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Autore: Jamie_Sand    08/03/2023    2 recensioni
Raccolta di one-shot legata alla mia long "lascia che ti racconti la storia".
Piccoli scorci sulla vita di Hazel e Sirius e le persone attorno a loro.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Molly Weasley Jr, Nuovo personaggio, Percy Weasley, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Lascia che ti racconti la storia'
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Non si nomina Bruno


Il villaggio di Castle Clovelly contava più o meno duemila abitanti e si trovava ai piedi di una collina dell'Oxfordshire, su cui svettava un grosso palazzo che un tempo doveva essere stato molto sfarzoso. I bellissimi fregi che decoravano le finestre erano quasi tutti sbeccati, la breve scalinata in marmo all’ingresso era stata rovinata dalle intemperie e al tetto mancavano delle tegole; il giardino inoltre era stato lasciato a sé stesso e adesso circondava, selvaggio e silenzioso, tutta la struttura ricoperta d’edera. 

Il palazzo era disabitato da molto tempo e tutti a Castel Clovelly convenivano sul fatto che quella casa avesse un’aria un po’ sinistra. 

Circolavano molte dicerie su quella struttura. C’era chi raccontava di figure losche che andavano e venivano da lì parecchio tempo prima e anche qualcuno che giurava di aver visto il proprietario venir portato via assieme a suo cognato da una squadra di strani uomini vestiti da lunghe toghe scure. C’era chi diceva che fossero poliziotti o agenti segreti, e chi invece era certo che si trattasse di membri di una qualche setta di cui i due facevano parte. Della ragazzina che viveva lì con suo padre e suo zio, però, non c’era stata più nessuna traccia, almeno finché non era tornata a vivere lì all’improvviso, dopo molti anni di assenza. 

Faye Selwyn, questo era il nome della giovane donna che si aggirava tra quelle stanze deserte e che di tanto in tanto andava andava in città per fare compere, attirando l’attenzione di tutti con quei suoi modi regali che la facevano sembrare un pesce fuor d’acqua in quell’ambiente tanto bucolico.

Era tornata in Inghilterra da poco più di due settimane, ma nessuno dei suoi vecchi amici lo sapeva. Aveva girato il mondo per otto anni alla ricerca di quella cosa che gli altri chiamavano felicità, ed ora era tornata solo perché il San Mungo l’aveva chiamata per comunicarle che sua madre era morta. Con suo padre e suo zio di nuovo ad Azkaban per crimini legati alle arti oscure e suo fratello seppellito anche lui nel cimitero di famiglia, era diventata l’erede di tutti i beni rimasti alla famiglia.

Era diventata ricca. Ricca e annoiata. Ricca e sola.

Per la prima volta nella sua vita si era concessa di provare dolore, aveva pianto davanti alla bara di sua madre per tutte quelle volte in cui non era riuscita a farlo e da quello stesso giorno aveva avuto l’impressione di essere intrappolata in una sorta di loop che la costringeva a vivere sempre la medesima deprimente giornata. 

C’erano giorni in cui non riusciva a muoversi dal letto, giorni in cui aveva sfiorata l’idea di farla finita e altri in cui invece si sedeva sul divano del grande salotto e riviveva nella sua testa tutti i ricordi che quella casa aveva custodito per lei durante gli anni in cui era rimasta vuota.

Prima della guerra quelle mura erano state il nido di una famiglia. Faye ricordava il volto di suo fratello, sentiva la voce di sua madre e viveva di nuovo i giri in scopa con suo padre. Solo pochi anni le erano stati concessi in quel piccolo paradiso, poi le cose erano cambiate, il Signore Oscuro aveva perso e tutti loro erano andati a fondo con lui. Da quel giorno la risata di suo fratello non aveva mai più riempito l’aria, suo padre era stato portato via e sua madre si era lasciata andare dal dolore nel modo più impensabile. Dopo era arrivato suo zio, le attenzioni indesiderate a cui la sottoponeva, gli sguardi che scoccava verso il suo corpo come frecce ardenti, l’oscurità… 

Ma c’era stata anche una parentesi luminosa nella sua vita. Hogwarts l’aveva salvata tenendola lontano da quell’inferno per la maggior parte del tempo, e poi Janus, casa sua, la sua famiglia; Hazel e Sirius, che per dieci anni erano stati qualcosa di più simile a dei genitori che lei avesse mai avuto. Probabilmente adesso la odiavano per il modo in cui aveva spezzato il cuore del loro figlio più grande.

Faye non ce l’aveva fatta: non era riuscita ad accettare di poter essere come gli altri, si era sentita soffocare dal ragazzo perfetto, dalla vita perfetta, da quella felicità quasi imposta, e se ne era andata, anche se se ne era pentita quasi nell’immediato. 

Dunque aveva viaggiato, aveva conosciuto molte persone, ma nessuno l’aveva più colpita come aveva fatto Janus e forse era meglio così: l’amore, la felicità e la stabilità non erano cose fatte per persone spezzate come lei.

Tuttavia ultimamente il suo pensiero si era posato spesso sull’eventualità di tornare indietro, tornare da lui e riprovarci. Gli aveva persino scritto delle lettere, lettere che però non aveva mai spedito, ma in cui confessava senza ritegno di non aver mai smesso di pensarlo e anche di amarlo.

Quella fredda mattina di metà dicembre, Faye aprì gli occhi di colpo, ritrovandosi nel letto a baldacchino in cui malediva di essersi svegliata ogni giorno, in compagnia del suo vecchio gatto arancione di nome Plumcake, con la consapevolezza che anche quel giorno non avesse nulla da fare, nessun impegno, nessun obbligo a tenerla impegnata. 

Il gatto si avvicinò, sfregò il muso contro la sua guancia come per spronarla ad alzarsi dal letto e lei obbedì. 

Quando spalancò le tende appese sopra la finestra, la stanza venne illuminata da una inusuale luce. C’era uno spicchio sole nonostante fosse pieno inverno e nonostante nei giorni precedenti avesse fatto molto freddo. Chissà, forse poteva valere la pena uscire un po’ fuori da quella stanza, almeno per oggi. 

La porta alle sue spalle si aprì con un cigolio, ma Faye non si allarmò. 

Era la sua elfa, l’elfa domestica che serviva la sua famiglia da generazioni.

- Poppy porta il tè alla signorina. - Gracchiò.

La strega si voltò nella direzione della creatura, notando che teneva un vassoio dall’aria un po’ instabile tra le mani. - Grazie, Poppy. Lascia tutto sullo scrittoio. - Ordinò. - Puoi prepararmi la vasca da bagno? Credo che andrò a fare una passeggiata stamattina. - 

- Come ordina la padrona. - Disse l’elfa, per poi esibirsi in un profondo inchino prima di lasciarla nuovamente sola. 

Ecco. Tutto qui. Questo era il massimo dell’interazione che Faye Selwyn si concedeva. 

Si era chiusa in sé stessa come un velenottero nel suo guscio e le andava bene così. 

Dopo aver bevuto il tè, Faye raggiunse il bagno, dove si spogliò e si guardò allo specchio. Lì, sulla superficie riflettente, una donna di poco più di trent’anni dai lunghi capelli dello stesso colore del miele le ricambiò lo sguardo. 

Be’, almeno sono rimasta bella, pensò, prima di infilarsi nella vasca. 

 

-ˋˏ ༻❁༺ ˎˊ-

 

Nonostante non sapesse un bel niente di bambini, Albus Severus Potter aveva preso il suo ruolo di padrino molto seriamente. Per questo, quando Janus e Molly gli avevano chiesto se poteva badare alla bambina per qualche ora, era stato ben felice di accettare anche se in fondo ne era letteralmente terrorizzato. 

Insomma, come già detto non sapeva un bel niente di bambini, ma avevano scelto lui, (o meglio, lui e Lucy) l’avevano scelto nonostante fosse considerato quello strano della famiglia, nonostante ci fossero di gran lunga opzioni migliori, e lui non aveva nessuna intenzione di deluderli. E poi, tenendosi occupato anche nei giorni in cui non lavorava, non avrebbe avuto il tempo di pensare. Di pensare a Scorpius. 

Così, quella freddissima mattina di dicembre, a due mesi da quando la piccola era nata, Albus si era svegliato molto presto, aveva aspettato che Lucy lo raggiungesse e poi i due si erano smaterializzati atterrando insieme davanti al cancello del cottage, con le scarpe in almeno venti centimetri di neve. 

Con un sospiro sconsolato, il giovane mago si strinse nel mantello e si guardò attorno. Anche a Godric’s Hollow, dove lui e la sua la sua famiglia vivevano, l’inverno era cominciato col botto, ma lì nei pressi di Aberdeen il freddo sembrava picchiare molto più forte. Al suo fianco, Lucy aveva tirato su il cappuccio del mantello, da cui uscivano ciocche ben ordinate di lunghi capelli rossi.

Affondando i piedi nella neve, Albus e la cugina varcarono il cancelletto e attraversarono il breve vialetto fino a raggiungere il portico, dove lui suonò al campanello. Attesero ben un minuto buono prima che la soglia si spalancasse su un corridoio dall’aspetto rustico ma accogliente nonostante fosse spoglio di ogni addobbo di Natale, dove comparve un uomo dai capelli neri e di bell’aspetto anche con due ombre violacee sotto gli occhi grigi e l’aria stanca.

- Quindi è così che riduce avere figli? - Fece Albus, sorridendo mentre entrava in casa seguito da Lucy.

Janus alzò gli occhi al cielo. - Non riesco a dormire per più di tre ore di seguito da due mesi, abbiate pietà di me. - Disse chiudendo la porta, prima di muoversi lungo il corridoio. - Comunque grazie per esser venuti, tutti e due. - Proseguì scoccando uno sguardo nella direzione di Lucy. - I miei sono partiti per uno di quei loro viaggi da hippie, Percy e Audrey lavorano e a Penelope non affiderei nemmeno un uovo di occamy. Ah, avevamo assunto una baby sitter babbana, ma si è presa una brutta forma di mononucleosi. - 

- Ha il suono di una malattia spaventosa. - Commentò Lucy, una volta in salotto. 

Albus si sedette sulla poltrona rossa vicino al camino. - Non preoccuparti, Jan: noi adoriamo essere la vostra… quarta… quinta scelta, vero Lucy? - 

- Altroché, un vero onore. - Annuì lei, rimanendo in piedi. - Ad ogni modo dov’è Molly? -

- Di sopra, è il suo turno di cambiare la bambina. - Rispose Janus alla svelta.

- Vado a darle una mano. - Dichiarò Lucy, e poi lasciò quella stanza. 

Solo a quel punto Janus si buttò sul divano con aria stremata, tenendo gli occhi sul giovane Potter. 

Proprio come quelli di Harry, i capelli di Albus erano neri e sparati un po’ da tutte le parti, un po’ come se si fosse appena svegliato o come se fosse venuto da Godric’s Hollow su una scopa. Ma a parte i capelli e il colore degli occhi che aveva preso dal padre, Albus assomigliava in tutto il resto a sua madre, con quel volto rotondo e lentigginoso. 

Da quando Scorpius Malfoy l’aveva lasciato per poi sposare una bella ragazza bionda e purosangue, Albus era diventato più cinico e più imbronciato che mai. 

- Come è andato il matrimonio? - Gli domandò Janus, riferendosi al grande evento che qualche settimana prima si era svolto nelle sale di Malfoy Manor. 

- Oh, benissimo, direi. - Rispose Albus, ostentando nonchalance. - Ottimo cibo, addobbi pazzeschi… i Malfoy sanno come festeggiare un matrimonio, non c’è dubbio. Mi sono ubriacato, ho pianto e poi io e Scorpius abbiamo fatto una sveltina mentre la sposa nel frattempo faceva il primo ballo con il padre. - 

Janus scosse la testa, pieno di disapprovazione. - Albus… Severus. Sei degno del nome che porti, lo sai? - Lo prese in giro.

- Credi che Piton abbia fatto sesso con mia nonna il giorno del suo matrimonio, scusa? - Rise Albus, nell’estremo tentativo di sdrammatizzare.

- Merlino, no. - Chiarì subito Janus, facendo una faccia sconvolta. 

- Be’, io e Piton abbiamo la stessa sfortuna in amore, ora che ci penso. -

- Tu sei sfortunato in amore solo perché non ti guardi attorno. - Lo bacchettò l’altro. - Il mare è pieno di pesci, Al.

Albus gli lanciò uno sguardo a metà tra il divertito e lo scettico e poi scosse la testa senza nemmeno prendersi la briga di rispondere. 

- Puoi sempre aspettare che Halley cresca, ma non so se è il tuo tipo. - Tornò a parlare Janus, sogghignando. 

Albus rise e di nuovo scosse la testa. - Tuo fratello non è gay. - Obiettò. - So che ha una tenerissima cotta per una ragazzina della sua classe. Ce lo ha raccontato zia Luna. - 

- Halley ha inventato l’omosessualità, fidati di me. - Ribadì Janus. - Quando era piccolo siamo andati a vedere uno di quei film di supereroi e lui ha praticamente fatto coming out dicendo che Spiderman era il suo fidanzato. Spiderman, capisci? Non MJ e nemmeno zia May, ma proprio Spiderman. E poi adora i musical, il rosa e l’arte. - 

- Anche tu adori i musical, il rosa e l’arte. -

- Sul rosa ti sbagli, dato che il mio colore preferito è il lilla. - Lo corresse Janus. - Inoltre a me non piacciono le donne in generale; a me piace Molly e basta. Ho un orientamento a parte. - 

In tutta risposta Albus mimò un attacco di nausea. - Ogni volta che vi vedo insieme ho sempre l’impressione di aver fatto una scorpacciata di dolci di Mielandia, per quanto siete melensi. - Disse. - Comunque su una cosa hai ragione, Halley non è il mio tipo. -

- Già, immagino che passare dal signore delle tenebre a una dolce principessina sarebbe molto difficile. - 

- Tu ci sei riuscito. Sai… Faye... - 

- Shhhh! - Sibilò Janus, interrompendolo, prima di voltarsi verso la porta del salotto. 

- Che… cosa…? - 

- Lei è come Voldemort in questa casa. - Sussurrò Janus. - Molly è gelosa, solo che è un po’ più una fissazione… poi soprattutto ora che si sente orrenda è meglio non nominare… Tu-Sai-Chi. Non possiamo nominarla nemmeno per sbaglio! - 

- Ho capito. È come Bruno. - 

Janus lo guardò senza capire. 

- La canzone del film Disney. Non si nomina Bruno, no no no.... - Tentò di spiegare l’altro, intonando qualche nota.

- Sì… tu non nominarla e basta. - Rimarcò Janus, più serio che mai. 

Albus aggrottò la fronte. - D’accordo. - Disse in tono incerto. - Ma perché Molly si sente orrenda? - Domandò, dopo un paio di secondi di silenzio.

Janus sospirò e scrollò le spalle. - Non lo so, ma credo sia per il parto. - Buttò lì. - Quello che so per certo è che non le serve affatto entrare in competizione con… Bruno, in questo momento. -

- Ma tra voi le cose vanno bene, no? - 

Janus tergiversò e poi annuì con un fare incerto. - Siamo un po’ travolti dagli eventi, ma sì… va tutto bene. - Rispose alla fine, beccandosi uno sguardo scettico dal giovane Potter, cosa che lo fece sospirare. - Cosa vuoi che ti dica, Al? Molly ce l’ha con me perché dice che la lascio da sola tutto il giorno per andare a lavorare, dice che sono come suo padre, ti rendi conto? Inoltre la bambina mi ha sfrattato dal letto e adesso dormo qui su questo divano risalente al ‘93, cosa che comunque non mi esime dallo svegliarmi ogni tre ore per fare tutte quelle cose da padre come cambiare pannolini e il resto. Come se ciò non bastasse non vedo mia moglie nuda da mesi, Al, da mesi. Lei mi manca quasi più di dormire una notte di fila, ma si comporta come se fossi repellente, sia mai che mi azzardi a baciarla, figurati il resto. -

- Jan… - 

- Sì, sì, lo so: si tratta di tua cugina e non vuoi sentire parlare di questo. - Si affrettò a dire lui. - Comunque, tornando a noi… non voglio che si senta in nessun modo minacciata da Bruno. È già tutto abbastanza difficile senza farle venire altre insicurezze. - 

- Di chi state parlando? - La voce di Molly, alle loro spalle, lì fece sobbalzare entrambi. 

Se ne stava lì, anche lei con le occhiaie al di là delle lenti degli occhiali, i capelli rossi e ricci che le arrivavano disordinatamente alle spalle. Al suo fianco, Lucy teneva la nipotina tra le braccia.

A vederle così, anche se erano praticamente identiche nei connotati, Molly e Lucy non sembravano affatto gemelle. Intanto una aveva gli occhiali e l’altra no, la prima aveva gli occhi color nocciola e la seconda color cielo, inoltre Molly aveva l’aspetto di una che a stento aveva trovato la forza di farsi una doccia quella mattina mattina: sembrava aver scelto i suoi vestiti al buio visto il pessimo abbinamento di colori, anche se tutto sommato erano così male assortiti da avere un senso. Lucy invece sembrava una di quelle persone con l’abitudine di guardarsi allo specchio molto spesso. 

- Siete davvero sospetti. - Osservò Lucy, prima di avvicinarsi. 

- Albus mi stava aggiornando sulle sue ultime conquiste. - Mentì Janus, e poi le andò incontro, prendendo sua figlia. - Esce con questo tale… Bruno. - 

- Hai un nuovo amico, Al? - Fece Molly, lasciandosi scappare un po’ di incredulità, prima di sedersi sul divano tra sua sorella e suo marito. - È un bene che tu ti stia concentrando su altri ragazzi, soprattutto ora che quella canaglia di Malfoy si è sposato. -

- Già, lui non ti ha mai meritato. - Asserì fermamente Lucy. - Sai come si dice, no? “Più falso di un Malfoy”. I detti non mentono mai. - 

Albus non rispose, ma prese ad osservare la bambina che Janus teneva tra le braccia. 

L’avevano chiamata Joy, un nome normale e per nulla da membro della nobile e antichissima casata dei Black, ma dopotutto lei era la creatura più lontana da loro che potesse esistere: mezzosangue e mezza Weasley. 

Aveva pochi capelli rossicci in testa e occhi che sembravano chiari, ma forse era troppo presto per dirlo. Non la vedeva da poco più di una settimana ma sembrava già cresciuta. Indosso, infine, aveva una tutina di un marrone scolorito davvero improponibile. 

- È un regalo di Penelope. La tutina, intendo. - Lo informò Janus, come se lo avesse letto nel pensiero. - Tutte le sue altre cose sono a lavare o sono diventate troppo piccole. - 

- Ora capisco. - Fece Albus, divertito. - Come va con la carissima Penelope? - 

- Quando l’ha vista per la prima volta ha detto che aveva un brutto naso e papà ha dato di matto come se quella fosse la cosa peggiore che le abbia mai sentito dire. - Raccontò Molly. - Lui mi preoccupa ultimamente. Sembra così insofferente. -

- Mamma dice che ha la crisi di mezza età. - Svelò Albus. - Mentre zio George ha scommesso con zio Charlie che zio Percy lascerà Penelope entro la fine seconda settimana di gennaio. Zio Ron invece è certo che si siano già lasciati, in verità, ma che passeranno le feste insieme per non turbare Artie. - 

- In effetti dopo Natale c’è sempre un picco di divorzi. - Disse Janus, pensieroso. - Ma ormai ho smesso da tempo di sperare che Percy faccia il grande passo. Però mi chiedo ancora perché l’abbia sposata. - 

- Be’ forse perché tua madre gli ha spezzato il cuore senza alcuna pietà? - Domandò sarcasticamente Lucy, guardandolo male. 

- E questo che c’entra? - 

Lucy sbuffò e incrociò le braccia sul petto. - Lui ha sposato Penelope nel giro di meno di un anno e poco dopo ci ha fatto un figlio… così, senza nessun preavviso, senza programma. Non è da mio padre fare le cose in fretta e furia e senza pensarci. - Iniziò, tutta alterata. - Questo ci porta dunque a un fatto che ormai io do per assodato: mio padre è ancora innamorato di tua madre, ma ha tentato di sostituirla con un’altra e ora si ritrova intrappolato in un matrimonio deprimente con la regina delle arpie. -

Janus, Molly e Albus guardarono Lucy con le sopracciglia aggrottate e un’espressione scettica in volto. 

- Secondo me l’amore non c’entra. - Disse Albus, dopo qualche secondo di silenzio. - Secondo me zio Percy ritiene che sia meglio stare con una come Penny piuttosto che essere solo alla sua età, mentre  tutti attorno a lui hanno trovato il proprio posto. Lo sai, lui è un tipo pragmatico. - 

- Però devo ammettere che la visione di Lucy sia davvero molto più interessante della tua. - Affermò Janus, guardando Joy come se stesse parlando con lei. - Magari nonno Percy è un insospettabile romantico, eh? Sì? Ma sì che lo è… sì sì. - 

- Oh Godric… - Gemette Lucy. - Puoi non fare mai più quella vocina infantile, per favore? - 

- Ma a lei piace. - Si difese Janus, continuando a parlare allo stesso modo. - E poi ho letto che “fare le vocine” fa bene ai bambini, li coinvolge e aiuta l’apprendimento. Fa tanto tanto bene, sì. Quindi continuerò a farle, mi spiace. - 

Lucy sospirò. - Molly, di’ la verità: ti senti davvero attratta da questo qui? -  

- Confesso che quando fa così lo sono ancora di più, ahimé. - Dichiarò Molly. 

Janus fece una faccia a metà tra il divertito e l’intenerito, poi si sporse verso di lei e le stampò un bacio sulla guancia, cosa che fece alzare gli occhi al cielo agli altri due e che sembrò infastidire Molly.

- Hai chiaramente il complesso paterno, Molly. - Dichiarò la gemella. - Io ho sempre pensato che Janus fosse troppo simile a nostro padre. - 

- Questo ultimamente lo penso anche io. - Disse Molly, scoccando una velata frecciatina. 

- Non sono come Percy. - Chiarì fermamente Janus. 

Lucy lo guardò con scetticismo. - Tu non vedi l’ora che zia Hermione tiri le cuoia o si dimetta per tentare di prendere il suo posto come Ministro. - 

- Questo non è assolutamente vero! - Esclamò lui. - Facciamo parte dello stesso partito, perché dovrei volere le sue dimissioni? E mi sembra scontato dover chiarire che non voglio assolutamente che muoia. - 

- Però ti piacerebbe prendere il suo posto. - 

- Magari un giorno sì. - Ammise tranquillamente Janus. - Il Ministro della Magia è importante quasi quanto il Primo Ministro babbano dato che fa da ponte tra i due mondi. Immagina che una mattina ti squilla il telefono e dall’altro capo c’è il Re che ti invita per un tè a Buckingham Palace, così da parlare di chissà che questione. -

- Non credo che funzioni proprio così. - Obiettò Albus.

- Resta il fatto che sei una copia più bella da vedere di mio padre. - Ribadì Lucy. 

- Già. Ti ricordi quando papà lasciava da sole noi e mamma per andare alle conferenze sui mezzi di trasporto privati volanti, Lucy? - Aggiunse Molly.

- Lo faceva per voi, per farvi vivere nell’agio! - Esclamò Janus. - Proprio come tutto ciò che faccio io è per Joy. Voglio farla crescere in un mondo bellissimo in cui lo stato di sangue di una strega o di un mago non conti più niente, un mondo in cui non ci sono più oppressi né oppressori, un mondo in cui i suoi diritti vengano sempre tutelati. -

- Taci, Percy. - Lo fermò Lucy, prima di scoppiare a ridere. - In realtà vuoi solo il potere. - 

- Non dargli retta. - Disse Janus alla bambina. - Crescerai in un mondo in cui esisterà il salario minimo, nessuna razza sarà più sfruttata da noi maghi e saremo in armonia con tutte le altre creature del nostro mondo. E magari la tassa per Hogwarts potrebbe essere calcolata in base al reddito, per così dire, eh… -

- D’accordo, sì, aboliamo anche la proprietà privata, tanto che ci stiamo. - Fece Lucy, sogghignando divertita. - Adesso ve ne andate e ci lasciate salvare vostra figlia da questo delirio socialista? - 

- Sì, lasciatemi fare il mio dovere da padrino, per favore, prima che Janus indottrini questa povera anima. - 

- Siete sicuri che ve la sentite? - Si accertò Molly, scrutando le espressioni di Albus e Lucy. - Jan può andare da solo a comprare tutti i regali di Natale a Diagon Alley. - 

- Ce la sentiamo, non preoccuparti. - La tranquillizzò la gemella. 

- Uscite un po’, fate le vostre cose da sposati. - Lì spronò Albus. - Tipo andare per mercatini e baciarvi sotto il vischio. - 

Janus esitò e poi si decise ad affidare la bambina al giovane. - Tra tre ore avrà fame, ma noi torniamo prima di sicuro. - 

- Cambiatela se c’è bisogno, tenetela d’occhio mentre dorme, assicuratevi che respiri. Se avete bisogno inviaci subito un patronus, che a Diagon Alley non prende il telefono. Ah, se le succede qualcosa di brutto probabilmente vi ucciderò, ma nessuna pressione. - 

- Mi raccomando. Se avete bisogno avvisateci e noi torniamo subito. - 

- Saluta i suoi noiosissimi genitori, Joy. - Sorrise Lucy, mentre il cugino muoveva delicatamente la mano della bambina, spingendo pian piano Janus e Molly verso la porta. 

Quando finalmente i due uscirono di casa, Albus abbassò lo sguardo verso la neonata, che a sua volta lo stava osservando curiosa.

- Non ti preoccupare, piccoletta: quando da adolescente ti sentirai soffocare dalle loro ansie potrai sempre scappare a casa di zio Al. - 

 

Diagon Alley era affollata e addobbata proprio come ci si aspettava che fosse a ridosso delle vacanze natalizie. Molte streghe e molti maghi, nei loro colorati abiti o stretti in pesanti mantelli, passeggiavano avanti e indietro per la via principale o sostavano davanti alle vetrine dei negozi, mentre altri trovavano ristoro nelle caffetterie e nelle sale da tè nei vicoli meno frequentati. 

Molly e Janus camminavano l’uno a fianco all’altra già da un po’, alla ricerca di regali da fare ai membri delle loro rispettive famiglie. Ai Tiri Vispi Weasley, Janus aveva preso qualcosa per suo padre e per sua sorella, mentre per sua madre e Halley aveva intenzione di comprare qualcosa di più babbano, magari legato alla pittura. Molly invece era certa che sua sorella Lucy avrebbe apprezzato qualsiasi cosa dal negozio di Madama McClan, mentre suo padre di certo si sarebbe accontentato di un bel libro al Ghirigoro. 

- Entriamo? - Domandò Molly, davanti all’ingresso della libreria. 

Janus annuì e, in un inaspettato slancio di cavalleria, le aprì la porta, beccandosi un’occhiata perplessa e divertita insieme da parte di lei. 

- Guarda che potevo farcela anche da sola. - Affermò Molly, mentre entrava nel negozio, che quel giorno era piuttosto affollato.

- E io che volevo sollevarti dall’onere di aprire le porte da sola. - Ribatté lui, alzando gli occhi al cielo. 

Facendosi spazio tra la folla, i due arrivarono nel reparto narrativa, dove Molly prese a sfogliare pigramente qualche libro. Lì accanto, intanto, nel reparto poesia, era esposto un libricino dalla copertina bianca che Janus riconobbe subito. Lo prese tra le mani, girò qualche pagina e poi alzò gli occhi su Molly. 

- C’è questa scrittrice che mi piace un sacco. - Le disse, mostrando la copertina. - Scrive poesie meravigliose e poi ho sentito dire che sia davvero una gran gnocca. - 

Molly lesse il suo nome stampato su quel libro e poi alzò gli occhi sul viso di lui. - Sulle poesie meravigliose posso anche essere d’accordo con te. - Rispose. - Sul resto… questa tale Molly Black non è mai stata uno splendore e di certo non lo è adesso che ha appena partorito. - 

- È inutile che ti dica quanto ti sbagli, vero? - 

Molly si strinse nelle spalle. - In verità lo apprezzo. Nessuno mi ha mai detto che sono bella a parte te. - 

- Sono tutti ciechi. - Asserì Janus.

Lei si sentì arrossire senza un motivo, cosa che le procurò un po’ di imbarazzo. Erano sposati da anni, ma in quel periodo si sentiva di nuovo la giovane insicura come ai tempi in cui avevano appena iniziato ad uscire insieme.

- Vado a dare un’occhiata al reparto “pozioni”. - Disse. - Tu intanto cerca qualcosa che potrebbe piacere a mio padre, tanto leggete le stesse cose. - 

- Allora è vero quello che dice sempre Lucy: hai sposato tuo padre. - 

- Zia Ginny dice che tu hai sposato tua madre, quindi direi che siamo pari. - 

Janus alzò gli occhi al cielo ma sorrise, e poi guardò Molly sparire tra la folla. 

Iniziò così ad aggirarsi tra gli scaffali alla ricerca di qualcosa che potesse piacere a Percy, magari un qualche trattato politico o una biografia di qualcuno che aveva cambiato il mondo magico. Senza rendersene conto si ritrovò nel reparto “sport e tempo libero”, dove iniziò a leggere i titoli esposti. C’era un libro, ad esempio, scritto dal battitore del Chudley Cannons, che si intitolava “prendi la vita a mazzate”, oppure il manuale di preparazione dell’allenatore dei Tornados dal titolo “crescere campioni”. 

- Giochi a quidditch? - Parlò all’improvviso una voce alla sua sinistra. 

Janus ebbe la sensazione di aver già vissuto quel momento e quando si voltò in quella direzione quella sensazione fu ancor più forte. Una donna lo stava guardando a qualche metro da lì, con le braccia incrociate sul petto e un’espressione molto tesa dipinta sul volto. Janus impiegò qualche secondo per riconoscerla: i suoi capelli erano più chiari di come se li ricordava, la sua faccia più cupa, ma era indubbiamente lei; era Faye, con i suoi occhi d’ambra e con indosso uno di quei vestiti tradizionalmente da strega che le valorizzavano il corpo. 

Lei che non vedeva Janus da talmente tanti anni che quasi aveva dimenticato che aspetto avesse, lei che non sapeva più nulla di lui ma che si lasciava ancora agitare dalla sua presenza. 

Ogni volta che la sua amica Annie aveva tentato di informarla sulla vita del suo ex fidanzato, Faye l’aveva sempre fermata. Non voleva sapere niente, si era limitata a immaginarlo per tanto tempo, ma a una parte profondamente egoista ed egocentrica del suo essere piaceva pensare che lui la pensasse ancora e che non fosse mai andato avanti dopo la loro rottura. Invece lui aveva una fede al dito e, quando Faye notò questo interessante dettaglio, ebbe la sensazione che non ci fosse proprio più nessuno al mondo che si interessasse a lei. 

Adesso aveva la prova di essere totalmente e irrimediabilmente sola. Nessuno l’amava.

Janus rimase zitto, nonostante la quantità di domande che stavano iniziando ad affollare la sua testa. Dove era stata per tutti quegli anni? Che cosa aveva fatto? Era felice senza di lui? Ma soprattutto perché se ne era andata via, sparendo dalla sua vita senza neppure prendersi la briga di salutarlo? 

Il pungente dolore provocato dalla rabbia che evidentemente ancora sentiva nei suoi confronti iniziò a farsi sentire all’improvviso e in modo del tutto inaspettato: era stato certo di averla superata per anni, eppure era bastato un solo sguardo per farlo tornare al giorno in cui più di tutti si era sentito abbandonato e non abbastanza per essere amato. 

La vide alzare i lati della bocca, che si piegò in un incerto sorriso, per poi dire piano: - Ho un deja-vù. -

- Forse hanno cambiato qualcosa nel Matrix. - Rispose lui, usando la prima cosa che gli era venuta in mente.

Faye inarcò entrambe le sopracciglia e poi sorrise ancora. - Sei sempre il solito nerd. - 

- Che ci vuoi fare. - 

Seguì un attimo di silenzio in cui Janus pensò di defilarsi, allontanarsi il più possibile da lei e da tutto ciò che rappresentava, dal dolore che lei gli aveva causato e dal ricordo degli anni della sua adolescenza passati quasi tutti a rincorrerla, ma c’era un’altra anche parte di sé che invece desiderava ardentemente di restare lì, parlarle, capire. 

- Mia… mia madre è morta. - Parlò nuovamente lei. 

‘Mia madre è morta’? Credi sia questa una delle prime cose da dire all’amore della tua vita dopo otto anni di assenza? Pensò Faye, che si sarebbe messa volentieri a urlare contro sé stessa.

Non sapeva perché aveva avvertito il bisogno di dirglielo, sapeva solo che quelle parole erano sgorgate all’improvviso dalla sua gola. Probabilmente in un mondo perfetto lui avrebbe mosso qualche passo verso di lei fino a raggiungerla, e poi l’avrebbe abbracciata fino a quando non si sarebbe sentita così a suo agio da mettersi a piangere. Ma lui non si mosse e per un po’ nemmeno parlò. 

- Come è successo? - Domandò poi. 

Faye valutò se fosse o meno il caso di dire la verità. Sua madre era riuscita a uccidersi da sola, aveva scelto di morire anche se probabilmente se ne era già andata da un pezzo. 

- È morta nel sonno. - Mentì. - Non ha sofferto. - 

Janus annuì mentre sul suo volto si posava una sincera ombra di dispiacere. - E tu come stai? - Cosa fai adesso? Dove vivi? Hai bisogno di qualcosa? 

La strega esitò e di nuovo si chiese se mentire oppure no. Era in pezzi, questa era la realtà, ma non voleva che lui lo sapesse. 

- Io sto bene. Sì. Ho fatto molte cose in questi anni. - Disse. - E tu come stai? - Chi è la donna che hai sposato?

- Sto bene anche io. Faccio ancora il magiavvocato. - Rispose Janus, mantenendosi emotivamente un passo indietro. 

Era come se il vetro di protezione che lo aveva accompagnato per gran parte della sua adolescenza fosse appena riapparso, un po 'come se la presenza stessa di Faye facesse sentire il suo cuore in pericolo. 

- E i tuoi? Aurora e Halley? Loro come stanno? -

- Mamma e papà sono sempre i soliti… attualmente sono in viaggio. - Iniziò a raccontare lui. - Per quanto riguarda Aurora e Halley… lei è una Serpeverde un po’ stronza ma molto brava nel quidditch, mentre lui un Corvonero fissato con gli animali magici e il disegno. Non sono cambiati molto. - 

- Ti sei sposato. - Disse finalmente Faye, facendo un cenno alla mano sinistra di lui. 

- Sì. - Rispose Janus, guardando la fede all'anulare sinistro. - Invece tu? Qualche anno fa Annie mi ha detto che stavi vivendo con un babbano a Leeds. - 

- Per un periodo, sì. Ma non è andata. - Spiegò Faye in fretta. - Comunque chi è la fortunata? È una che conosco? - 

Lui annuì. - La conosci, si tratta di Molly. - Svelò, accennando il primo sorriso da quando avevano iniziato a parlare. 

Faye però non sorrise affatto, anzi il suo volto mutò immediatamente in una maschera di pietra senza nessuna espressione. Il modo in cui lui aveva pronunciato il nome dell’altra l’aveva colpita come un violento schiaffo.

Molly Weasley, la ragazzina irritante di cui ai tempi non doveva assolutamente preoccuparsi, aveva preso il suo posto e a quanto pare aveva reso Janus parecchio felice.

- Questo è… davvero... - Si sforzò di dire, anche se una gelosia mai provata prima le stava dilaniando le viscere. - Tu e Molly… wow. Ricordo quando tentavi in tutti i modi di farmi credere che lei non ti piacesse. Eri così convincente, con tutti i tuoi “è solo una ragazzina, non preoccuparti”. -

- Mi sembra inutile dover sottolineare che è passato tanto tempo e che le circostanza sono totalmente diverse. - Ribadì Janus, tornando alla distanza di un attimo prima. 

- Lo so, è tutto diverso ormai. - Disse duramente Faye. 

Janus, incapace di sostenere ancora lo sguardo di lei, abbassò gli occhi su uno dei tanti libri esposti sullo scaffale. Lei invece continuò a fissarlo con rabbia. 

Notò che i capelli di lui erano molto più corti di quanto non fossero mai stati, ma abbastanza lunghi da incorniciare quel suo bel viso che un tempo conosceva a memoria. Seguì il percorso del suo profilo, dal naso dritto alle labbra, dalle labbra al mento su cui cresceva una barba rada ancora un po’ adolescenziale, che probabilmente era troppo pigro per farla sparire. Vide i vestiti da babbano sotto al mantello e si chiese se sotto tutti quegli strati di tessuto fosse ancora magro come un tempo, poi scese verso le mani e stavolta si domandò se con quelle suonasse ancora, se suonasse per Molly come una volta faceva per lei.

- Anche tu sei diverso. - Aggiunse Faye. 

- Tu invece mi dai l’impressione di essere sempre uguale. - 

Era proprio lì che si erano visti per la prima volta, quando lei era una ragazzina priva di ogni cura e di qualunque stabilità e lui un ragazzino arrabbiato con l’intero mondo. Più di vent’anni dopo, lui era guarito dalla maggior parte dei suoi dolori, ma era certo che per lei non fosse affatto lo stesso. 

- Che cosa intendi dire? - Domandò la strega.

- Niente. Lascia stare. - 

- Parla. - Ordinò Faye, inflessibile. - Cosa intendevi dire? Sentiamo. - 

- Che sei rimasta la stessa, che cosa c’è che non capisci in questo? - Sbottò Janus, alzando di nuovo lo sguardo su di lei. - Mi sembri la stessa bambina instabile di quando ti ho conosciuta in questa libreria vent'anni fa, la stessa ragazzina viziata che si è accorta di me solo quando stavi per perdermi. Il tuo tono, le tue parole… perché fai così? -

- Io non ti capisco. - 

- Tu sprizzi egoismo da tutti i pori! - Urlò Janus, facendo affiorare nuovamente quel cumulo di rabbia seppellito sotto le macerie della loro relazione. - Te ne sei andata all’improvviso e ora mi parli come se fossi io il problema tra noi due, come se il solo fatto di essere andato avanti mi abbia reso automaticamente uno stronzo! -

- Tu non ti sei solo rifatto una vita, Jan! - Sbottò lei, ad alta voce, attirando l’attenzione degli altri clienti della libreria. - Tu mi hai ripetuto per anni che ero pazza, che ero una pazza ad essere gelosa di una innocente ragazzina, della tua sorellina… e ora eccoti qua: te la sei sposata. Complimenti. -

- Quindi è questo il tuo problema? Che si tratta di Molly e non di chiunque altro? - 

- Il mio problema sei tu, sei sempre stato tu! - 

- Be’, sappi che questo tuo sentimento è ricambiato! - Ribatté lui, furente. - Se potessi tornare indietro nel tempo pregherei il me stesso undicenne di starti lontano! - 

Faye prese fiato per ribattere, quando qualcuno comparve alle spalle di lui: una donna piccola e generosa nelle forme, dai capelli rossi, gli occhiali sul naso e un mantello indosso che probabilmente era appartenuto a sua nonna. E nonostante l’avesse lasciata quattordicenne, Faye la riconobbe immediatamente. 

- Eccola qui, la signora Black. - Disse, sprezzante.

Janus sobbalzò e si voltò, ritrovandosi davanti la figura di sua moglie che stava facendo saettare lo sguardo da lui a Faye e viceversa, mantenendo un’espressione alterata in volto. 

È uno scherzo, vero?

Faye era molto più bella di come Molly se la ricordava. Era persino più sicura, e Molly si maledì perché forse quella mattina avrebbe potuto perdere un po’ più di tempo per essere più carina, più curata, avrebbe potuto usare qualche pozione per sistemarsi i capelli o avrebbe potuto scegliere vestiti migliori, qualcosa che magari le avrebbe nascosto la pancia e tutto ciò che di sé stessa non le piaceva più. 

- Cosa… - 

- L’ho incontrata per caso! - Si affrettò a dire Janus, rispondendo a quella domanda lasciata a metà. - Parlavamo di te. - 

Faye si ritrovò ad alzare le sopracciglia, sorpresa. La sua presenza nella vita di Janus aveva forse dato problemi ai due? Questo pensiero la fece sentire improvvisamente un po’ meglio, la fece sentire importante, in qualche modo potente.

- Sì, parlavamo di quando Janus ti considerava ancora solo una bambinetta strana e a tratti imbarazzante. - Disse, con un sorrisetto stampato in faccia. - Lo sai… tutte quelle lettere che gli spedivi nonostante lui non rispondesse praticamente mai. - 

Molly avvampò vistosamente e si voltò verso Janus, sperando che fosse lui a ribattere. 

- Non rispondevo perché altrimenti tu mi gridavi contro che ero un bastardo traditore. - Disse infatti lui, guardando Faye a occhi stretti. 

Faye non si scompose. - Però in un certo senso avevo ragione, visto che alla fine vi siete sposati, no? - Affermò, prima di rivolgersi a Molly facendole un altro sorriso sardonico: - Attento a quando ti dirà che qualcuna è solo un’amica, Weasley. -

Janus scosse la testa, ma non fece in tempo a ribattere che Faye domandò loro: 

- Scommetto che avete già una carrellata di bambini, vero? Una cosa molto Weasley. - 

- Una bambina. - Rispose Molly, parlando per la prima volta. - Joy… ha due mesi. - 

Faye scrutò Molly dalla testa ai piedi. - Oh, ora capisco. Ti stai ancora riprendendo, si nota in effetti. - Commentò, come se provasse pena per lei. - Sei ancora un po’ gonfia. - 

Molly non ebbe nessuna reazione.  

Si sentiva talmente da schifo, ultimamente, che quelle parole usate con quel tono non riuscirono nemmeno a sfiorarla. Non erano niente rispetto a tutto ciò che lei stessa si diceva da sola ogni singolo giorno. 

Quello doveva essere il periodo più bello della sua vita: aveva sposato l’unico che avesse mai amato e con lui aveva avuto una figlia dopo anni di attesa, era una scrittrice come aveva sempre desiderato, eppure era visceralmente infelice. Si guardava allo specchio e non si riconosceva; non riconosceva quella donna informe e perennemente stanca che le ricambiava lo sguardo, si sentiva vuota e incapace e di certo non sarebbe neppure riuscita a biasimare Janus se in quel momento avesse preferito Faye a lei.

In fin dei conti quei due erano legati da sempre. Probabilmente lui si era innamorato di lei nell’esatto momento in cui l’aveva conosciuta e se c’era una cosa che Molly aveva imparato nei suoi trent’anni di vita era il fatto che non ci si libera mai del tutto del proprio primo amore. 

Un inconsueto istinto di tirare fuori la bacchetta, o forse di prendere direttamente a sberle il bel faccino ghignante di Faye, nacque in Molly di botto, spaventandola e ricordandole il suo cattivissimo rapporto con le emozioni negative. 

- Io… ho bisogno di prendere aria. - Bofonchiò; e poi, senza aggiungere altro, girò i tacchi e sparì nella calca che affollava il negozio. 

A quel punto Janus si voltò verso Faye, scuotendo la testa deluso. - Potevi risparmiartela, lo sai? - Sbraitò, prima di lanciarsi all’inseguimento di Molly. 

- Cosa avrei detto, scusa? - Domandò l’altra, seguendolo a sua volta fuori dalla libreria. 

- Lascia stare, non puoi capire. - Sentenziò Janus, muovendo nervosamente lo sguardo lungo tutta la strada principale. Di Molly nessuna traccia, cosa che lo fece sospirare affranto. - Senti, - iniziò rivolgendosi a Faye, - sono felice che tu stia bene o qualsiasi altra cosa si debba dire in questi casi, ma adesso dobbiamo proprio salutarci. - 

- Ti aiuto a cercare la Weasley, avanti. - Sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo. 

- No, davvero, fatti da parte e lasciaci in pace. - 

Faye guardò Janus, lasciandosi sfuggire un’espressione ferita. 

Forse lui la odiava davvero… 

- Mi dispiace. - Gli disse, più seria di quanto non fosse mai stata. 

- Per cosa? - 

- Per tutto. - 

Lui rise senza nessuna allegria. - Tutto cosa? Per avermi lasciato dopo dieci anni senza nemmeno darmi una spiegazione portando via con te anche il nostro gatto? Oppure per aver fatto scappare mia moglie facendo la stronza? - 

- Ti prego, non chiamarla così. - 

- Perché no? L’ho sposata un giorno di giugno di quasi cinque anni fa e lo rifarei un altro milione di volte. Non so cosa ti aspettavi di trovare dopo tutto questo tempo, ma le cose stanno così. Vedi di fartene una ragione. - 

Faye gli rivolse uno sguardo duro. Lo guardò con rabbia, irritazione, forse disgusto, e poi infine con tristezza. Il suo viso si rilassò di botto, quasi afflosciandosi verso il basso, le sue labbra si piegarono e il suo sguardo si accigliò, poi tirò su con il naso e infine annuì. Le veniva da piangere, ma si sarebbe fatta uccidere piuttosto che farsi sfuggire anche una singola lacrima. 

Era finita e lui glielo aveva sbattuto in faccia senza nessuna pietà. 

- Con lei sei felice, Jan? - Domandò con voce soffocata, avvertendo lo strano impulso di saperne di più, di scavare nel loro rapporto per ricavarne un po’ di sofferenza. - Lei è migliore di me in tutto quanto? - 

- Non è questo il punto. - Rispose lui. 

- E allora qual è? - 

- Che Molly è fatta per me e io sono fatto per lei. - Spiegò Janus. - Vogliamo le stesse cose, ci piacciono le stesse cose, abbiamo degli obiettivi comuni… mentre io e te avevamo sogni diversi e litigavamo di continuo. - 

Faye accennò un sorriso triste. - Però dopo ci davamo dentro e le cose si risolvevano. - 

- Per poi litigare per lo stesso motivo due giorni dopo. - 

Lei scrollò le spalle. - Comunque facevi pietà a letto. - Disse.

Janus la guardò indignato.

- Sul serio, credo di aver finto proprio sempre. - Aggiunse Faye, usando un tono molto serio, prima di mettersi a ridere. - D’accordo, non proprio sempre sempre. Forse solo per il primo anno o giù di lì, dopo per mia fortuna hai imparato. - 

- Io invece detestavo fare quelle cose strane. Mi sentivo in imbarazzo. - 

- Per te era strano anche farlo in luoghi diversi dalla camera da letto. - Sottolineò lei, alzando gli occhi al cielo. - Povera Molly. - 

- Ti assicuro che lei non ha proprio nulla da lamentarsi… e poi non sono affari tuoi, questi. - Sbraitò lui, un po’ irritato e un po’ imbarazzato. - Stiamo perdendo tempo, io devo cercarla. - 

Faye sospirò e poi prese a scrutare la folla che si aggirava per la via o che sostava davanti alle vetrine addobbate dei negozi. Poi, molti metri più in là, poco distante dal Serraglio Stregato, vide spuntare una testa rossa tra i passanti. Molly stava accarezzando con aria triste un gatto nero seduto accanto all’entrata del negozio.

- Eccola lì, non te la sei persa. - Purtroppo. 

Janus non si prese nemmeno la briga di rispondere, ma si mosse immediatamente nella direzione indicata da Faye, che invece rimase lì impalata. 

Rimase a guardare senza muovere un dito mentre l’unica persona che fosse mai stata importante nella sua vita correva verso un’altra donna. Lo vide abbracciare Molly e immaginò la loro conversazione: probabilmente lui le stava dicendo che l’amava, che era l’unica e che non aveva nulla da temere, proprio come tante altre volte aveva fatto lei, durante tutti quei momenti in cui aveva tentato di autosabotarsi e di rovinare tutto come poi aveva effettivamente fatto. 

Era troppo, questo era troppo anche per la sua voglia di farsi del male. 

Faye ebbe la sensazione di avere il cuore stritolato da una morsa infame e senza nessuno scrupolo, e prima che uno di quei due si voltasse a guardarla, si smaterializzò, sparendo nel nulla. Sparendo dalla vita di lui ancora una volta. 

- Ho avuto paura che te ne fossi andata via. - Disse Janus, tenendo stretta la mano di Molly come per paura che scappasse.

- Volevo solo evitare di prenderla a schiaffi o a schiantesimi. - Ribatté Molly, con aria dura. - Me la ricordavo meno orribile. - 

- Sai, sarebbe stato divertente assistere a un duello a mio nome. -

Lei lo guardò male. - Il tuo ego ne sarebbe stato entusiasta. - Disse, e poi si accigliò. - Però lei ha ragione… - 

- Su cosa? - 

Molly fece una faccia eloquente, come per dire “be’, guardami, faccio schifo”. 

- Polly, no. - Disse Janus, capendo al volo. - Non provare a parlare male di te davanti a me, perché non posso proprio accettarlo. - 

Molly si limitò a mugugnare. 

- Lo so cosa pensi di te stessa ultimamente. - Proseguì lui, guardandola negli occhi. - Ma io vorrei solo che tu capissi quanto in realtà sei bella e anche quanto mi manchi. -

Lei lo guardò senza capire. - Ma sono qui. - 

- Lo so. Ma mi manca toccarti e averti vicina. - Mormorò Janus, sfiorandole il volto.

Molly arrossì e poi si guardò attorno imbarazzata. No, non era proprio il caso di lasciarsi andare in effusioni nel pieno centro di Diagon Alley. Tuttavia anche lei sentiva la sua mancanza nonostante il macigno di timori che la tenevano bloccata. 

- Se andiamo a Grimmauld Place non rischiamo di imbatterci in tuo padre, come quella volta, anni fa, vero? - Domandò timidamente Molly.

- Direi proprio che non c’è pericolo, no. - Assicurò Janus.

- Bene. Allora andiamo. - 

Lui esitò e poi annuì di fretta. 

Molly lo prese per mano e, incamminandosi verso l’uscita di Diagon Alley, Janus rivolse uno sguardo fugace al punto in cui aveva lasciato Faye poco prima, notando che lei non c’era più. 

Non c’era più.



 

In questo periodo di grande crisi creativa scrivo queste one shot giusto per tenermi allenata in attesa di qualcosa di meglio. Ad ogni modo devo dire che la prima parte di questa mi garba abbastanza, mentre la seconda un po’ meno ma mi accontento di un risultato decente, per questa volta. 

Ad ogni modo… chi non ha un “Bruno” nella sua vita? Il Bruno di Janus è Faye e un Bruno per essere tale deve gettare la sua minacciosa ombra sulle cose, e quindi eccoci qui. 

Alla prossima!

J.

   
 
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