la musica, il ritmo rendono tutto claustrofobico.
Chiunque si sentirebbe in trappola, in questo girone infernale travestito da locale.
Lui, respira. Attorno, le altre persone non sono che forme indistinte, poco più che insetti, miseri e degni neppure della minima attenzione.
C'è un'eccezione, però.
Bellissimo, pensa, lasciando correre lo sguardo sulla figura che ha di fronte, fino al viso pallido semi nascosto dal cappuccio della felpa scura.
Ha gli occhi truccati di nero, I capelli spettinati come sempre.
Non balla, sembra aspettarlo.
Sukuna si avvicina, con un sorriso sghembo sul viso.
Per un secondo, il moccioso scompare tra la folla e lui tiene il fiato. Il tempo pare fermarsi, finché non vede l'altro riapparire.
Probabilmente è solo lui che è fatto, ma il ragazzo pare muoversi tra le ombre, sembra quasi giocarci, possederle.
Sembrano essere in suo dominio.

Sapresti giocare anche con le mie, di ombre? O avresti paura, Megumi? Vorrebbe chiederglielo.

Lo sente alle spalle, vicino, troppo vicino. Quando si è avvicinato così tanto?
Dita sottili si arrampicano lungo l'attaccatura dei suoi capelli, tirandoli appena.
Il suo labile controllo svanisce. Si volta, impaziente, e lo afferra per la vita, stanco di quel gioco.
Non c'è nessuno attorno a loro.
La musica ora è dolce, dolce come il respiro dell'altro sulle sue labbra.
Chiude gli occhi, mentre si prende un secondo per godersi la pace del paradiso in cui è stato mandato, caduto sicuramente per errore di qualcuno, lontano da tutto, perso nel tocco della lingua di Megumi che disegna una scia che parte dalla scollatura della sua t-shirt, indugia sul suo pomo d'adamo, corre al suo mento, fino a stuzzicare la sua bocca.
Improvviso, si allontana.
Sukuna insegue, si butta in avanti, intenzionato a prendersi quel bacio che il ragazzo gli ha fatto pregustare solo per allontanarsi da lui e...

... sbatte la testa contro la parete della sua camera.
Idiota, impreca contro se stesso. Quasi subito sente il livido formarsi sotto la pelle e l'ematoma pulsare dove ha picchiato la fronte.
Affonda le mani nei capelli, cercando di ritrovare la calma.
Che modo del cazzo di cominciare la giornata.
Chiude gli occhi e respira a fondo.
Ricominciamo, pensa, sbattendo le palpebre.
La luce del giorno per il suo cervello è l'equivalente di un gatto che passa le unghie su una lavagna.
È a casa propria e questo è bene. Gli mancava solo svegliarsi sul divano di Mahito o su un futon da Choso.
È nel suo letto. Non ha idea di come ci sia arrivato, ma sono particolari.
Ad essere onesto con se stesso, non ricorda quasi nulla della nottata al locale. A parte un particolare, se così può definirlo.
"Fanculo, doveva essere una serata tranquilla", biascica, lanciando occhiate alla stanza, alla ricerca di qualcosa che somigli anche vagamente a dell'acqua.
Ora, potrebbe non essere stato totalmente sincero con il suo capo.
Se con 'pulito' si intende non avere nulla a che fare con eroina e altro schifo da buttarsi in vena, sì, ha decisamente chiuso con quella merda. Da anni.
Questo l'ha reso un santo che frequenta terapie di gruppo e va nelle scuole a dire a classi di piccoli stronzi viziati che la droga fa male? No, decisamente no.
Non ha grandi obiettivi. Il suo scopo è essere una persona decente. Per Yuji. E ci riesce quasi sempre.
Probabilmente ieri sera non è stata una di quelle occasioni.
E questo lo porta al primo grande interrogativo della mattina: chi si è scopato?
Le immagini confuse nella sua testa gli suggeriscono un nome, ma no, decisamente Megumi Fushiguro non poteva essere lì.
Certo che, se l'intento dei suoi amici era farlo pensare ad altro, hanno avuto esattamente l'effetto opposto.

Prende il telefono e apre la chat di gruppo che condivide con Choso e Mahito.
Ghigna tra sè e sè, quando trova esattamente quello che stava cercando.
Si aspettava almeno una decina di foto della serata e non rimane deluso.
Tra queste ce ne sono diverse di lui avvinghiato ad una ragazza.
Non ha idea di chi diamine sia lei, né di come abbia fatto a confonderla con la sua ossessione del momento.
Da quello che riesce a vedere nella foto, ha i capelli neri, ma la somiglianza finisce lì.
In almeno tre foto le tiene le mani sul seno ed è decisamente sicuro che Megumi le tette non le abbia.
"Cazzo", sbotta, non riuscendo ad ignorare le fitte di mal di testa che aumentano esponenzialmente minuto dopo minuto.
Dovrebbe davvero smetterla con serate del genere, passare più tempo con suo fratello.
Può quasi sentirlo nella sua testa, mentre lo rimbotta parlando di droghe e sesso sicuro.
Sesso sicuro...
Infila la mano nella tasca dei jeans e trova solo l'involucro del preservativo.
Ok, questo lo tranquillizza. È un coglione, ma non totale.
Il fatto che il suo cervello sia totalmente partito per un ragazzino che la settimana scorsa nemmeno conosceva, lo rassicura decisamente meno.
Ma può superarlo. Deve superarlo.
Si farà un caffè, prenderà un antidolorifico per il mal di testa, andrà a lavoro, prenderà un altro antidolorifico, eviterà di colpire i clienti con la macchinetta dei tatuaggi, esclusivamente perché questo potrebbe non essere gradito al suo capo, ed arriverà a sera.
Sarà gentile. Sarà una buona giornata.

Questa cosa deve finire, pensa quando ad aprire la porta dello studio non è, per il secondo giorno di fila, Geto.
Questa volta ad accoglierlo è una coppia di adolescenti agitate.
Dannatamente agitate, soprattutto per essere le nove di mattina.
E lo stanno evidentemente assaltando.
Fa avanti e indietro con lo sguardo tra le due mocciose che gli saltellando davanti e la foto incorniciata alla parete che ritrae il suo capo con sottobraccio due ragazzine.
I tasselli coincidono: le quindicenni che ha di fronte sono decisamente simili tra loro, quasi identiche di lineamenti, ma diverse nel colore dei capelli: una bionda e una mora, come le bambine nella foto.
Le sorelle di Geto, conclude, trattenendosi dall'alzare gli occhi al cielo.
"Tu devi essere Sukuna kun!", azzarda la ragazza con il caschetto scuro e gli occhi grandi da cucciolo.
Sembra un po' spaesata, sicuramente è la più timida delle due.
"Presto presto presto, entra dentro prima che arrivi Ni-chan...", la interrompe l'altra, aggrappandosi al suo bicipite e trascinandolo dentro al locale, il tutto senza smettere di controllare lo schermo del telefono.
"Vogliamo fargli una sorpresa! Satoru-chan l'ha portato a comprare la colazione, così possiamo farci trovare qui".
È dannatamente energica per essere uno scricciolo che non raggiunge il metro e sessanta, glielo concede.
Bionda, petulante, piccola minaccia, non eliminabile, annota mentalmente Sukuna.
Ma perché diamine si ostina ad arrivare in orario?
Qualcuno di decisamente più alto entra nel suo campo visivo, porgendogli quello che sembra il bicchiere della caffetteria all'angolo.
Accetta la tazza fumante che gli viene offerta, incredibilmente grato a chiunque gli abbia piazzato quel caffè in mano.
Prende un sorso, registra in un angolo della sua mente che è amaro, grazie al cielo, senza riuscire a staccare gli occhi dalle due, ancora impegnate a squittire come un topolino bicefalo e sempre più vicine, incuranti della sacralità del suo spazio vitale.
Teme seriamente che con un attimo di disattenzione, abbassando la guardia anche solo un istante, potrebbe finire coinvolto in un abbraccio o qualcosa di simile.
E lui odia il contatto umano. Cioè, non tutto il contatto umano, ma quello di due ragazzine petulanti ed iper attive è di sicuro del tipo che evita come la peste.
"Mimi, Nana, state mettendo in imbarazzo Itadori Kun..."
La voce calma di Geto richiama l'attenzione sua e delle due ragazze.
Nonostante il tono calmo e severo, potrebbe dire l'uomo si stia sforzando per trattenere una risata.
La velocità con cui le due si lanciano tra le braccia del fratello potrebbe quasi intenerire Sukuna. Quasi.
Le riunioni di famiglia purtroppo non sono il suo forte, non lo sono mai state.
Il suo istinto di conservazione gli suggerisce anche che, nonostante lo strambo dai capelli bianchi non sia ancora arrivato, non riuscirà ad evitarlo ancora per molto.
Deciso a non complicare ulteriormente la sua giornata, prende l'agenda e controlla gli appuntamenti. Per la prima volta da quando ha cominciato a tatuare, spera in dei fottuti, banali fiori di Sakura.
Sta ancora scrutando la pagina del quaderno, mentre si chiude alle spalle la porta della cabina, tenendo in equilibrio il bicchiere.
Quasi cade sui suoi stessi piedi, rischiando di rovesciarsi il caffè addosso, quando vede il ragazzo dai capelli neri seduto sul lettino con aria annoiata.

"Puoi nascondermi?"

"Dimmi che sei reale..."

*

"Yuji... "
Sta sognando. È sicuro di star sognando, perché Fushiguro è a pochi passi da lui e indossa la sua felpa.
La sua preferita, quella gialla.
Gli sta leggermente larga sulle spalle e sul torace, ma non importa.
Cosa può diventare una felpa che è già la preferita?
Super preferita? Un sacco preferita?
Non pensa che Megumi sia una persona da giallo. Perché Fushiguro dovrebbe volere la sua felpa?
Magari non gli piace nemmeno e l'ha accettata per proteggersi dal freddo o per non offenderlo.
Anzi, più probabilmente sta davvero sognando.
Non gli importa molto, davvero. Gli basta essere lì, in quel momento, con Megumi.
Yuji fatica a capacitarsene, ma se possibile l'amico è ancora più bello.
Il cappuccio giallo nasconde in parte i capelli corvini, ma questo non fa smettere Itadori di chiedersi se siano davvero morbidi come sembrano.
Vorrebbe toccarli, ma ferma le sue mani all'altezza del bavero, trovando una scusa a caso per sistemarlo meglio.
Spera che Fugushiro ci caschi. Spera che non si chieda perché sta arrossendo.
Guarda il suo sorriso dolce, timido, appena accennato. Non pensava che Megumi sorridesse così.
Itadori perde un battito mentre l'altro prende le sue mani e se le porta al viso, appoggiando la guancia al suo tocco, mentre si avvicina, schiude labbra e...

... qualcuno bussa così forte alla porta della sua camera, da farlo saltare nel letto.
Il viso di Megumi svanisce al volo, per lasciare posto al soffitto della sua camera, mentre i suoi occhi si spalancano.
Yuji scatta seduto, così brusco e goffo da farsi cadere in testa un paio di manga abbandonati sulla mensola sopra il letto.
C'è un motivo per cui si sveglia sempre prima di Sukuna ed è per non finire coinvolto in un terremoto vero e proprio.
Le poche volte in cui capita il contrario, quando è l'altro ad alzarsi per primo, rischia di perdere dieci anni di vita già al risveglio.
"Ehi, moccioso, guarda che entro", grida il fratello spuntando nel vano della porta, una mano a coprirsi gli occhi e l'altra intenta a stritolare la maniglia.
"Non me ne frega niente se ti stai facendo la sega del buongiorno", sbotta.
Yuji alza gli occhi al soffitto, indeciso se ridere o se far notare a Sukuna la contraddizione tra la frase appena pronunciata e il suo muoversi alla cieca.
Uno sbadiglio che non riesce a trattenere, risolve la questione.
"Stavo dormendo", borbotta, grattandosi la nuca, tramortito dal brusco passaggio dal sonno alla veglia.
"Ieri sono andato a letto tardi per finire un film", aggiunge, prima di pentirsene.
Sukuna abbassa la mano, per fissarlo con occhi sgranati.
"Film di Jennifer Lawrence?", chiede risucchiando l'aria.
"Hunger games...", confessa.
"Quale?"
L'espressione del fratello è offesa e indignata, sembra sul punto di volerlo fare a fette.
"Il secondo e il terzo, non guarderei mai il primo senza di te", prova, mettendo su la sua espressione più tenera.
Non lo farebbe davvero. Non è la stessa cosa senza Sukuna che strepita sul divano mentre Katnees si offre volontaria.
"Questi sono due film, non uno", puntualizza l'altro, puntandogli l'indice contro.
"Beh, se non hai impegni questa sera passano un paio di amici per fare serata cinema...", media.
Yuji si aspetta un 'no' secco, ma l'altro sembra esitare.
"Quindi il salotto sarà di voi mocciosi?"
"... Sukuna ho due anni in meno di te".
"Vedo cosa riesco a fare, però voglio scegliere il film".
Sukuna urla l'ultima parte della frase allontanandosi, quindi non è sicuro che il fratello senta il suo 'ok' sorpreso.
"Ho fatto il caffè", riprende l'altro, tornando indietro e sbucando ancora un istante, per puntare il dito indice nella sua direzione.
"Mi aspetto eterna gratitudine... A dopo moccioso".

La porta sbatte, mentre Yuji resta seduto sul letto ancora qualche istante, come un sopravvissuto a un tifone, circondato dalle macerie della sua casa e troppo stupito di essere ancora tutto intero per fare anche solo un passo.
L'imbarazzo per il sogno appena fatto, riempie velocemente il vuoto lasciato dal fratello.
Con che coraggio guarderà Fushiguro oggi?
Sono amici da nemmeno una settimana ed ha sognato di baciarlo. Cioè quasi baciarlo.
È abbastanza certo che se Sukuna non avesse buttato giù la porta lo avrebbe baciato.
Sente uno strano nodo, proprio lì, all'altezza dello stomaco.
Non è solo Fugushiro il problema.
Yuji non può dire sinceramente di aver fatto i conti con la sua sessualità, ad oggi. Non si è mai proprio posto il problema.
Adora Jennifer Lawrence.
È uscito con un paio di ragazze al liceo, un'amica del club di cinema e una compagna di classe, ma non tanto per il loro aspetto fisico. Della prima lo aveva colpito l'interesse per le storie legate al paranormale, della seconda il carattere dolce e timido.
Ma non era andato oltre ai primi, impacciati appuntamenti ed una volta terminato l'anno scolastico, è semplicemente stato troppo impegnato a star dietro all'università.
Il tempo rimanente, dedicato al nonno, consapevole di quanto i momenti con lui fossero ormai contati.
Trasferitosi dal fratello, si era presto abituato a trovare le sue conquiste vagare per la loro cucina, con Sukuna ancora addormentato o smaterializzatosi in palestra senza salutare.
Sia uomini che donne.
È così che il sesso è entrato nella sua vita per la prima volta. Non direttamente, ma sotto forma di sconosciuti spaesati a cui non riusciva a non offrire un sorriso e l'invito di fermarsi a colazione.
È così che ha conosciuto anche Junpei, trovato accampato sul suo divano una domenica mattina.
In quel caso però, era stato un amico del fratello a scappare come un ladro da casa loro.
A svegliare sia lui che l'altro ragazzo, erano stati i delicati e pacati toni che Sukuna stava usando per spiegare molto dettagliatamente a Mahito? È quello il nome? cosa avrebbe fatto alle sue parti basse se avesse trovato danni al suo divano. Solo a ripensarci Yuji può quasi sentirsi male per il ragazzo dai capelli azzurri.
Al ricordo delle colorite minacce del maggiore, quasi sibila tra i denti, stringendo le gambe per riflesso.
Ringrazia la vibrazione del telefono che lo distrae, ma per il momento ignora la notifica che lampeggia dal display.
Si lascia ricadere sul letto, deciso a lasciar andare qualsiasi pensiero più complesso di 'cosa farsi da colazione', per crogiolarsi ancora per qualche istante nel calore lasciatogli addosso dal sogno e nel profumo del caffè che arriva dalla cucina.
Tanto sarà sicuramente Sukuna, probabilmente avrà dimenticato  le chiavi di casa o il portafogli o il manuale 1000 modi per non uccidere nessuno.
Ridacchia alla sua stessa battuta, quando il cellulare vibra ancora un volta. Sbuffa e si rassegna, allungandosi verso il telefono.
Il cipiglio sul suo volto passa in una frazione di secondo da infastidito a curioso.
Non sei Sukuna, riflette...
Al contrario delle previsioni, infatti, non è la foto di una schiena tatuata a comparire, ma quella di un ragazzino dai capelli neri a riccio e l'espressione infastidita, avvolto in un cappotto bianco.
Al suo fianco, una bambina alta grosso modo quanto lui  sorride felice, mentre alle spalle del duo, accovacciato per essere alla loro altezza, un ragazzo dai capelli bianchi cinge loro le spalle.
Fa mente locale: l'ha già visto. Quella nella foto è la versione più giovane dell'uomo con gli occhiali intravisto nello studio di tatuaggi.
Non credeva che Fugushiro fosse tipo da mettere uno scatto della sua infanzia come foto profilo, riflette tra sè e sè.
Non riesce a trattenere il sorriso che gli spunta sulle labbra, prima che il panico arrivi ad attanagliargli lo stomaco e solleticargli il palato.
"... Fushiguro?"

*

Ti ricordi l'ultima volta che ci siamo visti? Quel giorno a Shinjuku?
Era passato appena un mese da quando avevi lasciato la scuola. Un anno o poco più dalla serata che ha cambiato tutto.
Avevi i capelli sciolti sulle spalle, qualche ciuffo raccolto in maniera disordinata, una maglia troppo larga perfino per te.
Eri così diverso dal ragazzo che avevo conosciuto in quei primi anni a scuola, sempre impeccabile nella sua uniforme, tutto ordinato, con i capelli sempre ben raccolti.
Beh, almeno quando non ti vedevo sgattaiolare fuori dalla stanza di Satoru.
Quel giorno a Shinjuku eri così diverso, era bastata un'occhiata per capirlo, ma eri comunque tu.
Mi hai visto e mi hai sorriso.
Eri davvero tu, più simile al mio amico dell'ombra che aveva preso il suo posto in quell'ultimo anno, dopo l'incidente di Yu.
Ho pensato che offrirti una sigaretta, passarti il pacchetto, bastasse in qualche modo a portare il mondo indietro. A rendere le cose normali, per quanto potessero esserlo al fianco tuo e di Satoru.
Ho pensato che bastasse far finta di non notare le braccia coperte fino al polso, nonostante fosse l'estate più afosa da tanto.
Che fosse sufficiente ignorare quanto la maglia ti stesse larga, quanto i jeans ti ballassero sui fianchi.
Non è servito, tutto è comunque cambiato.
Ti farà piacere sapere, che in questi anni sei rimasto con noi, in ogni caso. Sotto forma di un fantasma che nessuno si sognava di nominare. La nostra maledizione personale.
Però c'era un tacito accordo, religiosamente mantenuto tra tutti noi: fingere. Fingere che tu non esistessi.
Sapevamo eri vivo o abbastanza riservato da non creare troppo scalpore, facendoti trovare morto di overdose in qualche vicolo e finendo nella trafila di titoli di giornali che Satoru non smetteva mai di sfogliare.
Gli hai spezzato il cuore, lo sai vero?
Sai quanto è stato penosamente ridicolo guardarlo fingere di non amarti più?
Beh, ma qui non si parla di lui. Per una volta.
Per una volta vorrei parlare io... e ci sono ancora tante cose che vorrei scriverti, che vorrei dirti, ma è difficile.
Sono comunque uno scienziato, un medico, e non sono brava con le parole, nel caso non te ne fossi accorto.
Quindi farò quello che mi riesce meglio. Essere sintetica:

Vai a farti fottere, Geto.
Non te l'ho mai detto, se non per scherzo.
Ora però sono arrabbiata con te. Così tanto.
Non potevi restare? Con lui? Con noi?

Hai lasciato anche me, Suguru..
Shoko

Ps. Ho provato anche a venire qui, da Haibara, a cercare le parole. A cercare un modo migliore di finire questa lettera.
Fa schifo, vero? Come già detto, scrivere non è il mio forte.
Quindi sono venuta a cercare un aiuto dalla persona più comprensiva e dolce che mi è capitato di conoscere.
Ho saputo che di tanto in tanto è possibile avvistarti qui.
Sai, è stupido, ma questo ti fa sentire meno irreale. Meno distante.
Ora rischio di diventare smielata, quindi penso che smetterò di scrivere.
Ancora una cosa:

Buon compleanno
.

Shoko ripiega la lettera che tiene tra le mani. L'aveva scritta qualche giorno prima del ventesimo compleanno di Geto, ma il destinatario non l'aveva mai ricevuta.
Aveva impiegato giorni e giorni a mettere insieme quelle poche righe, senza trovar poi il coraggio di spedirle.
Non sa nemmeno perché l'abbia conservata. Almeno, non lo sapeva fino alla sera prima. Fino alla telefonata con Megumi.
Sbuffa una risata. Il ragazzino non è proprio in grado di mentire, è ovvio che non vuole vederla solo per la questione del matrimonio.
Sa cosa vuole davvero chiederle. Tanto vale che faccia il primo passo.
Prende il cellulare e si lascia sprofondare sulla poltrona più vicina.
Appoggia la nuca alla spalliera, sfregandosi gli occhi senza pensare che il gesto le è appena costato i dieci minuti passati davanti allo specchio nel tentativo di dare alla sua faccia un'aria meno sbattuta.
Ora avrà anche mascara ovunque.
Spera quasi di non trovare nessuno, a quel punto potrebbe prenderlo come segno del destino che lei dai questa questione deve rimanere fuori.
Non fa tempo a formulare il pensiero, che dall'altro capo il ragazzo prende la telefonata.
"Megumi, ieri volevi chiedermi di qualcuno?", inizia, levando il suo interlocutore dal fastidio di dover parlare per primo.
Le basta l'istante di esitazione dall'altro capo del telefono per avere la sua conferma.
Inspira, espira. Non può fare a meno di chiedersi perché diamine essere amica di Geto e Gojo anche dopo così tanti anni, resti così complicato.
"Se si tratta di Haibara, non credo di essere la persona più adatta per parlartene", riprende, facendo un lungo respiro prima di continuare.
"Ma posso portarti da lui".


Salve, scusate l'assenza, ma mi sono fatta perdonare postando un altro capitolo lunghissimo.
Cosa dire? Ecco il pov di Yuji che evitavo come la peste da tipo tre capitoli.
Curiosità: il pezzo musicale che ha ispirato la scena del locale, quando Sukuna immagina di inseguire dark Megumi 'fatto come una pigna' (direbbero in Scary Movie) è quello che fa da Ending al terzo episodio di Chainsaw man, Hawatari Niku Centi di Maximum the Hormone.
L'ho adorata e mi ha ispirato questa scena.
Sulla scena in cui Sukuna fa uso di droghe: è Sukuna, non può fare il bravo tutto il tempo.
Spero il capitolo vi piaccia.
Un abbraccio, Amy


Ps. Nessun offesa per chi ha tatuaggi come farfalle o fiori di sakura, li ha anche la sottoscritta 🤣 Pps. Se leggete sviste senza senso, ripassate domani, che dovrebbe essere corretto a mente più fresca.
   
 
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