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Autore: Red_Coat    12/03/2023    1 recensioni
"Per tutto questo tempo ho passato ogni singolo giorno della mia vita cercando un modo per riunirmi alla mia famiglia. Per riavere mia madre e mio padre, e dire loro quanto mi siano mancati. Ho speso tutto quello che avevo ... pur di poterli salutare un'ultima volta.
Se sono arrabbiata?? Si. Decisamente. Mi fa rabbia che anche il più grande potere del mondo non sia in grado di far nulla per aiutarmi!"
Emilie Gold è l'unica figlia femmina del Signore Oscuro e della sua amata Belle. Cresciuta nell'amore, curiosa come sua madre e abile nella magia come suo padre, ben presto si renderà conto di quanto il tempo possa essere paziente medico e al contempo spietato nemico. E nel tentativo di rendere possibile l'impossibile, scoprirà quanto il prezzo della magia possa essere alto, e quanto il Maestro tempo possa realmente cambiare anche il più oscuro dei cuori.
(coppie: SwanFire; RumBelle. Questa storia è una rivisitazione degli eventi della serie, potrebbero esserci spoiler così come potrebbero esserci coppie canon mai nate o fatti importanti della trama mai accaduti. Il punto di partenza dalla fine della terza stagione.)
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Baelfire, Belle, Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Episodio XI – Il giusto posto
 
Passato,
Molti anni prima del primo sortilegio.
 
Era l'alba di un freddo giorno d'autunno; la foresta incantata stava risvegliandosi e con essa i suoi rumori. Il canto degli uccelli, il fruscio delle creature del sottobosco e delle foglie mosse dal vento. Perfino il dolce gorgoglio dei ruscelli sembrava esser diventato più intenso.
Ma c'era un posto in cui la notte continuava a regnare, ed era sempre l'ultima ad andarsene.
Una valle, molto a nord, circondata da irti monti già spogli. In fondo ad essa, come una temibile bestia immersa in un sonno profondo, il Castello del Signore Oscuro, silenzioso e imponente.
Il crepuscolo colorava appena l'orizzonte dietro le cime spigolose delle montagne con la sua luce sinistra, quando il volo d'un corvo lo sfiorò.
Era un esemplare anomalo, leggermente più grande di tutti i suoi simili, gli occhi grigi e uno sguardo fin troppo espressivo.
Sorvolò le mura di pietra senza emettere un fiato, raggiunse la grande torre a est e si posò senza timore sulla testa cornuta di una delle bestie di pietra a guardia del torrione.
Solo allora il suo gracchiare si fece udire un paio di volte, poi tacque di nuovo restando a osservare l'affascinante spettacolo del sole che, lontanissimo, cercava di gettare la sua luce il più vicino possibile a quel bastione che invece pareva resistergli con diffidenza, quasi beffandosi dei suoi sforzi.
Una lotta silenziosa tra luce e oscurità, che si concluse due ore più tardi, quando finalmente i raggi solari riuscirono almeno a sfiorare i vetri dell'ala sud, ma senza andare oltre.
A quel punto il corvo gracchiò di nuovo, volando via e andando a posarsi su una delle feritoie colpite dal sole.
Da lì, riuscì a vedere il lungo corridoio pieno di armature, statue e preziosi ma inquietanti dipinti. Da una delle porte uscì una ragazza, capelli d'ebano e occhi azzurri come il vestito che indossava.
Non appena la vide, l'animale tornò a gracchiare, come a richiamarla, felice.
La giovane si riscosse e gli rivolse attenzione, aprendosi in un sorriso dolce e raggiante.
 
«Ciao!» lo accolse, avvicinandosi e regalandogli qualche carezza sulle piume lucide «Sei di nuovo qui. Lo sai che non dovresti. Tremotino s'infurierebbe se ti vedesse.» lo rimproverò amorevolmente, ma poi si morse le labbra, continuando ad accarezzarlo e notando quanto fosse contento di ciò. Belle rise di tutte quelle moine. Sembrava un bambino vivace in cerca di attenzione. Poi il momento finì e i loro sguardi s'incrociarono per un momento.
 
«Hai davvero degli occhi bellissimi, lo sai?» disse la Principessa.
 
La creatura gonfio il petto e gracchiò due volte, la prima come a ringraziarla, la seconda come a dirle "anche i tuoi non sono male".
La ragazza sembrò capirlo, e rise.
 
«Aspetta.» mormorò, tirando fuori dalla tasca del suo grembiule una manciata di semi e frutta secca fatta a pezzettini «Questo è il massimo che sono riuscita a fare, oggi.» disse, appoggiando il contenuto del palmo vicino a lui.
 
Il volatile gracchiò di nuovo, dando qualche beccata mentre la ragazza lo osservava intenerita. Si morse di nuovo le labbra, quasi senza accorgersene.
 
«Sei davvero un bell'uccellino.» disse dopo qualche istante «Peccato che non sappia parlare la tua lingua. Mi piacerebbe sapere come ti chiami.» aggiunse rammaricata.
 
A quel punto però l'animale sembrò riaversi. Smise di beccare, e con solerzia iniziò a utilizzare il resto del pasto per comporre quella che Belle si accorse fosse la risposta alla sua domanda.
Ne rimase colpita, e molte domande iniziarono ad avere risposta.
 
«Emilie?» domandò, sollevando di nuovo lo sguardo verso il corvo, che sembrò illuminarsi in un sorriso, gonfiando il petto e tornando a gracchiare, annuendo.
 
La principessa ridacchiò divertita.
 
«Oh, sei una femmina.» osservò lieta, quindi fece un passo indietro e accennò a un inchino cordiale «Bhe, Emilie. Piacere di conoscerti. Io sono Belle.»
 
E il corvo, in risposta, volò sulla sua spalla e le lasciò bacio sulla guancia, divertendola e facendola anche un poco arrossire.
Un'ultima carezza, poi a malincuore la ragazza dovette spegnere quel momento.
 
«È meglio che tu vada ora.» la avvisò dolcemente «E sta attenta. Se Tremotino ti vede potrebbe scambiarti per uno dei corvi di Malefica e farti del male. Lui odia quei corvi.»
 
Solerte, il corvo annuì di nuovo e obbedì, volando via. Ma da quel giorno la Principessa e la sua Bestia ebbero un'amica in più su cui contare.
Qualcuno che, a voler essere del tutto sinceri, non li aveva mai lasciati soli e non aveva alcuna intenzione di farlo, per nessuna ragione al mondo.
 
***
 
Presente,
Storybrooke
 
La notte era calma, limpida e fresca, la luna rifulgeva altera e piena in cielo dominandolo come fosse il suo trono e le stelle i suoi sudditi più fedeli.
Nel silenzio della foresta, il canto delle due lupe risuonava chiaro levandosi verso di essa come una lode al suo splendore.
Il pelo folto, i muscoli scattanti e i sensi accesi, le due creature corsero fianco a fianco fino a non sentire più la terra sotto le zampe, poi si fermarono a riposare sotto alla luce lunare, in cima a un ampio pendio a strapiombo su una delle più belle vallate dei boschi attorno alla città.
Fu li che l'alba le colse, non del tutto impreparate.
Non appena i primi raggi di sole le sfiorarono, il pelo ispido lasciò il posto alla pelle liscia e un po' sporca di polvere e terriccio, e i vestiti tornarono a ricoprire i loro corpi.
La prima a ritrasformarsi in umana fu Emilie, che si gettò schiena a terra, aprendo braccia e gambe ed emettendo un lungo, soddisfatto sospiro, fissando il cielo azzurro sopra di sè. Si sentiva distrutta, talmente tanto da non riuscire a muovere neanche un singolo muscolo senza sentire dolore, ma il cuore batteva forte e la mente era limpida. Finalmente, totalmente limpida.
Ruby Lucas, seduta al suo fianco, la osservò con un sorriso curioso, guardandola accendersi dello stesso sentimento che batteva dentro il suo cuore di lupo.
 
«Oh, Ruby!» esclamò Emilie «Grazie! Dio mio, che bello! Mi ci voleva proprio una serata così. Ah, se mi ci voleva! Io...» prese fiato, riscoprendosi ancora affannata «Io...»
 
Non finì la frase. Tirò fuori tutto il fiato che le restava emettendo un ultimo lungo ululato e rise, scuotendo il capo.
Solo allora Cappuccetto Rosso notò delle lacrime brillare sulle sue guance.
 
«Anche io mi sono divertita.» annuì «È stato bello avere compagnia. Ma... sicura di stare bene?» chiese, indicando la guancia.
 
La Lucertolina si asciugò le lacrime e annuì, mettendosi a sedere a gambe incrociate.
 
«Si.» rispose tranquilla «Io... ho sempre avuto tanto a cui pensare, da quando sono partita.» ammise, iniziando a intristirsi «È stato bello usare soltanto l'istinto, per una volta.»
 
Sfiorò con le dita l'anello di opale, ripensando a quanto doveva aver sofferto suo padre solo ad Hyperion Hights. Cercando un modo per riunirsi a sua madre senza riuscire a trovarlo. E sapendo lei lontana.
All'improvviso il peso che gravava sul suo cuore le sembrò insignificante, ma comunque abbastanza doloroso da mozzarle il fiato.
 
«Stai facendo molto per la tua famiglia.» commentò Ruby, riscuotendola «Posso immaginare come tu possa esserti sentita durante il tuo viaggio. Sei stata sola per tanto tempo?» domandò, cercando sinceramente di capirla.
 
La sentì sospirare appena, poi la guardò annuire.
 
«Sono stata sola per un po'.» soggiunse «Ma non nel modo in cui immagini. Era una solitudine... diversa. Più insidiosa. Invisibile... e insopportabile.» fece una lunga pausa, buttando all'indietro la testa e fissando il cielo azzurro sopra di sè come se volesse abbeverarsene fino a consumarlo «Puoi immaginare come sia vivere in mezzo a un mucchio di persone ma continuare a cercare quelle che hai perso?»
 
Una domanda che non pretendeva una risposta, seguita da un'altra ancora più importante e cupa.
 
«Aver conosciuto il tuo posto... averlo perso... e ritrovarti a cercarlo in eterno, mentre gli altri intorno a te continuano a vivere come se nulla fosse.»
 
Ormai era persa nei suoi pensieri, ma quando udì la risposta di Cappuccetto Rosso parve riscuotersi, sorpresa.
 
«Credo di capirti.» le disse infatti Lucas, annuendo comprensiva «Quando ero col mio branco, mi sentivo libera, compresa, supportata. Poi all'improvviso tutto è stato spazzato via dagli eventi e io... ora non so che darei per rivederli, tornare a stare con loro.»
 
Si guardarono negli occhi, e qualcosa di profondo le unì.
 
«È per questo che sei tornata indietro, vero?» domandò Ruby, sorridendole «Per sentirti ancora a casa.»
 
Gli occhi lucidi, il cuore improvvisamente leggero, Emilie Gold si ritrovò ad annuire senza neanche accorgersene.
E quando Ruby Lucas si mosse per stringerla in un abbraccio, di colpo si sentì finalmente davvero compresa da qualcuno che non fosse suo padre. Perfino Will e Gideon alle volte non ci erano riusciti.
Allora... c'era veramente a quel mondo, qualcuno con cui potersi dire amica?
Le si strinse forte, affondando il naso nei suoi capelli neri ancora impregnati dell'odore della foresta.
E cedette alle lacrime, lasciando andar via tutto il peso rimasto.
 
«Sai...» mormorò Ruby, dopo averla ascoltata in silenzio accarezzandole la testa «Sin dal primo istante in cui ti ho vista ho capito che non eri realmente cattiva. In fondo non sei così diversa da noi Lupi. Difendi semplicemente il tuo branco.»
 
Lucertolina sorrise, asciugandosi le guance e annuendo.
 
«Il tuo istinto di lupo non sbaglia un colpo.» replicò.
 
Entrambe ridacchiarono, tornando a sedersi l'una accanto all'altra e a guardare il sole appena sorto iniziare la sua ascesa oltre le montagne.
 
«Io...» disse dopo un po' Milly, tornando a guardare l'amica e sorridendole «Non posso farti tornare indietro per rincontrare il tuo branco. Sarebbe troppo rischioso. Ma... se ti va... posso essere io il tuo branco. Almeno nelle notti di luna piena.» quindi sorrise facendo oscillare la testa prima da un lato, poi dall'altro «Non sono davvero un lupo quindi non posso comprenderti appieno, questo è vero. Ma neanche tu comprendi appieno me, mio padre e le nostre scelte quindi...» scosse le spalle, guardandola sorprendersi e sorridendo «Farò del mio meglio. Ora... so per certo che anche tu lo farai. E...» allungò una mano aperta verso di lei, promettendo in modo solenne «Se saremo un branco, giuro solennemente di non tradirti mai. Sarai... come un membro della mia famiglia.»
 
Onorata e commossa, Ruby le rivolse un sorriso grato, allungò una mano e afferrò la sua, stringendola forte e sentendo il cuore scaldarsi di una gioia mai provata prima. Aveva avuto ragione, quella ragazza non era pericolosa.
 
«Mi farebbe molto piacere.» rispose, aprendosi in un largo sorriso e guardandola fare altrettanto.
 
Infine, tutte e due risero, rasserenate e divertite, lanciando lunghi ululati al cielo limpido sopra di loro e suggellando così la loro promessa.
 
***
 
Erano le dieci del mattino quando, unite da quel nuovo legame, Emilie Gold e Ruby Lucas rientrarono in città.
Continuando a conversare amabilmente fino a giungere sotto al grande campanile, di fronte all'ingresso della biblioteca.
 
«Beh...» concluse Milly, allegra «Io mi fermo qui.» scoccandole un occhiolino.
 
Il cartello appeso al vetro della porta d'ingresso recitava "APERTO". Ruby sorrise, sprofondando le mani nelle tasche del giubbotto in pelle nera che aveva sostituito il mantello.
 
«Io andrò da Granny. A quest'ora sarà già intenta a spadellare.»
 
Risero tutte e due, divertite.
 
«Ah, quasi dimenticavo!» esclamò a quel punto Emilie, tirando fuori dalla tasca del cappotto una busta per lettere fatta di carta nera.
 
Sopra di essa, con inchiostro dorato, la calligrafia ordinata e donnesca della giovane Gold recitava.
"Per Ruby Lucas. Importante."
 
«Cos'è?» domandò Cappuccetto Rosso, incuriosita.
 
Milly sorrise.
 
«Aprilo.» la incoraggiò.
 
Quando la giovane Lupa le obbedì, ciò che si ritrovò in mano la sorprese.
Era un biglietto d'oro su cui era stampato a lettere chiare e in rilievo, il seguente testo.
 
"La Signorina Ruby Lucas, alias Cappuccetto Rosso, è cordialmente invitata alla cena di benvenuto che si terrà a casa dello Stregone, ora Villa Gold, domani sera dalle ore 20:00. È obbligatorio l'abito elegante."
 
«Festa di benvenuto?» le fece eco, tornando a guardarla e inclinando il capo con aria curiosa.
 
Emilie sorrise e parve anche arrossire, quindi si guardò intorno con circospezione e solo allora si decise a replicare.
 
«Io... ho permesso a delle amiche di raggiungermi qui a Storybrooke.» le spiegò «Sono delle cattive ma mi hanno aiutato in passato, perciò ho pensato di dover ricambiare il favore.» quindi, osservando l'espressione della giovane Lucas cambiare in una più titubante, in bilico tra la paura e la comprensione, aggiunse, con estrema sincerità «Ascolta, so che probabilmente non riuscirai a capirmi ma... mio padre e mia madre mi hanno insegnato a guardare oltre le etichette. Ed è così che agisco... con chiunque.» la vide sciogliersi, annuendo, ma prima che potesse risponderle aggiunse, tornando a sorridere imbarazzata «E poi, ho un annuncio da fare e, mi piacerebbe tanto che tutti i miei amici fossero presenti. Tutti... i membri del mio branco.»
 
A quelle parole, Ruby Lucas tornò a rigirarsi tra le mani il biglietto d'oro, ma non ebbe bisogno di pensarci molto.
 
«Va bene. Verrò.» decise, tornando a sorridere e stringendola in un ultimo abbraccio prima di lasciarla andare «Grazie. E...» sorrise, lanciando un'occhiata all'ingresso della biblioteca «Buona chiacchierata. Saluta tua madre da parte mia.»
 
Emilie le rivolse uno sguardo pieno di profonda gratitudine, annuì portandosi una mano sul cuore.
 
«Lo farò.»
 
***
 
Passato,
Foresta incantata,
 
Il cuore a mille, imbavagliata e con le mani legate, Belle si guardò intorno cercando di capire. Aveva seguito un cucciolo di dalmata nella foresta, in barba agli avvertimenti di Tremotino, e ora si ritrovava prigioniera di una sorte peggiore di quella toccatagli nel Castello Oscuro.
Era rinchiusa in una cella più simile a una grotta, circondata da mura strette e umide che sembravano volerle crollare addosso da un momento all'altro.
Era buio, una piccola porticina di metallo serrava l'uscita.
D'un tratto, rumore di passi e una voce femminile, giovane, limpida e familiare si fecero udire. Era adirata, ma non con lei.
Urlava contro qualcuno che l'accompagnava.
 
«Ti avevo avvisata, Ursula!» diceva «Avevi un solo compito, e hai fallito! ORA SPOSATI!»
 
Di colpo il baccano cessò, e per un attimo nel silenzio che seguì Belle sentì l'angoscia crescere a dismisura.
Ma la porta si aprì, il bavaglio e corde sparirono e sulla soglia apparve la figura di una ragazza minuta, lunghi capelli castani raccolti in una treccia morbida.
I suoi abiti erano molto simili a quelli del Signore Oscuro, tanto che per un istante credette quasi di essere in sua presenza. I lunghi stivali a punta e il pantalone in pelle di coccodrillo in particolare, slanciavano la sua figura e le conferivano un passo molto simile a quello di Tremotino; una camicia nera fatta di pelle, le maniche di un materiale semi trasparente su cui erano state cucite delle perle lasciava intravedere la pelle liscia delle braccia delicate ma robuste, e al collo portava uno strano gioiello simile a un occhio.
Ma a renderla riconoscibile furono i suoi occhi grigi, e la sua espressione. Dove... dove l'aveva già vista?
 
«Belle, stai bene?» le domandò avvicinandosi con cautela e genuflettendosi più volte mentre le porgeva le mani, in un muto cenno di scusa.
 
La Principessa la osservò senza riuscire a rispondere.
 
«Io... io si, ma... chi sei? Dove mi trovo?» fissando nel frattempo le tre figure che la osservavano dietro la soglia.
 
Una di loro era Malefica, fin troppo riconoscibile, e fu questa a spaventarla di più. Pareva volerla divorare con lo sguardo, o forse era solo l'effetto della paura.
 
«Ti spiegherò tutto.» le disse la giovane continuando a guardarla negli occhi e a mostrarsi preoccupata «Non qui però. Non è posto per te questo. Vieni, andiamo in un luogo più confortevole.»
 
Le porse di nuovo la mano, e stavolta, seppur con un po' di titubanza, lei acconsentì. La condussero nel castello della draghessa, l'unico luogo che disponeva di una camera altrettanto comoda e un camino caldo in cui riscaldarsi.
 
«Mi scuso per il comportamento di Ursula.» fu la prima cosa che le disse la giovane sconosciuta, una volta congedate le sue tre compagne «Le avevo detto di portarti da me, non di rapirti o rinchiuderti in una cella. È stata imperdonabile, mi assicurerò che la paghi.» le promise, porgendole un vassoio con una tazza colma di te fumante.
 
Ora che riusciva a guardarla meglio, Belle si accorse di quanto quella somiglianza col Signore Oscuro non fosse solo una sua impressione. C'era qualcosa nel suo volto, nel suo modo di fare e perfino nella sua voce che glielo ricordava. E poi... dove aveva già visto quello sguardo.
Mentre continuava a rifletterci, appurato che la giovane non fosse una minaccia per lei, accettò quella tazza di thè, sedendo sul letto che le era stato gentilmente offerto.
 
«È tutto a posto. Sto bene.» sorrise, tentando di tranquillizzarla «Ma... ora puoi rispondere alle mie domande?» chiese.
 
La ragazza si sciolse in un sorriso dolce.
 
«Cercherò di fare del mio meglio.» annuì, aggiungendo quindi «Ma prima di tutto... io sono Emilie. E sono davvero... davvero tanto contenta di rivederti, Belle.»
 
Il volto della Principessa s'illuminò.
 
«Emilie! Il corvo? Sei, sei davvero tu?» domandò sorpresa e colma di felicità.
 
La vide aprirsi in un sorriso commosso, annuendo appena.
 
«Ma come... com'è possibile?» tornò a domandare, finendo il the e appoggiando la tazza vuota sul comodino accanto al letto, per poi concentrarsi totalmente su di lei, osservandola bene «Avevo pensato fossi vittima di un incantesimo. Allora sei davvero uno dei corvi di Malefica?»
 
Emilie ridacchiò, e ancora una volta a Belle sembrò di non essere mai andata via dalla corte del Signore Oscuro.
 
«Non proprio, ma è stato un ottimo espediente per poterti incontrare.»
 
La vide corrucciarsi ancora, osservandola con più attenzione.
 
«Io... sono sicura di conoscerti ma... non riesco a ricordare.»
«È perché...» iniziò, ma poi si fermò, scuotendo il capo con occhi stranamente lucidi «Non importa.» concluse, tornando a sorridere quasi come se farlo le costasse uno sforzo enorme «L'unica cosa che devi sapere è che non intendo farti del male, e non voglio farne nemmeno a...» sorrise di nuovo, scuotendo il capo «Tremotino. Voglio solo che capisca, e questo era l'unico modo.»
 
Quella frase sembrò scuotere Belle.
 
«Capire... cosa?» le chiese, cercando il suo sguardo.
 
Ma le fu difficile trovarlo perché nel frattempo la giovane le aveva voltato le spalle, nel tentativo di resistere alle lacrime che comunque si affacciarono ai suoi occhi.
 
«Emilie, ti senti bene?» domandò la principessa, cercando di avvicinarla.
 
Le sfiorò la spalla con una mano, e quel tocco bastò per rompere il delicato equilibrio su cui Emilie camminava.
Era... la prima volta che si ritrovava a parlare con sua madre dopo... averla persa per sempre.
E aveva creduto di riuscire a farcela, ma quel tocco le aveva ricordato che non era un sogno, che lei era davvero lì di fronte a lei. Le aveva ricordato com'era, e l'emozione fu così forte da spingerla a uscire di corsa dalla stanza, chiedendole perdono.
Chiuse la porta dietro le sue spalle, fece qualche passo e infine crollò in ginocchio in lacrime, faticando perfino a respirare, e stringendo l'anello di suo padre al petto.
"Papà, è così che ti sei sentito?" pensò, senza riuscire neppure a mormorarlo. E fu un bene, perché qualcuno la stava osservando.
 
«Non sei nemmeno riuscita a dirglielo, vero?»
 
La voce di Ursula la riscosse, costringendola a ritrovare una sorta di autocontrollo.
 
«Ah! Se vuoi lo faccio io per te.» la schernì.
 
Ma alla figlia del Signore Oscuro quell'affronto parve troppo.
Il suo sguardo si accese d'ira, strinse i pugni e si rialzò, puntandole l'ex pugnale dell'Oscuro alla gola.
 
«Attenta, seppiolina.» sibilò «Hai già commesso un grave errore, non peggiorare ulteriormente la tua situazione.»
 
Ma la strega del mare parve non essere neanche minimamente intaccata da quelle minacce.
 
«Credi di farmi paura, ragazzina?» l'apostrofò altera «Non ho paura di tuo padre, come potrei averne di te? Sei solo una sua pallida imitazione, hai ancora molto da imparare.»
 
Quindi, senza lasciarle il tempo di rispondere le voltò le spalle e se ne andò, lasciandola sola con la sua angoscia.
 
***
 
Mentre Emilie, riprese le sue sembianze di corvo, si era assentata per portare a Tremotino il messaggio che lo avrebbe spinto a compiere un passo in favore della sua amata, le tre Signore del Male erano rimaste ad aspettarla nella grande sala del trono.
Ufficialmente, quella mossa sarebbe servita al Malefico Trio per tentare di coinvolgere il Signore Oscuro nella loro ricerca dell'autore. Ma lei sapeva bene che quella discussione non avrebbe portato a nulla, che ci sarebbe voluto molto più tempo per convincere Tremotino a convincersi che quel piano fosse degno di essere seguito.
No, lei era lì per loro, per sua madre in particolare. Per proteggerla dalle cattive intenzioni delle Signore del Male, ed era proprio questo a indispettire Ursula.
 
«Già una volta suo padre ci ha usate promettendoci qualcosa in cui neanche lui credeva. Pensate davvero che lei non farà lo stesso?» domandò alle sue colleghe
 
Malefica, seduta sul suo scranno, l'ascoltava con attenzione, mentre Cruella sembrava quasi annoiata.
 
«Oh, sono così stanca di sentirti urlare.» mormorò laconicamente, prendendo un altro bicchiere di Gin dal tavolino di cristallo alla sua destra.
«Crudelia ha ragione.» disse Malefica, massaggiandosi stancamente le tempie per poi tornare a guardarla e suggerire con noncuranza «Se proprio vuoi metterla alla prova, perché sei ancora qui? Va da lei, inventati qualcosa.»
 
Ed è ciò che fece, lasciando infuriata la stanza. Basta farsi manipolare. Avrebbe dimostrato alle sue colleghe le vere intenzioni di Emilie Gold, e ottenuto il guanto di Camelot da Tremotino. Del resto perché dividere il bottino con una bugiarda? Non avevano bisogno di loro per raggiungere gli agognati lieti fini.
 
***
 
Belle era assorta nei suoi pensieri, fissando le fiamme del camino avvolta nella coperta che Emilie le aveva fatto avere. In realtà, si era assicurata personalmente che il castello di Malefica le offrisse tutti i comfort di cui aveva bisogno, inclusi un buon libro e un pasto degno di una regina.
Aveva finito di consumarlo da un po' quando la porta della sua stanza si aprì, e Ursula fece il suo ingresso, scrutandola con astio e sufficienza.
Si alzò in piedi, lasciando che la coperta ricadesse dalle sue spalle sul morbido materasso.
 
«Il pasto è stato di tuo gradimento, sguattera?» le chiese schernitrice.
 
La giovane donna non rispose, limitandosi a scrutarla con timore chiedendosi come mai avesse tutto questo astio nei suoi confronti.
 
«Ursula.» le disse, dimessa «C-che cosa ci fai qui? Io...»
«Oh, perdonami.» seguitò la strega del mare «Ti ho delusa? Credevi fosse Emilie vero?» rise, scuotendo il capo «Mi spiace, lei è tornata dal suo paparino per portargli la notizia del tuo rapimento.»
 
Lì per lì la Principessa sembrò non riuscire a capire, ma la sirena le diede qualche istante per farlo e sorrise perfida quando la vide alzare gli occhi verso di lei, a bocca aperta.
 
«Di cosa stai parlando?» domandò incredula.
 
Ursula seguitò a sorridere.
 
«Ah, non te lo ha detto allora?» le chiese melliflua «Poco male. Guardandola, immagino tu ci sia arrivata da sola. Non hai notato una strana somiglianza tra lei e il tuo padrone?»
 
Sempre più confusa e inquieta, Belle fece un passo indietro, ricadendo sul materasso e restando ad osservare attonita la Strega del Mare, che nel frattempo seguitava a fissarla come se volesse divorarla.
 
«Mi spiace, non so di cosa tu stia parlando, e a dirla tutta mi stai spaventando. Smettila.» la supplicò, ma Ursula fu implacabile.
«Oh, te lo spiego io allora di cosa sto parlando. Emilie Gold è vostra figlia, mia cara. Tua e del Signore Oscuro. È per questo che ti tratta così bene, per questo non è riuscita a restare di fronte a te per più di qualche istante. Credevamo che te lo avrebbe detto, che saresti passata dalla nostra parte e ci avresti aiutato a convincere il Signore Oscuro a unirsi a noi, eppure non lo ha fatto. Strano, no?»
 
Sconvolta, Belle sgranò gli occhi senza riuscire a credere a ciò che aveva udito. Balbettò qualcosa, ma proprio allora la porta della stanza si spalancò ed Emilie fece il suo ingresso, avventandosi furiosa sulla collega.
 
«Tu, perfida meschina traditrice!» la accusò, puntandole contro un dito.
«Ah, sarei io la traditrice ora?» fu la risposta di Ursula, che sfoderò i suoi tentacoli pronta a difendersi «E tu? A che gioco stai giocando? Non sono disposta a farmi usare da te un istante di più!»
 
Era una scenata preparata ad arte per metterla alla prova. E spingere sua madre a non fidarsi più di lei.
Perciò, anche se avrebbe voluto strapparle quei ridicoli tentacoli uno ad uno e tagliarle per sempre la lingua a mani nude, guardò il volto terrorizzato di Belle e decise che avrebbe scelto un modo diverso per fargliela pagare. Più... sottile, e a lungo termine, come i piani di suo padre.
Prese qualche respiro, sciolse i pugni e decretò, a denti stretti.
 
«Allora vattene.»
 
Perfino la sua nemica ne rimase sorpresa.
 
«Come?» le domandò.
 
In risposta, svelando il resto delle sue carte, Emilie tolse dal collo il ciondolo a forma di occhio e glielo porse, con sguardo deciso.
Mentre le osservava fronteggiarsi, Belle guardò di nuovo quel manufatto e per la prima volta lo vide muoversi. La palpebra si aprì, mostrando una pupilla fatta di opalite e di un cristallo rosso come un rubino. Era come se la guardasse, e ciò la spinse a trattenere il fiato. Qualsiasi cosa fosse, era una magia potente, anche se non oscura, e da ciò che aveva appreso da quando stava con Tremotino, solo un mago altrettanto potente sarebbe stato in grado di usarlo.
Ciò voleva dire che...
Fissò la ragazza, e per la prima volta le parole di Ursula sembrarono acquistare un senso.
Quindi... lei era davvero loro figlia? Sua, e di Tremotino? Ed era... una potente strega?
Il cuore iniziò a batterle forte in petto, ma non seppe dire se per la paura o la gioia. Tornò a guardare la giovane e lentamente sul suo volto apparve un sorriso commosso. Allora esisteva una speranza per quel cuore di tenebra. Il Signore Oscuro... lui avrebbe potuto tornare ad amare. Amarla. E lei poteva salvarlo, dimostrargli che c'era ancora un uomo dentro la bestia.
Ma un'ombra cadde su quella speranza. Se lei era davvero il frutto del loro amore, e se quello era vero amore, che ci faceva lì? Nel... passato? E come c'era arrivata?
D'un tratto capì il perché di quell'offerta e dello sguardo di Ursula.
Quell'occhio, qualsiasi cosa fosse, doveva essere quello il mezzo usato per tornare indietro. E se la loro figlia era stata costretta a usarlo, qualcosa di terribile doveva essere accaduto loro. Qualcosa in grado di spingerla ad avventurarsi nel passato per cercare di cambiarlo e così salvare il loro presente.
Proprio mentre con angoscia cercava di immaginare quale disgrazia fosse avvenuta, la voce di Emilie tornò a farsi sentire.
 
«Vuoi il tuo lieto fine senza di me? Eccoti allora.» concluse coraggiosa, guardando Ursula negli occhi «L'occhio di Cronos è tuo. Usalo. Puoi tornare indietro, fare perfino in modo che nulla sia mai accaduto. Oppure...» soggiunse, mentre, lentamente, uno dei tentacoli della strega si levava verso il gioiello «Puoi fare come ho fatto io con voi, incontrare l'autore, agire da sola e assicurarti che faccia tutto quello che gli chiedi...»
 
Mentre le osservava col fiato sospeso, Belle rabbrividì. Il tentacolo sfiorò l'oro zecchino, iniziando lentamente a stringersi attorno ad esso. Ma per qualche strano motivo la Strega del mare continuò a vacillare.
Lo notò la Principessa, e anche sua figlia, che attese di vederla sollevare l'occhio di Cronos prima di soggiungere, sicura.
 
«Ma sei sicura di riuscire a farcela senza rischi? Puoi gestirlo? E in ogni caso, sei pronta all'eventualità di veder scomparire tutto quello che conosci, inclusa te stessa? Potrebbe accadere... anche il più banale errore può farlo succedere...»
 
Il tentacolo fermò la sua ascesa, bloccandosi a mezz'aria. Ursula fissò Emilie sgranando gli occhi, la ragazza rimase immobile a guardarla lasciandosi sfuggire un sorriso soddisfatto solo quando, dopo un breve sospiro, la sirena abbandonò nuovamente l'occhio di Cronos sul suo palmo aperto e ritraendo i tentacoli. Le rivolse un ultimo sguardo di fuoco, poi squadrò da capo a piedi Belle alle sue spalle e concluse, indispettita.
 
«Buona chiacchierata. Avrai un bel lavoro da fare per riuscire a spiegarti ora.»
 
Poi uscì dalla stanza, e richiuse sbattendo la porta dietro di sè.
Rimaste sole, Emilie chiuse gli occhi per un momento, sospirando profondamente.
Stava ancora cercando di domare la rabbia, quando d'un tratto qualcuno la strinse forte, e un odore dolce, di fiori appena colti e miele, l'avvolse.
Belle, in lacrime, si era lasciata andare all'istinto di abbracciarla, e a quel punto lei non poté più ne scappare, ne opporsi. Si abbandonò a quel momento inaspettato, lasciando che la versione più giovane di sua madre la stringesse a sé e sciogliendosi in lacrime, mentre la ascoltava accarezzarle i capelli come mille volte aveva fatto quando, tentando i primi passi, era caduta.
La strinse forte a sua volta, e rimasero così fino a quando non riuscirono a trovare la forza di tornare a guardarsi negli occhi senza piangere.
Poi, Belle le strinse le spalle e sfiorò il suo viso dolce con una carezza.
 
«Oh, tesoro. Hai fatto tutta questa strada! Perché? Che ci è successo?»
 
Ma Emilie scosse il capo, prendendole le mani nelle sue.
 
«Non posso dirtelo, mamma. Non è necessario che tu lo sappia, e a dir la verità sarebbe stato meglio per tutti che tu non avessi saputo nulla.» un altro singhiozzo la indusse a fermarsi, alzando gli occhi al cielo «Ah, quella strega!» sbottò «Questo... questo non doveva accadere, non ora. Non era ancora il momento.»
«Non preoccuparti.» tentò di rassicurarla Belle «Non dirò nulla a...» ma al momento di finire la frase si fermò, sorridendo e guardandola negli occhi «Tremotino.» mormorò scrutandola attentamente.
 
Quindi sollevò una mano ad accarezzarle le lunghe ciglia e la fronte, scostandole una ciocca di capelli.
 
«I suoi occhi. Tu hai i suoi occhi.» mormorò sorridendo.
 
Emilie la strinse di nuovo, più forte di prima.
 
«Mamma» le disse «Te lo giuro, farò di tutto perché la nostra famiglia possa vivere per sempre felice e contenta.» poi però la lasciò andare e tornando a guardarla negli occhi concluse, tristemente «Ma per far si che questo accada, tutto deve restare com'è. Almeno per il momento.»
 
E così dicendo, prima ancora che Belle potesse capire, con un gesto rapido e gentile della mano fece sì che un incantesimo del sonno la raggiungesse.
Un peso cadde sul suo cuore mentre accorreva a stringerla tra le braccia, ma gli resistette; la adagiò sul letto, rimboccandole le coperte, poi fece apparire sul palmo della propria mano un piccolo acchiappasogni fatto di corda e piume di corvo.
E lentamente, tremando, sfiorò con esso la fronte di sua madre. Immediatamente, l'acchiappasogni s'illuminò e in esso convogliarono i ricordi della conversazione appena avuta e quella con Ursula alla quale aveva assistito. Tutto, la gioia, il dolore, la sorpresa, e... le parole. Ogni singola parola.
E quando ebbe finito, affranta, cadde al suo capezzale, stringendole la mano.
 
«Perdonatemi, madre.» supplicò, pulendosi il volto con la manica della camicia e cercando di frenare i singhiozzi tappandosi la bocca con la mano.
 
Non ci riuscì. Ma non riuscì neppure a continuare a piangere.
Sospirò, alzandosi in piedi. Le lasciò un bacio sulla fronte e una carezza, poi sorrise. E promise.
 
«Un giorno ve li restituirò. Ma adesso... adesso ho bisogno che voi siate voi stessa, e viviate la vostra vita com'è sempre stato. Perché…» sospirò, pensando a quanto vere e ironiche al contempo fossero quelle parole «Tutto il resto dipende davvero soltanto da questo.»
 
***
 
Presente,
Storybrooke
 
La biblioteca era silenziosa e luminosa, avvolta nella luce del sole del mattino. C'era odore di libri, di fiori di campo e miele, e... c'era una pace così grande da riuscire ad avvolgerle il cuore.
Era strano. Era lontanissimo da casa eppure, camminando tra quegli scaffali pieni di volumi, d'improvviso gli sembrò di non essersene mai andata. Esattamente com'era successo la prima volta che aveva messo piede nel negozio di suo padre.
 
«Emilie.»
 
Qualcuno la chiamò. Era la voce di sua madre. Si voltò e la vide sorriderle raggiante. Sembrava una visone celeste, con la luce del sole alle spalle e quei grandi occhi azzurri.
 
«Ciao mamma.» la salutò, venendo accolta da un caldo e confortevole abbraccio.
 
Se lo godette tutto, stringendola forte a sua volta.
 
«A cosa devo questa visita? Pensavo fossi al negozio a quest'ora.» le domandò, una volta libera.
 
Emilie sorrise.
 
«Ci andrò. Più tardi.» replicò «Ma prima avevo una cosa da fare.» alzò il palmo della mano destra aperto verso il cielo e si servì della magia per far apparire tra la punta delle dita una piccola busta regalo nera, chiusa da una coccarda dorata. Gliela porse.
 
«Per te.»
 
Belle sgranò gli occhi sorpresa.
 
«Oh.» esclamò, quindi rise, e prese emozionata quel dono dalle sue mani.
 
Emilie restò a osservarla in silenzio mentre lo scartava, e quando infine il prezioso oggetto fu tra le sue mani, per un attimo Belle non seppe davvero cosa dire.
 
«Un acchiappasogni?» domandò confusa.
 
Milly si fece nostalgica, e guardandola meglio negli occhi a sua madre sembrò stesse esitando.
 
«Emilie...» la incoraggiò, prendendole la mano «Vuoi spiegarmi?»
 
Ma la giovane si morse le labbra.
 
«È che... più che un regalo, questa è...» bofonchiò, ma poi tagliò corto «Forse è meglio che te lo mostri.» e così dicendo, liberò i ricordi intrappolati tra le corde, permettendo finalmente loro di ritornare alla proprietaria.
 
Lì per lì, la Bella rimase interdetta. L'acchiappasogni le cadde dalle mani e un singulto le sfuggì. Poi però la sua espressione si addolcì, e le labbra s'incresparono in un sorriso commosso.
Emilie la guardò negli occhi e finalmente tutte le sue paure e i suoi sensi di colpa svanirono.
Finalmente. Ora restava solo una cosa da fare.
 
«Scusami, mamma...» mormorò, scoppiando in lacrime «Mi dispiace davvero tanto ma era l'unico modo per...»
 
Senza lasciarla finire di parlare, Belle la abbracciò forte, carezzandole dolcemente la schiena e sussurrandole di non preoccuparsi.
 
«Hai fatto quello che dovevi per proteggere il nostro futuro.» le disse asciugandole le lacrime e lasciandole un bacio sulla guancia.
«Si ma...» provò a ribattere lei «Ti ho anche rubato i ricordi. Senza dirti nulla. E... so come la pensi sulla magia e... su queste cose. Avevo paura che non mi avresti mai perdonata.»
 
Riprese a piangere, anche se Belle continuava a sorridere e scuotere il capo, stringendole il viso tra le mani.
 
«Lo hai fatto per proteggere la tua vita. Per proteggere la tua famiglia.» le disse «Nessuno avrebbe mai potuto immaginare cosa sarebbe accaduto se mi avessi lasciato quei ricordi. Come sarebbero andate le cose. Hai fatto la scelta che ritenevi più giusta. E poi...» sorrise, baciandole di nuovo la fronte «Ora me li hai restituiti, no?»
 
Negli occhi di Emilie si accese una luce diversa, che lì per lì sua madre non riuscì a decifrare. Speranza, forse?
La vide smettere di piangere, e aprirsi in un sorriso commosso.
 
«Grazie, mamma...- le disse -Grazie per averlo capito. Sapevo che lo avresti fatto.»
 
"Spero solo te ne ricorderai, quando servirà. Farò il possibile perché riesca a ricordarlo."
 
***
 
August W. Boot era impegnato nella stesura di un pezzo piuttosto complicato di uno dei suoi racconti, ma qualcosa sembrava distrarlo. Forse la pagina troppo bianca, forse le parole troppo banali, fatto stava che la penna non scorreva come avrebbe dovuto, e questo sembrò irritarlo. Sbruffò dal naso, si alzò e decise che era ora di lasciare penna e calamaio e far respirare un po' di buona aria ai polmoni e alla materia grigia intorpidita.
Indossò il giubbotto di pelle sopra la camicia, gli stivali e afferrò chiavi e casco avviandosi in fretta verso la porta.
La spalancò, e all'improvviso le sue pupille si dilatarono e l'angoscia che sembrava averlo attanagliato senza una spiegazione fino a quel momento finalmente ebbe un senso.
A braccia incrociate, una spalla appoggiata sul corrimano in ferro battuto della breve scalinata che conduceva all'uscio, Emilie Gold se ne stava ad osservarlo con un sorriso sornione in volto, vestita di pelle nera e con un cerchietto in pelle di coccodrillo tra i capelli. Sulle maniche di raso semitrasparenti della camicia, alcune perline brillavano come stelle in mezzo a un cielo scuro.
 
«Ciao Pinocchio. Dove te ne vai di bello?»
 
L'uomo rabbrividì. Non la conosceva, ma aveva sentito da Emma che la figlia di Tremotino era arrivata in città e gli bastò uno sguardo per capire fosse lei. Stesso abbigliamento, stesso sorriso, stessi modi di fare, stessi occhi...
 
«T-tu...» mormorò, scurendosi «Cosa vuoi da me?»
 
Lei si alzò e si portò sinuosamente verso di lui, accarezzandogli un braccio con una mano.
 
«Oh, mi serve solo una piccola informazione... o uno scambio, se preferisci.»
 
Un brivido freddo percorse la schiena di Boot. Sapeva già di cosa si trattava. Aveva avuto il dubbio quando Henry gli aveva mostrato il "regalo" ricevuto da sua zia.
Una penna stilografica pregiata con tanto di calamaio. All'inizio aveva pensato ad un caso, ma solo adesso si accorse del suo reale significato: era stato un segno, un messaggio. Per lui? Pareva di si, a giudicare da come lo scrutava. Ma chi poteva dirlo con sicurezza? Henry gliel'aveva descritta come una giovane donna frizzante, fiera, amorevole e devota alla propria famiglia.
Ora gli appariva più come una serpe pronta ad agguantare la sciagurata preda, cioè lui.
Tentò invano di rilassarsi e dissimulò il proprio nervosismo con quello che voleva essere un sorriso ma apparve più una smorfia tirata.
 
«Perdonami, ma non so di cosa tu stia parlando.» disse in tono amichevole «Sei Emilie, vero? La zia di Henry.»
 
Lei si fece altera, e muovendosi flessuosa s'insinuò tra lui e la porta, senza che August riuscisse a impedirlo.
 
«Sssii.» disse esibendosi in un sorriso largo e sghembo «E perdonami anche tu se mi viene mooolto difficile credere ad ogni singola parola che esce dalla tua bocca legnosa, Pinocchio.»
 
Pose l'accento su quell'ultima parola, quasi volesse inchiodarlo alla realtà. Lui rabbrividì di nuovo, e stavolta i suoi occhi sgranati lo tradirono.
Apri la bocca per parlare, ma Emilie gli afferrò il bavero della camicia e lo costrinse a guardarla negli occhi avvicinando le labbra alle sue.
 
«Ascoltami bene, burattino.» sibilò minacciosa, mostrando i denti «Io sono la figlia del Signore Oscuro, lo conosco da quando ero in fasce e da quando avevo sei anni sono stata addestrata da lui. Da varie versioni di lui. Perciò so riconoscere molto bene un bugiardo.» sorrise di nuovo, più minacciosa «Io e te sappiamo molto bene quando qualcuno sta mentendo.»
 
Era così vicina che le bastava sussurrare per farsi sentire. Nel silenzio teso, le sue labbra piccole e rosate erano l'unica cosa che Boot riusciva a guardare.
Senza smettere di farlo a sua volta, Emilie Gold alzò una mano mostrandogli una boccetta di liquido trasparente stretta tra due dita.
 
«Sai cos'è questa, August?» chiese mostrando i denti.
 
Senza più fiato e irrigidito dalla paura, l'uomo scosse appena il capo. La sentì ridacchiare sommessamente, imitando la risata di Tremotino.
 
«È il mio elisir della verità.» spiegò muovendo piano il capo, prima a destra, poi a sinistra, imitando le movenze di un rettile «Un solo sorso di questo, e il tuo bel nasino tornerà di legno.»
 
Ridacchiò di nuovo, in maniera più udibile, mentre guardava i suoi occhi nocciola sgranarsi ancor di più, fino quasi a schizzare fuori dalle orbite. No. Non di nuovo. Era scampato per un soffio al tentativo di Tamara di ucciderlo, era stata proprio Emma a salvarlo giungendo giusto in tempo per impedire il peggio. Quella buona azione era stata sufficiente per permettere alla fata turchina di restituirgli la sua apparenza umana, ma dubito dopo lei lo aveva avvertito: "La prossima volta potrebbe non essere così facile".
Era andato tutto bene, fino a questo terribile momento.
Inaspettatamente, la Lucertolina lo lasciò andare, lo spinse dentro e richiuse la porta alle sue spalle, facendo fare un paio di giri alla serratura con un gesto della mano.
Era forte, nonostante l'aspetto gracile e minuto. Di nuovo intrappolato in casa sua, August Boot si chiese se non dipendesse dalla magia che le scorreva nelle vene, mentre la osservava coccolare la piccola bottiglietta col tappo in sughero come fosse un bimbo in fasce.
 
«In realtà, sai, non è proprio mio. Piccola bugia...» ridacchiò di nuovo, toccandosi la punta del naso col polpastrello dell'indice destro «L'ho rubata alle fate, ma non sperare che possano venire in tuo soccorso...» tornò a guardarlo con quella smorfia cattiva sulle labbra sottili «Non sono in casa al momento...»
 
Quindi prese di nuovo ad avanzare verso di lui, sinuosa, e ad ogni passo August arretrava a sua volta, guardandosi intorno e cercando un riparo o un diversivo.
Se solo fosse riuscito a chiamare Emma. Ma il cellulare era nella tasca dei pantaloni ed Emilie Gold non lo perdeva d'occhio. In più, ogni volta che si avvicinavano ad una porta lei la chiudeva usando la magia ancor prima che lui riuscisse ad afferrare la maniglia.
D'un tratto sentì il muro alle sue spalle e capì di non poter far altro che affrontarla.
 
«Coraggio, bravo bambino.» disse la giovane, facendo ciondolare davanti i suoi occhi la boccetta «Tu sai cosa cerco. Non farmi usare le maniere forti, non voglio. Mi sei simpatico, sai.» concluse ammorbidendosi, e stavolta, paradossalmente, sembrò sincera.
«Ascolta, io davvero non so come aiutarti.» provò a ribattere lui «Non so dove possa trovarsi l'autore. Io ed Henry stavamo provando a rintracciarlo ma...»
 
Lei lo interruppe, chiudendo gli occhi, voltando il capo e agitandogli l'indice destro davanti al naso
 
«Shh Shh Shh Shh...» fece «Smettila di arrampicarti sugli specchi.» ridacchiò di nuovo, poi si fece mortalmente seria «Io vengo dal futuro, sai?» rivelò «Ciò significa, mio caro, che ogni tua mossa mi è già stata rivelata. So che la pagina in cui è intrappolato l'autore è in tuo possesso. So che l'hai nascosta, e se non me la darai di tua spontanea volontà sarò costretta a usare la magia perché tu me la consegni»
 
Il cuore di August prese a battere all'impazzata. Stava bluffando? Henry gli aveva detto che sua zia aveva fatto un lungo viaggio per giungere da loro, ma non pensava che avesse dovuto cavalcare le epoche. Quindi lei... sapeva davvero tutto, anche quello che sarebbe accaduto?
In realtà no, anche e soprattutto perché i significativi sforzi fatti per tenere al sicuro la sua famiglia avevano modificato alcuni punti della storia, e ciò era anche il motivo per cui era stato possibile che lui stesso si salvasse dai perfidi piani di Tamara.
Emilie se ne era accorta subito quando Henry gli aveva fatto un po' il punto della situazione, ma aveva fatto finta di avere tutto sotto controllo, e ora ne raccoglieva i frutti. Ancora una volta gli insegnamenti di Tremotino avevano colpito nel segno: mai mostrare tutte le proprie carte, sempre meglio avere un asso nella manica e un occhio alle nuove opportunità.
 
«Per contro...» aggiunse, ritornando a sorridere con sincerità «Se mi aiuti mi assicurerò che tu e il tuo caro papino abbiate il vostro lieto fine e anche qualcosa in più.»
 
L'uomo parve accendersi.
 
«Cioè?» chiese, cercando di apparire il più possibile interessato quando in realtà aveva solo visto in quella l'occasione per strapparle una confessione e mettersi al sicuro.
 
Ma la giovane Gold non ci cascò. Sorrise sorniona, quindi aprì il palmo della mano e mosse le dita unite avanti e indietro un paio di volte.
 
«Prima tu, burattino...» lo incalzò «Dammi quella pagina, e concorderemo insieme i dettagli. Affare fatto?»
 
***
 
Assorto nel silenzio confortante del suo negozio, avvolto nella luce del mezzogiorno che dall'esterno filtrava attraverso i vetri gialli conferendo ad ogni cosa, mobili antichi e preziosi suppellettili, un'aurea dorata. Sovrano assoluto, lui se ne stava dietro al bancone in attesa, fingendo di lucidare qualche moneta antica quando in realtà stava solo aspettando di udire lo scampanellio che annunciava l'arrivo del sindaco.
Giunse puntuale, preceduto da un picchiettare deciso di tacchi sull'asfalto.
 
«Gold!» lo chiamò agguerrita la donna, fermandosi sulla porta.
 
Sorrise appena, soddisfatto, rivolgendole tutta la sua attenzione.
 
«Regina.» l’accolse «Qual buon vento ti porta?»
 
Lei fece una smorfia.
 
«Lo sai bene. Gli abitanti di Storybrooke non fanno che parlarne da stamattina. E non credere che mi sia bevuta la storia del pirata ubriacone.»
 
Il Signore Oscuro seguitò a sorridere appena, allargando le braccia sul bancone.
 
«Oh, immagino tu ti riferisca a quella storia delle fate.» disse laconico «Si, ho sentito qualcosa. I nani ti hanno preceduta e sono passati da me appena mezz'ora fa.»
 
Non mentiva. Proprio qualche minuto prima Brontolo con al seguito tutti i suoi compagni aveva varcato l'ingresso del negozio sbattendo la porta e brandendo il suo piccone, come se questo potesse spaventarlo.
 
«Tremotino!» aveva urlato Leroy «Cosa hai fatto alle fate? Sappiamo che sei stato tu?»
 
Lui si era limitato a esibire la sua migliore espressione confuso e a scuotere il capo, rispondendo con nonchalance.
 
«Non so proprio di cosa tu stia parlando, mi spiace.» poi lo aveva gentilmente invitato ad abbassare il piccone «Sai bene che non riusciresti a ferirmi con quello e non vorrei che tu fossi costretto a ripagarmi di qualche oggetto rotto.» solo a quel punto si era lasciato sfuggire un sogghigno «Il risarcimento richiesto potrebbe essere alquanto esoso per te.»
«Non fare il finto tonto con me, Signore Oscuro!» aveva sbottato Leroy, ma a quel punto Emma ed Henry erano entrati interrompendo il suo sproloquio.
 
La Salvatrice aveva fissato prima i nani, poi Mr. Gold e si era fatta seria.
 
«Che succede?» domandò.
«Arrestalo Emma!» aveva protestato Brontolo «È stato lui a far sparire le fate. Le ha rapite!»
 
Ignorandolo, Tremotino aveva seguitato a mostrarsi amichevole.
 
«Miss Swan, che tempismo.» la accolse.
 
Dal retro bottega era sbucata la giovane Emilie Gold, che si era avvicinata a suo padre e gli aveva sorriso, scrutando nel frattempo gli sguardi irosi che i nani le rivolsero.
 
«Sono stata io a chiamarla. In realtà dovevo parlarle di una questione personale, ma col senno di poi credo di aver fatto bene a dirle di incontrarci qui.»
«Ah, eccola! Non credere di averci ingannato, strega. Tu sei della stessa risma di tuo padre, meschina e ingannatrice. E scommetto che il mio piccone potrebbe colpirti.»
 
Con aria spaventata Emilie si era aggrappata al braccio di suo padre e aveva sgranato gli occhi, arretrando. Tremotino l'aveva stretta protettivo, mentre Emma si frapponeva tra di loro. Solo allora Leroy aveva osservato Emilie Gold sorridere, dietro le spalle del malefico Coccodrillo, che le reggeva il gioco. Davvero una perfetta attrice. Che coppia di bugiardi! Aveva stretto i pugni, pronto a smascherarla, ma la Salvatrice lo aveva anticipato.
 
«Va bene adesso basta. Leroy e tutti gli altri, fuori da qui prima che vi arresti davvero.» aveva decretato, poi aveva rivolto un sorriso alla cognata, che si era sciolta un poco «Ti richiamo più tardi, va bene?»
 
La ragazza aveva annuito grata. Mentre si apprestava a trascinare fuori gli infuriati nani, Emma non aveva potuto fare a meno di rivolgere un'ultima occhiata di sbieco a padre e figlia alle sue spalle, guardandoli scambiarsi uno strano sguardo.
La mente era corsa a quello che Uncino le aveva detto "La partita è truccata, e quando te ne accorgerai sarà troppo tardi."
Che significava? Aveva cercato di ascoltare il suo sesto senso, e quello che era riuscita a percepire non le era piaciuto affatto. Possibile che Emilie fosse più pericolosa di quanto non volesse far credere?
Rimasti soli, Mr. Gold e sua figlia si erano scambiati un lungo sguardo complice, sciogliendosi poi in un quasi identico sogghigno soddisfatto.
 
«Credi abbia capito qualcosa?» aveva chiesto Emilie, riferendosi proprio alla Salvatrice.
 
Il Signore Oscuro si era fatto serio.
 
«Non ne sono sicuro, ma sarà meglio sbrigarsi.» aveva risposto «È tutto pronto per domani sera?» le aveva quindi chiesto.
 
La Lucertolina aveva annuito.
 
«Manca solo l'ingrediente principale, ma so già dove trovarlo.»
 
Poi, facendosi pensierosa, aveva accarezzato dolcemente la sua guancia ricoperta appena da un sottile strato di barba.
 
«Sei sicuro di riuscire ad aspettare?» gli aveva chiesto.
 
Tremotino aveva sorriso, prendendole quella mano tra le sue e stampandole un bacio sulle dita affusolate.
Aveva avuto una piccola crisi, la sera prima. Per fortuna erano presenti solo lei e Baelfire, ma l'episodio sembrava averla turbata parecchio, perché attraverso i suoi occhi grigi aveva potuto vedere l'angoscia impossessarsi di lei.
 
«È tutto a posto, adesso. Sto bene.» aveva tentato di rassicurarla.
 
Peccato che il suo viso stanco dicesse il contrario. Emilie non aveva potuto trattenere qualche lacrima, e per tentare di nasconderlo lo aveva abbracciato di nuovo, aggrappandosi alla preziosa stoffa della giacca nera che indossava.
 
«Vorrei poter fare di più.»  aveva sussurrato, reprimendo i singhiozzi «Vorrei... poter mandare avanti il tempo ed evitare che tutto questo accada.»
 
Tremotino aveva sorriso, stringendola a sua volta.
 
«Hai già fatto molto.» le aveva risposto, poi aveva sciolto quell'abbraccio e le aveva preso il viso tra le mani, stampandole un bacio sulla fronte e sorridendole intenerito «Ora è il mio turno di proteggerti. E lo farò fino alla fine del tempo, principessa. Te lo prometto.»
 
L'anello al dito di Emilie si era illuminato di quella luce chiarissima che ormai aveva imparato a conoscere, tutti e due lo avevano visto, e la ragazza a quel punto era esplosa in un pianto dirotto, stringendosi al suo papa e lasciandosi coccolare.
Era passata poco più di un'ora da quell'incontro, le aveva dato il giorno libero per permetterle di svolgere gli ultimi compiti necessari, e adesso guardando Regina bruciare d'impazienza e gelosia non riuscì proprio a non approfittarne.
 
«Dimmi un po', mia cara...» disse, emergendo da dietro il bancone e avvicinandosi a lei fino a sostenere il suo sguardo iroso «A cosa pensavi quando hai mandato mio nipote a ficcare il naso tra le mie cose?»
 
Come prevedibile, lei sgranò gli occhi, sbalordita, poi sospirò e li abbassò colpevole.
 
«Non è stata una mia idea.» ammise «Henry è convinto che tu sappia dove si trova l'autore. Vuoi dirmi che non è così?» lo incalzò quindi «Perché avresti richiamato quelle due da New York altrimenti?» lo guardò dritto negli occhi, ma il Signore Oscuro non si lasciò intimidire.
 
«Innanzitutto Regina, mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro, ma mi ripeterò ancora una volta soltanto...» iniziò, sporgendosi poi verso di lei e concludendo serio «Quello che faccio e il motivo per cui lo faccio non sono affari che ti riguardano.»
 
La Sovrana si fece paonazza d'indignazione, osservandolo voltarle le spalle con nonchalance per ritornare a catalogare le sue cianfrusaglie nel retrobottega. Lo seguì, decisa ad avere l'ultima parola. C'era troppo in gioco.
 
«Questo vuol dire che avevo ragione io, qualcosa che bolle in pentola c'è.» tentò di incalzarlo nuovamente, ma lui si limitò a ridacchiare, scuotendo il capo.
 
Ostinata quanto testarda. Ma inutile, dopo il lancio del sortilegio che lo aveva ricondotto da Baelfire.
Decise comunque di giocare un po' con lei, tornò a guardarla e le chiese, curioso.
 
«Se anche fosse, cara? Perché ci tieni tanto a saperlo?»
 
La vide stringere i pugni ed esitare, per poi arrendersi e rivelargli.
 
«Io sto bene con Robin, ora.»
 
Tremotino annuì.
 
«Ne sono felice.» disse sincero «Goditi il tuo lieto fine allora.» aggiunse conoscendo già la successiva risposta.
 
Regina si irrigidì di nuovo.
 
«È questo il punto...» provò a ribattere, ma le parole le morirono in gola, e tutto ciò che ebbe per il suo maestro fu uno sguardo colpevole.
 
Questi la osservò quasi intenerito. Ma non troppo.
 
«Sai, Regina...» fece, animandosi e tornandole vicino «Ho quasi l'impressione che tu voglia chiedermi qualcosa, ma...» allargò il suo sorriso «Per quanto mi sforzi, non riesco proprio a capire cosa.»
 
La donna gli lanciò uno sguardo di fuoco. Sapeva già dove voleva andare a parare. Lui era bravo in queste cose, anche i muri lo sapevano ormai. E lei aveva due scelte adesso: dargli quello che voleva o rinunciare all'idea di salvare Storybrooke da qualunque fosse il suo piano. In ogni modo lui avrebbe vinto.
Decise di giocarsi il tutto per tutto.
 
«Voglio far parte della squadra.»
 
Il Signore Oscuro sorrise, senza scomporsi, quasi si aspettasse quella proposta.
Quindi le voltò le spalle e si diresse verso una credenza in mogano chiusa a chiave, aprendola e tirandone fuori qualche cianfrusaglia inutile.
 
«Mi spiace, ma temo non sia possibile.» le disse, senza neanche guardarla.
 
Quel rifiuto fu come un pugno nello stomaco per Regina. Certo. Non gli era più utile ora che aveva sua figlia e quelle streghe da due soldi al fianco. Stava perdendo terreno. E il cuore iniziò a correrle all'impazzata in petto.
 
«Perché no?» domandò, ma non ricevette risposta.
 
Tremotino si limitò ad ignorarla, mettere tutto ciò che aveva tirato fuori dalla credenza in un sacco e dirigersi di nuovo verso il bancone. Ma a metà strada Regina gli sbarrò la strada.
 
«Gold!» lo richiamò autoritaria.
 
Il Signore Oscuro si limitò a lanciare un'occhiataccia.
 
«Dimmi che devo fare.» gli disse lei, dopo un sospiro nervoso.
 
Una smorfia divertita comparve sul volto del Coccodrillo.
 
«Te l'ho detto, mia cara.» mormorò laconicamente «Assolutamente niente. È questo quello che devi fare ora.»
 
Quindi la superò tornando ai suoi affari, e lasciandole come unica alternativa quella di sparire, con un angoscioso senso di oppressione in petto e un nodo allo stomaco.
Aveva perso. Per ora solo quella piccola battaglia, ma qualcosa le diceva che la guerra non era ancora finita. Anzi, era appena ricominciata.
 
***
 
Gli eroi erano preoccupati, e anche molto.
Regina li trovò tutti da Granny, seduti a un tavolino all'angolo, discutendo animatamente a voce bassa per evitare di allarmare i pochi presenti.
Quando la videro entrare, solo loro restarono a fissarla in apprensione fino a che non fu abbastanza vicina per poterle parlare senza che gli altri potessero ascoltare.
 
«Allora?» domandò Biancaneve, stretta a suo marito.
 
Regina scosse il capo, desolata.
 
«Non si fida di me.» disse «Ma lui e sua figlia stanno architettando qualcosa, ne sono certa.»
 
I coniugi Charming guardarono Emma, che s'impensierì.
 
«Swan, sai qualcosa?» le chiese allora il sindaco, sempre più preoccupata.
 
La Salvatrice scosse il capo, quindi tirò fuori dalla tasca una busta nera e ne trasse fuori un grazioso invitò stampato con caratteri dorati su un rettangolo di pergamena nera. Recava il sigillo di Tremotino, lo stesso che convalidava ogni contratto del Signore Oscuro, impresso su ceralacca rosso cremisi.
Regina lo prese tra le mani e gli diede una rapida scorsa, corrucciandosi.
 
«Un gran ballo? A casa di Emilie?»
 
Sentì salire un moto di irritazione che le successive parole di Emma Swan non fecero che peggiorare.
 
«È un invito personale. Anche Neal, Henry e Ruby ne hanno ricevuto uno.»
 
Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu la domanda sorpresa di Biancaneve.
 
«Tu non sei stata invitata?»
 
Perfino il principe azzurro fu sorpreso da quella notizia.
 
«È evidente che non mi vogliono intorno.» concluse lei, con un sospiro nervoso, ansiosa di passare ad altri argomenti ma consapevole di non poterlo fare, almeno per il momento «Qualsiasi sia il loro gioco, io non sono gradita.» aggiunse, senza sapere se sentirsi sollevata o irritata «Hai intenzione di andarci?» chiese quindi ad Emma Swan, la quale rispose infilando le mani nelle tasche dei jeans e scuotendo le spalle «Henry ci vuole andare e Neal è quasi obbligato.» spiegò «In fondo sono suo padre e sua sorella. Credo che li accompagnerò e cercherò di scoprire qualcosa in più su questa storia. Essere stata invitata dovrebbe essere una cosa positiva, del resto. No?»
 
Regina si corrucciò, cercando di capire. Era davvero una situazione assurda! Perché avrebbero dovuto invitare la Salvatrice e non lei? Nemmeno Biancaneve e il Principe Azzurro erano stati invitati, ma Emma si.
Questo poteva solo significare che qualsiasi cosa avessero in mente di fare, la volevano dalla loro parte. O sotto controllo? Un sospetto si s'insinuò dentro di lui, una strana ansia prese a salire.
 
«Non ne sono certa.» le disse facendosi seria «Ma il Signore Oscuro non fa mai nulla senza un tornaconto, perciò se sei nella sua lista degli ospiti ci deve essere un motivo. Va e cerca di capirlo, ma tieni gli occhi ben aperti e sappi che metterai piede nella tana del serpente.»
 
Calò un breve ma pesante attimo di silenzio tra i commensali a quel tavolo, e per un istante anche gli astanti smisero di parlare, ma probabilmente fu solo una coincidenza perché nessuno sembrava prestare loro reale attenzione.
 
«Va bene.» concluse allora la Salvatrice, mettendo fine a quell'angoscioso momento «Grazie.» aggiunse con un sorriso «Ora vado a vedere se riesco a rimediare un vestito adeguato, pare sia richiesto il massimo dell'eleganza per entrare.» spiegò riprendendosi l'invito «Vi terrò informati.»
 
Quindi voltò loro le spalle e uscì dal locale, lasciandoli soli.
 
«Regina...»
 
La voce di David la riscosse strappandogli ai loschi pensieri in cui si era ritrovata. Lo fissò come se si fosse appena svegliata da un incubo.
 
«Credi che... siamo davvero in pericolo? O ci stiamo solo preoccupando troppo?»
 
Sperando che la risposta confermasse quella seconda ipotesi. Ma la donna si limitò a stringersi nel suo cappotto nero e a scuotere il capo.
 
«Credo che tutti quanti dovremmo riflettere sugli ultimi avvenimenti.» disse, riferendosi alla sparizione delle fate e alla sconfitta di Zelena «E ricordare una lezione fondamentale sul Signore Oscuro: mai sottovalutarlo. È meglio essere prudenti che ingenui, con lui e a quanto pare anche con la sua "progenie".»
 
***
 
Una piccola chiave arrugginita, all'apparenza quasi insignificante.
Bastò inserirla dentro alla serratura fatta di carta e inchiostro affinché il più grande desiderio di Isaac si realizzasse.
Era rimasto intrappolato tra quelle pagine per secoli, e aveva pensato di non riuscire più ad uscirne. Ora che finalmente lo aveva fatto però, non fu poi così contento di essere tornato nel mondo reale.
Si ritrovò al centro della stanza, dietro la scrivania su cui la figlia di Tremotino aveva appoggiato il libro aperto.
Loro due, stretti l'una all'altro, furono la prima cosa che vide e ciò lo terrorizzò non poco.
Poi però il suo sguardo si posò su Crudelia, e il respiro sembrò strozzarlo.
Lei lo scrutava con folle cattiveria, come una bestia affamata con una carcassa fresca.
Eppure non tremò, sentì solo tanta pena nel cuore. In fondo i giorni trascorsi insieme erano stati belli, e anche se ora lo odiava lui non poteva farlo. Non ci riusciva. Questo faceva l'amore.
 
«Guarda un po' chi si rivede...» fece la signora in bianco e nero, scrutandolo da capo a piedi e compiendo un passo verso di lui.
 
Lo scrittore indietreggiò, e aprì bocca per parlare, ma non fu necessario tentare di difendersi.
 
«Calma zietta, ricordati che ci serve intero.» ridacchiò Emilie, attirando su di sè l'attenzione di Isaac, che finalmente parve accorgersi di lei.
 
La scrutò con interesse, anche se non potè farlo per molto tempo visto il modo in cui suo padre, a cui era ancora stretta, lo fissava.
 
«Oh, eccoti.» le disse sforzandosi di sorrise e riuscendoci alla perfezione «Ero davvero curioso di conoscerti, sai? La tua storia è davvero interessante...»
 
La vide corrucciarsi trasformando il sorriso in una smorfia.
 
«Già, peccato non si possa dire lo stesso di tutti gli altri qui presenti...» disse, stringendo la mano di suo padre, che ricambiò con un sorriso.
«Quindi immagino...» rispose Isaac, scrutando il Signore Oscuro con inquietudine «Che anche per la mia liberazione io debba pagare un prezzo.»
 
Le Signore del Male sorrisero, rivolgendo a Tremotino e a sua figlia un'occhiata rapida.
Dal canto suo, il Coccodrillo si limitò ad accennare una smorfia soddisfatta prima di alzare la mano e, con uno schiocco di dita, far apparire sulla scrivania accanto al libro dal quale era uscito un altro identico per forma e dimensioni, ma con la copertina di cuoio nero finemente decorata che intarsi d'oro e al centro della quale svettava a lettere antiche il titolo: EROI E CATTIVI.
Le perfide streghe si rivolsero sorrisi impazienti, gli occhi di Emilie incrociarono brillanti quelli del proprio padre che annuì, limitandosi a sorridere e a lasciarla andare.
La Lucertolina gli scoccò un occhiolino e accennò un breve inchino portando il piede destro dietro il sinistro, genuflettendosi e allargando le braccia, poi tornò a rivolgersi all'autore, avanzando sinuosa verso di lui.
Alzò una mano, e fece apparire tra pollice e indice un foglietto ripiegato.
 
«Queste sono le istruzioni da seguire, mio caro.» disse, consegnandogliele.
 
Ma mentre, con cautela, l'autore prendeva il foglio, lei gli posò una mano sulla spalla e si portò dietro di lui, rivolgendo un lungo sguardo a Cruella. Le due si fissarono intensamente, Isaac vide lo sguardo della donna che un tempo aveva amato farsi di nuovo cupo, come quando aveva ucciso sua madre coi nuovi poteri che ingenuamente lui gli aveva donato.
D'istinto fece un passo indietro, ma la punta della lama fredda del pugnale in possesso della figlia del Signore Oscuro lo paralizzò.
Uno schiocco di dita della ragazza, e lui si ritrovò incatenato ai piedi della scrivania, legato per mezzo di catene di ferro lunghe abbastanza da permettergli di muoversi ma solo intorno ad essa.
 
«Ma cos...?» esclamò stupito, ma non fece in tempo a finire la frase.
 
Emilie gli strinse il collo con un braccio e premette il pugnale sulla sua gola, portando la bocca vicino al suo orecchio e sussurrando minacciosa.
 
«Voglio che ti sia chiara una cosa, Autore. Questa è la mia storia, e stavolta comando io.» la sentì ridacchiare sommessamente, rabbrividì sentendo il freddo impossessarsi di lui «Stavolta non ti sarà permesso né disertare, né fare il doppio gioco. Dovrai solo sedere a quella scrivania e scrivere. Non potrai vedere o parlare con nessuno, non avrai che pane e acqua fino a che la tua bella penna non avrà scritto la parola fine sulle nostre nuove storie. E vedi di sbrigarti, perché domani sera terrò una festa qui a casa mia e il bel nuovo mondo che in cui ci spedirti sarà il finale a sorpresa con il quale delizierò i miei ospiti.»
 
Con un ticchettio ritmico e suadente, Cruella de Vil raggiunse la scrivania e vi si sedette sopra, a gambe incrociate. Emilie sorrise divertita, quindi lo spinse verso di lei, che lo tenne stretto per le catene con una mano e gli accarezzò famelica gli zigomi. Isaac ebbe un altro fremito, e per quanto la sua posizione lo rendesse impossibile cercò di non guardarla, voltandosi per cercare i volti del resto dei suoi aguzzini.
Alle sue spalle, Emilie rise di nuovo.
 
«Zietta Cruella si prenderà cura di te fino ad allora.» disse lanciando un'occhiata divertita alla donna, che si leccò le labbra come un cane affamato, agguantandogli il mento e costringendolo a guardarla
«Non vedevo l'ora...» mormorò suadente «Abbiamo così tante cose da dirci, tesoro.»
 
Ormai con il cuore che batteva a mille, l'uomo cercò in tutti i modi di darsi un contegno.
"Calma, Isaac. Calma. Ricorda, non può ucciderti. Ma... può fare molto peggio."
Come se lo avesse sentito, la figlia di Tremotino aggiunse ridacchiando
 
«Oh, tranquillo. Mi ha promesso di fare in modo che tu sia in grado di scrivere fino alla fine.»
 
Fregato. Era completamente fregato. Tante volte aveva sperato che qualcuno lo liberasse da quella prigione, ora si ritrovò a pregare di poterci ritornare il prima possibile.
 
«Io...» provò a prendere tempo, mentre rifletteva sul modo migliore per poter risollevare la propria posizione «Non c'è davvero bisogno di tutto questo. Non vi tradirei, io sto dalla vostra parte.» le assicurò, voltandosi a guardarla.
 
Emilie e suo padre si scambiarono uno strano sorriso, quasi compatendolo, quindi la giovane tornò a rivolgergli un sorriso cattivo.
 
«Ma davvero?» lo canzonò, in un tono che non lasciava spazio a dubbi.
 
Quindi si voltò verso suo padre, annuì, e con un semplice gesto della mano il Signore Oscuro gli tolse la voce, aprendosi poi in un largo sorriso che sua figlia condivise.
Anche Cruella rise, e un sogghigno apparve pure sulle labbra di Malefica e Ursula.
 
«Basta chiacchiere inutili, Autore.» lo freddò con determinazione Emilie, lanciandogli uno sguardo più tagliente della lama del suo pugnale «Usa il tuo ingegno per la ricerca delle parole più adatte a cambiare le nostre storie. E che siano a lieto fine stavolta.» sogghigno appena «Abbiamo ancora il pugnale dalla parte del manico, ricordalo.»
 
Tremotino sorrise a sua volta, divertito da quel sagace paragone. Se a farlo fosse stata una qualsiasi altra persona, in particolare dopo le vicende di Zelena, probabilmente non lo avrebbe gradito. Ma Emilie era sua figlia... una figlia che non aveva visto nascere ma di cui si fidava. E la fiducia per lui non era mai stata questione da sottovalutare. Quindi annuì a sua volta, e tornò ad accoglierla sottobraccio. Uscirono insieme dalla stanza, lasciando Cruella e la sua vecchia fiamma al duro lavoro.
Percorsero insieme in silenzio i corridoi elegantemente arredati, stringendosi semplicemente la mano, seguiti da Malefica e Ursula, ma quando giunsero di fronte alla porta del piccolo soggiorno si fermarono, scambiandosi un'ultima occhiata per poi voltarsi e fissare la regina dei draghi.
 
«Credo...» le disse Emilie, sciogliendosi in un sorriso «Che stavolta tocchi a te.»
 
Malefica le rivolse un lungo sguardo interrogativo prima di capire. Fondamentale fu lo sguardo comprensivo di Tremotino, che si divise da sua figlia, socchiusa la porta e le fece cenno di accomodarsi all'interno della stanza.
 
«Un patto è un patto.» concluse serio «È tempo di riscuotere la tua ricompensa.»
 
Lo sguardo della strega s'illuminò all'istante, e il cuore prese a battere all'impazzata. "La mia piccola."
Non ebbe bisogno di ulteriore incoraggiamento. Afferrò la maniglia dorata e spinse la porta, mandando al diavolo le buone maniere e avanzando oltre l'uscio mentre i suoi occhi cercavano in ogni dove.
Non dovettero muoversi a lungo però, perché quasi subito un paio di occhi neri come la cenere incrociarono i suoi, come se aspettassero di farlo da una vita.
Lei era lì, seduta a braccia conserte su una sedia. Una giovane donna sicura di se e bella. Oh, bellissima! Era stupenda, la sua piccolina. Com'era cresciuta!
Ed era... un drago? Come lei? Oppure quel mondo le aveva tolto la magia? No, non poteva averlo fatto. Se ne accorse dalla forza con cui le resisteva, fiera e orgogliosa proprio come un drago. E comunque avrebbero avuto tempo per questo, per imparare ad essere fiere di ciò che erano. Ora era il tempo per gli abbracci, le lacrime, e le spiegazioni. Il tempo per incominciare ad essere una famiglia. Finalmente quel tempo era arrivato.

 
   
 
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