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Autore: C_Totoro    09/03/2023    2 recensioni
Lord Voldemort ha ripreso il proprio corpo e l’Ordine della Fenice è pronto a contrastarlo di nuovo, esattamente come quattordici anni prima. Una nuova minaccia, però, si risveglia nelle terre irlandesi ed è qualcosa che non può essere combattuta né da Silente né da Voldemort: è necessario unire le forze, solo una commistione di Magia Bianca e Magia Nera sarà potente abbastanza. Inizia così una convivenza forzata a Grimmauld Place numero 12, dove nascerà un’amicizia e un’alleanza improbabile: quella tra Molly Weasley e Tom Riddle.
AVVERTIMENTI: è una storia che ho scritto per ridere, pur tentando di rimanere nell’IC il più possibile, con queste premesse è evidente che sia ardua impresa, ed è il motivo per cui ho messo OOC.
Genere: Azione, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Molly Weasley, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Bella non ricordava quando era stata l’ultima volta che aveva potuto fare una passeggiata all’aria aperta. Si guardava intorno come una bambina, affascinata da qualsiasi cosa, anche dalle diavolerie babbane che sfrecciavano sulla strada.
Il Signore Oscuro, dopo aver trasfigurato le loro vesti da mago e strega in abiti babbani, l’aveva afferrata per un braccio e condotta fuori da Casa Black per poi smaterializzarsi immediatamente con un sonoro schiocco. Bella aveva imparato a non porre mai domande al suo Padrone. Per quanto fosse curiosa di capire di più, di sapere dove stessero andando, camminava in silenzio qualche passo dietro a Voldemort osservandone il profilo di spalle: era incredibile come il suo Signore la facesse impazzire anche così, vestito da Babbano. Bellatrix doveva ammettere che il Signore Oscuro era sempre oculato anche nella scelta degli abiti babbani: era ogni volta molto elegante e, quella mattina, era vestito con un completo nero che slanciava ancora di più la sua alta figura e Bella non poteva fare a meno di pensare che fosse più attraente che mai.
“Non rimanere indietro, Bella” la richiamò lui, voltandosi leggermente per spronarla a stare al passo. Bella si riscosse e aumentò l’andatura. Si erano smaterializzati in un paesino di campagna che, in qualche modo, le risultava familiare. Perché erano lì? Era sicura che il Signore Oscuro avesse parlato di provare il sigillo runico e, di certo, non potevano farlo nel bel mezzo di un paesotto babbano? Aumentò il passò e si affiancò a Voldemort. Lo guardò sottecchi in viso e si accorse di come avesse trasfigurato anche i suoi tratti: non aveva né l’aspetto serpentesco che lei tanto amava né l’aspetto da ragazzo ventenne che invece scombussolava quella Molly Weasley; quello che aveva in quel momento doveva essere l’aspetto che avrebbe avuto se solo non si fosse contaminato con le Arti Oscure: radi capelli brizzolati, occhi scuri penetranti… Bella si sentì subito estremamente eccitata.
“Rimani concentrata” la riprese subitaneamente Voldemort in un sibilo sommesso. Bella annuì, distratta. Su cosa doveva rimanere concentrata?
“Dove stiamo andando, Padrone?” domandò remissiva, estasiata. Si emozionava sempre quando Voldemort la portava con sé mettendola a parte dei suoi piani, dandole fiducia. Voldemort le lanciò una rapida occhiata e Bella vi lesse subito dubbio e disagio. Chinò il capo e rimase in silenzio, sapeva che se avesse voluto parlarle lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà: era un uomo facile da indisporre e Bella aveva imparato che con lui il silenzio e il rispetto delle sue tempistiche erano fondamentali. Gettò di nuovo lo sguardo attorno e prese un profondo respiro mentre l’aria frizzante del mattino le accarezzava il viso. Era così felice di essere all’aperto che si sarebbe messa a saltellare. Quando era stata liberata da Azkaban non aveva capito che le sarebbe aspettata una nuova prigionia a Grimmauld Place numero dodici ma, alla fine, finché era con il suo Padrone, sarebbe anche potuta rimanere chiusa in un baule e le sarebbe andato bene. Tuttavia, il rapporto con il Signore Oscuro era cambiato, diverso da come lo ricordava e, quelle ultime settimane, sebbene vissute insieme al suo Signore, erano state tremende, quasi un inferno. Lo sguardo di Bella venne all’improvviso catturato dalla villa che torreggiava sulla collina lì vicino, a pochi passi dal paese.
“Casa Riddle?” sussurrò sorpresa, spostando di nuovo tutta la sua attenzione verso Voldemort. Lo vide corrugare le sopracciglia e poi farle un rigido cenno di assenso “Ma non è lì che siamo diretti”. Bella si morse le labbra, era curiosa e, ogni volta che Voldemort le mostrava una parte inedita di sé, qualcosa del suo passato, si agitava sempre, emozionata. Era sicura non esistesse nessun’altra persona al mondo con cui Voldemort si fosse aperto come faceva con lei… anche se, ultimamente, con quella Molly Weasley…
“Ricorderai che la donna che mi ha messo al mondo era una strega” le disse Voldemort mentre prendeva un sentiero che risaliva dolcemente su per la collina.
“Sì, mio Signore… discendente di Salazar Serpeverde” annuì Bella. Per qualche strano motivo, Voldemort le sembrava sempre più a disagio. Ma sua madre era una strega Purosangue, no? Così le aveva sempre detto…
“Esatto” Voldemort si schiarì la gola e Bella si accorse come stesse accuratamente evitando di guardare nella sua direzione. Cos’era a metterlo così in imbarazzo? Lo vide sospirare “Di cognome faceva Gaunt”.
“Una delle Sacre Ventotto” assentì Bellatrix, rincuorata da quelle parole. Per dei bizzarri motivi che Bella non aveva mai compreso, Voldemort si era sempre ben guardato dal rivelarle il cognome della famiglia della madre anche se, effettivamente, Bellatrix aveva intuito come Voldemort, in realtà, si ritenesse senza famiglia. Difficilmente faceva riferimento alle persone che lo avevano messo in vita definendole “genitori” o “mamma e papà”, l’unica persona che nominava spesso e volentieri era Salazar Serpeverde…
“Una delle Sacre Ventotto” ripeté Voldemort a mezza voce mentre svoltava una curva e si ritrovavano di fronte a una catapecchia malandata. A dir la verità, assomigliava quasi più a una capanna che non a una vera e propria casa. Metà del tetto era stato scoperchiato, le finestre avevano i vetri rotti, assi annerite, e per metà era seminascosta da della folta vegetazione. Il primo aggettivo che venne in mente a Bella vedendola fu squallido.
“Una delle Sacre Ventotto che, come puoi ben vedere, ha perso la sua dignità”.
Bella arrestò il passo, basita. Quella era stata la casa dei Gaunt? Degli eredi di Salazar Serpeverde? Le venne il voltastomaco e, immediatamente, cercò di schermire la propria mente perché, lo sentiva, si stavano formando dei pensieri che avrebbero indisposto il suo Padrone oltre ogni dire.
“Cosa c’è, Bella?” le domandò Voldemort voltandosi verso di lei non appena si accorse che si era fermata qualche passo dietro di lui. Bella scosse la testa cercando di levarsi dalla mente certi pensieri.
“Nulla, mio Signore” rispose prontamente chinando un poco il capo e raggiungendolo “Sono solo sorpresa”.
Sentì Voldemort ridacchiare e Bella rialzò lo sguardo.
“Sì, anche io ne sono rimasto deluso la prima volta che sono venuto qua” le disse Voldemort mettendole una mano intorno alla vita e sospingendola avanti “Anni di ricerche per capire chi fossero i miei parenti, chi fosse la famiglia da parte di madre per poi trovare… questo” calcò con forza sull’ultima parola accennando con un gesto svogliato della mano alla catapecchia di fronte a loro “Questa è la fine che ha fatto l’eredità di Serpeverde” concluse con voce piatta e piena di sdegno mentre saliva lentamente i gradini del patio. Bella si accorse di come la porta fosse incorniciata da cadaveri di serpenti ormai essiccati da tempo immemore. Erano inchiodati alla porta in segno, forse, come macabro benvenuto.
“Mio Signore, siete voi l’ultimo Erede di Serpeverde e non esiste persona migliore e più degna di voi per portare a termine la sua nobile opera”.
Voldemort le rivolse uno dei suoi mezzi sorrisi e Bella si sentì liquefare all’istante.
“Hai sempre la parola perfetta al momento giusto” le sibilò chinandosi sul suo orecchio per poi ammiccarle “Devo entrare per controllare una cosa” le disse facendosi incredibilmente serio, “Tu rimarrai qua fuori, dovesse arrivare qualcuno, avvertimi”.
“Non proviamo il sigillo, Padrone?”
“Faremo anche quello, a tempo debito. Prima devo risolvere alcune… faccende”.
Bella s’inchinò mentre Voldemort spariva all’interno di quella lugubre dimora. Avrebbe voluto seguirlo perché era estremamente curiosa di cosa dovesse fare in un posto tanto squallido: che cosa nascondeva quella casa?
Distrattamente pensò a come la Casa dei Gaunt – una famiglia purosangue – fosse più imbarazzante e diroccata di Casa Riddle – una famiglia babbana – ciò era a dir poco inaccettabile. Si costrinse a fare un altro profondo respiro e a liberare la mente da tutte quelle elucubrazioni mentali; quando il suo Signore l’avrebbe richiamata a sé non avrebbe dovuto trovare traccia di quei pensieri e sentimenti: lo avrebbe indisposto e ciò non doveva accadere per nessuna ragione al mondo. Le metteva sempre una certa angoscia constatare come il vissuto suo e del suo Signore fossero tremendamente diversi e, il pensiero di tutta la sofferenza che doveva aver provato l’Oscuro Signore, le faceva provare un dolore sordo al livello del petto. Poi, non appena pensava che quella Molly Weasley si fosse avvicinata al suo Padrone proprio a causa di quella sofferenza, il dolore sordo si trasformava in una furia cieca. Cosa poteva saperne quella rossa del malessere che provava il suo Signore? Lo “conosceva” da sì e no un paio di mesi e si fingeva esperta…
All’improvviso, il Marchio di Bella andò a fuoco come il giorno in cui il suo Signore gliel’aveva impresso sul braccio sinistro. Bellatrix si volse di scatto e, senza pensarci due volte, aprì la porta della catapecchia. Era una stanza lugubre, se possibile, ancora più decadente e diroccata dell’esterno. Ogni superficie era ricoperta da uno spesso strato di polvere tanto che, sul pavimento, si vedevano le impronte lasciate dall’Oscuro Signore. Bella fece saettare lo sguardo intorno: pentole e padelle incrostate erano ammassate in un angolo vicino a quella che, una volta, doveva essere stata la cucina. Un divano consunto capeggiava addossato a una parete, della sterpaglia si era fatta spazio tra le assi del pavimento. La casa era pregna di umidità, un’umidità che entrò immediatamente nelle ossa di Bella ricordandole spiacevolmente Azkaban.
“Mio Signore?” chiamò piano Bella, una nota d’urgenza mista ad angoscia nella voce.
“Sono qui” rispose prontamente Voldemort.
Bellatrix fece qualche passo avanti e seguì le orme sul pavimento che portavano nella stanza a fianco e vi entrò esitante; un letto a baldacchino – le cui tende erano strappate e grigie dalla polvere – era nel centro della stanza, il materasso era in uno stato talmente pietoso che Bella pensò dovesse essere pieno di cimici e chissà quali altri disgustosi insetti.
“Benvenuta nella dimora della nobile e antichissima casata dei Gaunt” le sibilò canzonatorio Voldemort sorprendendola da dietro e cingendole la vita. Bellatrix, colta alla sprovvista, sussultò.
“Hai paura di me, Bella?” le mormorò mentre passava la lingua sul suo orecchio “Ti ho spaventata?”
Bellatrix sentiva chiaramente l’erezione di Voldemort premerle contro le natiche. Il suo petto si alzava e abbassava senza contegno, non poteva più resistere, non desiderava altro che quello da ormai non sapeva più neanche quantificare quanto.
“No, Padrone” rispose con voce roca “Non ho paura di voi”.
Voldemort le fece una risatina dolce all’orecchio poi la fece voltare con violenza e, solo sentire le dita forti del suo Signore affondare nelle sue braccia, la fece eccitare oltre ogni immaginazione.
“No, eh?” la canzonò ancora “Non hai paura del Signore Voldemort?”
“I sentimenti che mi incute… il Signore Voldemort sono ben diversi dalla paura”
Il ghigno di Voldemort si fece più marcato, una luce divertita danzava nei suoi occhi, non c’era più traccia della preoccupazione da cui era stato assillato fino a qualche minuto prima, prima che entrassero in quella sudicia casa. Qualunque risposta cercasse da quel posto, doveva essere stata positiva…
“Decisamente positiva” assentì Voldemort chinandosi sul collo di Bellatrix e mordendoglielo con foga. Voleva lasciarle più segni possibili, tutti dovevano vedere i suoi marchi su di lei, Bella era una sua proprietà e ogni persona doveva esserne a conoscenza. Era sua e solo sua…
“Forse dovresti dimostrarmi che sentimenti ti incute Lord Voldemort, Bella” la invitò lui mentre con la lingua risaliva dal collo fino alle sue labbra per poi impossessarsene brevemente. Le mani di Bella scattarono in modo repentino verso la cintura e i suoi pantaloni. Non aveva mai aperto una cintura, non aveva mai sbottonato un paio di pantaloni. Bellatrix armeggiò per qualche istante con quegli indumenti babbani a lei sconosciuti ma, più tentava di venire a capo di quell’enigma, meno successo aveva. Non riusciva a capire come potesse liberare il suo Padrone da quelle cose e, per di più, i baci dell’Oscuro Signore, la stavano oltremodo distraendo.
“Cosa c’è, Bella, non sei abbastanza motivata?”
La mano del Signore Oscuro si fece strada sotto il suo vestito con un movimento fluido veloce,  sentì le sue dita fredde venire a contatto col sesso bollente e il suo cervello smise di funzionare. Emise un gemito forte, privo di freni inibitori. Le avrebbe dato ciò che voleva, dopo tutti quegli anni? Sentiva il suo cuore nel petto battere talmente veloce che Bella pensò che presto sarebbe uscito dal proprio petto. Voldemort sapeva toccarla sempre con una sapienza inaudita, conosceva ogni punto erogeno, ogni suo vezzo. Neanche lei sapeva toccarsi e darsi piacere con la stessa maestria del suo Signore.
“È perché mi appartieni” le sussurrò contro le labbra gonfie e martoriate “Appartieni a me, Bella e quindi è ovvio io ti sappia toccare meglio di chiunque altro… meglio di te…” s’interruppe perché Bella, che aveva rinunciato ad aprirgli i pantaloni, aveva iniziato a toccarlo da sopra la stoffa. Voldemort si morse le labbra cercando di reprimere un gemito, avrebbe voluto sentire la mano di Bellatrix direttamente sulla sua pelle calda e turgida. Con un ringhio, si liberò della presa di Bellatrix e fece un passo indietro, l’afferrò per le cosce e la tirò su, prendendola in braccio. Istantaneamente le gambe di Bella si andarono ad allacciare intorno alla sua vita; Voldemort riprese a baciarla con foga e prepotenza mentre le mani di Bella s’intrecciavano dietro alla sua nuca. Possibile la desiderasse così tanto? Possibile che dopo tutti quegli anni all’idea di farla sua si… emozionasse a quel modo? Era ridicolo, eppure, quella strega, sembrava essere come una droga: appena ne aveva un assaggio non riusciva più a smettere di prenderla e farla sua. La fece ricadere con un tonfo sordo sul materasso e si posizionò sopra di lei mentre con una mano si slacciava frettolosamente la cintura e si sbottonava i pantaloni. Non era così che si era immaginato la loro prima volta dopo tutti quegli anni. C’erano così tante altre cose che avrebbe voluto farle prima di affondare in lei… avrebbe voluto vederla inginocchiata di fronte a sé mentre gli dava piacere con la bocca, avrebbe voluto sculacciarla con così tanta forza da farle arrossare le natiche e non farla sedere per diversi giorni, avrebbe voluto legarla e giocare con lei…
Padrone
La voce di Bella era intrisa da talmente tanta urgenza che Voldemort si ritrovò impossibilitato a resistere oltre. Entrò in lei con un colpo secco e subito la sentì schiudersi intorno a lui. Una parte di lui avrebbe voluto iniziare a muoversi in modo forsennato ma la sensazione di umido e calore che gli stava regalando il sesso di Bella era qualcosa di meraviglioso e inebriante. Rimase fermo a godersi la sensazione delle contrazioni dei muscoli di Bella, il modo in cui i loro sessi sembravano pulsare all’unisono. Sentì le gambe di Bellatrix stringersi con più forza intorno ai suoi fianchi e Voldemort sprofondò in lei ancora di qualche centimetro. La vide ribaltare gli occhi all’indietro in preda a un piacere intenso ed estatico. Catturò ancora una volta la bocca della strega e fece scivolare la lingua tra le sue labbra, la sentì sorridere felice e Voldemort non riuscì a trattenere un sorriso a sua volta.
Prese a scivolare in lei con movimenti forti e decisi ma, in qualche modo, a Bella risultavano addirittura dolci. Non poteva credere di essere diventata di nuovo un tutt’uno con il suo Signore, dopo tutti quegli anni, dopo tutto quel tempo, quell’attesa… non si erano neanche presi la briga di spogliarsi, Bella sentiva la fibbia della cintura del suo Padrone affondare in una natica, i movimenti di entrambi leggermente impacciati dai vestiti… ma non aveva importanza, perché non poteva esistere nulla di più perfetto di quel momento.
 
“Bellatrix, mi stai ascoltando?”
Bellatrix sobbalzò e cercò di riportare la sua attenzione sul Signore Oscuro seduto di fronte a lei. Non le capitava spesso di non concentrarsi su di lui quando erano insieme ma… come poteva? Come poteva tornare alla realtà dopo l’amplesso che avevano avuto neanche un’ora prima?
“Perdonatemi, mio Signore” mormorò Bellatrix distogliendo lo sguardo dalle onde del mare e posandolo sugli occhi scuri e profondi di Voldemort “è solo che… sono ancora… scossa” arrossì e abbassò lo sguardo. Per quale motivo si sentiva così imbarazzata? Sentì Voldemort sbuffare “Ti perdono” le disse “Ma solo perché mi rendo conto che fare sesso con me sia sempre un’esperienza trascendentale”.
Bellatrix sorrise e tornò a perdersi tra le onde del mare.
Erano sulla terrazza di un ristorante che dava sul mare, a Brighton. Il sole splendeva alto in cielo ed era una bellissima giornata di agosto, neanche il fatto di essere in un ristorante babbano circondata dai Babbani poteva scalfire il buon umore di Bella.
Ho fatto di nuovo l’amore con il Signore Oscuro…
Lo sentì sbuffare un’altra volta e Bella batté le palpebre.
Ho fatto di nuovo sesso con il Signore Oscuro…
“Meglio” commentò lui tamburellando distrattamente sul tavolo.
“Come mai siamo qua, mio Signore?” chiese Bellatrix cercando di concentrarsi e non perdersi nel ricordo di quegli affondi poderosi e tutti quegli orgasmi che l’avevano colta per minuti interminabili…
“Devo controllare una cosa anche qua” le rispose con un tono di voce piatto “In una caverna”.
Gli occhi di Bellatrix si illuminarono “Una caverna magica?”
Uhm
Bellatrix sorrise, non ricordava di essere mai stata più felice.
“Mio Signore, vi ringrazio” gli disse allungandosi verso di lui “Erano anni che aspettavo…”
“Anche io” la interruppe lui, senza guardarla. Bella si sentì avvampare. Prima, finalmente dopo settimane insieme, la prendeva e la faceva sua e poi ammetteva che anche lui aveva pensato per anni al momento in cui avrebbero potuto fondersi?
“Basta, Bellatrix. Finiscila d’indugiare su certi pensieri” la riprese lui con aria bonaria “Finisci di mangiare il tuo fish and chips, piuttosto”.
Bellatrix sbuffò come una bambina capricciosa e Voldemort alzò gli occhi al cielo “Non tirare la corda, perché sai che poi si spezza e finisce sul tuo culetto…”
Oh mio Signore!
“Basta così”
Bellatrix si morse le labbra e cercò di trattenersi, sapeva che la pazienza del suo Signore aveva un limite e lei era lì lì per oltrepassarlo.
“Dopo quest’ultima gita alla caverna, proveremo il sigillo” le spiegò Voldemort con fare discorsivo mentre Bella riprendeva a sbocconcellare il suo piatto di fish and chips “Ti senti pronta?”
“Credo di sì, Padrone” annuì Bellatrix “Sono convinta delle rune che ho scelto”
“Io no” rispose Voldemort aggrottando le sopracciglia e Bella mise il broncio “Bisogna bilanciarle, hai lavorato molto bene sulla parte Oscura… ma l’incantesimo che stiamo creando è una commistione di Arti, tutto deve lavorare in sinergia, come se fosse un unico organismo. Manca qualcosa a questo sigillo ma, finché non completeremo l’incantesimo, temo che quello che hai fatto sia il lavoro migliore che ci si potesse aspettare” completò facendo tintinnare il suo calice di champagne con quello di Bella per poi berne un sorso. Bellatrix sorrise soddisfatta “Credete ce la faremo?”
“Certo, Bella” rispose Voldemort prontamente “Non esiste che io muoia”
“Cosa accadrà una volta che avremo sconfitto i Druidi, Padrone?”
Voldemort fece oscillare il liquido color oro nel calice scrutandolo attentamente, poi ne bevve ancora un sorso mentre il suo sguardo si spostava sulle onde del mare. Era sempre strano per lui tornare a Brighton. Ci aveva passato così tante estati da averne perso il conto eppure, essere su quella veranda in riva al mare con Bella, gli metteva addosso tranquillità. Solitamente odiava perdere tempo in attività tanto sciocche quanto inutili come dormire e mangiare ma la verità era che, dopo essere stato a contatto con quella Molly Weasley, in qualche modo bizzarro, aveva capito l’importanza di pasteggiare insieme: creava legami e lui aveva necessità di ritrovare e rinsaldare il suo legame con Bellatrix. La presenza di Andromeda era stata decisamente rinfrancante per la sua strega ma non gli era di certo sfuggito come, i netti miglioramenti, li avesse sempre avuti ogni qualvolta lui si avvicinasse a lei, dandole un po’ più di spazio nella sua vita. E, proprio come dormire con lei era stato rassicurante e gli aveva donato nuove energie, quel pranzo stava rianimando, in modo non chiaro e confuso, il suo essere mutilato. Non capiva e, a ben vedere, neanche voleva indagare troppo: l’importante era il risultato. Fece un sospiro e chiuse gli occhi cercando di concentrarsi sul pensiero di Bella seduta di fronte a lui e non sui ricordi, le punizioni che gli impartiva la signora Cole, gli abusi, il dolore, l’umiliazione
“Che cosa vorresti accadesse?” le chiese riaprendo gli occhi e passandosi una mano sulla tempia per poi massaggiarsela piano con i polpastrelli. Bellatrix gli sorrise, non la vedeva così serena, raggiante e in pace con sé stessa da una vita.
“Uccidere la cagna rossa”
Voldemort scoppiò a ridere “Perché ce l’hai così tanto con Molly?” le chiese appoggiando i gomiti sulla tavola e mordendosi il labbro inferiore.
“Perché voi invece non ce l’avete con lei?”
Voldemort alzò le spalle “È una strega purosangue, non mi ha fatto nulla di male”
Bellatrix affondò la forchetta in una patata fritta con tanta energia da muovere il piatto in avanti.
“Vi piace?”
“Sai essere davvero sciocca quando vuoi, Bella” rispose lui scuotendo la testa. Come poteva pensare che fosse interessato a Molly Weasley? Quella donna non aveva nulla, nulla, che potesse essere ritenuto sexy o seducente. Al di là dall’aspetto fisico, il vero problema era il carattere e la poca propensione alle Arti Oscure. Cosa se ne sarebbe fatto di una strega di quel tipo al suo fianco?
“Perché allora non mi consentite di ucciderla?”
“Non ti ho detto che non potrai ucciderla” rispose prontamente Voldemort “Mi stavo solo domandando per quale motivo la detestassi così tanto, quale torto ti avesse fatto”
“È entrata in intimità con voi” mugugnò Bellatrix senza guardarlo in faccia.
“Sei gelosa?”
Vide le gote di Bellatrix arrossarsi così tanto da diventare di color vermiglio. Ogni tanto Voldemort si dimenticava che di fronte aveva una donna di quarant’anni e non più la ragazzina che aveva conosciuto anni addietro ma le reazioni di Bella, spesso e volentieri, sapevano essere così infantili da farlo sogghignare divertito. Evidentemente, Azkaban aveva come fermato lo sviluppo di Bella che, in alcune circostanze, continuava a mettere in mostra quel lato infantile, viziato e capriccioso che le era sempre stato proprio.
“Non ne hai motivo” decise di rassicurarla “A meno che tu non voglia cucinare dei muffin con me perché, sappilo Bella, in quel caso non saresti la mia prima scelta”.
“Diventerò la vostra prima scelta anche in cucina!” esclamò Bellatrix rialzando lo sguardo fiera e raddrizzando le spalle “Non esiste che voi possiate preferire Molly Weasley a me, qualunque sia il motivo”.
Voldemort ridacchiò e posò il mento sulle mani osservando attentamente Bellatrix. Quando credeva di aver scoperto tutto di quella strana creatura, ecco che mostrava ancora un altro lato inedito.
“Mettiti d’impegno, la tua è un’abile avversaria” la sfidò alzandosi in piedi e facendole cenno di seguirlo, lasciò delle banconote sul tavolo poi uscì dal locale seguito da Bellatrix.
“Ricordo di qualche estate passata qua a Brighton” disse Bellatrix dopo qualche minuto di silenziosa passeggiata “Ma mai in questa parte…”
“Nella parte babbana, intendi?”
Bellatrix annuì.
Voldemort sospirò e lasciò cadere il discorso. Non aveva nessuna intenzione di farsi compatire da quella strega purosangue, da lei e dalla sua infanzia vissuta nel mezzo della magia, rituali magici, opulenza e sfarzo. Per quel giorno, Bellatrix aveva visto abbastanza. Era pur vero che, tutte le volte che Voldemort si era esposto con lei, Bella non aveva mai fatto una piega. Quel suo essere sempre presente, nonostante tutto, anche silenziosamente, alle volte lo metteva a disagio e, il pensiero di quell’attacco di panico che aveva avuto qualche settimana prima, il modo in cui si era aggrappato a lei… indurì la mascella e aumentò il passo, adirato con sé stesso per quell’attimo di debolezza. Come era potuto accadere?
“Padrone…”
Voldemort la ignorò, sempre più irato. Forse doveva rispedirla a Grimmauld Place e farla finita lì, non aveva di certo bisogno di lei per affrontare la caverna. Anzi, non aveva bisogno di lei per affrontare alcunché. Non ne aveva mai avuto bisogno e non avrebbe di certo iniziato in quel momento a fare affidamento su quella strega da quattro soldi… con un piccolo singulto si rese conto di non poterla rispedire a Grimmauld Place. Il sigillo, dovevano provare quel maledetto sigillo…
Arrestò la sua marcia davanti a un’agenzia di viaggi e, senza aspettare che Bellatrix lo raggiungesse, vi entrò svelto.
Bellatrix arrivò trafelata fuori dall’agenzia. Vide l’Oscuro Signore entrare con passo deciso senza aspettarla e quindi Bella rimase fuori, esitante, senza sapere cosa fare. Seguirlo all’interno? Oppure attenderlo fuori? Lo vide sedersi e vide anche il viso di quella Babbana laida illuminarsi alla vista del suo Signore. Bellatrix sentì il sangue ribollire nelle vene. Perché il Signore Oscuro le faceva questo? Lo vedeva il modo affabile con cui interagiva con quella sciocca Babbana, stava flirtando? Si sarebbe messa a piangere. Anzi, sarebbe voluta entrare e cruciare quella schifosa Babbana fino a quando il cuore non le si fosse fermato per il troppo dolore. Dolore insopportabile, come quello che stava provando lei in quel momento. Rimase fuori in attesa per dei minuti che per lei sembrarono interminabili. Poi, Voldemort uscì e le rivolse di nuovo quello sguardo sprezzante che aveva imparato a conoscere così bene ma che non le aveva rivolto per tutta la giornata, che cosa aveva sbagliato? Non capiva. Era stato tutto così bello e perfetto, tutto così speciale da sembrare… incredibile… un sogno.
“Perché non sei entrata?” le chiese aggredendola come uscì dall’agenzia.
Bella si ritrasse un poco “Ho pensato…”
“Ah, ecco cos’è successo” commentò Voldemort faceto mettendosi le banconote babbane nella tasca dei pantaloni e i biglietti aerei nella tasca della giacca “Tu hai pensato, ecco cos’è successo” le sibilò velenoso. Bella non fece in tempo ad aprire bocca, giustificarsi, che si sentì afferrare con forza e poi venne avvolta dalla consueta sensazione della smaterializzazione.
Come i piedi di Bella toccarono per terra sentì la presa del Signore Oscuro allentarsi, fino a quando non la lasciò andare completamente. Bellatrix riaprì gli occhi mentre una folata di vento le scompigliava i capelli e faceva danzare il vestito intorno alle sue gambe. Si guardò intorno. Erano su una scogliera, da una parte una distesa infinita di prato verde, dall’altra una distesa infinita di mare blu. Avrebbe voluto chiedere dove fossero ma le era evidente che, per qualche motivo, l’umore di Voldemort fosse repentinamente cambiato. Si strinse le braccia al petto e rimase ferma e immobile ad attendere qualsiasi ordine il suo Signore avesse deciso di impartirle.
“Proviamo il sigillo” le ordinò con voce dura e priva di inflessioni. Bella alzò lo sguardo su di lui aggrottando le sopracciglia. Aveva capito che prima sarebbero dovuti andare in una caverna…
“Hai qualcosa da ridire?”
“No, mio Signore. Tutto ciò che desiderate, sono a vostra disposizione” rispose prontamente Bellatrix inginocchiandosi e iniziando a preparare le rune. Con la coda dell’occhio vide Voldemort disfarsi della giacca per poi arrotolare le maniche della camicia sotto i gomiti. Sul suo braccio sinistro svettavano diverse cicatrici ma Bella si sforzò di non prestarvi attenzione, d’ignorarlo e concentrarsi sul suo compito: era di fondamentale importanza che, quelle rune, funzionassero per lo meno con la parte oscura dell’incantesimo che stavano preparando.
“Allora Bella, cerchiamo di organizzarci” iniziò Voldemort, pratico “Mentre io lancio l’incantesimo, tu attiverai le rune aprendo il sigillo. Dobbiamo completare la pratica insieme: come io finisco di dire l’incantesimo, tu dovrai disattivare le rune, chiudere il sigillo e intrappolare l’incantesimo lì. Chiaro? Anche quando avremo completato l’incantesimo con Silente e Grindelwald, l’ultima parte sarà praticata da me, cerchiamo di raggiungere la massima sincronia da subito… dobbiamo essere perfetti, capito?”
Bellatrix annuì “Sì, mio Signore. Ho capito. Non vi deluderò”
“Sarà meglio”
Bella si mise in ginocchio e iniziò a disegnare il cerchio magico per poi disporre le rune lungo la circonferenza, dopo qualche istante, Voldemort s’inginocchiò accanto a lei per controllare il risultato. Lo vide chinarsi su ogni runa analizzandola attentamente.
“Brava Bella” le disse con un mezzo sorriso e il cuore di Bellatrix perse un battito. Avevano fatto pace, quindi? Non si azzardò a chiedere nulla ma si avvicinò un po’ di più a lui, implorante.
“Ascoltami bene” la riprese duramente lui mentre tirava fuori un foglio dalla tasca e glielo porgeva “Questo è l’incantesimo. Guarda” proseguì indicandole dei segni sopra alle parole “Questa è l’intonazione e la velocità con cui reciterò la formula”. Bellatrix lo ascoltò ammaliata mentre le recitava la formula senza bacchetta, solo per fargliela ascoltare. Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio, mentre la voce di Voldemort penetrava nel suo corpo e il suo cuore iniziava a battere al ritmo del rituale.
“Hai capito?”
Bellatrix annuì.
“Bene, proviamo a sincronizzarci senza utilizzare la bacchetta. Nel momento in cui attiveremo le rune e io compierò effettivamente il rituale non possiamo permetterci di sbagliare, è chiaro?”
“Sì, Padrone”.
“Proviamo, allora”.
Provarono il rituale per quelle che a Bella parvero un’infinità di volte. Inizialmente erano completamente fuori sincronia poi, piano piano, presero ad avvicinarsi sempre di più al risultato. Bellatrix aveva sempre adorato praticare la magia con Voldemort. Non si trattava solo di pronunciare qualche incantesimo, si trattava proprio di addentrarsi nella magia, nella pratica vera e propria. Era qualcosa di affascinante ed eccitante anche perché, ogni volta, raggiungevano livelli di complicità che neanche il sesso poteva eguagliare. L’incantesimo che stavano provando aveva bisogno di un’intesa al di là di ogni immaginazione, solo due persone che si conoscevano molto bene ed erano in intimità avrebbero potuto raggiungere un risultato perfetto in poco tempo e Bella, quando si rese conto che, in solo un paio d’ore, erano riusciti a sincronizzarsi in modo impeccabile, al millesimo di secondo, ne fu estasiata. Lanciò uno sguardo a Voldemort e si accorse di come anche il suo Signore fosse estremamente soddisfatto, quasi di nuovo rilassato come quando avevano fatto sesso nella Casa dei Gaunt.
“Penso sia giunto il momento di vedere se questo sigillo funziona” le disse Voldemort alzandosi in piedi e tirando fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni. Bellatrix annuì, concentrata. Si mise in ginocchio, più composta, e anche lei sfoderò la bacchetta. Si guardarono e, senza neanche un cenno, senza dire una parola, iniziarono contemporaneamente il rituale. Le rune si attivarono in modo istantaneo. Bellatrix socchiuse gli occhi dalle palpebre pesanti mentre sentiva la cantilena dell’incantesimo di Voldemort entrare in ognuno delle rune poste sul cerchio. Più l’incantesimo proseguiva, più Bella sentiva le rune caricarsi di potenza magica, indurì la mascella e la bacchetta tremò leggermente nella sua mano mentre sentiva le rune quasi ribellarsi a quel flusso di magia che le pervadeva. Iniziò a sudare leggermente, la magia del suo Padrone era potente e oscura e le serviva un grande impegno e molta concentrazione per non lasciarsi sommergere da essa. Emise un sospiro quando si accorse che l’incantesimo stava giungendo al termine, la cantilena si stava spegnendo. Ancora una volta, in perfetta sincronia, mossero le loro bacchette e sulle note della fine dell’incantesimo del Signore Oscuro, Bella inizio l’incantesimo per suggellare il sigillo.
Le rune s’illuminarono ancora una volta poi tremolarono intermittenti e, infine, si spensero venendo inglobate dal terreno. Bellatrix alzò il suo sguardo radioso sul suo Signore. Voldemort era in un bagno di sudore e sembrava provato ma, nei suoi occhi, danzava la stessa fiamma raggiante che pervadeva i tratti del viso di Bellatrix.
“Ce l’abbiamo fatta!” esclamò Bella con tono gioioso, esaltato. Voldemort le sorrise e si lasciò cadere accanto a lei sul prato “Ce l’abbiamo fatta” rispose ammiccandole. Si guardarono negli occhi per qualche istante, poi Bella si slanciò su di lui senza riuscire a trattenersi. Gli si mise a cavalcioni e prese a baciarlo con foga e passione. Immediatamente sentì le mani di Voldemort sul proprio seno palparglielo con forza fino a pizzicarle con violenza i capezzoli. A Bellatrix era mancato tutto quello. Non si era mai trattato solo e semplicemente del sesso: le loro dinamiche erano sempre state quelle, dinamiche intrise di magia, Arti Oscure e incantesimi complessi che li lasciavano stremati… stremati fino a quando non si guardavano soddisfatti per il lavoro svolto e si lasciavano trascinare dalla passione.
Bellatrix sentiva impellente il bisogno di averlo di nuovo dentro di sé ma, questa volta, non si sarebbe fatta fermare da quegli sciocchi indumenti Babbani. Con uno sforzo immane, ruppe il bacio lascivo con Voldemort e gli puntò la bacchetta addosso. Per un attimo, Bella vide lo sguardo del suo Padrone farsi sorpreso, quasi impaurito: l’aveva colto di sorpresa e, contrariamente al solito, la sua bacchetta giaceva a qualche centimetro di distanza. Prima ancora che Voldemort potesse realizzare che cosa Bellatrix avesse in mente, la strega agitò la bacchetta e la cintura e i pantaloni di Voldemort si slacciarono all’istante. Bella lo sentì di nuovo rilassarsi tra le sue braccia mentre lei si spostava l’intimo e si calava su di lui. Voldemort si lasciò ricadere all’indietro, sdraiandosi, e intrecciò le mani dietro alla propria nuca. Bella lo osservò vagamente delusa, aveva sperato in un po’ più di partecipazione ma sapeva bene quanto al suo Signore piacesse giocare e prendersi gioco di lei. Iniziò a muoversi su di lui in modo lascivo, incurante del fatto che fossero all’aperto e che, con ogni probabilità, avrebbero potuto essere colti sul fatto da qualcuno. Anzi, la sola idea che dei Babbani ignari potessero passare di lì non faceva altro che fare eccitare di più Bellatrix.
“Che pervertita, Bella” mormorò Voldemort alzando un angolo della bocca divertito “Non sapevo ti piacesse farti vedere”.
Sentì Bellatrix emettere un gemito eccitato a quelle parole, Voldemort aprì gli occhi e la vista di Bellatrix che si muoveva su di lui con il seno scoperto e stagliata contro il sole pomeridiano rischiò di fargli raggiungere l’orgasmo. Il seno di Bella ondeggiava placido a ogni movimento, le guance arrossate, i capelli scomposti… dava a Voldemort l’idea di stare osservando una dea.
“Padrone” lo chiamò piano mordendosi un labbro.
“Cosa c’è?” le domandò lui, cercando di mantenere un tono di voce freddo come se in realtà non sentisse il suo membro essere risucchiato da quell’antro di piacere che Bella aveva tra le gambe.
“Vi prego” Bellatrix si chinò su di lui fino a che i loro visi non si trovarono a un millimetro di distanza “Ho bisogno… ho bisogno che voi partecipiate un po’ di più…”
“Sono stanco” le rispose fingendosi svogliato “Cerca di essere un po’ più convincente”.
Bellatrix si tirò di nuovo su e, dopo aver appoggiato le mani sul petto di Voldemort incurante della camicia zuppa di sudore, prese a muoversi su di lui con più foga e vigore.
“Vi sto implorando, Padrone” lo scongiurò dopo qualche altro minuto.
Voldemort si tirò su di scatto, seduto, affondando un po’ di più dentro Bellatrix mentre le sue mani le afferravano i fianchi e la schiena. Prese a morderle il collo, ripassando sui segni che le aveva lasciato solo qualche ora prima. La sentì agitarsi tra la sua presa come un’anguilla mentre i muscoli del sesso di Bella si contraevano in preda all’orgasmo, stringendo sempre di più il membro di Voldemort. Avrebbe voluto trattenersi ma si rese conto di come non avesse senso continuare a soffocare quel piacere intenso che stava forzando per fuoriuscire.
Si lasciò andare.
 
Non era la prima volta che il Signore Oscuro la portava con sé nei suoi viaggi per sperimentare incantesimi o alla scoperta di posti magici, tuttavia, Bella sentiva che c’era qualcosa di diverso nei posti che avevano visitato quel giorno. Qualcosa di intimo e personale che l’Oscuro Signore si era sempre ben guardato dal farle scoprire in precedenza. Mentre attraversavano su quella barchetta il lago sul cui fondale dormivano placidi centinaia di Inferi, Bella ripensò a Casa Gaunt. Cosa aveva fatto il suo Signore in quel luogo? Bellatrix aveva percepito incantesimi potenti di Magia Oscura; eppure, l’interno di quella catapecchia appariva squallido, desolato e privo di qualsiasi interesse. Lasciò scivolare lo sguardo sull’acqua scura del lago e poi più in basso verso quei corpi morti, pensando a quanto potere magico ci volesse per creare un esercito di Inferi di quelle dimensioni. Come sempre quando pensava al potere che scorreva nel corpo del suo Padrone, si eccitò. Avrebbe voluto rifarlo, lì in quella barchetta con tutti i corpi morti che li guardavano…
“Non avevo proprio idea ti eccitasse tanto l’idea di essere guardata mentre godi, Bella” commentò Voldemort. Bellatrix sussultò e sorrise alla schiena del suo Padrone. Nonostante il tono di Voldemort volesse essere faceto e leggero, Bella aveva percepito una nota preoccupata e ansiosa. Le spalle di Voldemort erano rigide e Bella, ogni volta che osservava il suo viso, vi vedeva un’ombra impensierita adombrargli lo sguardo.
“Farò in modo di accontentarti” le disse voltandosi verso di lei con un mezzo sorriso che però non raggiungeva gli occhi “D’altra parte, abitiamo ora in una casa piena di persone, non dovrebbe essere troppo difficile…”
Bellatrix arrossì al pensiero di occhi estranei che la guardavano mentre godeva con il suo Signore, non ebbe tuttavia tempo d’indugiare troppo su quel pensiero perché la barchetta si scontrò dolcemente contro gli scogli dell’isolotto che sorgeva al centro del lago. Voldemort scese dalla barca agilmente per poi voltarsi e aiutare Bella a fare altrettanto “Non toccare l’acqua” le raccomandò per l’ennesima volta “Aspettami qui” le ordinò duro per poi procedere verso il bacile di pietra che svettava proprio nel punto centrale di quell’ammasso di rocce.
Sarebbe stato vuoto. Voldemort lo sapeva bene, non poteva essere altrimenti, il medaglione era al sicuro nella tasca dei suoi pantaloni. Appoggiò le mani pallide sul bacile e scrutò attentamente attraverso la pozione trasparente: sul fondo baluginava qualcosa. Fece un profondo sospiro e, dopo aver mormorato l’incantesimo che gli avrebbe permesso di svuotare il bacile senza dover bere la pozione, alzò un sopracciglio. Il cuore gli batteva all’impazzata, perché c’era un altro medaglione? Cosa significava? Allungò una mano tremante verso il fondo del bacile e, come le sue dita si strinsero intorno alla catena di metallo, si rese conto di come quello fosse un falso. Se lo portò all’altezza degli occhi, analizzandolo attentamente. Arricciò il naso, sconvolto. Chi era stato? Cos’era successo? Anzi, com’era potuto succedere? Era una trappola? Aprì il medaglione facilmente, anzi, quell’oggetto sembrava non aspettare altro che venire aperto da lui, come se lo avesse atteso per anni. Il respiro di Voldemort gli si mozzò in gola e, proprio come era successo qualche settimana prima, si sentì di nuovo avvolgere dal nulla.
Il panico lo prese.
Non riusciva più a respirare, il suo cuore sembrava voler esplodere, non capì più nulla.
Si sentì scivolare in ginocchio.
“Padrone!”
Quasi neanche sentì l’urlo preoccupato di Bellatrix.
“Mio Signore, vi sentite poco bene? Cos’è successo?”
Voldemort avrebbe voluto risponderle ma gli si era anche appannata la vista, non vedeva quasi più nulla e anche l’udito lo stava abbandonando. Sentì il sudore freddo appiccicarglisi alla schiena mentre, più che respirare, iniziava a rantolare. Percepì le braccia di Bellatrix avvolgerlo e quel contatto, per un attimo, gli ridiede respiro. Sentì il foglietto che aveva in mano scivolargli dalla presa e vide lo sguardo di Bella caderci sopra:
All’Oscuro Signore,
So già che sarò morto da tempo quando leggerai questo biglietto, ma volevo che tu sapessi che ho scoperto il tuo segreto. Ho il vero Horcrux e ho intenzione di distruggerlo il più presto possibile.
Affronto la morte con la speranza che, quando incontrerai il tuo Rivale, sarai di nuovo mortale.
R.A.B.


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Perdonate il ritardo nel pubblicare il nuovo capitolo, sono state giornate intense. 
Ringrazio tutti voi che state leggendo perché siete silenziosi ma tanti ;)
Grazie e a presto col nuovo capitolo!

Clo
  
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